Monday 20 June 2022 12:29:48

Giurisprudenza  Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa

Inadempimento dell’obbligo vaccinale degli psicologi: decide il giudice amministrativo della legittimità del provvedimento di sospensione dall’esercizio della professione

segnalazione del Prof. avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 20.6.2022

 

Di seguito si riporta la motivazione della sentenza del Consiglio di Stato del 20 giugno 2022.

“L’appellante impugna la sentenza del TAR per la Toscana, che ha declinato la propria giurisdizione sul suo ricorso contro l’Ordine degli Psicologi della Toscana di Firenze e il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, per l'annullamento della delibera adottata dal Consiglio dell’Ordine degli Psicologi della Toscana il 28 dicembre 2021 e, ove occorra, della nota di diffida prot. n. 8241 del 20 dicembre 2021 dell’Ordine degli Psicologi della Toscana.

 L’interessata, che esercita la professione ed è iscritta all’Ordine degli Psicologi della Toscana, ha impugnato la delibera con cui il predetto Ordine ha accertato l’inadempimento dell’obbligo vaccinale e ha disposto la sua sospensione dall’esercizio della professione di psicologo in applicazione dell’art. 4 del D.L. n. 44/2021, come modificato dal D.L. n. 172/2021, deducendo, in sintesi, il contrasto con il diritto euro unitario (violazione dell’art. 4 della direttiva CE2000/78 e violazione del principio di proporzionalità nella parte in cui non si consente al professionista sanitario di esercitare attività non a contatto con il pubblico) ed ha altresì sollevato una questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 del d.l. n. 44/2021 per contrasto con gli articoli 3 e 32 Cost.

Il TAR, dopo averne dato preavviso alle parti, si è pronunciato con sentenza succintamente motivata adottata a seguito della camera di consiglio, non ravvisando ragioni per discostarsi dalle decisioni recentemente assunte in materia (sentenze nn. 200 e 201 del 17 febbraio 2022), ed ha dichiarato inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione in favore del giudice ordinario.

Secondo il TAR, dalla lettura della norma si evince “l’insussistenza di qualsiasi potere autoritativo in capo alle amministrazioni coinvolte nel procedimento”, dato che la norma in questione aggiunge “un requisito essenziale per l’esercizio della professione sanitaria, la cui mancanza ineluttabilmente comporta la sospensione dal suo svolgimento… non crea alcun potere amministrativo in capo alle amministrazioni le quali, a norma delle disposizioni soprarriferite, devono solo “accertare” l’adempimento o il mancato adempimento, da parte dell’operatore sanitario, all’obbligo di vaccinazione. Si tratta di un’attività meramente accertativa e adempitiva di obblighi di legge da cui esula ogni potere discrezionale ed ogni potestà autoritativa, al cui esito venga incisa la posizione giuridica del destinatario. Quest’ultima viene piuttosto direttamente incisa dalla legge, la quale regola direttamente il rapporto giuridico determinando le conseguenze che derivano dal verificarsi dall’inadempimento all’obbligo vaccinale. Dalla fattispecie è quindi assente ogni potestà pubblicistica delle amministrazioni le quali, si ripete, sono chiamate unicamente ad accertare l’avvenuta vaccinazione dell’operatore sanitario ovvero l’inadempimento al relativo obbligo”.

 In particolare, argomenta la sentenza appellata, “posto che ai fini dell’individuazione del giudice competente (in assenza di giurisdizione esclusiva) è dirimente la natura giuridica della posizione dedotta in giudizio, deve ritenersi che nella fattispecie in esame i ricorrenti pretendono di fare valere il diritto al libero esercizio della professione sanitaria.” Infatti, prosegue la sentenza, “Quello all’esercizio della professione è un diritto disciplinato integralmente dalla legge quanto a presupposti e modalità di svolgimento, e le operazioni valutative presenti nell’ambito procedimentale di cui si discute non sono interne ad un potere pubblicistico poiché l’amministrazione, nel rapporto de quo, si pone su un piano paritetico essendo lo stesso integralmente disciplinato dalla legge. Nella fattispecie l’amministrazione ha il solo compito di verificare la sussistenza dei requisiti indicati dalla legge per l’esercizio della professione sanitaria in relazione all’obbligo vaccinale che incombe sugli operatori ad essa adibiti; ogni valutazione di pubblico interesse in proposito è già stata compiuta dal legislatore subordinando detta professione (in aggiunta ai requisiti già esistenti) all’obbligo di vaccinazione contro il Covid 19”.

“Ne segue –conclude il TAR- che nella controversia viene in rilievo la (asserita) lesione di un diritto soggettivo, sulla quale non può che affermarsi la giurisdizione ordinaria”

Secondo l’appellante, al contrario “occorre (…) sciogliere il nodo della natura giuridica del provvedimento in parola per cogliere (1) la rilevanza della sua eccentricità rispetto all’elenco tassativo di cui all’art. 12 della legge professionale e (2) la sua incidenza su una posizione giuridica di interesse legittimo ovvero di diritto soggettivo”.

