Sunday 15 December 2013 07:31:08

Giurisprudenza  Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali

Esercizio del potere di autotutela: la legittimità del provvedimento assunto in via di autotutela e' elemento valutabile sul piano della (eventuale) conseguente responsabilità dell’amministrazione nei confronti dell’incolpevole soggetto già beneficiario dell’atto

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI

La giurisprudenza del Consiglio ha affermato che nel caso in cui "l’esercizio del potere di autotutela sia stato determinato da un difetto del presupposto sul quale si fonda l’atto adottato, tale da non avere consentito una corretta e completa valutazione dell’interesse pubblico, e quindi un conseguente legittimo esercizio del potere provvedimentale, ciò non rende illegittimo il provvedimento assunto in via di autotutela (che, anzi, ne risulterebbe necessitato), ma costituisce un elemento sicuramente valutabile sul piano della (eventuale) conseguente responsabilità dell’amministrazione nei confronti dell’incolpevole soggetto già beneficiario dell’atto (Sez. IV, 7 febbraio 2012, n. 662)." Per accedere al testo integrale della sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale **** del 2009, proposto dal Comune di Maiori, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avv. Ruggiero Musio, con domicilio eletto presso lo Studio Musio - Pascale in Roma, via Properzio 5 

contro

 

Soc. Coop. Service 89 a r.l.;

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12

 

per la riforma della sentenza del t.a.r. della campania, sezione staccata di salerno, n. 3709/2008

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2013 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti l’avvocato Criscuolo per delega dell’avvocato Musio e l’avvocato dello Stato Grumetto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue

 

 

FATTO

Il Comune di Maiori (Sa) riferisce che con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. della Campania – Sezione staccata di Salerno e recante il n. 1329/2006 la soc. coop. Service 89 a r.l., impugnava: a) l’ordinanza n. 50 del 12 luglio 2006 con la quale il Comune aveva disposto la sospensione sine die dell’autorizzazione edilizia già rilasciata in data 30 maggio 2006 al fine della realizzazione di una struttura balneare turistico-ricreativa in località ‘Collata’; b) la nota in data 6 luglio 2006 con cui la Capitaneria di porto di Salerno aveva sollecitato il Comune di Maiori a sospendere i lavori finalizzati alla realizzazione della struttura di cui sopra; c) la nota in data 11 luglio 2006 con cui il Comune aveva comunicato alla società appellata l’avvio del procedimento di sospensione dei lavori; d) (nei limiti dell’interesse) l’ordinanza n. 80 del 1986 della Capitaneria di porto di Salerno.

Al riguardo, la società in questione esponeva quanto segue:

In data 29 maggio 2006, all’esito favorevole di una procedura per licitazione privata, la società appellata si era vista assegnare dal Comune di Maiori una concessione demaniale marittima (la cui durata era prevista fino al 31 dicembre 2006) per la realizzazione e la gestione di uno stabilimento balneare in località ‘Collata’.

Il successivo 30 maggio, il Comune di Maiori rilasciava in favore della medesima società l’autorizzazione amministrativa per l’installazione in loco delle attrezzature necessarie all’esercizio dell’attività balneare.

In data 3 luglio 2006, l’Ufficio locale marittimo di Cetara comunicava al Comune appellante che il costone roccioso sovrastante l’area demaniale marittima oggetto di concessione era stato fatto oggetto dell’ordinanza di pericolo n. 80/86 (emessa dalla Capitaneria di Porto di Salerno circa venti anni addietro) e che, in assenza di bonifica dell’area, restavano ancora validi gli stringenti divieti a suo tempo imposti.

In data 6 luglio 2006 la Capitaneria di Porto di Salerno invitava il Comune di Maiori a ordinare la sospensione dei lavori di realizzazione già autorizzati il 30 maggio 2006.

Pertanto, con l’ordinanza in data 12 luglio 2006 (fatta oggetto di impugnativa in primo grado) il Comune di Maiori disponeva la sospensione dei lavori.

In seguito, il Comune tentava di imporre all’Agenzia del demanio (ritenuta proprietaria del costone roccioso dal quale derivava lo stato di pericolo) di realizzare le necessarie opere di messa in sicurezza, ma l’Agenzia obiettava la propria incompetenza in materia, sottolineando che le attività di difesa e manutenzione delle rocce rientrano fra le competenza provinciali per effetto del trasferimento di cui all’articolo 34 del decreto legislativo n. 96 del 1999.

