Monday 27 March 2017 19:22:37
Giurisprudenza Giustizia e Affari Interni
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza della Corte di Cassazione Sez. III del 15.3.2017
"In tema di elemento soggettivo del reato di abuso di ufficio, non è richiesta la prova della collusione del pubblico ufficiale con i beneficiari dell'abuso, essendo sufficiente la verifica del favoritismo posto in essere con l'abuso dell'atto di ufficio, prova che può essere desunta anche da elementi sintomatici come la macroscopica illegittimità dell'atto compiuto, o anche anche da una serie di indici fattuali, tra i quali assumono rilievo l'evidenza, reiterazione e gravità delle violazioni, la competenza dell'agente, i rapporti fra agente e soggetto favorito, l'intento di sanare le illegittimità con successive violazioni di legge". È questo il principio ribadito dalla Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione nella sentenza pubblicata in data 15 marzo 2017 (Presidente: DI NICOLA _ Relatore: ACETO - Data Udienza: 01/02/2017). Per approfondire scarica la sentenza.
Corte di Cassazione
Penale Sent. Sez. 3
Num. 12397 Anno 2017
Presidente: DI NICOLA VITO Relatore: ACETO ALDO
Data Udienza: 01/02/2017 Pubblicata il 15.3.2017
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Firenze nel procedimento a carico di: 1. Amadio Manlio, nato a Roma il 07/09/1969, 2. Merlino Myrta, nata a Napoli il 03/05/1968, 3. Vecchieschi Luca, nato a Grosseto il 08/05/1962, avverso la sentenza del 05/02/2016 del Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Firenze, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Gabriele Mazzotta, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso; uditi i difensori degli imputati, avv.ti Marco Fanti (per il Vecchieschi), Antonio Marino (per Amadio), Mercurio Pantaleone, anche in sostituzione dell'avv. Grazia Volo (per la Merlino).
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Firenze ricorre per l'annullamento della sentenza del 05/02/2016 del G.u.p. del Tribunale di Firenze che, all'esito dell'udienza preliminare, ha dichiarato non luogo a procedere nei confronti di Amadio Manlio, Merlino Myrta e Vecchieschi Luca, in ordine al reato di cui agli artt. 110, 323, cod. pen., perché il fatto non costituisce reato.
1.1.Con unico motivo eccepisce la violazione dell'art. 425, cod. proc. pen., e deduce che il G.u.p. ha ritenuto insussistente il dolo sul rilievo della mancanza di prova di rapporti diretti tra il pubblico ufficiale (il Vecchieschi) e i beneficiari (gli altri due imputati) dei suoi provvedimenti illegittimi (sanatorie edilizie ed ambientali rilasciate in violazione degli artt. 36, d.P.R. n. 380 del 2001 e 167, comma 4, 181, comma 1-ter, d.lgs. n. 42 del 2004), adottando un criterio di giudizio che lascia inesplorati ulteriori sentieri probatori percorribili in sede di giudizio.
2.Merlino Myrta ha depositato una memoria con cui ha chiesto il rigetto del ricorso o comunque la dichiarazione della sua inammissibilità.
3. Il ricorso è inammissibile perché generico e manifestamente infondato.
4. ILG.u.p. ha motivato la propria decisione sul rilievo che: a) i provvedimenti amministrativi adottati non sono macroscopicamente illegittimi; b) il pubblico ufficiale aveva adottato i provvedimenti in base all'istruttoria favorevolmente condotta dal tecnico comunale che non aveva evidenziato alcuna illegittimità e sulle cui conclusioni aveva fatto ragionevole affidamento; c) il giudizio di conformità ambientale di cui agli artt. 181, comma 1-ter e 167, comma 4, d.lgs. n. 42 del 2004, era stato positivamente espresso relativamente alla piscina in base ad un'interpretazione non uniforme dell'autorità amministrativa preposta alla tutela del vincolo; d) il Vecchieschi, prima ancora di ricevere l'avviso di conclusione delle indagini preliminari, non appena ricevuta l'informazione di polizia giudiziaria sugli abusi edilizi in corso ne aveva ordinato la sospensione; e) non v'è alcuna prova non solo di complicità con i privati ma addirittura di un qualsiasi rapporto di conoscenza tra di loro.
4.1.Il PG ricorrente devolve la questione in modo tale da limitare la cognizione di questa Corte al solo fatto dedotto: la mancanza della prova di collusione tra i tre imputati, ritenuto decisivo ai fini dell'annullamento della sentenza impugnata.
4.2.Questa Suprema Corte ha più volte affermato il principio secondo il quale, in tema di elemento soggettivo del reato di abuso di ufficio, non è richiesta la prova della collusione del pubblico ufficiale con i beneficiari dell'abuso, essendo sufficiente la verifica del favoritismo posto in essere con l'abuso dell'atto di ufficio (Sez. 6, n. 910 del 18/11/1999, Giansante, Rv. 215430; Sez. 6, n. 21085 del 28/01/2004, Sodano, Rv. 229806; Sez. F. n. 38133 del 25/08/2011, Farina, Rv. 251088), prova che può essere desunta anche da elementi sintomatici come la macroscopica illegittimità dell'atto compiuto (Sez. 6, n. 36179 del 15/04/2014, Dragotta, Rv. 260233), o anche anche da una serie di indici fattuali, tra i quali assumono rilievo l'evidenza, reiterazione e gravità delle violazioni, la competenza dell'agente, i rapporti fra agente e soggetto favorito, l'intento di sanare le illegittimità con successive violazioni di legge (Sez. 3, n. 35577 del 06/04/2016, Cella, Rv. 267633).
4.3.Tuttavia, come detto, di tutti gli indizi complessivamente valutati dal G.u.p., il PG ne seleziona uno solo, perdendo di vista la completezza e l'organicità del ragionamento del Giudice sulla cui fondatezza questa Corte non può ovviamente interloquire, perché non investita sul punto. Il PG, infatti, non eccepisce alcunché sulla natura non macroscopicamente illegittima degli atti amministrativi adottati, né sul legittimo affidamento fatto dal pubblico ufficiale sull'istruttoria del tecnico comunale.
4.4.Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso del Procuratore Generale.
Così deciso in Roma, il 01/02/2017.
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