Monday 07 April 2014 20:17:15

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Niente silenzio-accoglimento sulla domanda di sanatoria se l'Amministrazione ha invitato l’interessato a presentare documentazione integrativa

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 24.3.2014

Nel giudizio in esame la quaestio iuris sottoposta al Consiglio di Stato e' la seguente: secondo parte appellante sulla domanda di sanatoria dell’ulteriore superficie di mq 1354,50 si sarebbe formato, ai sensi dell’art.35 della legge n.47/85 il silenzio-assenso. Così non è. La norma in questione, rileva il Collegio, com’è noto, ha previsto il meccanismo del silenzio-accoglimento una volta decorsi 24 mesi dalla presentazione della istanza di sanatoria e tale termine può essere interrotto qualora l’amministrazione comunale a fronte della domanda di sanatoria , abbia invitato l’interessato a presentare documentazione integrativa di quella già prodotta ( Cons. Stato sez. IV 23/7/2010 n.4671; idem sentenza n.578/2012 ). Ebbene, il meccanismo del silenzio-assenso, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale può ritenersi applicabile solo in presenza di una domanda di condono completa e validamente presentata, circostanza di fatto e di diritto quest’ultima, non presente nel caso de quo, laddove si è in presenza di una supposta domanda di sanatoria ( sia pure integrativa) che tale non è in quanto non contiene i requisiti minimi per potere essere qualificata come domanda di sanatoria , sicchè manca il substrato minimo per poter invocare un istituto, quello del silenzio -assenso ex art.35 citato che in quanto derogatorio all’ordinario procedimento di definizione e rilascio della concessione in sanatoria, postula ben altri presupposti.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale * del 2008, proposto da:

Montebovi Stefano e Imont s.r.l. rappresentati e difesi dagli avv.ti Stefano Santarelli, Marco Mellacca, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Asiago, 8;

 

contro

Comune di Roma ( ora Roma Capitale ) in persona del Sindaco pro tempore rappresentato e difeso per legge dall' avv. Andrea Magnanelli, con domicilio in Roma, via del Tempio di Giove, 21; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II BIS n. 00298/2007, resa tra le parti, concernente concessione edilizia in sanatoria

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 gennaio 2014 il Cons. Andrea Migliozzi e uditi per le parti gli avvocati Santarelli e Magnanelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

Il sig. Stefano Montebovi con istanza prodotta al Comune di Roma ( ora Roma Capitale ) in data 23 febbraio 1995, prot. n. 25814, chiedeva ex art.39 della legge n.724/94 il rilascio di concessione in sanatoria per abusi edilizi realizzati sull’immobile sito sulla via Aurelia km 13,000, via V. Lapiccerella e consistenti nel cambio di destinazione d’uso da serre a locale commerciale , per una superficie da condonare di 1.058,74 mq .

Successivamente il predetto presentava in data 1 agosto 1997 prot. n. 169606 una “nota integrativa” ( datata22/7/1997 ) con cui in relazione al suindicato immobile comunicava che “ per mero errore materiale ed in perfetta buona fede dal calcolo dell’area condonata era stata tralasciata nel conteggio della superficie la parte inferiore del manufatto per mq 1354,50 ed altezza di ml 4 a piano con un volumetria di mc 5.418, per cui il computo totale da condonare è di mq 2.413,24”, provvedendo ad integrare quanto dovuto a titolo di oblazione ed oneri concessori.

Il Comune con nota prot. n. 70185 del 13/4/1999 notificava l’obbligo di effettuare il versamento di ulteriori somme conguaglio di quanto in precedenza corrisposto in via integrativa per oblazione, oneri concessori e diritti di segreteria e a fronte di ciò la Imont srl, nel frattempo divenuta acquirente dell’immobile de quo provvedeva al pagamento della somma capitale comprensiva degli interessi per i tioli suindicati.

Ancora, il Comune di Roma - Ufficio Speciale Condono edilizio ( USCE) con atto prot. n. 12530 del 25 gennaio 2000 comunicava che in corso di una verifica era stato riscontrato un errore relativamente alla pratica di condono ptrot. N. 25814/95 per cui il cambio di destinazione d’uso delle serre da agricolo a commerciale era sanato in tipologia 1 ed inoltre si procedeva “all’annullamento della notifica prot. n. 70185 del 13/4/1999 in quanto relativa alla sanatoria di ulteriori abusi dichiarati fuori termine perentorio ex lege 724/94”

Avverso tale atto nonché avverso la nota prot. n. 20567 del 21/2/2000 che confermava il disposto annullamento Montebovi ed Imont presentavano ricorso al Tar del Lazio ( n. 5599/2000 che con sentenza n. 298/2007 lo rigettava , giudicandolo infondato.

