Wednesday 07 May 2014 15:57:42

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

L'azione contro il silenzio della P.A. nel procedimento per il rilascio dell'Autorizzazione Unica: l’adozione di atti infraprocedimentali non è idonea ad impedire la formazione del silenzio inadempimento

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 28.4.2014

L’azione avverso il silenzio, di cui all’art. 31 del codice del processo amministrativo, è concettualmente scindibile in due domande: la prima, di natura dichiarativa, volta all’accertamento dell’obbligo, in capo all’amministrazione destinataria dell’istanza presentata dal titolare dell’interesse pretensivo, dell’obbligo di definire il procedimento nel termine prescritto dalla disciplina legislativa o regolamentare a sensi dell’art. 2 della legge 7 agosto 1990, n 241; l’altra, inquadrabile nel novero delle azioni di condanna, diretta ad ottenere una sentenza che condanni l’amministrazione inadempiente all’adozione di un provvedimento esplicito, previo accertamento della spettanza del bene della vita nei casi in cui venga in rilievo l’esplicazione di in potere discrezionale. Le due domande, normalmente conosciute nell’ambito di un giudizio unitario in seno al quale l’attività di accertamento è strumentale alla pronuncia di condanna ad un facere di stampo pubblicistico, rivelano la loro autonomia nell’ipotesi in cui la sentenza di condanna non risulti più ammissibile o utile ma residui, a fini risarcitori, l’interesse ad una declaratoria che stigmatizzi l’illegittima inerzia amministrativa. Detta autonomia viene in rilievo in modo particolare nel caso di specie, nel quale, nel corso del giudizio di primo grado e nell’atto di appello, la parte ricorrente ha manifestato l’interesse a conseguire una pronuncia dichiarativa della formazione del silenzio-rifiuto anche a fronte del venir meno dell’interesse alla sentenza di condanna alla definizione dell’ iter procedurale. Applicando tali coordinate al caso di specie si deve reputare che l’improcedibilità del ricorso di primo grado a seguito del sopravvenuto difetto d’interesse conseguente al sopravvenuto esplicito di diniego nel corso del giudizio d’appello non faccia venir meno l’interesse al conseguimento di una decisione sull’autonoma domanda, articolata con il ricorso di prime cure e ribadita in appello, di accertamento della violazione dell’obbligo di provvedere entro i termini di legge nella prospettiva della futura proponibilità di una domanda di risarcimento. A suffragio di tale ricostruzione depone la disciplina dettata dall’articolo art. 34, co. III, cod. proc. amm., secondo cui “quando, nel corso del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori”. Detta norma, pur se relativa all’azione di annullamento, esprime una regula iuris, che, riconnettendosi al principio generale di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale (così Cons. Stato, sez. I, 18 maggio 2012, n. 2918) e al corollario, che a tale premessa consegue, dell’ammissibilità di azioni di accertamento anche atipiche (Cons., Stato, Ad Plen 29 luglio 2011, n. 15; sez. V, 31 gennaio 2012, n. 472; sez. IV, 9 maggio 2013, n. 2518)), non può che estendersi anche al giudizio avverso il silenzio. Ne deriva che il sopravvenire di un provvedimento di diniego non può ostare alla declaratoria dell’illegittimità procedurale dell’amministrazione laddove, come nel caso di specie, venga prospettata e sia astrattamente ravvisabile l’utilità di un tale decisum nella proiezione di un successivo giudizio risarcitorio, ferma restando la riserva a tale separato momento cognitivo della delibazione, sul piano dell’an e del quantum, della domanda risarcitoria (sulla necessità di una domanda o allegazione