Friday 14 January 2022 14:56:21
Giurisprudenza Giustizia e Affari Interni
segnalazione del Prof. avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio dì Stato Sez. VI del 12.1.2022
Per consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (cfr., ex multis: Sez. V, 20 dicembre 2018, n. 7189; Sez. V, 23 dicembre 2019, n. 8685; Sez. VI, 29 settembre 2021 n. 6554; Sez. II, 4 ottobre 2021 n. 6622), l’errore di fatto, idoneo a costituire il vizio revocatorio rilevante ai sensi del combinato disposto dell’art. 106 c.p.a. e dell'art. 395, n. 4), c.p.c., deve:
(i) consistere in una errata percezione del fatto, in una svista di carattere materiale, oggettivamente e immediatamente rilevabile e tale da aver indotto il giudice a supporre l’esistenza di un fatto, la cui verità sia esclusa in modo incontrovertibile, oppure a considerare inesistente un fatto accertato in modo parimenti indiscutibile;
(ii) essere decisivo, nel senso che, se non vi fosse stato, la decisione sarebbe stata diversa;
(iii) non cadere su di un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata;
(iv) presentare i caratteri della evidenza e della obiettività, sì da non richiedere, per essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche;
(v) non consistere in un vizio di assunzione del fatto, né in un errore nella scelta del criterio di valutazione del fatto medesimo.
I suesposti principi sono stati ribaditi da ultimo nella sentenza del Consiglio dì Stato Sezione Sesta depositata in data 12 gennaio 2022 nella quale si precisa altresì che l’errore di fatto revocatorio consiste, quindi, nel c.d. “abbaglio dei sensi”: e, cioè, nel travisamento delle risultanze processuali dovuto a mera svista del giudice, che conduca a ritenere come inesistenti circostanze pacificamente esistenti, o viceversa; di talché, la falsa percezione da parte del giudice della realtà processuale, che giustifica l’applicazione dell’art. 395 c.p.c., deve consistere in una svista obiettivamente ed immediatamente rilevabile, che abbia portato ad affermare l’esistenza di un fatto decisivo, incontestabilmente escluso dagli atti e documenti di causa, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti e documenti medesimi risulti invece positivamente accertato (cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. III, 10 marzo 2020, n. 1719; Cons. Stato, Sez. II, 4 ottobre 2021 n. 6622).
Alla luce dì quanto sopra esposto il Collegio ha evidenziato che è inammissibile, quindi, il rimedio revocatorio in relazione ad errori non rilevabili con assoluta immediatezza, ma che richiedano, per essere apprezzati, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche, ovvero errori che non consistano in un vizio di assunzione del fatto (tale da comportare che il giudice non statuisca su quello effettivamente controverso), ma si riducano ad errori di criterio nella valutazione del fatto, di modo che la decisione non derivi dall’ignoranza di atti e documenti di causa, ma dall’erronea interpretazione di essi.
Inoltre, non sussiste vizio revocatorio quando venga lamentata un’asserita erronea valutazione delle risultanze processuali o una anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio (in quanto ciò si risolve in un errore di giudizio), nonché nel caso in cui una questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 20 dicembre 2018, n. 7189). (…)
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