Gli interessati con l’appello all’esame hanno impugnato tale decisione, ritenendola errata sotto vari profili.

In primo luogo il Tar non si sarebbe pronunciato sulla domanda formulata in via subordinata di restituzione delle somme corrisposte a titolo di oneri concessori ed oblazione:

Non può essere esclusa poi la sanatoria della parte sottostante dell’edificio in parola ben configurandosi la possibilità di integrare , con l’istanza aggiuntiva del 22/7/1997, l’originaria domanda di sanatoria, come da documentazione prodotta dalla parte interessata e senza che la nota integrativa si atteggi come una modifica dell’originaria domanda di condono. Nella specie poi, contrariamente a quanto ritenuto dal Tar, sussistono, sempre secondo gli appellanti tutti i presupposti per il concreto formarsi del silenzio- assenso di cui all’art.35 della legge n.47/85.

Nel gravame vengono altresì riproposti i motivi già dedotti in prime cure e cioè:

- violazione e/o falsa applicazione di legge: art.31 legge n.47/85; art.39 le3gge n.724/94; art.2 legge n.662/96; art.4 legge n.68/88; legge n.241/90;

-Eccesso di potere per contraddittorietà e/o illogicità : carenza dei presupposti ; travisamento dei fatti e difetto di istruttoria ; assoluta carenza e/o insufficienza di motivazione ; ingiustizia manifesta.

Si è costituito in giudizio il Comune di Roma ( ora Roma Capitale ) contestando la fondatezza dell’appello di cui ha chiesto la reiezione.

All’udienza pubblica del 9 gennaio 2014 la causa viene introitata per la decisione.

DIRITTO

L’appello è infondato, meritando l’impugnata sentenza integrale conferma.

Parte appellante in primo luogo critica l’operato del primo giudice nella parte in cui non si sarebbe pronunciato sulla richiesta di restituzione delle somme versate a titolo di oneri concessori ed oblazione.

Il rilievo si appalesa infondato, atteso che , come peraltro precisato da primo giudice, il thema decidendum della qui impugnata sentenza è stato unicamente quello correlato al ricorso di tipo impugnatorio n.5599/2000 cui è estranea la pretesa patrimoniale relativa alla debenza e quantificazione degli oneri concessori e delle oblazioni appositamente rivendicata dagli interessati con altri due ricorsi, il n.15233/99 e il n. 5604/2000 che sono stati sì riuniti al precedente gravame ma che non sono stati trattati ai fini della relativa definizione, sicchè alcuna violazione della regola tra il chiesto e il pronunciato è dato rinvenire nella fattispecie.

Ciò opportunamente precisato, passando alla disamina delle questioni qui coinvolte, due sono le problematiche che occorre dirimere, avuto riguardo ai due motivi d’impugnazioni posti a sostegno dell’appello e precisamente:

a) la qualificazione e la valenza da attribuire alla richiesta di sanatoria di cui alla nota “integrativa” del 22 luglio 1997 (prot. n. 169606 del 1 agosto 1997)

b) l’essersi o meno inverato in ordine a detta “ istanza di condono” il silenzio-assenso.

Quanto alla questione sub a) , come già accennato in fatto, con la nota suindicata il sig. Montebovi comunicava che solo per mero errore materiale non era stata inserito nell’originaria domanda di condono del 23/5/1995 prot. n. 25814 la volumetria inerente la parte sottostante l’edificio già fatto oggetto di domanda di condono ( per la superficie abusiva in essa indicata )

Ebbene, correttamente il Comune ha giudicato non ammissibile la richiesta di sanatoria che l’interessato ha inteso avanzare con la predetta nota, atteso che mancano i presupposti di fatto e i diritto per poter considerare la nota stessa una domanda integrativa di condono e ciò per molteplici ragioni:

1) la nota de qua è una semplice comunicazione di un preteso errore materiale in cui sarebbe incorso il Monterbovi nel computo della volumetria denunciata come da sanare, ma, in ragione del suo contenuto, non reca alcun elemento identificativo di una domanda di condono, attesa, in particolare, l’assenza di documentazione tecnico-amministrativa necessaria a conferire al documento prodotto dalla parte privata la natura di domanda di condono;