di parte e sulla riserva al giudice del risarcimento della cognizione della relativa domanda, Cons. Stato, sez. V, 14 dicembre 2911, n. 6541). Si deve, a questo punto, stabilire se effettivamente vi sia stato nel caso di specie l’inadempimento dell’Amministrazione Regionale all’obbligo di provvedere sull’istanza dell’appellante entro i termini previsti per la conclusione del procedimento de quo. Premette il Collegio che l'art. 2 della l. n. 241/1990, che racchiude uno dei principi fondamentali dell'ordinamento in tema di azione amministrativa, sancisce l'obbligo per l'amministrazione di concludere ogni procedimento che consegua obbligatoriamente ad un’istanza con provvedimento espresso entro un termine certo, che è quello generale fissato dal comma 3 di detto articolo o quello indicato da specifiche disposizioni. Aggiungasi che il termine entro il quale deve concludersi, ex art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, il procedimento per il rilascio dell'autorizzazione unica, oltre ad essere perentorio (Corte Cost., sentenze n. 364/2006, e n. 282/2009), risponde a evidenti finalità di semplificazione e accelerazione, sicché esso può essere qualificato come principio fondamentale in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia (Corte Cost. 9 novembre 2006, n. 364, Consiglio di Stato, sez. V, 23 ottobre 2012, n. 5413, 21 novembre 2012, n. 5895 e 15 maggio 2013 n. 2634). Peraltro, nemmeno in base alle disposizioni di cui al regolamento regionale contenuto nell'allegato A della delibera di Giunta n. 23 gennaio 2007, n. 35 (pubblicata sul B.U.R.P. n. 19 del 6.2.2007), in materia di procedimento per il rilascio dell'Autorizzazione Unica, risulta un diverso quadro procedimentale. Ciò in quanto l'art. 2.3.2, comma 4, del citato regolamento stabilisce che, a seguito dell'istanza presentata dal privato per l'ottenimento dell'Autorizzazione Unica, "....il Responsabile unico provvede ad inviare entro il termine massimo dei successivi sette giorni lavorativi, dalla data di ricevimento della domanda, una copia del progetto definitivo a ciascuno degli enti individuati dall'Ufficio Industria Energetica quali interessati al rilascio dei pareri prescritti dalla Legge"; da ciò si deduce che, in conformità alla normativa statale in materia, tutti i pareri, compresi quelli ambientali, nella Regione Puglia devono essere acquisiti all'interno dello stesso procedimento di competenza regionale. A tanto consegue che la mancata adozione di un provvedimento espresso sulla richiesta autorizzazione unica nel complessivo termine di legge, pacificamente spirato nel caso di specie, entro cui deve concludersi il relativo procedimento è del tutto ingiustificata e configura un sostanziale inadempimento. Va soggiunto che, in omggio a pacifici principio giurisprudenziali, l’adozione di atti infraprocedimentali (quali la comunicazione di avvio del procedimento o la convocazione di conferenze di servizi) non è idonea a impedire la formazione del silenzio inadempimento, visto che solo l’adozione del provvedimento definitivo soddisfa l’interesse, azionato nel giudizio di cui all’art. 31 c.p.a., al conseguimento di una risposta esplicita alla domanda introduttiva. Si deve aggiungere che nel caso di specie il termine di legge risulta decorso anche a considerare alla stregua di dies a quo quello della regolarizzazione della garanzia posta a corredo dell’istanza; e che, salvo il caso, che qui non viene in rilievo, di palese infondatezza, sarà oggetto di autonomo giudizio, in sede di impugnazione eventuale del diniego espresso o della proposizione di domanda risarcitoria, lo scrutinio sulla spettanza del bene della vita. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento"

