Wednesday 07 May 2014 15:24:46

Provvedimenti Regionali  Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali

Revoca dell'incarico all'assessore: le valutazioni di opportunità politico-amministrative sono sufficienti per l'adozione del provvedimento

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Lazio Roma Sez. II del 5.5.2014

Il vaglio, in termini di sufficienza ed idoneità delle ragioni della revoca dell’incarico di assessore a sorreggerne la relativa determinazione, e la conseguente delimitazione del perimetro dell’obbligo di motivazione, vanno condotti alla stregua della natura di tale di atto, tenuto conto che l’affidamento e la revoca dell’incarico di assessore vanno annoverati tra quelli aventi carattere fiduciario, con la conseguenza che il venir meno del rapporto fiduciario – sulla base di valutazioni necessariamente caratterizzate da ampia latitudine discrezionale - giustifica di per sé la revoca dello stesso. Sulla base del consolidato orientamento giurisprudenziale, dal quale non ravvisa il Collegio ragioni per discostarsi, la revoca dell’incarico di assessore non riveste natura di atto sanzionatorio e, trattandosi di revoca di incarico fiduciario, la stessa può basarsi su ampie valutazioni di opportunità politico-amministrative rimesse in via esclusiva al vertice politico, non essendo conseguentemente richiesta – così come per l’affidamento dell’incarico - alcuna particolare motivazione, venendo in rilievo valutazioni ampiamente e sostanzialmente discrezionali, e quindi attinenti alla rilevanza di fattori non normativamente predeterminati, tenendo conto sia di esigenze di carattere generale, quali i rapporti con l’opposizione o i rapporti interni alla maggioranza consiliare, sia di particolari esigenze di maggiore operosità ed efficienza di specifici settori dell’Amministrazione, ovvero per l’affievolirsi del rapporto fiduciario tra il capo dell’Amministrazione e il singolo assessore, potendo le relative motivazioni fare rinvio anche a semplici ragioni di opportunità politica. Con la conseguenza che la sindacabilità di tale atto in sede di legittimità è limitata ai profili formali ed estrinseci, suscettibili di evidenziare l’arbitrarietà della decisione, in relazione all’ampia discrezionalità spettante al capo dell’Amministrazione locale (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 3 aprile 2004, n. 1042; 5 dicembre 2012 n. 6228; 23 febbraio 2012 n. 1053; TAR Lazio, Roma, 17 giugno 2009 n. 5732). Posto, quindi, che gli atti di revoca degli assessori degli enti territoriali – analogamente agli atti di nomina - sono sostanzialmente rivolti al miglioramento della compagine di ausilio al vertice dell’ente e sono sottoposti unicamente alle eventuali specifiche prescrizioni dettate dalle fonti primarie e secondarie, ivi compresi gli statuti degli enti medesimi, dovendo pertanto escludersi la loro natura politica in quanto non sono liberi nella scelta dei fini, e tenuto conto che la valutazione degli interessi coinvolti nel procedimento di revoca di un assessore è rimessa in via esclusiva al titolare politico dell’amministrazione, cui competono in via autonoma la scelta e la responsabilità della compagine di cui avvalersi per l’amministrazione dell’ente nell’interesse della comunità locale, il carattere ampiamente discrezionale che connota il provvedimento di revoca dell’incarico di assessore si riflette sulla portata della relativa motivazione, che può consistere nel richiamo a valutazioni di opportunità politico-amministrativa rimesse in via esclusiva al vertice dell’ente, in ragione della natura fiduciaria dell’incarico. Peraltro, dal paradigma normativo di riferimento, come recato dall’art. 46 del D. Lgs. n. 267 del 2000, il quale impone unicamente la comunicazione della revoca dell’incarico di assessore al Consiglio, si trae la conferma di come tale atto sia frutto di scelte altamente discrezionali del vertice istituzionale sottoposte unicamente alla valutazione dell’organo consiliare di controllo, il quale potrebbe opporsi, tramite una mozione di sfiducia, all’atto di revoca. Ne discende che nella materia in questione il giudice amministrativo è sfornito del sindacato di merito, tassativamente previsto dalla legge per altre ipotesi (art. 134 c.p.a.) ed il suo controllo sull’esercizio della funzione pubblica è condizionato dal connotato latamente politico della scelta che, pertanto, è insindacabile in sede di legittimità se non per profili puramente formali concernenti la violazione di specifiche disposizioni normative dettate per la nomina e la revoca degli assessori e la manifesta abnormità e discriminatorietà del provvedimento di revoca, profili questi che, nella fattispecie in esame, non ricorrono. Applicando le suesposte coordinate interpretative alla controversia in esame, ritiene il Collegio che le motivazioni poste a sostegno del gravato provvedimento siano pienamente idonee a sorreggere la contestata revoca dell’incarico, integrando i comportamenti addebitati al ricorrente ragioni sufficienti a far ritenere venuto meno il rapporto fiduciario che deve intercorrere con il vertice dell’articolazione amministrativa, adeguatamente esternate in un sufficiente apparato motivazionale. Né il giudice può procedere alla verifica, sollecitata da parte ricorrente, in ordine alla congruità delle ragioni sottese alla contestata revoca, essendo il sindacato su tale atto, come sopra ricordato, limitato ai soli profili estrinseci, tenuto conto della natura dello stesso e dell’ampia discrezionalità che lo caratterizza. Negativamente delibate, nel senso di cui sopra, le censure volte a lamentare l’assenza dei presupposti e di motivazione della contestata ordinanza di revoca dell’incarico di assessore, deve parimenti essere rigettata l’ulteriore censura con la quale viene denunciata la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento di revoca. Al riguardo, deve osservarsi, in adesione a consolidato orientamento giurisprudenziale (Consiglio di Stato, Sez. V, 23 gennaio 2007 n. 209; 5 dicembre 2012 n. 6228; 23 febbraio 2012 n. 1053), che la revoca dell’incarico di assessore comunale è esente dalla previa comunicazione dell’avvio del procedimento in considerazione del fatto che, in un contesto normativo nel quale la valutazione degli interessi coinvolti è rimessa in modo esclusivo al vertice dell’Amministrazione, cui compete in via autonoma la scelta e la responsabilità della compagine di cui avvalersi nell’interesse della comunità locale, con sottoposizione del merito del relativo operato unicamente alla valutazione dell’organo consiliare, non c’è spazio logico, prima ancora che normativo, per dare ingresso all’applicazione dell’istituto partecipativo di cui al citato art. 7, il cui scopo è quello di consentire l’apporto procedimentale da parte del destinatario dell’atto finale al fine di condizionarne il relativo contenuto. Ed invero, le prerogative della partecipazione possono essere invocate quando l’ordinamento prende in qualche modo in considerazione gli interessi privati in quanto ritenuti idonei ad incidere sull’esito finale per il migliore perseguimento dell’interesse pubblico, mentre tale partecipazione diventa indifferente in un contesto normativo nel quale la valutazione degli interessi coinvolti è rimessa in modo esclusivo al vertice dell’Amministrazione, cui compete in via autonoma la scelta e la responsabilità della compagine di cui avvalersi, risultando il relativo procedimento modellato su scansioni semplificate per consentire un’immediata soluzione della crisi intervenuta nell’ambito del governo locale, che si articola nella valutazione della situazione da parte del vertice al quale compete la scelta in ordine alla modificazione della compagine della giunta e nella comunicazione motivata di ciò all’organo consiliare, senza l’interposizione della comunicazione dell’avvio del procedimento all’assessore assoggettato alla revoca, la cui opinione è irrilevante per la normativa attuale salvo che non venga fatta propria dal consiglio. Deve inoltre rilevarsi che, essendo il procedimento in esame semplificato al massimo per consentire un’immediata soluzione della crisi intervenuta nell’ambito del governo locale, l’interposizione della comunicazione dell’avvio del procedimento osterebbe a tale finalità, potendo quindi tale adempimento essere legittimamente omesso. Per continuare nella lettura della sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale*** del 2009, proposto da:

