Sunday 27 July 2014 12:01:10

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Manutenzione straordinaria, risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia: il frazionamento di immobile realizza un aumento dell’impatto sul territorio incompatibile con il semplice restauro

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 7.7.2014

Per consolidati principi giurisprudenziali affinché sia ravvisabile un intervento di ristrutturazione edilizia, è sufficiente che risultino modificati la distribuzione della superficie interna e dei volumi ovvero l'ordine in cui erano disposte le diverse porzioni dell'edificio, per il solo fine di rendere più agevole la destinazione d'uso esistente. Ciò determina il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio ed un'alterazione dell'originaria fisionomia e consistenza fisica dell'immobile, incompatibili con i concetti di manutenzione straordinaria e di risanamento conservativo, che presuppongono la realizzazione di opere che lascino inalterata la struttura dell'edificio e la distribuzione interna della sua superficie (Cons. Stato Sez. V, 17-03-2014, n. 1326). In questo ambito si pone senza ombra di dubbio il frazionamento di immobile (nella specie da sei a tredici unità) che, stante l’autonoma utilizzabilità, realizza anche un aumento dell’impatto sul territorio incompatibile con il semplice restauro (Cons. St. Sez. IV, 17-05-2012, n. 2838). Per scaricare la sentenza cliccare su " Accedi al Provvedimento".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale * del 2012, proposto da:

Elettra Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv. Francesco Massa, Ludovico Villani e Luca Saguato, con domicilio eletto presso Ludovico Villani in Roma, via Asiago, 8;

 

contro

Comune di Rapallo, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Luigi Cocchi e Mario Sanino, con domicilio eletto presso Mario Sanino in Roma, viale Parioli, 180; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LIGURIA - GENOVA: SEZIONE I n. 01579/2011, resa tra le parti, concernente dichiarazione di inefficacia della dia relativa ad opere interne

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Rapallo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 marzo 2014 il Cons. Francesca Quadri e uditi per le parti gli avvocati Gerbi (su delega Massa) e Sanino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

La società ricorrente, proprietaria di un immobile sito nel Comune di Rapallo originariamente destinato a casa di cura e, a seguito di rilascio di concessione in sanatoria, utilizzato come struttura ricettiva extra alberghiera, composto di sei appartamenti, ha impugnato i provvedimenti comunali in data 3/4/2009 e14/7/2009 , con cui è stata dapprima sospesa e, poi, dichiarata inefficace la dichiarazione di inizio di attività presentata per la realizzazione di tredici unità abitative, trattandosi di intervento diverso dal restauro e risanamento conservativo, unici ammessi in base alla disciplina urbanistico edilizia ed alla sopravvenuta decadenza del vincolo di destinazione.

Il Tar, pur aderendo alla tesi della natura conformativa e non espropriativa del vincolo di destinazione decaduto sostenuta dalla ricorrente, ha respinto il ricorso, giudicando l’intervento edilizio comunque in contrasto con le previsioni urbanistiche.

La società ha impugnato la sentenza di primo grado sulla base dei seguenti motivi:

- contraddittorietà della sentenza nella parte in cui, pur avendo condiviso la natura conformativa del vincolo decaduto, ha ritenuto comunque legittimo il provvedimento interdittivo escludendo che nella zona potessero ammettersi interventi diversi dal restauro ed al risanamento conservativo;

- travisamento del tipo di intervento edilizio, dal momento che l’aumento delle unità (da sei a tredici) facenti parte della struttura ricettiva extra alberghiera non ne avrebbero modificato l’unitarietà, non comportando frazionamento;

- ancora, sotto il profilo della natura dell’intervento, esso rientrerebbe tra quelli di restauro, non modificando le caratteristiche tipologiche, formali e strutturali dell’edificio ai sensi dell’art. 83 L.R. n. 16/2008;

- l’intervento non avrebbe comportato alcuna modifica della destinazione d’uso, bensì il mantenimento della struttura ricettiva extra alberghiera;

- erroneità per non avere il primo giudice tenuto conto della tardività dell’esercizio del potere inibitorio, sia rispetto al termine di venti giorni di cui all’art. 26, comma 1 L.R. n. 16/2008, sia rispetto a quello di sessanta giorni per l’autotutela.

Si è costituito in giudizio il Comune di Rapallo, chiedendo la conferma della sentenza di primo grado.

All’udienza dell’11 marzo 2014, in vista della quale le parti hanno presentato memorie, l’appello è passato in decisione.

L’edificio denominato “Villa Benia”, di proprietà della appellante, ospitante originariamente una casa di cura, ricade nel PRG in zona S1C, destinata a servizi comuni. Successivamente alla presentazione di domanda di condono ed al rilascio da parte del Comune di Rapallo di concessione in sanatoria in data 6 ottobre 2008, la destinazione edilizia dell’immobile è stata modificata in struttura ricettiva extra alberghiera, composta da sei appartamenti.

La società ha presentato DIA ai sensi della L.R. n. 16/2008 per lavori di risanamento conservativo, il cui progetto prevede la realizzazione di tredici appartamenti.

Il Comune di Rapallo ha emesso due successivi provvedimenti interdittivi di DIA (il secondo con contestuale annullamento del primo), muovendo dapprima esclusivamente dalla qualificazione dell’intervento edilizio come di ristrutturazione con frazionamento in plurime unità immobiliari, e poi argomentando ulteriormente sulla significatività delle opere e sulla complessiva alterazione degli spazi e giungendo alla conclusione che il progetto sarebbe stato incompatibile con gli interventi ammessi ai sensi dell’art. 2, comma 1 l. r. n. 30/1992 (interventi ammessi nelle zone soggette a vincolo decaduto), consistenti nel solo restauro conservativo.