Ad ogni modo, risulta in atti che le necessarie opere di bonifica e messa in sicurezza del costone roccioso siano state realizzate dallo stesso appellante – previa autorizzazione in tal senso rilasciata dai competenti Uffici comunali -. Risulta, inoltre, che a fronte della realizzazione di tali interventi, l’odierno appellante abbia anche ottenuto dal Comune lo scomputo delle somme già versate a titolo di canone di concessione demaniale per l’anno 2006 e il loro ricomputo a titolo di canone concessorio per l’anno 2007 (anno a partire dal quale l’appellante risulta avere effettivamente avviato senza ulteriori ostacoli la propria attività balneare).

Con la sentenza appellata il T.A.R. della Campania – Sezione staccata di Salerno:

- ha confermato la legittimità, sotto il profilo formale, della determinazione comunale di sospensione dei lavori (in quanto correttamente finalizzata a prevenire potenziali pericoli per la pubblica incolumità);

- ha, nondimeno, ritenuto che il Comune di Maiori fosse venuto meno al generale canone di buona fede, “finendo per conculcare i legittimi affidamenti maturati dalla ricorrente”;

- ha quindi affermato la responsabilità risarcitoria dell’amministrazione, stante l’inescusabile negligenza da essa palesata per avere rilasciato i titoli abilitativi per cui è causa “senza l’accurato e preliminare vaglio critico dei relativi presupposti di fatto ed in assenza dei doverosi interventi di competenza intesi alla elisione delle situazioni di pericolo (…)”;

- ha condannato il Comune di Minori al ristoro del danno ingiusto cagionato alla società ricorrente, liquidandolo in complessivi euro 8.505,54, oltre gli accessori di legge.

La sentenza in questione è stata impugnata in sede di appello dal Comune di Minori che ne ha chiesto l’integrale riforma articolando un unico motivo di doglianza (‘Error in iudicando – Travisamento - Erroneità’).

Si è costituito in giudizio il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti il quale ha concluso nel senso della conferma della legittimazione passiva dello stesso Ministero.

Alla pubblica udienza del 25 ottobre 2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dal Comune di Maiori (Sa) avverso la sentenza del T.A.R. della Campania – Sezione staccata di Salerno con cui è stato accolto il ricorso proposto dal titolare di una concessione demaniale marittima e, per l’effetto, è stata disposta la condanna del Comune al ristoro dei danni patrimoniali arrecati al concessionario per effetto dell’inibitoria della sua attività disposto a causa della pericolosità del sito, stante la presenza in loco di un costone di roccia ritenuto pericoloso per la pubblica incolumità.

2. In primo luogo deve essere disposta l’estromissione dal presente giudizio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, stante l’evidente difetto di legittimazione passiva nell’ambito dei una vicenda che non vede coinvolto l’esercizio di competenze riferibili a quel Ministero.

3. Il ricorso è meritevole di accoglimento, nei termini che seguono.

3.1. In primo luogo, si osserva che le modalità con cui la domanda risarcitoria è stata formulata nel corso del primo grado di giudizio palesano rilevanti profili di inammissibilità, atteso che con l’atto introduttivo si era soltanto chiesto l’annullamento dell’ordinanza di sospensione dei lavori in data 12 luglio 2006 e non anche il ristoro dei danni conseguenti alla condotta asseritamente negligente posta in essere dall’amministrazione, laddove solo in corso di giudizio la società appellata ha richiesto “nella conclusiva strutturazione del petitum, di essere tenuta indenne dei pregiudizi subiti, quantificati in termini di danno emergente (…) ed al lucro cessante (…)” (pagine 9 e 10 della sentenza impugnata).

Ad avviso del Collegio, deve farsi nel caso di specie applicazione del condiviso orientamento secondo cui è inammissibile la domanda di risarcimento dei danni formulata in memoria ed in difetto di notifica alle controparti atteso che la pur rilevante esigenza di concentrazione dei giudizi e di ragionevole durata dei processi, ribadita dall'art. 30, c.p.a. con l'imposizione di un termine di decadenza, non esime la parte ricorrente dall'obbligo di instaurazione di un regolare contraddittorio tramite la notifica della domanda (ex multis Cons. Stato, V, 5 ottobre 2011, n. 5445).

4. Nel merito, l’appello è comunque meritevole di accoglimento per non avere i primi Giudici rilevato l’assenza, nel caso di specie, dell’elemento soggettivo della fattispecie foriera di danno.

