Wednesday 25 November 2020 18:31:26
Giurisprudenza Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del parere del Consiglio di Stato Sez. 1 n. 1924/2020 (Pres. Quadri
La Prima Sezione del Consiglio di Stato ha richiamato quanto affermato dalla medesima Sezione che ha di recente sintetizzato, con il proprio parere n. 2861/2019, le molteplici questioni che si pongono in relazione al principio di alternatività tra il rimedio giustiziale e il ricorso giurisdizionale. A tale parere la Sezione, ha ritenuto di aderire.
In particolare, si legge nel presente parere che "Per quanto qui rileva, merita ribadire che da tempo la giurisprudenza amministrativa ha costantemente ravvisato la ratio del principio di alternatività nell’esigenza di “impedire un possibile contrasto di giudizi in ordine al medesimo oggetto” (Cons. Stato, sez. III, 1 marzo 2005, n. 1852; cfr. Cons. Stato , sez. III, 15 novembre 2010 , n. 1963; Cons. Stato, sez. I, 29 aprile 2010 , n. 584; Cons. Stato , sez. III, 24 marzo 2009, n. 616; Cons. Stato , sez. V, 05 febbraio 2007, n. 454; Cons. Stato , sez. III, 23 settembre 2008 , n. 734) e, dunque, di “evitare l’inutile proliferazione dei ricorsi ed il pericolo di pronunce contrastanti di organi appartenenti allo stesso ramo di giustizia” (Cons. Stato, sez. I, 6 marzo 2019, n. 761; Sez. IV, 16 aprile 2012, n. 2185; e ancora Cons. Stato, sez. I, 16 dicembre 2015, n. 211 per cui “la finalità del principio … è quella di evitare duplicazioni della tutela contenziosa ed un possibile conflitto di decisioni”).
Il citato parere della Sezione n. 2861/2019 ha poi evidenziato, in particolare, che il principio di alternatività trova applicazione “anche quando si tratti di atti distinti, purché legati tra loro da un nesso di presupposizione” (Cons. Stato, sez. V, 3 settembre 2013, n. 4375).
La giurisprudenza ha infatti aderito a una interpretazione in chiave sostanziale che, pur disconoscendo l’applicazione analogica, ha esteso l’operatività dello stesso anche ai casi in cui, pur essendovi atti formalmente distinti, sussiste una connessione sostanziale in termini di pregiudizialità/dipendenza. La regola dell’alternatività è dunque applicabile “anche in presenza di atti formalmente distinti, quando sussista un’obiettiva identità dell’oggetto del contendere” (così Cons. stato, sez. III, 8 gennaio 2010, n. 3719). Pertanto, secondo la giurisprudenza amministrativa, in base al principio di alternatività così inteso, non è consentita la pendenza di un ricorso straordinario e di un ricorso al giudice amministrativo quando, pur essendo diversi gli atti impugnati, la questione è la stessa (in termini analoghi, Cons. Stato, sez. IV, 16 aprile 2012, n. 2185; Cons. St., sez. II, 1 ottobre 2013, n. 4489; Cons. Stato, sez. I, 16 dicembre 2015, n. 211; Cons. Stato, sez. I, 6 marzo 2019, n. 866)» (Cons. St., Sez. I, n. 2861/2019). E’ per l’appunto il caso in cui versa la controversia di cui all’odierno ricorso straordinario.
Prosegue quindi il parere n. 2861/2019 rilevando che « nell’ipotesi in cui l’atto presupposto (a monte) venga impugnato con ricorso straordinario e il successivo atto presupponente (a valle) con ricorso giurisdizionale dinnanzi al giudice amministrativo o viceversa, occorrerà – in applicazione del principio di alternatività – dichiarare inammissibile il giudizio introdotto per ultimo.
Tale conclusione deve reputarsi valida sia nel caso di stretta presupposizione – ossia quando, vi è la “necessaria derivazione del secondo dal primo come sua inevitabile ed ineluttabile conseguenza e senza necessità di nuove ed ulteriori valutazioni di interessi” – sia nel caso di mera derivazione cui conseguirebbe solo un effetto meramente viziante per l’atto a valle. Per quest’ultima ipotesi, una visione moderna del principio di alternatività impone di rivolgersi allo stesso organo ogni qual volta si discuta del medesimo rapporto giuridico o quando le censure formulate siano identiche e, come detto, riferibili allo stesso rapporto giuridico tra amministrazione e amministrato. Ragionando diversamente si legittimerebbe il frazionamento della tutela giurisdizionale in contrasto con il principio del giusto processo (art. 111 Cost.) e con il suo corollario dell’economia dei mezzi giuridici; aumenterebbe inoltre il rischio di decisioni contrastanti all’interno dello stesso plesso giurisdizionale con conseguente lesione del principio dell’effettività della tutela giurisdizionale (art. 24 Cost. e art. 1 c.p.a.).
Da ciò consegue che, nel caso in cui l’atto presupponente sia impugnato con ricorso giurisdizionale, a fronte di un ricorso straordinario già promosso avverso l’atto presupposto, il ricorso giurisdizionale dovrà essere dichiarato inammissibile dal giudice amministrativo. Se invece l’atto successivo è impugnato in sede straordinaria, a fronte di un ricorso giurisdizionale già promosso avverso l’atto presupposto, il ricorso straordinario sarà inammissibile per violazione del principio di alternatività. Tale principio ha già trovato una qualche eco nella giurisprudenza del Consiglio di Stato che ha sancito l’inammissibilità del ricorso straordinario “a cagione della violazione della regola di “alternatività” che s’impone come limite alla contestuale proponibilità di due distinti ricorsi (amministrativo/straordinario e giurisdizionale) vertenti sulla medesima questione di fatto e di diritto e recanti ad oggetto la medesima pretesa sostanziale (identità della materia del contendere): ricorsi che potrebbero sortire decisioni contrastanti e che la regola dell’ “alternatività” intende, appunto, scongiurare” (Cons. Stato, sez. I, 13 febbraio 2019, n. 548)» (Cons. St., Sez. I, n. 2861/2019).
In aggiunta, inoltre, una volta assimilato, almeno sotto molteplici aspetti, il rimedio giustiziale alla giurisdizione piena, il dispiegamento del principio di alternatività nei termini riassunti risulta essere anche un corollario della evoluzione che ha caratterizzato la giustizia amministrativa nel suo insieme, orientata sempre più verso il giudizio sul rapporto ovvero sulla spettanza del bene della vita in relazione a cui il ricorrente chiede la rimozione della situazione antigiuridica creata dal provvedimento amministrativo (o, come in questo caso, dai provvedimenti). Infatti, alla stregua della “dilatazione delle tecniche di protezione, viene confermata e potenziata la dimensione sostanziale dell’interesse legittimo in una con la centralità che il bene della vita assume nella struttura di detta situazione soggettiva” (Cons. St., Ad. Plen., n. 3/2011). L’affermazione del principio di alternatività favorisce tale dimensione sostanziale. (…) Per approfondire scarica il parere.
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