Tuesday 19 July 2016 12:09:09

Giurisprudenza  Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali

Processo amministrativo: i termini perentori per il deposito di documenti ed i poteri di acquisizione d'ufficio del giudice

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 18.7.2016 n. 3192

La disciplina della produzione documentale nel processo amministrativo è previsto l'articoli 73, comma 1, e 54, comma 1, c.p.a.: “Le parti possono produrre documenti fino a quaranta giorni liberi prima dell'udienza, memorie fino a trenta giorni liberi e presentare repliche, ai nuovi documenti e alle nuove memorie depositate in vista dell'udienza, fino a venti giorni liberi”; e “la presentazione tardiva di memorie o documenti può essere eccezionalmente autorizzata, su richiesta di parte, dal collegio, assicurando comunque il pieno rispetto del diritto delle controparti al contraddittorio su tali atti, qualora la produzione nel termine di legge sia risultata estremamente difficile”. Al riguardo la giurisprudenza amministrativa ha puntualizzato che “i termini previsti dall'art. 73 comma 1, cod. proc. amm. per il deposito in giudizio di documenti (fino a quaranta giorni liberi prima dell'udienza) sono perentori e, in quanto tali, non possono essere superati neanche ove sussistesse accordo delle parti, essendo il deposito tardivo di memorie e documenti ammesso in via del tutto eccezionale nei soli casi di dimostrazione dell'estrema difficoltà di produrre l'atto nei termini di legge, siccome previsto dall'art. 54 comma 1, dello stesso cod. proc. amm.” (Cons. Stato, sez IV, n. 916 del 2013); comunque, “nel caso di produzione fuori termine da parte dell'Amministrazione di documenti che, attenendo alla causa, possono essere acquisiti d'ufficio dal giudice, tali documenti possono essere trattenuti, ma fatta salva la facoltà dell'interessato di chiedere termini per controdedurre” (così Cons. Stato, sez. III, n. 6129 del 2012; inoltre, sul carattere perentorio del termine di 40 e di 30 giorni liberi prima dell’udienza, per produrre documenti e per depositare memorie v. anche Cons. Stato, III, n. 1335 del 2015).

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

N. 03192/2016REG.PROV.COLL.

N. 08496/2015 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8496 del 2015 proposto da Alessandra Cafieri, rappresentata e difesa dall'avv. Francesco Vergara, con domicilio eletto presso l’avv. Silvio Bozzi in Roma, viale Regina Margherita, 1; 

contro

il Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca (MIUR), in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO -ROMA -SEZIONE III BIS, n. 4031 del 2015, resa tra le parti, concernente diniego riconoscimento del titolo di formazione professionale “master de profesorado” -anno accademico 2009 -2010, rilasciato dall'Universidad Catòlica San Antonio de Murcia;

 

 

Visti il ricorso in appello, con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di mera forma del MIUR;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 19 maggio 2016 il cons. Marco Buricelli e uditi per le parti gli avvocati Vergara e Russo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1.Con la sentenza in epigrafe il Tar del Lazio ha in parte dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse e in parte respinto il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti presentati dalla signora Alessandra Cafieri avverso la nota del MIUR del 27.1.2013 con la quale era stata rigettata la richiesta di riconoscimento del titolo di formazione professionale “Master de Profesorado” rilasciato dall'Universidad Catòlica San Antonio de Murcia (Spagna) al termine del percorso formativo svolto tra il febbraio e l’ottobre del 2010, e contro gli atti presupposti e connessi, compresi il preavviso di rigetto n. MIUROODGOS n. 5728/R.U/U del 24.10.2013 e –soprattutto- la nota MIURAOODGOS n. 4371/R.U/U del 1°.7.2014, impugnata con motivi aggiunti, di conferma del rigetto della richiesta di riconoscimento anzidetta; oltre che per l'accertamento e la declaratoria del diritto di vedersi riconosciuto il titolo di formazione professionale “Master de Profesorado” per l’anno accademico 2009/2010 rilasciato dall'Università spagnola, e ciò ai fini dell'abilitazione all'insegnamento della lingua inglese nell'ordinamento italiano.

A quest’ultimo riguardo, la sentenza ha dichiarato inammissibile la domanda diretta ad accertare la spettanza del diritto al riconoscimento del titolo professionale, dato che nel caso in esame viene in questione una posizione soggettiva non di diritto soggettivo ma di interesse legittimo, poiché l’Amministrazione dispone di poteri autoritativi e discrezionali proprio in ragione della particolare natura discrezionale del riconoscimento del titolo.

