Sunday 21 May 2017 13:15:41

Giurisprudenza  Sanità e Sicurezza Sociale

Detenzione di armi: sul rilascio dell'autorizzazione non incide il rapporto di parentela con un soggetto avente un precedente penale

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 19.5.2017

"Pur essendo la materia delle autorizzazioni di polizia, concernenti la detenzione di armi, connotata da ampia discrezionalità dell’Amministrazione in ordine alla capacità del soggetto di non abusare del titolo di polizia, non può, tuttavia, assurgere ad unico elemento espressivo dell’affidabilità del richiedente, il rapporto di parentela (in questo caso di genitorialità) con un soggetto avente un precedente penale". È quanto affermato dalla Terza Sezione del Consiglio dei Stato nella sentenza del 19 maggio 2017 che chiarisce altresì come la valutazione dei requisiti (assenza di gravi precedenti penali e di polizia e in sostanza la buona condotta) deve essere operata, esclusivamente, nei confronti del soggetto destinatario dell’autorizzazione e non può coinvolgere persone distinte dal richiedente, peraltro in questo caso, secondo quanto emerge dagli atti, neppure convivente con l’interessato. Per approfondire scarica la sentenza.

 

Testo integrale del Provvedimento
Apri Massimario G.A.R.I.


Pubblicato il 19/05/2017

N. 02362/2017REG.PROV.COLL.

N. 00285/2017 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 285 del 2017, proposto da: 
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Natale Polimeni, con domicilio eletto presso lo studio Bartolo Dattola in Roma, largo di Torre Argentina,11; 

contro

Ministero dell'Interno in Persona M.P.T., Questura della Provincia di Reggio Calabria non costituiti in giudizio; 
Ministero dell'Interno, Questura Reggio Calabria, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Gen.Le Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n.12; 

per la riforma della sentenza breve del T.A.R. CALABRIA - SEZ. STACCATA DI REGGIO CALABRIA n. 00553/2016, resa tra le parti, concernente decreto di diniego rinnovo licenza porto di fucile.

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di Questura Reggio Calabria;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2017 il Cons. Sergio Fina e uditi per le parti gli avvocati Maria Ida Leonardo su delega dichiarata di Natale Polimeni e l'avvocato dello Stato Attilio Barbieri;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

 

 

E’ impugnata la sentenza del Tar Calabria , Sez. Staccata di Reggio Calabria, di rigetto del ricorso avverso il provvedimento di diniego di rinnovo del porto di fucile per uso caccia, determinazione adottata sulla base della circostanza che il figlio del ricorrente, condannato per il reato di “prostituzione minorile”, avrebbe potuto giovarsi dell’arma detenuta dal ricorrente anche contro la volontà di quest’ultimo.

L’appello è fondato in relazione al dedotto profilo della carenza e dell’illogicità della motivazione del contestato provvedimento, erroneamente non rilevato nella sentenza impugnata.

Il Collegio osserva che, pur essendo la materia delle autorizzazioni di polizia, concernenti la detenzione di armi, connotata da ampia discrezionalità dell’Amministrazione in ordine alla capacità del soggetto di non abusare del titolo di polizia, non può, tuttavia, assurgere ad unico elemento espressivo dell’affidabilità del richiedente, il rapporto di parentela (in questo caso di genitorialità) con un soggetto avente un precedente penale.

Infatti la valutazione dei requisiti (assenza di gravi precedenti penali e di polizia e in sostanza la buona condotta) deve essere operata, esclusivamente, nei confronti del soggetto destinatario dell’autorizzazione e non può coinvolgere persone distinte dal richiedente, peraltro in questo caso, secondo quanto emerge dagli atti, neppure convivente con l’interessato.

Ne discende che l’appello deve essere accolto e per l’effetto in riforma della sentenza di primo grado, annullato il provvedimento impugnato.

Le spese, tenuto conto della scarsa rilevanza delle questioni poste possono interamente compensarsi tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), accoglie l’appello ed in riforma della di primo grado, annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2017 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Lanfranco Balucani, Presidente

Raffaele Greco, Consigliere

Massimiliano Noccelli, Consigliere

Pierfrancesco Ungari, Consigliere

Sergio Fina, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
Sergio Fina   Lanfranco Balucani
     
     
     
     
     

IL SEGRETARIO

 

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