2) non è configurabile ( e neppure concettualmente concepibile ) in ordine agli oneri di produzione della domanda di sanatoria spettanti al privato una sorta di procedimento in progress, tenuto conto che la normativa di cui alla legge n.47/85 pone un termine ultimativo di presentazione delle domande di sanatoria e la “ nota” qui in discussione, in disparte ogni altra considerazione sul suo contenuto, è stata presentata solo nel luglio 1997, oltre i termini di legge ;

3) al di là delle suindicate assorbenti considerazioni, una domanda integrativa di sanatoria nei sensi voluti dalla parte interessata non è ammessa dall’assetto ordinamentale fissato con la legge di condono n.47/85 e nemmeno dalle altre normative di sanatoria edilizia successivamente intervenute, giacchè non sono configurabili domande aggiuntive che vanno va di fatto a modificare il il contenuto di altre domande di sanatoria precedentemente presentate e ognuna delle quali ha una sua autonoma tipologia .

In realtà una possibilità di correzione di quanto in precedenza denunciato può anche ammettersi sempreché trattasi di integrazione di minimo conto, attinente ad elementi assolutamente marginali senza che si vada ad incidere sul contenuto sostanziale di una domanda a suo tempo presentata e non è questo il caso che ci occupa se è vero che con la nota suindicata si intende specificatamente sanare un considerevole entità di superficie realizzata sine titulo

E veniamo alla seconda quaestio iuris in rilievo : secondo parte appellante sulla domanda di sanatoria dell’ulteriore superficie di mq 1354,50 si sarebbe formato, ai sensi dell’art.35 della legge n.47/85 il silenzio-assenso.

Così non è.

La norma in questione , com’è noto, ha previsto il meccanismo del silenzio-accoglimento una volta decorsi 24 mesi dalla presentazione della istanza di sanatoria e tale termine può essere interrotto qualora l’amministrazione comunale a fronte della domanda di sanatoria , abbia invitato l’interessato a presentare documentazione integrativa di quella già prodotta ( Cons. Stato sez. IV 23/7/2010 n.4671; idem sentenza n.578/2012 ).

Ebbene, il meccanismo del silenzio-assenso, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale può ritenersi applicabile solo in presenza di una domanda di condono completa e validamente presentata, circostanza di fatto e di diritto quest’ultima, non presente nel caso de quo, laddove si è in presenza di una supposta domanda di sanatoria ( sia pure integrativa) che tale non è in quanto non contiene i requisiti minimi per potere essere qualificata come domanda di sanatoria , sicchè manca il substrato minimo per poter invocare un istituto, quello del silenzio -assenso ex art.35 citato che in quanto derogatorio all’ordinario procedimento di definizione e rilascio della concessione in sanatoria, postula ben altri presupposti.

Neppure condivisibile si appalesa l’assunto difensivo secondo il quale con la nota n. 70185/99 del13/4/1999 il Comune era addivenuto, in sostanza al rilascio di una sanatoria sia pure subordinata al pagamento degli oneri di urbanizzazione: in realtà, con l’atto de quo l’Amministrazione si limitava a comunicare come allo stato non vi erano motivi ostativi all’accoglimento, fermo restando però la conclusiva definizione della pratica al momento ancora in fase di istruttoria

Infine priva di pregio si rivela le censura di violazione della norma della legge n.241/90 sull’onere a carico del Comune di inviare il preavviso di diniego, posto che nella specie si verte nel caso di un procedimento attivato ad iniziativa di parte, senza che fosse ancora intervenuta la modifica del tipo innovativa costituita dalla disposizione di cui all’art.10 bis della stessa legge sul procedimento.

Parte appellante ha poi riproposto “integralmente” i due motivi d’impugnazione denunciati in prime cure: al riguardo, ad una piana lettura degli stessi, è possibile rilevare come le censure ivi dedotte coincidono esattamente con i profili di doglianza oggetto dei due motivi d’appello ( validità della domanda integrativa di sanatoria e formazione del silenzio-assenso ) sulla cui infondatezza ci si è in precedenza soffermati .

In forza delle suestese considerazioni il gravame all’esame, in quanto infondato, va respinto.

Le spese e competenze del presente grado del giudizio seguono la regola della soccombenza, liquidate come in dispositivo

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo Rigetta.

Condanna la parte appellante al pagamento delle spese e competenze del presente grado del giudizio che si liquidano complessivamente in euro 3.000,00 ( tremila//00 ) oltre Iva e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Marzio Branca, Presidente FF

Raffaele Greco, Consigliere

Fabio Taormina, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere, Estensore

Umberto Realfonzo, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 24/03/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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