Wednesday 17 May 2017 21:01:44

Giurisprudenza  Giustizia e Affari Interni

Permesso di soggiorno: il requisito dei mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 12.5.2017

In sede di rinnovo di qualsiasi permesso di soggiorno il D.LGS n.286/1998, art. 4, comma 3 (a cui fa rinvio il successivo art. 5, comma 5), richiede di dimostrare la disponibilità di "mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno", senza quantificare detta soglia di sufficienza; lo stesso comma 5 disciplina la revoca del permesso di soggiorno ordinario nel caso in cui vengono a mancare i requisiti previsti per il suo rilascio, ma fa un'espressa eccezione proprio per il requisito del reddito facendo salvi i casi di temporanea perdita di lavoro e di reddito ove si richiama l'art. 22, comma 9 (al posto del comma 11 per mero errore materiale come dimostra la corrispondente norma dell'art. 13 del regolamento attuativo di cui al DPR 399/1998). Inoltre l'art. 6, comma 5, dello stesso T.U.I. attribuisce all'Autorità di pubblica sicurezza il potere di richiedere agli stranieri "informazioni e atti comprovanti la disponibilità di un reddito, da lavoro o da altra fonte legittima, sufficiente al sostentamento proprio e dei familiari conviventi nel territorio dello Stato", senza specificare quale debba essere il reddito minimo, mentre il regolamento attuativo di cui al DPR n. 394/1999, all'art. 13, comma 2), precisa che "la disponibilità di un reddito, da lavoro o da altra fonte lecita, sufficiente al sostentamento proprio e dei familiari conviventi a carico" può essere accertata d'ufficio sulla base di una dichiarazione temporaneamente sostitutiva resa dall'interessato con la richiesta di rinnovo, escludendo espressamente i casi previsti dal comma 11 dell'art. 22 e cioè i casi in cui la temporanea perdita del posto di lavoro ha una specifica disciplina. Per approfondire scarica la sentenza.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)


Pubblicato il 12/05/2017

N. 02215/2017REG.PROV.COLL.

N. 02031/2016 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2031 del 2016, proposto da: 
 *, rappresentato e difeso dagli avvocati Simonetta Geroldi, Andrea Cavaliere, domiciliato ex art. 25 cpa presso Segreteria Sezione Terza Consiglio di Stato, Roma, piazza Capo di Ferro, 13; 

contro

Questura di Brescia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12; 

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. LOMBARDIA - SEZ. STACCATA DI BRESCIA: SEZIONE I n. 00245/2016, resa tra le parti, concernente diniego rilascio permesso di soggiorno per lavoro subordinato di cui al decreto Questura di Brescia 3.3.2015- mcp

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Questura di Brescia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 luglio 2016 il Cons. Lydia Ada Orsola Spiezia e udito per la parte appellata l’Avvocato dello Stato Attilio Barbieri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1. Con Decreto 3.3.2015 (notificato 21.5.2015) la Questura Brescia ha rigettato per reddito insufficiente l’istanza presentata il 17.8.2014 dall’appellante, cittadino russo residente a Desenzano sul Garda, commerciante (in scarpe ed orologi), per il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo.

In particolare il Questore di Brescia rilevava che l’immigrato all’istanza di rinnovo aveva allegato una dichiarazione dei redditi per l’anno 2012 per l’importo di euro 3.134,00 e che, invitato a presentare altra documentazione sullo stato di famiglia nonché la visura camerale aggiornata, aveva confermato di non aver altri redditi per il 2012, mentre dalla banca dati di Punto Fisco per il 2013 risultava avere un reddito di euro 1.067,00. 

1.1.Avverso tale provvedimento l’interessato ha proposto ricorso al TAR Lombardia, Sezione staccata di Brescia, chiedendone l’annullamento, previa sospensione, con un articolato motivo per violazione degli artt.4.e.5.del D. LGS. n.286/1998.

Il TAR Lombardia, Sezione di Brescia, disposta nel luglio 2015 un’istruttoria in ordine alle risorse economiche a disposizione del ricorrente e. poi, sospeso (a termine) nel settembre 2015 il diniego di rinnovo fino al febbraio 2016, al fine di consentire al medesimo (con un permesso provvisorio) di trovare una nuova occupazione, nel febbraio 2016 con sentenza semplificata n.245/2016 respingeva il ricorso, ponendo a carico del ricorrente soccombente le spese di lite, liquidate in euro 1.500,00 oltre gli accessori di legge .

In particolare il giudice di primo grado rilevava che il contratto di lavoro subordinato della moglie, sottoscritto nel gennaio 2016 (cioè nel corso del giudizio), non costituiva un elemento rilevante ai fini della valutazione sulla legittimità del provvedimento di diniego, che era fondato sulla carenza di attività lavorativa del richiedente il rinnovo, e, comunque, faceva salvi gli effetti del distinto provvedimento con cui il Tribunale dei Minori di Brescia, considerata la presenza della figlia di circa 9 anni (nata in Italia), aveva riconosciuto al ricorrente ed alla moglie il permesso di soggiorno valevole per un anno, in qualità di genitori della minore,.

