Tuesday 18 July 2017 10:22:21
Giurisprudenza Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 10.7.2017
La c.d. white list è prevista dall’art. 1, comma 52 della legge 190/2012: “Per le attività imprenditoriali di cui al comma 53 la comunicazione e l’informazione antimafia liberatoria da acquisire indipendentemente dalle soglie stabilite dal codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, è obbligatoriamente acquisita dai soggetti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, attraverso la consultazione, anche in via telematica, di apposito elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa operanti nei medesimi settori.
Il suddetto elenco è istituito presso ogni prefettura. L’iscrizione nell’elenco è disposta dalla prefettura della provincia in cui il soggetto richiedente ha la propria sede. Si applica l’articolo 92, commi 2 e 3, del citato decreto legislativo n. 159 del 2011. La prefettura effettua verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei tentativi di infiltrazione mafiosa e, in caso di esito negativo, dispone la cancellazione dell’impresa dall’elenco”.
Le attività previste dal comma 53, ritenute maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa, sono: a) trasporto di materiali a discarica per conto di terzi; b) trasporto, anche transfrontaliero, e smaltimento di rifiuti per conto di terzi; c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti; d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume; e) noli a freddo di macchinari; f) fornitura di ferro lavorato; g) noli a caldo; h) autotrasporti per conto di terzi; i) guardiania dei cantieri.
Poiché l’iscrizione nella white list ha l’effetto di soddisfare i requisiti per la comunicazione e l’informazione antimafiae il presupposto per l’iscrizione è che l’impresa non sia soggetta a “tentativi di infiltrazione mafiosa”, è corretto affermare che lo standard di accertamento richiesto è analogo a quello che presiede alle informative antimafia, ancorato al principio del “più probabile che non”, in contrapposizione al principio “al di là del ragionevole dubbio”, che caratterizza altre esperienze processuali, come quella del giudizio penale.
In questo senso, si deve affermare che l’ipotesi raggiunge la soglia “al di là del ragionevole dubbio” quando sia l’unica in grado di giustificare tutti i risultati ottenuti nell’indagine, o comunque sia nettamente preferibile rispetto ad ogni ipotesi alternativa astrattamente esistente.
Il criterio di netta preferibilità si misura sull’esistenza di ipotesi alternative meramente astratte (come tali – per gli insanabili limiti della conoscenza umana – non escludibili in assoluto), laddove l’esistenza di spiegazioni divergenti, fornite di un qualche elemento concreto, implica un ragionevole dubbio.
In definitiva, l’interprete è sempre vincolato a sviluppare un’argomentazione rigorosa sul piano metodologico, ma al fine di ritenere provato un determinato fatto (nella specie il rischio di condizionamento mafioso, precisamente “la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate” ai sensi dell’art. 84, comma 3 d.lgs. 159/2013), gli è sufficiente accertare che l’ipotesi intorno a quel fatto sia più probabile di tutte le altre messe insieme, ossia rappresenti il 50% + 1 di possibilità, ovvero, con formulazione più appropriata, la c.d. probabilità cruciale.
In siffatto quadro da un lato i collegamenti familiari sono senz’altro utilizzabili ai fini della prova del condizionamento mafioso sono di per sé insufficienti, giacché ogni elemento che riposa su una affidabile regola di inferenza (legge universale, legge statistica o, come nella specie, massima di esperienza socio-criminale, tratta dall’osservazione della fenomenologia mafiosa) è astrattamente idoneo ad essere impiegato nel ragionamento giudiziario, e, ancor prima, nell’accertamento operato dall’Autorità amministrativa, dall’altro lato essi di per sé soli sono insufficienti. Per approfondire vai alla sentenza.
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