ROMANO AMATO, rappresentato e difeso dall'Avv. Luca Crippa, con domicilio eletto presso Luca Crippa in Roma, Viale Regina Margherita, 42;

 

contro

 

COMUNE DI ROMA, ora ROMA CAPITALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avv. Cristina Montanaro, domiciliata in Roma, via Tempio di Giove, 21;

VIII Municipio Roma delle Torri;

 

per l'annullamento

- dell’ordinanza n. 10 del 3/7/09 di revoca della nomina del ricorrente quale Assessore del Municipio VIII Roma delle Torri con delega alle Politiche Sociali e Sanitarie, Personale, Salvaguardia Patrimonio Ambientale ed Archeologico, Bilancio;

- di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale;

 

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Roma, ora Roma Capitale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 aprile 2014 il consigliere Elena Stanizzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

Espone in fatto l’odierno ricorrente di essere stato nominato Assessore del Municipio VIII Roma delle Torri con delega alle Politiche Sociali e Sanitarie, Personale, Salvaguardia Patrimonio Ambientale ed Archeologico, Bilancio, con ordinanza n. 1 del 29 maggio 2008 e che tale nomina è stata revocata, unitamente alle deleghe conferitegli, con ordinanza n. 4 del 25 novembre 2008 del Presidente del Municipio, confermata con ordinanza n. 5 del 28 novembre 2008.