1.2. Avverso la sentenza TAR l’interessato proponeva appello al Consiglio di Stato, chiedendone l’annullamento, previa sospensione, con unico articolato motivo in cui in sostanza, nel riproporre le censure respinte dal TAR, deduceva, altresì, che la sentenza del TAR non avrebbe considerato, in punto di diritto, il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa in tema di risorse finanziarie del nucleo familiare complessivamente inteso e di esigenza di tutela della unità familiare, affermata dalla Corte costituzionale con la sentenza n.202/2013, mentre, in punto di fatto, non avrebbe valutato alcuni elementi fondamentali della vicenda .

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno, che con atto di mera forma ha chiesto il rigetto dell’appello, depositando, comunque, due relazioni predisposte dalla Questura di Brescia per il giudizio di primo grado. 

Con ordinanza cautelare n.1393/2016 questa Sezione ha sospeso l’esecutività della sentenza appellata.

Nell’imminenza della trattazione della causa nel merito l’appellante ha depositato la busta paga della consorte relativa al maggio 2016. 

Alla pubblica udienza del 7 luglio 2016, udito per la parte appellata l’Avvocato dello Stato presente, la causa è passata in decisione.

2. Quanto sopra premesso in fatto, in diritto la controversia concerne la contestata legittimità del decreto 3 marzo 2015, n.34821, con cui il Questore di Brescia ha respinto “per carenza dei redditi” l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo presentata dall’appellante 

Ad avviso del giudice di primo grado il decreto impugnato è immune dai vizi dedotti, considerato che l’appellante, cittadino russo, commerciante in scarpe (in Italia almeno dal 2008), titolare di un permesso per lavoro autonomo, nel 2013 non aveva percepito un reddito minimo sufficiente per mantenere il nucleo familiare (moglie e figlia nata in Italia nel 2009);

Infatti si legge nella sentenza impugnata che l’immigrato per il 2012 aveva prodotto un reddito di soli euro 3.134,00, come si desume dalla dichiarazione dei redditi 2013 (allegata all’istanza di rinnovo del permesso per lavoro autonomo) e che, successivamente, non aveva trovato un lavoro subordinato neanche dopo la concessione di un titolo di soggiorno provvisorio (dal 27 novembre 2015 al 9 febbraio 2016), mentre la ditta di cui il medesimo era ancora titolare nel 2014 aveva chiuso l’esercizio con una perdita di euro 1.922,00; pertanto, ad avviso del giudice di primo grado, ai fini della legittimità del diniego impugnato, non poteva “avere alcuna rilevanza” né la circostanza che, in corso di giudizio (dicembre 2015) la moglie del ricorrente avesse instaurato un rapporto di lavoro subordinato con una retribuzione mensile di euro 1.272,00 né che il Tribunale dei minori avesse autorizzato il soggiorno dell’appellante e della moglie per 1 anno a tutela della figlia minore.

2.1. L’appello è meritevole di accoglimento.

In primo luogo, a differenza di quanto indicato nell’impugnato decreto di diniego del 3 marzo 2015, l’immigrato, nel corso del lungo procedimento per il rinnovo del permesso di soggiorno (iniziato nell’agosto 2013) aveva non solo esibito la dichiarazione dei redditi per il 2012, recante indicazione di un reddito complessivo di euro 3.134,00, ma, altresì, copia del contratto con cui aveva concesso in affitto, a partire dal novembre 2013, un appartamento a Milano per un importo complessivo annuo pari ad euro7.800,00. 

In secondo luogo, poi, nel corso del procedimento, la Questura avrebbe dovuto valutare il fatto che della dichiarazione dei redditi per il 2014 (cioè quella relativa all’anno precedente all’adozione del diniego di rinnovo) risultava un reddito complessivo di euro 8.867,00, come in seguito è emerso dalla documentazione che l’interessato è stato invitato a presentare dalla stessa Questura di Brescia in esecuzione dell’ordinanza cautelare TAR Brescia n. n.1746/2015. 

2.2. Pertanto, quanto alla addebitata mancanza del requisito del reddito minimo, dal confronto dei dati sui redditi percepiti prima dell’adozione del provvedimento di rigetto dell’istanza di rinnovo, si desume che, in realtà, l’Amministrazione non aveva tenuto conto del fatto che l’immigrato, pur avendo realizzato nel 2012 un limitato reddito dall’attività commerciale di cui si era fino ad allora occupato (vendita di scarpe e pelletteria) a causa della crisi economica del settore (che lo aveva costretto a chiudere sia il negozio di Verona sia quello di Milano), comunque aveva un ulteriore fonte di reddito costituita dal canone di affitto di euro 7.800,00 annui, percepito per la locazione di un appartamento di proprietà sito a Milano, mentre, specularmente, non aveva spese di alloggio per sé e per la moglie e la bambina, in quanto era proprietario della casa a Desenzano in cui viveva con la famiglia.

2.3. Né la stessa normativa richiamata nel decreto impugnato (in ordine alla addebitata mancanza del requisito della disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti) indica un limite minimo di reddito predeterminato da rispettare da parte dell’immigrato.