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale  del 2012, proposto da:

Margherita S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Antonio Mescia, Giuseppe Mescia, con domicilio eletto presso Franco Gaetano Scoca in Roma, via Giovanni Paisiello 55;

 

contro

Regione Puglia, in persona del Presidnete oro tempore della Fiunt Regionale, rappresentata e difesa dall'avv. Tiziana Colelli, con domicilio eletto presso Anna Lagonegro in Roma, via Boezio, n. 92; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA - BARI: SEZIONE I n. 01817/2012, resa tra le parti, concernente illegittimità del silenzio tenuto dalla regione puglia sull'istanza di rilascio di autorizzazione unica per la realizzazione di un impianto eolico

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Puglia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 25 marzo 2014 il Cons. Francesco Caringella e uditi per le parti gli avvocati Mescia e Liberti, per delega di Colelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1.La Margherita s.r.l. in data 31.09.2009 presentava alla Regione Puglia, Settore Industria, istanza di rilascio di autorizzazione unica per la realizzazione di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica da realizzarsi nel Comune di Castelnuovo della Daunia (Fg), alla località "Mezza di Cinque – Crocella e Donna Elisabetta".

Detta società, nell'assunto che il Settore Industria di detta Regione, nonostante fossero trascorsi quasi tre anni dalla presentazione di detta istanza, non aveva comunicato l'avvio del procedimento alle amministrazione interessate, né aveva effettuato le altre previste attività prodromiche alla convocazione della conferenza di servizi, proponeva ricorso ai sensi dell'art. 117 del c.p.a., iscritto presso il T.A.R. Puglia al n. 366/2012.

Prima dell’ udienza di discussione in camera di consiglio di detto ricorso, l'Ufficio Energia della Regione Puglia, con nota prot. n. 8878 del 21.09.2012, comunicava l’avvio del procedimento volto al rilascio dell’autorizzazione unica. Nella stessa comunicazione si evidenziava che la dichiarazione resa dall’istituto bancario sulla disponibilità delle risorse finanziarie, propedeutica alla convocazione della Conferenza di Servizi ai sensi della l.r. n. 31/2008, non risultava conforme a quanto previsto dall’art. 4, co. I, lett. b) della medesima legge regionale.

Con sentenza n. 1817 del 25 ottobre 2012, l'adito T.A.R. Puglia, sede di Bari, dichiarava improcedibile il ricorso proposto dalla Margherita s.r.l., nell'assunto che la comunicazione del 21.09.2012 avesse messo fine all’inerzia sull’ istanza di autorizzazione unica di cui trattasi.

2.Con il ricorso in appello in esame, iscritto al n. 8062/2012 Reg. Ric., la società di cui trattasi ha chiesto l'annullamento di detta sentenza, deducendo i seguenti motivi:

1.-"Error in iudicando". Violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 14 ter della l. n. 241/1990, dell'art. 12 del d. lgs. n. 387/2003, della deliberazione della Giunta Regionale 23 gennaio 2007, n. 35 e dell'art. 10, comma 5, della l.r. n. 17/2007. Illegittimità.

La tesi fatta propria dal primo Giudice, secondo la quale l'inerzia della Regione sarebbe venuta meno a seguito della comunicazione di avvio del procedimento inviata in data 21 settembre 2012, non è suscettibile di condivisione alla luce del combinato disposto di cui all'art. 2, comma 1, della l. n. 241/1990 e all'art. 12, comma 4, del d. lgs. n. 387/2003.

2.-"Error in iudicando", violazione e falsa applicazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 del c.p.c.. Ultrapetizione. Vizio della pronuncia giudiziale. Riforma. Necessità.

Con la sentenza impugnata sarebbe stato violato l'art. 112 del c.p.c., applicabile anche al processo amministrativo ex art. 39 del c.p.a., a tenore del quale il Giudice deve stabilire su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa, atteso che, nel dichiarare l'improcedibilità del ricorso, il T.A.R. non ha considerato la concreta ed effettiva questione che l'appellante aveva sottoposto al suo esame, omettendo di dichiarare che la Regione non aveva ottemperato agli obblighi ad essa imposti dall'art. 2 della l. n. 241/1990 e dall'art. 12 del d. lgs. n. 387/2003, nonché di ordinare alla Regione Puglia di concludere il procedimento iniziato.

Con note depositate il 22.10.2013 la parte appellante ha ribadito tesi e richieste.

Con atto depositato il 24.10.2013 si è costituita in giudizio la Regione Puglia.

Con due memorie difensive, depositate il 5.11.2013 ed il 7.11.2013, la Regione Puglia ha dedotto che, con nota prot. n. 8211 del 17.10.2013, la Regione Puglia, in considerazione del mancato deposito della documentazione di cui all’art. 4, co. I, lett. b), della l.r. n. 31/2008, comunicava alla Margherita s.r.l., ai sensi dell’art. 10-bis della l. n. 241/1990, la presenza di motivi ostativi alla conclusione positiva del procedimento di autorizzazione unica per la realizzazione dell’impianto eolico, e che, con nota acquisita al prot. n. 8845 del 29.10.2013, la società appellante depositava, in riscontro alla citata comunicazione di preavviso di rigetto, la dichiarazione di cui all’art. 4, co. I, lett. b), della l.r. n. 31/2008, completando così la documentazione richiesta ex lege ai fini della convocazione della conferenza di servizi di cui all’art. 12 del d. lgs. n. 387/2003.

