Monday 06 May 2024 06:54:51
Giurisprudenza Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 6.5.2024
Il Consiglio di Stato con la sentenza depositata in data 6 maggio 2024 ha confermato la correttezza della statuizione di primo grado nella quale il TAR ha richiamato la giurisprudenza, secondo cui costituisce “costruzione” qualunque manufatto autonomo, ovvero modificativo di altro preesistente, che sia stabilmente infisso al suolo, ovvero ancora le opere di qualsiasi genere con cui si operi nel suolo e sul suolo, se idonee a modificare lo stato dei luoghi; il TAR ha anche rammentato che per giurisprudenza consolidata costituiscono “costruzioni”, ai fini dell’osservanza delle distanze, le scale, le terrazze e i corpi cosiddetti “aggettanti”, rimanendo escluse solo le opere ornamentali di rifinitura accessoria di limitata entità, come le mensole, i cornicioni, le grondaie e simili (in termini Cassazione Civile sez. II 29.01.2018 n. 2093). "L’appellante sostiene che, in ragione della funzione di riparo - della scala e del pianerottolo di sua proprietà - che il muro svolgeva, esso non potesse essere considerato quale “costruzione”, cioè come elemento della struttura dell’edificio dell’appellante, senza funzione di sostegno della scala. Il Collegio ritiene condivisibile la decisione del primo giudice. Anche a voler ritenere che il muro in questione sia strutturalmente autonomo dalla scala a cielo esistente di fianco – che sembrerebbe sostenersi da sola -, non si ravvisano ragioni sufficienti per non ritenerlo a tutti gli effetti una costruzione: si veda al proposito, la pronuncia della Cass. Civ. Sez. II, n. 8922 del 6 aprile 2017, la quale ha precisato che “Il muro di cinta, da non considerare per il computo delle distanze nelle costruzioni, ai sensi dell'art. 878 c.c., è solo quello con facce emergenti dal suolo che, essendo destinato alla demarcazione della linea di confine ed alla separazione dei fondi, si presenti separato da ogni altra costruzione e, pertanto, esula da tale nozione il muro eretto in sopraelevazione di un fabbricato, a delimitazione di una terrazza di copertura di questo, posto che un simile manufatto non si configura separato dall'edificio cui inerisce e resta nel medesimo incorporato”: nel caso di specie il muro emergeva in sopraelevazione rispetto alla scala e al parapetto dell’edificio dell’appellante e, come il parapetto di una terrazza, di fatto risultava incorporato nell’edificio medesimo; negare l’esistenza di una costruzione significherebbe, in questo caso, negare una evidenza lapalissiana.
Ma ancora prima va rilevato che, anche se il muro dovesse essere considerato alla stregua di un muro di cinta (unica alternativa possibile), non era preclusa la costruzione in aderenza rispetto al medesimo, atteso che l’art. 878, comma 2, c.c. fa divieto di costruire in appoggio - e non anche in aderenza – al muro di cinta quando al di là di esso preesista un edificio a distanza inferiore di tre metri: la ragione di ciò è evidentemente da individuare nel fatto che il muro di cinta potrebbe non avere la struttura necessaria per reggere una costruzione; la ratio della norma, quindi, consente la costruzione in aderenza al muro di cinta. L’art. 877 è anche più esplicito, affermando che “Il vicino, senza chiedere la comunione del muro posto sul confine, può costruire sul confine stesso in aderenza, ma senza appoggiare la sua fabbrica a quella preesistente.”.(…) Per continuare la lettura scarica la sentenza integrale.
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