Presentato ricorso avverso tali ordinanze di revoca della nomina ad assessore e delle deleghe conferitegli, con sentenza del TAR Lazio n. 5732 del 2009 ne è stato disposto l’annullamento in ragione del riscontrato vizio di difetto della motivazione.

Con ordinanza n. 9 del 2 luglio 2009, in dichiarata ottemperanza alla predetta sentenza, sono state formalmente revocate le ordinanze n. 4 e 5 del 2008 e, in data 3 luglio 2009, è stata adottata la gravata ordinanza n. 10 con la quale è stata nuovamente disposta la revoca della nomina del ricorrente ad Assessore del Municipio VIII Roma delle Torri e delle relative deleghe.

Nel riferire le motivazioni poste a sostegno della disposta revoca, come indicate nella gravata ordinanza, deduce parte ricorrente avverso la stessa i seguenti motivi di censura:

1 – Violazione di legge; eccesso di potere per erroneità dei presupposti, ingiustizia manifesta, difetto di istruttoria, illogicità e contraddittorietà e difetto di motivazione; violazione del principio del ne bis in idem.

Sostiene parte ricorrente come la gravata ordinanza sia esclusivamente volta a superare gli effetti della sentenza con cui sono state annullate le precedenti ordinanze di revoca della nomina, fornendo a sostegno del nuovo provvedimento una motivazione illegittimamente riferita a fatti antecedenti la prima revoca dell’incarico e mai contestati, violando peraltro il divieto di reiterazione di provvedimenti annullati in sede giurisdizionale,

2 – Violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990 per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento. Eccesso di potere per erroneità nei presupposti, ingiustizia manifesta, difetto di istruttoria, illogicità e contraddittorietà, difetto di motivazione.

Denuncia parte ricorrente l’omesso avviso di avvio del procedimento, la cui necessità discenderebbe dalla natura di atto amministrativo e non politico del gravato provvedimento.

3 – Violazione della legge n. 241 del 1990 in relazione ai principi di trasparenza, imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione. Ulteriore eccesso di potere per erroneità dei presupposti, difetto di istruttoria, illogicità manifesta e difetto o inidoneità della motivazione.

Sostiene parte ricorrente come dai verbali della Giunta non sarebbero evincibili i fatti posti a sostegno della gravata revoca dell’incarico, non trovando quindi i comportamenti addebitati alcun riscontro, nel dettaglio illustrando l’andamento dei relativi lavori.

Si è costituita in giudizio l’intimata Amministrazione Comunale sostenendo, con articolate controdeduzioni, l’infondatezza del ricorso con richiesta di corrispondente pronuncia.

Alla Pubblica Udienza del 2 aprile 2014 la causa è stata chiamata e, sentititi difensori delle parti presenti, trattenuta per la decisione, come da verbale.

DIRITTO

Con il ricorso in esame è proposta azione impugnatoria avverso l’ordinanza – meglio descritta in epigrafe nei suoi estremi – con cui è stata disposta la revoca della nomina del ricorrente ad Assessore del Municipio VIII Roma delle Torri con delega alle Politiche Sociali e Sanitarie, Personale, Salvaguardia Patrimonio Ambientale ed Archeologico, Bilancio.

Ai fini del decidere in ordine alla controversia in esame, è opportuno preliminarmente illustrare il più ampio contesto in cui la stessa si colloca.

In tale direzione, va precisato che già con precedente ordinanza n. 4 del 25 novembre 2008 del Presidente del Municipio, confermata con ordinanza n. 5 del 28 novembre 2008, era stata revocato l’incarico del ricorrente quale Assessore e le relative deleghe conferitegli.

Tali ordinanze sono state annullate con sentenza del TAR Lazio n. 5732 del 2009 nella considerazione che la revoca fosse priva di qualsivoglia motivazione.