Con ulteriore memoria difensiva depositata in data 24.3.2014, la Regione Puglia ha, infine, dedotto che, in esito alla Conferenza di Servizi espletata il 20.3.2014, l’Amministrazione Regionale ha adottato, in data 21.3.2014, il provvedimento di diniego conclusivo del procedimento per cui è causa, in considerazione delle carenze tecniche, documentali ed istruttorie dell’istanza presentata.

Alla udienza in camera di consiglio del 25.3.2014 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da verbale di causa agli atti del giudizio.

Con la sentenza appellata i Primi Giudici hanno dichiarato l’improcedibilità del ricorso a seguito della sopravvenuta comunicazione dell’avvio del procedimento, idonea porre termine all’intrzia denunciata con il ricorso introduttivo.

3. L’appello è in parte fondato e in parte improcedibile.

3.1. L’azione avverso il silenzio, di cui all’art. 31 del codice del processo amministrativo, è concettualmente scindibile in due domande: la prima, di natura dichiarativa, volta all’accertamento dell’obbligo, in capo all’amministrazione destinataria dell’istanza presentata dal titolare dell’interesse pretensivo, dell’obbligo di definire il procedimento nel termine prescritto dalla disciplina legislativa o regolamentare a sensi dell’art. 2 della legge 7 agosto 1990, n 241; l’altra, inquadrabile nel novero delle azioni di condanna, diretta ad ottenere una sentenza che condanni l’amministrazione inadempiente all’adozione di un provvedimento esplicito, previo accertamento della spettanza del bene della vita nei casi in cui venga in rilievo l’esplicazione di in potere discrezionale.

Le due domande, normalmente conosciute nell’ambito di un giudizio unitario in seno al quale l’attività di accertamento è strumentale alla pronuncia di condanna ad un facere di stampo pubblicistico, rivelano la loro autonomia nell’ipotesi in cui la sentenza di condanna non risulti più ammissibile o utile ma residui, a fini risarcitori, l’interesse ad una declaratoria che stigmatizzi l’illegittima inerzia amministrativa. Detta autonomia viene in rilievo in modo particolare nel caso di specie, nel quale, nel corso del giudizio di primo grado e nell’atto di appello, la parte ricorrente ha manifestato l’interesse a conseguire una pronuncia dichiarativa della formazione del silenzio-rifiuto anche a fronte del venir meno dell’interesse alla sentenza di condanna alla definizione dell’ iter procedurale.

3.2. Applicando tali coordinate al caso di specie si deve reputare che l’improcedibilità del ricorso di primo grado a seguito del sopravvenuto difetto d’interesse conseguente al sopravvenuto esplicito di diniego nel corso del giudizio d’appello non faccia venir meno l’interesse al conseguimento di una decisione sull’autonoma domanda, articolata con il ricorso di prime cure e ribadita in appello, di accertamento della violazione dell’obbligo di provvedere entro i termini di legge nella prospettiva della futura proponibilità di una domanda di risarcimento.

A suffragio di tale ricostruzione depone la disciplina dettata dall’articolo art. 34, co. III, cod. proc. amm., secondo cui “quando, nel corso del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori”.

Detta norma, pur se relativa all’azione di annullamento, esprime una regula iuris, che, riconnettendosi al principio generale di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale (così Cons. Stato, sez. I, 18 maggio 2012, n. 2918) e al corollario, che a tale premessa consegue, dell’ammissibilità di azioni di accertamento anche atipiche (Cons., Stato, Ad Plen 29 luglio 2011, n. 15; sez. V, 31 gennaio 2012, n. 472; sez. IV, 9 maggio 2013, n. 2518)), non può che estendersi anche al giudizio avverso il silenzio. Ne deriva che il sopravvenire di un provvedimento di diniego non può ostare alla declaratoria dell’illegittimità procedurale dell’amministrazione laddove, come nel caso di specie, venga prospettata e sia astrattamente ravvisabile l’utilità di un tale decisum nella proiezione di un successivo giudizio risarcitorio, ferma restando la riserva a tale separato momento cognitivo della delibazione, sul piano dell’an e del quantum, della domanda risarcitoria (sulla necessità di una domanda o allegazione di parte e sulla riserva al giudice del risarcimento della cognizione della relativa domanda, Cons. Stato, sez. V, 14 dicembre 2911, n. 6541).

3.4. Si deve, a questo punto, stabilire se effettivamente vi sia stato nel caso di specie l’inadempimento dell’Amministrazione Regionale all’obbligo di provvedere sull’istanza dell’appellante entro i termini previsti per la conclusione del procedimento de quo.

