Wednesday 28 May 2014 17:52:08

Giurisprudenza  Sanità e Sicurezza Sociale

Concessione edilizia per l'attivazione di un impianto per la produzione di farine proteiche: non e' precluso introdurre norme regolamentari più rigorose di quelle rinvenibili nell'art. 216 del T.U. leggi sanitarie

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 27.5.2014

La Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza in esame ha rilevato come l’art.216 TULS non contiene un divieto assoluto di insediamento dell’industria di prima classe nell’abitato, ove sia provato che “per l'introduzione di nuovi metodi o speciali cautele, il suo esercizio non reca nocumento alla salute del vicinato”. In tal senso sussiste l'orientamento pretorio ( Cons. Stato, V n.338/1996), secondo cui non è precluso né illogico fissare con norme regolamentari parametri più rigorosi di quelli rinvenibili nell’art.216 del T.U. n.1265/1934 al fine di conseguire una più intensa tutela della salute pubblicaPer scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale * del 2003, proposto da:

Castagnoli Srl, rappresentata e difesa dagli avv.ti Arnaldo Foschi e Giancarlo Fanzini, con domicilio eletto presso Giuliano Berruti in Roma, alla via Quattro Fontane, n. 161;

 

contro

 

Regione Emilia Romagna, rappresentata e difesa dall'avv. Stefano Balli, con domicilio eletto presso Silvano Bellinzoni in Roma, alla Circonvallazione Cornelia, n. 293;

Provincia di Forli'- Cesena, rappresentata e difesa dall'avv. Antonino Morello, con domicilio eletto presso Gian Marco Grez in Roma, al corso Vittorio Emanuele II, n. 18;

Comune di Cesena, rappresentato e difeso dagli avv.ti Claudio Chiola e Paolo Tellerini, con domicilio eletto presso Claudio Chiola in Roma, alla via della Camilluccia, n. 785;

Technogym Building Srl, rappresentata e difesa dagli avv. Angelo Clarizia e Antonio Carullo, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, 2;

Maraldi Antonio, Torri Gianpiero, Lontani Bruna, Montalti Romano, Quercioli Francesco, Golinucci Quinta, Mosconi Francesco, Filippi Renzo, Moretti Ottavio, Placucci Daniele, Pirini Casadei Guerrino, Galassi Gilberto;

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Emilia-Romagna – Bologna, Sezione I, n. 70/2003, resa tra le parti, concernente rigetto di domanda di modifica e integrazione tecnologica impianto farine

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti in epigrafe specificate;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 maggio 2014 il Cons. Francesco Caringella e uditi per le parti gli avvocati Silvano Bellinzoni, Antonio Avino Muglia, su delega dell'avv. Antonino Morello, e Claudio Chiola, anche su delega dell'avv. Antonio Carullo;

 

 

Rilevato che il giudizio ha ad oggetto una pluralità di atti adottati dalle amministrazioni intimate con riferimento all’attività, esercitata dalla ricorrente nel territorio del Comune di Cesena, di stoccaggio e di commercializzazione di residui animali;

Rilevato, in particolare, che con la sentenza appellata i Primi Giudici hanno respinto i ricorsi proposti avverso i seguenti provvedimenti:

- a) gli atti con cui l’amministrazione provinciale (ordinanza 22.9.1993 n.1479) e quella comunale (ordinanza 25.9.1993 n.20/90) hanno disposto la sospensione, rispettivamente, dell’autorizzazione alle emissioni in atmosfera e della concessione edilizia rilasciate ai fini dell’attivazione di un impianto per la produzione di farine proteiche;

- b) la deliberazione 11.11.1994, prot.n.46944/94, della Giunta provinciale di Forlì, con cui è stato disposto il rigetto della domanda di modifica e integrazione tecnologica di un impianto per produzione di farine proteiche;

-c) il provvedimento comunale 14.7.1998, prot. n. 22632, recante diniego a fronte della domanda di un’ulteriore concessione edilizia avente per oggetto gli interventi di completamento dell’immobile già costruito, e il conseguente provvedimento provinciale 5.8.1998 di diniego di autorizzazione alle emissioni in atmosfera con riguardo agli stessi interventi;

Ritenuto che i motivi di appello proposti dalla Castagnoli avverso il decisum di prime cure non sono suscettibili di favorevole valutazione alla stregua delle seguenti considerazioni;

Considerato, in particolare, quanto alle censure che riguardano il capo della sentenza relativo al provvedimento sub a), che:

- allo stato risulta venuto meno l’ interesse della ditta a ricorrere avverso i provvedimenti di sospensione in quanto, a seguito di dette determinazioni, non sono stati assunti atti definitivi di autotutela in ragione della presentazione di una nuova domanda caratterizzata da un adeguamento del progetto al fine di emendarlo dai vizi genetici;

-in ogni caso la sospensione dell’autorizzazione provinciale - posta a fondamento della successiva sospensione del titolo edilizio - disposta al fine di riaprire la fase istruttoria, è giustificata dal dato oggettivo della presenza di errori negli elaborati tecnici allegati alla domanda (errata indicazione dell’altezza di tre edifici residenziali vicini);

- la necessità di coordinamento fra il titolo edilizio per la costruzione dell’impianto e l’autorizzazione alle emissioni, poi esplicitata dalla normativa successiva, era già presente nel d.P.R. n.203/1988 - che prevedeva la responsabilità di chi inizia la costruzione di un nuovo impianto senza l'autorizzazione alle emissioni (art.24), l’onere di allegare copia della domanda di autorizzazione alla domanda di concessione edilizia (art.6) e il parere del Comune in cui è localizzato l’impianto sulla domanda di autorizzazione (art.7)- oltre che nella circolare regionale attuativa, che differiva il rilascio del titolo edilizio da parte dei singoli Comuni solo ad un momento successivo al conseguimento, da parte dell’azienda, delle autorizzazioni allo scarico in atmosfera previste dagli artt. 6 e 15 del d.P.R. n.203/1988;