Con ordinanza n. 9 del 2 luglio 2009, in dichiarata ottemperanza alla predetta sentenza, sono state formalmente revocate le ordinanze n. 4 e 5 del 2008 e, in data 3 luglio 2009, è stata adottata la gravata ordinanza n. 10 con la quale è stata nuovamente disposta la revoca della nomina del ricorrente ad Assessore del Municipio VIII Roma delle Torri e delle relative deleghe.

A fondamento di tale nuovo provvedimento di revoca vengono indicati i comportamenti del ricorrente, tenuti nelle sedute di Giunta del 27 e del 31 ottobre 2008, durante le quali lo stesso “sollecitava con forza il Presidente e gli Assessori a comportarsi in modo difforme dalle indicazioni pervenute dal Campidoglio e alla normativa sulla spesa pubblica, affinchè la Giunta del Municipio proponesse al Consiglio Municipale variazioni di bilancio tali che avrebbero conseguito il risultato di debiti fuori bilancio, qualora deliberate anche dal Consiglio Comunale, nell’intendimento del Sig. Romano Amato di mettere in Consiglio Comunale di fronte al fatto compiuto, per cui a fronte di spese più che opportune, ma non soggette ad obblighi di legge se ormai deliberate ed eseguite, il Consiglio Comunale non avrebbe potuto negare i fondi per coprire spese obbligatorie derivanti da obblighi di legge” precisando poi come tali sollecitazioni venissero espresse “in un momento particolarmente grave del Comune di Roma, appena Commissariato per le spese pregresse che avevano indotto una carenza di fondi significativa, mentre il Sindaco e la Giunta Comunale insieme al Consiglio avevano dato indicazioni sul contenimento della spesa e stante la normativa generale che vieta ogni debito fuori bilancio”, rappresentando, in relazione alle predette circostanze, il venir meno del rapporto fiduciario.

Così dato atto del contenuto del gravato provvedimento, viene in rilievo, nella gradata elaborazione logica delle censure avverso lo stesso dedotte, il denunciato vizio di erroneità della motivazione, in quanto basata su circostanze antecedenti l’adozione delle ordinanze di revoca annullate in sede giurisdizionale, e di difetto dei relativi presupposti.

Tenuto conto dell’impianto sotteso alla proposta censura – che valorizza la collocazione temporale dei comportamenti contestati a data antecedente a quella di adozione delle precedenti ordinanze di revoca dell’incarico e all’intervenuto annullamento in sede giurisdizionale delle stesse – deve il Collegio rilevare, innanzitutto, come non via sia alcuna preclusione per l’Amministrazione, in caso di annullamento giurisdizionale di un provvedimento per vizi formali, di procedere all’adozione di un nuovo provvedimento avente medesimo contenuto, emendato dai rilevati vizi.

Al riguardo, giova precisare come la sentenza di questo Tribunale n. 5732/2009 abbia annullato le ordinanze di revoca dell’incarico in quanto ritenute prive di motivazione, non emergendo dalle stesse gli apprezzamenti di fatto o di opportunità sottese alla scelta discrezionale idonee ad evidenziare le dinamiche di tutela dell’interesse pubblico.

Non contiene, quindi, tale sentenza alcuna valutazione in ordine ai fatti e alle circostanze già esistenti all’epoca di adozione dei provvedimenti annullati e successivamente posti a fondamento del provvedimento successivamente adottato, in questa sede impugnato, in quanto in alcun modo tali elementi sono emersi in corso di giudizio, con la conseguenza che rispetto ad essi nessuna valutazione è stata effettuata dal giudice amministrativo.

Ne discende che la circostanza che i comportamenti addebitati al ricorrente - sulla cui base è stato ritenuto essere venuto meno il necessario rapporto fiduciario, che costituisce il fondamento della disposta revoca - siano riferiti ad epoca antecedente l’adozione delle ordinanze annullate in sede giurisdizionale, non costituisce profilo viziante il gravato provvedimento, avendo l’Amministrazione, a seguito della citata pronuncia di annullamento, legittimamente esercitato il potere di riesame - che residua ogniqualvolta intervenga un annullamento giurisdizionale di atti per vizi meramente formali – prendendo in considerazione i fatti di rilievo non trasfusi nelle precedenti determinazioni.

Posta quindi l’irrilevanza e l’ininfluenza, ai fini del decidere, che le circostanze poste a sostegno della gravata revoca dell’incarico siano pregresse alle ordinanze annullate in sede giurisdizionale, deve altresì rilevarsi l’idoneità delle stesse – come sopra riferite - a sorreggere tale determinazione, con conseguente infondatezza delle corrispondenti censure sollevate da parte ricorrente.