3.4.1. Premette il Collegio che l'art. 2 della l. n. 241/1990, che racchiude uno dei principi fondamentali dell'ordinamento in tema di azione amministrativa, sancisce l'obbligo per l'amministrazione di concludere ogni procedimento che consegua obbligatoriamente ad un’istanza con provvedimento espresso entro un termine certo, che è quello generale fissato dal comma 3 di detto articolo o quello indicato da specifiche disposizioni.

Aggiungasi che il termine entro il quale deve concludersi, ex art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, il procedimento per il rilascio dell'autorizzazione unica, oltre ad essere perentorio (Corte Cost., sentenze n. 364/2006, e n. 282/2009), risponde a evidenti finalità di semplificazione e accelerazione, sicché esso può essere qualificato come principio fondamentale in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia (Corte Cost. 9 novembre 2006, n. 364, Consiglio di Stato, sez. V, 23 ottobre 2012, n. 5413, 21 novembre 2012, n. 5895 e 15 maggio 2013 n. 2634).

Peraltro, nemmeno in base alle disposizioni di cui al regolamento regionale contenuto nell'allegato A della delibera di Giunta n. 23 gennaio 2007, n. 35 (pubblicata sul B.U.R.P. n. 19 del 6.2.2007), in materia di procedimento per il rilascio dell'Autorizzazione Unica, risulta un diverso quadro procedimentale.

Ciò in quanto l'art. 2.3.2, comma 4, del citato regolamento stabilisce che, a seguito dell'istanza presentata dal privato per l'ottenimento dell'Autorizzazione Unica, "....il Responsabile unico provvede ad inviare entro il termine massimo dei successivi sette giorni lavorativi, dalla data di ricevimento della domanda, una copia del progetto definitivo a ciascuno degli enti individuati dall'Ufficio Industria Energetica quali interessati al rilascio dei pareri prescritti dalla Legge"; da ciò si deduce che, in conformità alla normativa statale in materia, tutti i pareri, compresi quelli ambientali, nella Regione Puglia devono essere acquisiti all'interno dello stesso procedimento di competenza regionale.

A tanto consegue che la mancata adozione di un provvedimento espresso sulla richiesta autorizzazione unica nel complessivo termine di legge, pacificamente spirato nel caso di specie, entro cui deve concludersi il relativo procedimento è del tutto ingiustificata e configura un sostanziale inadempimento.

Va soggiunto che, in omggio a pacifici principio giurisprudenziali, l’adozione di atti infraprocedimentali (quali la comunicazione di avvio del procedimento o la convocazione di conferenze di servizi) non è idonea a impedire la formazione del silenzio inadempimento, visto che solo l’adozione del provvedimento definitivo soddisfa l’interesse, azionato nel giudizio di cui all’art. 31 c.p.a., al conseguimento di una risposta esplicita alla domanda introduttiva. Si deve aggiungere che nel caso di specie il termine di legge risulta decorso anche a considerare alla stregua di dies a quo quello della regolarizzazione della garanzia posta a corredo dell’istanza; e che, salvo il caso, che qui non viene in rilievo, di palese infondatezza, sarà oggetto di autonomo giudizio, in sede di impugnazione eventuale del diniego espresso o della proposizione di domanda risarcitoria, lo scrutinio sulla spettanza del bene della vita.

4. Alla stregua delle considerazioni l’appello deve essere dichiarato parzialmente inammissibile e parzialmente accolto.

Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate nella misura in dispositivo specificata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte improcedibile, per sopravvenuto difetto di interesse, relativamente alla domanda di ordinare all’Amministrazione Regionale di provvedere entro un termine e di nominare Commissario ad acta, e lo accoglie in parte, con riferimento alla domanda di accertamento dell’ inadempimento della Regione Puglia all’obbligo di provvedere nei termini di legge.

Condanna l’appellata Regione Puglia al pagamento, in favore dell’appellante, delle spese del presente grado di giudizio, che liquida nella misura di Euro 3.000,00 (tremila/00), oltre ai dovuti accessori di legge (I.V.A. e C.P.A.).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Alessandro Pajno, Presidente

Francesco Caringella, Consigliere, Estensore

Carlo Saltelli, Consigliere

Antonio Amicuzzi, Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 28/04/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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