In particolare, la sentenza di primo grado ha:

-dichiarato improcedibile il ricorso introduttivo per sopravvenuto difetto di interesse in seguito al nuovo atto, sfavorevole, adottato dal MIUR in data 1°.7.2014 in seguito all'accoglimento dell'istanza cautelare disposto dal Tar del Lazio con l’ordinanza “propulsiva” n. 1538 del 2014;

-ritenuto sussistente l'interesse a ricorrere avverso la su citata nota del MIUR del 1°.7.2014 di conferma del rigetto del riconoscimento del titolo, impugnata dalla Cafieri con atto di motivi aggiunti, e statuito l'infondatezza dei motivi aggiunti dedotti, avendo il MIUR rilevato in maniera adeguatamente motivata e a seguito di un’istruttoria sufficiente, una serie di irregolarità che hanno determinato la valutazione di non conformità del percorso formativo “per l'impossibilità di aver conseguito il Master de Profesorado con regolare frequenza delle attività prescritte (Tirocinio etc …) nell'ambito dell'annualità 2009/2010”. 

In particolare, la sentenza di primo grado ha considerato insussistenti l’insufficienza della motivazione e dell’istruttoria segnalate dalla ricorrente avendo l'Amministrazione valutato in maniera adeguata e corretta la documentazione presentata dalla Cafiero, e avendo in particolare rilevato irregolarità con riferimento ai crediti ottenuti nel mese di giugno del 2010, avuto riguardo allo svolgimento contemporaneo e ininterrotto di servizio d’insegnamento in qualità di docente supplente non abilitata presso istituti scolastici italiani in provincia di Caserta quando, sulla base del calendario approvato dalle autorità spagnole, il “Master de Profesorado” implicava la presenza ad appelli nei mesi di febbraio e di giugno nel medesimo anno scolastico (2009-2010) durante il quale la Cafieri ha prestato servizio quale docente supplente non abilitata presso scuole italiane. Sulla base delle irregolarità suddette il Tar ha giudicato infondato anche il vizio di contraddittorietà nell'operato del MIUR dedotto con riguardo a fattispecie asseritamente analoghe ma in realtà differenti, in relazione alle quali non era emersa in realtà alcuna attività di insegnamento svolta contemporaneamente in Italia durante il periodo di frequenza, in Spagna, dell’attività preordinata al conseguimento del Master; 

-rilevato l'infondatezza della violazione del c. d. giudicato cautelare del Tar posto che l'ordinanza cautelare di accoglimento, adottata con la tecnica del “remand”, richiedeva una rinnovazione della valutazione della situazione da parte del MIUR ma non imponeva un risultato favorevole per la ricorrente, permanendo in capo all'Amministrazione ambiti di discrezionalità, con la conseguenza che la nuova decisione sfavorevole alla Cafiero non ha comportato alcuna violazione del giudicato;

-rimarcato che l’istanza di riconoscimento del titolo è stata respinta per l'assenza di prove in ordine alla regolarità del percorso formativo seguito presso l’Università della Murcia con la presenza alle attività del Master, con la conseguente infondatezza della censura di violazione della direttiva comunitaria n. 36/2005;

-respinto anche il profilo di censura incentrato sulla omessa applicazione delle misure compensative posto che le irregolarità riscontrate dal MIUR riguardano il percorso di formazione e non differenze di organizzazione o di contenuto della attività di formazione; e rigettato anche il profilo di doglianza basato sulla mancata convocazione della Conferenza di servizi al fine di discutere del caso della richiedente;

-compensato le spese tra le parti in ragione dell'esito del giudizio cautelare. 

2.Con ricorso ritualmente notificato e depositato la dott. ssa Cafieri ha interposto appello contro la sentenza censurando argomentazioni e statuizioni della decisione e formulando in particolare i seguenti motivi:

1) violazione dell’art. 73, comma 1, del d. lgs. n. 104 del 2010 e del principio del contraddittorio. Si sostiene che la sentenza di primo grado avrebbe leso il diritto di difesa e violato il principio del contraddittorio nel valutare ai fini della decisione della controversia la relazione di dieci pagine e i numerosissimi allegati depositati in giudizio dal MIUR in data 24.1.2015, vale a dire soltanto quattro giorni liberi prima dell'udienza pubblica di discussione del 29.1.2015. 

La sentenza gravata, che si fonda anche sulle risultanze e sulla documentazione prodotta in giudizio dal MIUR pochissimi giorni prima dell’udienza in cui il ricorso è passato in decisione, tanto che le affermazioni del Tar a tratti ricalcano in modo fedele passaggi della relazione ministeriale depositata il 24.1.2015, avrebbe dovuto dichiarare l'inutilizzabilità di relazione e allegati.