Il vaglio, in termini di sufficienza ed idoneità delle ragioni della revoca dell’incarico di assessore a sorreggerne la relativa determinazione, e la conseguente delimitazione del perimetro dell’obbligo di motivazione, vanno condotti alla stregua della natura di tale di atto, tenuto conto che l’affidamento e la revoca dell’incarico di assessore vanno annoverati tra quelli aventi carattere fiduciario, con la conseguenza che il venir meno del rapporto fiduciario – sulla base di valutazioni necessariamente caratterizzate da ampia latitudine discrezionale - giustifica di per sé la revoca dello stesso.

Sulla base del consolidato orientamento giurisprudenziale, dal quale non ravvisa il Collegio ragioni per discostarsi, la revoca dell’incarico di assessore non riveste natura di atto sanzionatorio e, trattandosi di revoca di incarico fiduciario, la stessa può basarsi su ampie valutazioni di opportunità politico-amministrative rimesse in via esclusiva al vertice politico, non essendo conseguentemente richiesta – così come per l’affidamento dell’incarico - alcuna particolare motivazione, venendo in rilievo valutazioni ampiamente e sostanzialmente discrezionali, e quindi attinenti alla rilevanza di fattori non normativamente predeterminati, tenendo conto sia di esigenze di carattere generale, quali i rapporti con l’opposizione o i rapporti interni alla maggioranza consiliare, sia di particolari esigenze di maggiore operosità ed efficienza di specifici settori dell’Amministrazione, ovvero per l’affievolirsi del rapporto fiduciario tra il capo dell’Amministrazione e il singolo assessore, potendo le relative motivazioni fare rinvio anche a semplici ragioni di opportunità politica.

Con la conseguenza che la sindacabilità di tale atto in sede di legittimità è limitata ai profili formali ed estrinseci, suscettibili di evidenziare l’arbitrarietà della decisione, in relazione all’ampia discrezionalità spettante al capo dell’Amministrazione locale (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 3 aprile 2004, n. 1042; 5 dicembre 2012 n. 6228; 23 febbraio 2012 n. 1053; TAR Lazio, Roma, 17 giugno 2009 n. 5732).

Posto, quindi, che gli atti di revoca degli assessori degli enti territoriali – analogamente agli atti di nomina - sono sostanzialmente rivolti al miglioramento della compagine di ausilio al vertice dell’ente e sono sottoposti unicamente alle eventuali specifiche prescrizioni dettate dalle fonti primarie e secondarie, ivi compresi gli statuti degli enti medesimi, dovendo pertanto escludersi la loro natura politica in quanto non sono liberi nella scelta dei fini, e tenuto conto che la valutazione degli interessi coinvolti nel procedimento di revoca di un assessore è rimessa in via esclusiva al titolare politico dell’amministrazione, cui competono in via autonoma la scelta e la responsabilità della compagine di cui avvalersi per l’amministrazione dell’ente nell’interesse della comunità locale, il carattere ampiamente discrezionale che connota il provvedimento di revoca dell’incarico di assessore si riflette sulla portata della relativa motivazione, che può consistere nel richiamo a valutazioni di opportunità politico-amministrativa rimesse in via esclusiva al vertice dell’ente, in ragione della natura fiduciaria dell’incarico.

Peraltro, dal paradigma normativo di riferimento, come recato dall’art. 46 del D. Lgs. n. 267 del 2000, il quale impone unicamente la comunicazione della revoca dell’incarico di assessore al Consiglio, si trae la conferma di come tale atto sia frutto di scelte altamente discrezionali del vertice istituzionale sottoposte unicamente alla valutazione dell’organo consiliare di controllo, il quale potrebbe opporsi, tramite una mozione di sfiducia, all’atto di revoca.

Ne discende che nella materia in questione il giudice amministrativo è sfornito del sindacato di merito, tassativamente previsto dalla legge per altre ipotesi (art. 134 c.p.a.) ed il suo controllo sull’esercizio della funzione pubblica è condizionato dal connotato latamente politico della scelta che, pertanto, è insindacabile in sede di legittimità se non per profili puramente formali concernenti la violazione di specifiche disposizioni normative dettate per la nomina e la revoca degli assessori e la manifesta abnormità e discriminatorietà del provvedimento di revoca, profili questi che, nella fattispecie in esame, non ricorrono.