Il Tar, pur escludendo che la fattispecie ricadesse tra quelle regolate dall’art. 2, comma 1 l.r. n.30/1992, dal momento che il vincolo di destinazione da rispettare non era considerabile alla stregua di un vincolo espropriativo, ma rappresentava un vincolo conformativo, ha tuttavia condiviso con il Comune la qualificazione dell’intervento edilizio non come restauro conservativo, ma come ristrutturazione edilizia, non ammessa in base alla disciplina urbanistico edilizia della zona, destinata a strutture comuni.

L’appellante , con il primo motivo, lamenta che nonostante l’accertamento dell’erroneità della motivazione dell’atto impugnato, basato sulla esistenza di un vincolo espropriativo decaduto, il Tar abbia respinto il ricorso, ammettendo l’ integrazione postuma della motivazione del provvedimento, vietata.

Il motivo è infondato.

Occorre a riguardo osservare che la motivazione del provvedimento interdittivo ruota tutta intorno alla qualificazione dell’intervento edilizio non come restauro conservativo, ma come ristrutturazione , secondo la definizione dell’art. 10 l.r. n. 68/2008. La circostanza che il Comune abbia attribuito precipuo rilievo - come motivo ostativo all’intervento di restauro ed all’efficacia della DIA - al regime dell’area erroneamente qualificata come zona bianca (per effetto della decadenza del vincolo espropriativo) anzicchè alla previsione urbanistica (servizi comuni) di PRG, non è sufficiente, ad avviso del Collegio, a determinare l’illegittimità dell’atto, alla luce del principio per cui l'inammissibilità della integrazione postuma della motivazione in giudizio trova un limite, anche alla luce del disposto dell’art. 21 octies della legge n. 241/1990, nei casi in cui gli esiti del procedimento non avrebbero comunque potuto essere diversi nonché nell’esigenza di economicità dell’azione amministrativa, cosicchè il vizio di motivazione viene correttamente dequotato ogniqualvolta l'integrazione non abbia leso il diritto di difesa dell'interessato, per essere state in fase endoprocedimentale pienamente percepibili le ragioni sottese all'emissione del provvedimento impugnato (Cons. Stato Sez. IV, 7-6-2012, n. 3376).

Nella specie, tali ragioni sono emerse con tutta chiarezza e sono riconducibili alla consistenza dell’intervento edilizio, non configurabile come restauro conservativo, unico ammesso nella zona destinata da PRG a servizi comuni, ma come ristrutturazione, in quanto determinante l’aumento di sette unità abitative, distinte ed autonome, e la modificazione, per superficie e forma, dell’organismo edilizio rispetto a quello esistente.

Parimenti infondati sono i motivi, da trattare congiuntamente data la loro connessione, con cui parte appellante nega che le opere configurerebbero una ristrutturazione.

In merito, basta richiamare consolidati principi per cui, affinché sia ravvisabile un intervento di ristrutturazione edilizia, è sufficiente che risultino modificati la distribuzione della superficie interna e dei volumi ovvero l'ordine in cui erano disposte le diverse porzioni dell'edificio, per il solo fine di rendere più agevole la destinazione d'uso esistente. Ciò determina il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio ed un'alterazione dell'originaria fisionomia e consistenza fisica dell'immobile, incompatibili con i concetti di manutenzione straordinaria e di risanamento conservativo, che presuppongono la realizzazione di opere che lascino inalterata la struttura dell'edificio e la distribuzione interna della sua superficie (Cons. Stato Sez. V, 17-03-2014, n. 1326).

In questo ambito si pone senza ombra di dubbio il frazionamento di immobile (nella specie da sei a tredici unità) che, stante l’autonoma utilizzabilità, realizza anche un aumento dell’impatto sul territorio incompatibile con il semplice restauro (Cons. St. Sez. IV, 17-05-2012, n. 2838).

Destituito di fondamento è anche l’ultimo motivo di gravame, fondato sulla tardività del provvedimento rispetto alla data di presentazione della DIA.

Invero, va in punto di fatto osservato che l’efficacia della dichiarazione risulta sospesa già con il provvedimento del 3 aprile 2009, sicuramente tempestivo rispetto alla data (25 marzo 2009) di presentazione della dichiarazione e già fondato sulla incompatibilità dell’intervento di frazionamento con la disciplina urbanistica.

Il successivo atto ha avuto l’effetto di sostituirsi al primo al solo scopo di ampliarne la motivazione, senza incidere sulla sua sostanza e confermandone la portata interdittiva.

L’azione nel complesso tenuta dall’amministrazione non può essere, pertanto, considerata intempestiva essendo intervenuita nel rispetto sia del termine di cui all’art. 26, comma 1 l. r. n. 30/92 che di quello di sessanta giorni per l’esercizio dell’autottutela.

Conclusivamente, l’appello deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, respinge l 'appello e, per l'effetto, conferma la sentenza di primo grado .

Condanna l’appellante al pagamento in favore del Comune di Rapallo delle spese di giudizio, che si liquidano in complessivi euro 3.000,00 (tremila).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Giorgio Giaccardi, Presidente

Nicola Russo, Consigliere

Raffaele Potenza, Consigliere

Francesca Quadri, Consigliere, Estensore

Giuseppe Castiglia, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 07/07/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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