L’appellante, premesso che la sentenza del TAR “sembra implicitamente suggerire che l’effetto lesivo per il ricorrente sorgeva proprio dalla sua adozione “osserva che “se il ricorrente, in quella sede, lo avesse impugnato, l’art. 17 della legge professionale non avrebbe potuto essere di ostacolo al radicamento della giurisdizione amministrativa”. Infatti, da un lato, la sanzione della sospensione “non ha natura disciplinare e trova la sua fonte in una norma estranea alla disciplina professionale di settore” Dall’altro lato, la norma sanzionatoria “si pone a tutela di un interesse più ampio rispetto a quello a presidio del quale è tipicamente posta l’attività di controllo del Consiglio sui suoi iscritti”.

Pertanto, prosegue l’appellante, l’effetto lesivo del provvedimento consiste nella limitazione dell’esercizio di diritti di rilevanza costituzionale del ricorrente, con riguardo alla libertà di iniziativa economica e al diritto al lavoro. “In questo senso, la posizione vantata dal ricorrente è assimilabile a quella fatta valere dal concorrente escluso da una gara per carenza dei requisiti stabiliti dall’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016, o da chi si dolga di un diniego di porto d’armi per la ricorrenza di una delle cause ostative di cui all’art. 43 TULPS, o da chi subisca un provvedimento di repressione di un abuso edilizio ai sensi dell’art. 31 TUEd: si tratta sempre di provvedimenti ablatori di natura vincolata, rispetto ai quali non è in discussione la giurisdizione amministrativa”.

Ai fini della decisione, considera il Collegio che l’art. 7 del codice del processo amministrativo – in coerenza con le precedenti disposizioni di legge – afferma la sussistenza della giurisdizione amministrativa di legittimità quando sono impugnati emessi nell’esercizio del potere pubblico, e dunque autoritativi, non rilevando che si tratti di un potere discrezionale o vincolato (cfr. la sentena della Corte Costituzionale n. 127 del 1998, per la quale è un ‘postulato privo di qualsiasi fondamento’ il sostenere che un atto vincolato non possa incidere su posizioni di interesse legittimo).

Oltre a questa decisiva considerazione, va rilevato che – per la sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 8 del 24 maggio 2008 – sussiste la giurisdizione amministrativa a maggior ragione quando la legge abbia attribuito all’Amministrazione un potere volto a tutelare gli interessi pubblici.

In tal senso, le disposizioni contenute nell’art. 4 del decreto legge n. 44 del 2021 hanno mirato a tutelare il diritto alla salute, che ai sensi dell’articolo 32 della Costituzione la Repubblica deve tutelare “come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività”.

Infatti, il comma 1 dell’art- 4 ha disposto l’obbligo vaccinale “al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza”.

Dunque il ‘diritto’ dell’interessato a svolgere liberamente un’attività professionale, ovvero un’attività lavorativa intellettuale di rilievo economico, ai sensi degli articoli 4 e 41 della Costituzione, oltre ad essere sottoposto all’esame di Stato ai sensi dell’articolo 43, quinto comma, viene conformato e limitato dalla legge affinché non si svolga- secondo l’insegnamento dell’art. 41, secondo comma, “in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla salute”, oltreché “all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.

Come avviene in pressoché tutti i settori nei quali gli atti autoritativi incidono su attività riconducibili all’esercizio di ‘diritti’, le posizioni correlative sono di interesse legittimo, che costituisce il diaframma intercorrente tra l’atto autoritativo e la sfera giuridica del suo destinatario (Cons. Stato, Sez. V, 4 novembre 1994, n. 1257).

Rilevano anche le considerazioni poste a base della sopra citata sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 8 del 2008, per la quale “anche a fronte di attività connotate dall’assenza in capo all’amministrazione di margini di discrezionalità valutativa o tecnica, quindi, occorre avere riguardo, in sede di verifica della natura della corrispondente posizione soggettiva del privato, alla finalità perseguita dalla norma primaria, per cui quando l’attività amministrativa, ancorché a carattere vincolato, tuteli in via diretta l’interesse pubblico, la situazione vantata dal privato non può che essere protetta in via mediata, così assumendo consistenza di interesse legittimo”.

In conclusione, poiché è stato impugnato un atto autoritativo (poco importando quanto alla determinazione della giurisdizione che si tratti di un atto vincolato), va rilevata la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo.

L’appello deve essere pertanto accolto, con la conseguente restituzione del fascicolo al giudice di primo grado, ai sensi dell’art. 105 del codice del processo amministrativo..(…). “

Per approfondire vai alla sentenza integrale.

 

Testo del Provvedimento (Contenuto Riservato)

 

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