Infatti, come questa Sezione ha già avuto modo di affermare (vedi Sez.III n.597/2015 ex multis), in sede di rinnovo di qualsiasi permesso di soggiorno il D.LGS n.286/1998, art. 4, comma 3 (a cui fa rinvio il successivo art. 5, comma 5), richiede di dimostrare la disponibilità di "mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno", senza quantificare detta soglia di sufficienza; lo stesso comma 5 disciplina la revoca del permesso di soggiorno ordinario nel caso in cui vengono a mancare i requisiti previsti per il suo rilascio, ma fa un'espressa eccezione proprio per il requisito del reddito facendo salvi i casi di temporanea perdita di lavoro e di reddito ove si richiama l'art. 22, comma 9 (al posto del comma 11 per mero errore materiale come dimostra la corrispondente norma dell'art. 13 del regolamento attuativo di cui al DPR 399/1998).

Inoltre l'art. 6, comma 5, dello stesso T.U.I. attribuisce all'Autorità di pubblica sicurezza il potere di richiedere agli stranieri "informazioni e atti comprovanti la disponibilità di un reddito, da lavoro o da altra fonte legittima, sufficiente al sostentamento proprio e dei familiari conviventi nel territorio dello Stato", senza specificare quale debba essere il reddito minimo, mentre il regolamento attuativo di cui al DPR n. 394/1999, all'art. 13, comma 2), precisa che "la disponibilità di un reddito, da lavoro o da altra fonte lecita, sufficiente al sostentamento proprio e dei familiari conviventi a carico" può essere accertata d'ufficio sulla base di una dichiarazione temporaneamente sostitutiva resa dall'interessato con la richiesta di rinnovo, escludendo espressamente i casi previsti dal comma 11 dell'art. 22 e cioè i casi in cui la temporanea perdita del posto di lavoro ha una specifica disciplina.

2.4.Sotto diverso profilo, poi, il diniego impugnato non prende in alcuna considerazione la esigenza di tutela dei vincoli familiari affermata dalla Corte costituzionale con la sentenza n.202/2013 e recepita dalla consolidata giurisprudenza amministrativa.

Infatti nel provvedimento non viene né indicata né valutata la situazione familiare dell’immigrato ed, in particolare, la presenza nel nucleo familiare di una figlia, che nata a Desenzano nel 2009, è inserita nel contesto sociale del luogo e frequenta la scuola primaria, come documentato dall’interessato nell’ottobre 2013 in riscontro alla comunicazione di avvio del procedimento di rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno. 

2.5.Pertanto, ad avviso del Collegio, gli elementi di giudizio rappresentati appaiono sufficienti per concludere che la determinazione sfavorevole assunta dal Questore di Brescia non risulta corroborata né da congrua motivazione né da elementi univoci e concordanti.

2.6. A quanto sopra esposto, poi, per completezza va aggiunto che, nelle more del giudizio, la situazione economica del nucleo familiare dell’immigrato migliorava stabilmente, in quanto dal dicembre 2015 la moglie dell’appellante veniva assunta come impiegata con contratto a tempo indeterminato in un’azienda di autotrasporto meri e logistica con uno stipendio annuo pari ad euro 16.900,00.

Pertanto nell’appello l’immigrato riferisce che nel 2016 dispone di un reddito complessivo annuo di circa euro 24.700,00, che, alloggiando il nucleo familiare in una casa di proprietà, ne consente il decoroso mantenimento in conformità ai parametri minimi stabiliti dalla normativa vigente . 

Quanto, invece, alla tutela dell’unità familiare a favore dalla bambina, figlia dell’appellante, sempre nelle more del giudizio di primo grado, il Tribunale dei minori di Brescia con decreto 17 novembre 2015, n.676, ha, comunque, autorizzato l’appellante e la moglie a soggiornare in Italia per un anno in qualità di genitori della bambina nata in Italia nel 2009. 

3.Per le esposte considerazioni, quindi, l’appello va accolto e, per l’effetto, in accoglimento del ricorso di primo grado, il decreto del Questore di Brescia 3 marzo 2015, n.13BS034821, va annullato con il conseguente obbligo della Questura di Brescia di adottare una nuova determinazione alla luce delle esposte motivazioni. 

Le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio seguono la soccombenza e pertanto, liquidate in complessivi euro 3.000,00, oltre gli accessori di legge ed il rimborso dell’importo corrispondente al contributo unificato, sono poste a carico del Ministero. dell’Interno.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) accoglie l 'appello e, per l'effetto, accogliendo il ricorso di primo grado, annulla il decreto del Questore di Brescia del 3 marzo 2015 con il conseguente obbligo dell’Amministrazione di adottare una nuova determinazione.

Pone le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio, liquidate in complessivi euro 3.000,00, oltre gli accessori di legge ed il rimborso del contributo unificato, a carico del Ministero dell’Interno .

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2016 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Marco Lipari, Presidente

Carlo Deodato, Consigliere

Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere, Estensore

Giulio Veltri, Consigliere

Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
Lydia Ada Orsola Spiezia   Marco Lipari
     
     
     
     
     

IL SEGRETARIO

 

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