Monday 25 March 2019 18:18:27
Giurisprudenza Incentivi e Sviluppo Economico
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 21.3.2019
La vicenda giunta all’attenzione della Terza Sezione del Consiglio di Stato riguarda una società operante nel settore calzaturiero che, a seguito di un incendio avvenuto nei locali produttivi dell’azienda, chiedeva all’INPS l’ammissione al beneficio della integrazione salariale ordinaria.
La richiesta veniva rigettata dall’INPS motivando sul rilievo che l’impianto antincendio, sebbene esistente, non era funzionante, decisione confermata in primo grado dal TAR.
La Società ricorreva in appello ed ilConsiglio di Stato, Sezione Terza, con sentenza del 21 marzo 2019 ha rigettato il gravame rilevando che “Per quanto riguarda il presupposto per l’ammissione alla cassa integrazione guadagni ordinaria costituito dalla non imputabilità della sospensione dell’attività lavorativa al datore di lavoro o ai lavoratori (artt. 1 della legge 20 maggio 1975, n. 164 e 1 della L. n. 77/1963), questa Sezione, nel ribadire che «l’evento interruttivo è definibile come imputabile al datore di lavoro, ovvero alla committenza nei casi di contratto di appalto, quando esso si riconduce all’erroneità delle scelte tecniche in sede di progettazione; alla non corretta modulazione ed impegno delle maestranze in relazione all’ordinaria e prevedibile esecuzione del progetto, ovvero all’omessa previsione di possibili situazioni impeditive dell’ordinario prosieguo dei lavori (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 22 novembre 2010, nn. 8128 e 8129)», ha già chiarito che «questa lata accezione del concetto prescinde da ogni valutazione sulla mancanza di imperizia e negligenza delle parti e consente di ravvisare l’evento non imputabile all’imprenditore solo in presenza di un avvenimento sottratto ad ogni possibile iniziativa del medesimo datore di lavoro, compresa l’adozione di rimedi preventivi atti a contrastarli o di rimedi risarcitori atti, ex post, a compensarli» (C.d.S., sez. III, 14 gennaio 2019, n. 327).
Alla luce di ciò appare corretta ed affatto immotivata la conclusione del Giudice di prime cure, secondo il quale «la competente commissione, preposta alla valutazione delle domande di integrazione salariale, non ha potuto prescindere dalla constatazione che l’imprenditore non ha osservato le norme precauzionali in tema di incendi, aspetto che di per sé costituisce un fattore di imprudenza e di negligenza di per sé sufficiente per imputare a carico dell’imprenditore medesimo la sospensione forzata dell’attività lavorativa».
Ed è nel vero anche la difesa dell’INPS nel chiosare al riguardo che «la causa, per lo meno, della propagazione dell’incendio dipendeva dall’accertato e pacifico mancato funzionamento del necessario impianto antincendio e, dunque, inconfutabilmente dall’inottemperanza della società ai suoi doveri di controllo, vigilanza ed idonea manutenzione del sistema antincendio medesimo, con la conseguenza che non si può affermare la natura obiettiva e non imputabile della sospensione dell’attività produttiva ai fini previdenziali di causa».
D’altronde dalla relazione di intervento dei Vigili del Fuoco (doc. 5 produzione di primo grado dell’odierna appellante) risulta che la loro squadra di soccorso, allertata da una chiamata ricevuta alle ore 3,05 (l’allarme dell’incendio sarebbe scattato, secondo la stessa appellante, alle ore 3,00), quando è giunta sul lungo alle ore 3,12 ha essa stessa constatato che l’impianto antincendio, che i carabinieri presenti sul posto insieme ai proprietari pure avevano provato inutilmente ad adoperare, non era funzionante.
Nonostante ciò, l’odierna appellante non ha offerto nel procedimento amministrativo, prima, e davanti al T.A.R., poi, alcuna prova di aver provveduto alla regolare manutenzione ed alla tenuta in piena efficienza dell’impianto antincendio, risolvendosi, infine, nel presente grado di giudizio a produrre documentazione tardiva e non concludente.”
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