In particolare, i primi Giudici hanno omesso di valutare che il complesso degli elementi in atti deponesse nel senso dell’insussistenza di un comportamento colpevole da parte dell’amministrazione, sia pure adottando un criterio di riscontro di estremo rigore alla luce dell’elaborazione giurisprudenziale compiuta da questo Consesso.

La giurisprudenza di questo Consiglio ha affermato che nel caso in cui l’esercizio del potere di autotutela sia stato determinato da un difetto del presupposto sul quale si fonda l’atto adottato, tale da non avere consentito una corretta e completa valutazione dell’interesse pubblico, e quindi un conseguente legittimo esercizio del potere provvedimentale, ciò non rende illegittimo il provvedimento assunto in via di autotutela (che, anzi, ne risulterebbe necessitato), ma costituisce un elemento sicuramente valutabile sul piano della (eventuale) conseguente responsabilità dell’amministrazione nei confronti dell’incolpevole soggetto già beneficiario dell’atto (Sez. IV, 7 febbraio 2012, n. 662).

Ma il punto è che nel caso in esame, se – per un verso – la mancata valutazione del presupposto ostativo al rilascio del titolo abilitativo (i.e.: l’esistenza della risalente ordinanza della Capitaneria di porto del 1986) costituisce – appunto – elemento valutabile al fine di individuare un comportamento colpevole in capo all’amministrazione procedente, per altro verso il complesso degli atti di causa testimonia in modo adeguato che il Comune di Maiori non abbia agito in modo negligente ed inescusabile. Al contrario, risulta che il Comune si sia prontamente attivato al fine di prevenire ogni possibile pericolo per la pubblica incolumità (adottando la – corretta e necessaria – ordinanza di sospensione dei lavori appena sei giorni dopo la comunicazione da parte della Capitaneria di porto) e, allo stesso tempo, al fine di attenuare, nei limiti del possibile, le ricadute anche in termini economici che la situazione in tal modo determinatasi avrebbe potuto sortire nella sfera giuridica della società interessata.

E’ infatti pacifico in atti che il Comune abbia complessivamente rappresentato e documentato in giudizio che:

a) si era dapprima attivato al fine di individuare il soggetto pubblico deputato ad effettuare i lavori di bonifica e messa in sicurezza dell’area;

b) successivamente – e all’evidente fine di accelerare la soluzione della vicenda in senso conforme all’interesse dalla società appellata –aveva consentito alla stessa società di effettuare i lavori di bonifica e messa in sicurezza ;

c) successivamente ancora abbia rilasciato alla società appellante il titolo all’esercizio dell’attività balneare per l’anno 2007, ammettendo a tal fine lo scomputo delle somme già inutilmente versate in relazione all’anno 2006 (sotto tale aspetto, peraltro, la sentenza in epigrafe risulta altresì meritevole di riforma per aver computato ai fini risarcitori l’importo relativo al canone di concessione demaniale per il 2006 – pari ad euro 6.605,84 -, non tenendo in considerazione il fatto che l’importo in questione fosse stato già scomputato dal Comune in conto canoni per l’anno successivo).

Al riguardo il Collegio ritiene che nel caso di specie debba farsi applicazione del condiviso orientamento secondo cui ai fini della sussistenza del necessario elemento della colpa deve accertarsi se l’amministrazione abbia in concreto agito in violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona fede alle quali l'esercizio della funzione deve costantemente ispirarsi, con la conseguenza che il giudice amministrativo può affermare la responsabilità dell'amministrazione per danni conseguenti a un atto illegittimo (ovvero, a maggior ragione, di un atto legittimo, come nel caso di specie) solo quando la violazione risulti grave e commessa in un contesto di circostanze di fatto e in un quadro di riferimento normativo e giuridico tali da palesare la negligenza e l'imperizia dell'organo nell'assunzione del provvedimento viziato (in tal senso –ex plurimis -: Cons. Stato, IV, 4 settembre 2013, n. 4452).

Il che, per le ragioni sin qui esaminate, non è.

5. Per le ragioni dinanzi esposte, deve essere disposta l’estromissione dal giudizio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Nel merito, il ricorso in appello deve essere accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza in epigrafe, deve essere disposta l’integrale reiezione del ricorso di primo grado.

Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite le tra le parti per il doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto (previa conferma dell’estraneità al presente giudizio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) respinge integralmente il ricorso di primo grado.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Luciano Barra Caracciolo, Presidente

Aldo Scola, Consigliere

Maurizio Meschino, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere, Estensore

Vincenzo Lopilato, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il **/12/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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