Applicando le suesposte coordinate interpretative alla controversia in esame, ritiene il Collegio che le motivazioni poste a sostegno del gravato provvedimento siano pienamente idonee a sorreggere la contestata revoca dell’incarico, integrando i comportamenti addebitati al ricorrente ragioni sufficienti a far ritenere venuto meno il rapporto fiduciario che deve intercorrere con il vertice dell’articolazione amministrativa, adeguatamente esternate in un sufficiente apparato motivazionale.

Né il giudice può procedere alla verifica, sollecitata da parte ricorrente, in ordine alla congruità delle ragioni sottese alla contestata revoca, essendo il sindacato su tale atto, come sopra ricordato, limitato ai soli profili estrinseci, tenuto conto della natura dello stesso e dell’ampia discrezionalità che lo caratterizza.

Negativamente delibate, nel senso di cui sopra, le censure volte a lamentare l’assenza dei presupposti e di motivazione della contestata ordinanza di revoca dell’incarico di assessore, deve parimenti essere rigettata l’ulteriore censura con la quale viene denunciata la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento di revoca.

Al riguardo, deve osservarsi, in adesione a consolidato orientamento giurisprudenziale (Consiglio di Stato, Sez. V, 23 gennaio 2007 n. 209; 5 dicembre 2012 n. 6228; 23 febbraio 2012 n. 1053), che la revoca dell’incarico di assessore comunale è esente dalla previa comunicazione dell’avvio del procedimento in considerazione del fatto che, in un contesto normativo nel quale la valutazione degli interessi coinvolti è rimessa in modo esclusivo al vertice dell’Amministrazione, cui compete in via autonoma la scelta e la responsabilità della compagine di cui avvalersi nell’interesse della comunità locale, con sottoposizione del merito del relativo operato unicamente alla valutazione dell’organo consiliare, non c’è spazio logico, prima ancora che normativo, per dare ingresso all’applicazione dell’istituto partecipativo di cui al citato art. 7, il cui scopo è quello di consentire l’apporto procedimentale da parte del destinatario dell’atto finale al fine di condizionarne il relativo contenuto.

Ed invero, le prerogative della partecipazione possono essere invocate quando l’ordinamento prende in qualche modo in considerazione gli interessi privati in quanto ritenuti idonei ad incidere sull’esito finale per il migliore perseguimento dell’interesse pubblico, mentre tale partecipazione diventa indifferente in un contesto normativo nel quale la valutazione degli interessi coinvolti è rimessa in modo esclusivo al vertice dell’Amministrazione, cui compete in via autonoma la scelta e la responsabilità della compagine di cui avvalersi, risultando il relativo procedimento modellato su scansioni semplificate per consentire un’immediata soluzione della crisi intervenuta nell’ambito del governo locale, che si articola nella valutazione della situazione da parte del vertice al quale compete la scelta in ordine alla modificazione della compagine della giunta e nella comunicazione motivata di ciò all’organo consiliare, senza l’interposizione della comunicazione dell’avvio del procedimento all’assessore assoggettato alla revoca, la cui opinione è irrilevante per la normativa attuale salvo che non venga fatta propria dal consiglio.

Deve inoltre rilevarsi che, essendo il procedimento in esame semplificato al massimo per consentire un’immediata soluzione della crisi intervenuta nell’ambito del governo locale, l’interposizione della comunicazione dell’avvio del procedimento osterebbe a tale finalità, potendo quindi tale adempimento essere legittimamente omesso.

Deve ulteriormente rilevarsi che in relazione alle doglianze sollevate da parte ricorrente in ordine all’assenza dei presupposti per procedere alla revoca della sua nomina quale assessore, essendo state le stesse ritenute prive di fondamento alla luce delle superiori argomentazioni, l’apporto dell’interessato non avrebbe comunque potuto modificare la gravata decisione, tenuto altresì conto del carattere ampiamente discrezionale della stessa.

In conclusione, alla luce delle considerazioni sin qui illustrate, che danno conto dell’infondatezza delle censure proposte con il ricorso in esame, lo stesso deve essere rigettato.

La peculiarità della vicenda contenziosa consente di disporre la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

Roma - Sezione Seconda

definitivamente pronunciando sul ricorso N. 8632/2009 R.G., come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Luigi Tosti, Presidente

Elena Stanizzi, Consigliere, Estensore

Carlo Polidori, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 05/05/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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