Ritenuto che non risultano meritevoli di accoglimento, alla stregua dei rilievi che seguono, neanche le doglianze con le quali si ripropongono le censure relative al provvedimento di diniego dell’autorizzazione alle emissioni in atmosfera, di cui al precedente punto b):

- ai sensi dell’art. 11, comma 4, della legge regionale n. 36/1989, l’autorità alla quale il parere è reso, qualora se ne discosti, deve adeguatamente evidenziare in sede motivazionale le ragioni di pubblico interesse che la inducono a disattendere le determinazioni dell'organo consultivo (Comitato regionale contro l’inquinamento atmosferico);

-nel caso di specie il parere del CRIAER, pur esprimendo una valutazione favorevole con riguardo alla tecnologia di abbattimento proposta dall’azienda, aveva suggerito l’opportunità di una diversa ubicazione dell’impianto in ragione della vicinanza dello stesso agli insediamenti abitativi, in deroga alla distanza minima di 500 metri prevista nell’ambito dei non impugnati criteri generali di autorizzabilità per settori omogenei produttivi approvati dallo stesso organo nella seduta del 20.5.1991, e della conseguente esigenza di tenere nel debito conto gli interessi di matrice ambientale e sanitaria;

- il diniego impugnato ha dato peraltro applicazione alla precedente delibera di Giunta (9.11.1994, prot. 46944) con la quale si era concluso nel senso di “non ritenere sussistenti i presupposti per l’applicazione dell’art.11, 2° comma, della legge regionale n.36/1989”, osservando, attraverso l’esplicazione di un potere discrezionale non affetto da profili di sviamento e sorretto da adeguata motivazione, che l’intervento proposto, insistente su un sito che dista poche decine di metri dalle abitazioni più vicine, non avrebbe prodotto benefici occupazionali e infrastrutturali apprezzabili in via comparativa, soggiungendo che neanche l’importanza, per l’interesse collettivo, dello smaltimento delle spoglie animali avrebbe giustificato il potenziale vulnus ai prevalenti interessi di ordine ambientale riguardanti l’igiene e la salute dei residenti;

Reputato, infine, che non meritano condivisione neanche le censure relative ai provvedimenti di cui al punto c), in quanto:

-le determinazioni negative sono fondate sull’assorbente rilievo del contrasto dell’intervento proposto con il disposto dell’ art. 45.3 delle NTA del PRG di Cesena, che prevede la possibilità di localizzare nuove attività produttive o ampliare quelle esistenti in zona D1 a condizione che “la distanza degli edifici, rispetto ai confini di zone residenziali o da preesistenti edifici destinati a residenza, non sia inferiore a 100 ml per le industrie insalubri di 1^ classe così come le stesse sono elencate nel DM 5.9.1994.”;

- non è revocabile in dubbio l’applicabilità di detta norma limitativa al caso di specie, posto che l’impianto che la parte ricorrente intendeva realizzare rientrava pacificamente fra le industrie insalubri di prima classe e che la fascia di rispetto riguarda non solo i confini delle zone residenziali ma anche “preesistenti edifici destinati a residenza”, i quali quindi possono trovarsi, come acclarato nel caso di specie in base agli esposti presentati dai cittadini interessati, anche in zona agricola;

- la norma de qua preclude, ove difetti il requisito della distanza, anche gli ampliamenti degli insediamenti esistenti e prevede, all’ultimo comma, deroghe solo per le costruzioni residenziali e produttive che eventualmente dovessero sorgere in terreni confinanti e non per la localizzazione di un impianto insalubre che viene nella specie in rilievo;

- non risulta specificamente contestato il condivisibile capo della sentenza appellata che ha ritenuto non attuale l’ interesse ad impugnare tale ultimo comma, posto che l’interesse si attualizzerebbe solo in occasione del rilascio concreto dei titoli edilizi a beneficio dei confinanti;

-non è fondata, infine, la doglianza volta a prospettare la violazione dell’art.216 TULS (che non contiene un divieto assoluto di insediamento dell’industria di prima classe nell’abitato, ove sia provato che “per l'introduzione di nuovi metodi o speciali cautele, il suo esercizio non reca nocumento alla salute del vicinato”), stante il condivisibile orientamento pretorio ( Cons. Stato, V n.338/1996), secondo cui non è precluso né illogico fissare con norme regolamentari parametri più rigorosi di quelli rinvenibili nell’art.216 del T.U. n.1265/1934 al fine di conseguire una più intensa tutela della salute pubblica;

Ritenuto che non è fondata neanche la doglianza svolta al fine di contestare la statuizione sulle spese di giudizio, esplicazione di potere discrezionale non affetta da vizi che ne consentano il sindacato in sede di appello;

Reputato, in definitiva, che l’appello merita reiezione e che le spese debbono seguire la regola della soccombenza nella misura fissata in dispositivo;

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e condanna la parte appellante al pagamento, in favore della parti intimate costituite, delle spese di giudizio, che liquida nella misura complessiva di ero 5.000/00 (cinquemila//00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 maggio 2014 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Mario Luigi Torsello, Presidente

Francesco Caringella, Consigliere, Estensore

Manfredo Atzeni, Consigliere

Doris Durante, Consigliere

Antonio Bianchi, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 27/05/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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