2) violazione degli articoli 1, 2 e 3 della l. n. 241 del 1990 - violazione della direttiva n. 2005/36/CE del Parlamento e del Consiglio del 7/9/2005 e del d. lgs. n. 206 del 2007 - violazione dei principi di cooperazione tra amministrazioni, adeguatezza, proporzionalità e ragionevolezza -eccesso di potere per inesistenza e/o erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti e contraddittorietà. La sentenza di primo grado avrebbe errato nel considerare adeguata la valutazione del MIUR in ordine alla documentazione depositata dalla Cafieri, con riguardo in particolare alle certificazioni rilasciate dall'Univerisità di San Antonio di Murcia e ai crediti ottenuti nel mese di giugno del 2010 (secondo il Ministero prima che iniziasse la formazione). 

Ad avviso della signora Cafieri la documentazione fornita dalla ricorrente al MIUR attesterebbe invece un corretto percorso di formazione avviato nel febbraio 2010 e conclusosi con esami nel giugno del 2010 e tesi nell’ottobre del 2010. 

La sentenza di primo grado avrebbe quindi errato nel seguire il MIUR e nel contestare alla Cafieri una formazione iniziata e conclusasi nel giugno del 2010, un termine di iscrizione al Corso a maggio 2010, e un contratto di assistenza con la società privata EFI spa (circostanza che non risulterebbe da alcun atto del procedimento). 

La sentenza avrebbe poi errato anche nel ritenere incompatibile la frequenza del Master con l'attività di insegnamento svolta quale supplente in Italia: la documentazione prodotta dalla ricorrente e odierna appellante dimostrerebbe infatti la compatibilità delle due attività poiché l'attività di insegnamento in Italia avrebbe occupato solo due giorni alla settimana, il martedì e il sabato. 

Un errore ulteriore della sentenza consiste nell'avere ritenuto che tale ultima circostanza abbia formato oggetto di contraddittorio tra la Cafieri e l'Amministrazione. Al riguardo l'appellante insiste nel rilevare che il Tar avrebbe contraddetto la sua stessa ordinanza cautelare con la quale aveva rilevato il carattere di novità della questione relativa alla sovrapposizione dei giorni di frequenza in Spagna e di insegnamento in Italia. 

La sentenza gravata avrebbe poi sbagliato nel ritenere insussistente la violazione della direttiva 36/2005 muovendo dall'assunto secondo cui il diniego di riconoscimento si baserebbe sull'assenza di prove a sostegno della regolarità del percorso formativo seguito. La ricorrente avrebbe invece fornito la documentazione attestante le supplenze prestate presso l'istituto scolastico italiano e prodotto le certificazioni dell'Università spagnola. Inoltre, l'assenza di prove dovrebbe semmai riferirsi alle asserzioni del MIUR circa la non veridicità delle attestazioni spagnole e non il contrario. 

La sentenza di primo grado ha ulteriormente errato nel ritenere corretta la mancata attuazione delle misure compensative di cui all'art. 22 del d. lgs. n. 206/2007.

La sentenza impugnata va criticata anche per avere ritenuto che la Conferenza di servizi non poteva avere luogo nel caso in esame poiché il riconoscimento della laurea italiana sarebbe avvenuto dopo il conseguimento del Master e di tale questione si era già occupata la Conferenza di servizi del 29 aprile 2013. 

Ad avviso dell'appellante nessuna delle circostanze rilevate in sentenza precluderebbe la convocazione della Conferenza di servizi ex art. 16, commi 2 e 3, e 17, comma 2, del d. lgs. n. 206/2007, tra autorità italiane e spagnole, per chiarire i dubbi sorti nel caso di specie.

La sentenza del Tar avrebbe sbagliato nel non rilevare l'insufficiente, incongrua e contraddittoria motivazione e istruttoria che inficerebbero il provvedimento sfavorevole adottato dal MIUR. 

Nell'atto di appello si sostiene tra l’altro che il MIUR non avrebbe tenuto in debito conto i chiarimenti sul percorso formativo svolto dalla Cafieri contenuti nei certificati della autorità spagnole, con riferimento ai quali risulterebbe chiara la violazione dell'art. 8, comma 4, del d. lgs. n. 206/2007. Tali certificazioni, ad avviso dell'appellante, godrebbero di fede privilegiata ex art. 2700 c. c. e anche per questa ragione il Tar avrebbe dovuto rilevare la fondatezza dei motivi addotti dalla ricorrente.

La sentenza avrebbe poi sbagliato nel non riconoscere il vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti, insussistenza dei presupposti e violazione dell'art. 10 bis della l. n. 241 del 1990 in merito alla considerazione del MIUR di volontaria omissione da parte della Cafieri della esperienza di insegnamento supplente in Italia nell'anno accademico 2009/2010.

3) violazione dell’art. 112, comma 1, cod. proc. civ. -violazione della direttiva n. 2005/36/CE del 7.9.2005 e del d.lgs. n. 206 del 2007 -violazione dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990 e dell’art. 2700 cod. civ. -violazione dei principi del Trattato UE di libera circolazione delle persone e di prestazione di servizi, responsabilità e cooperazione degli stati membri, “favor” per la mobilità degli insegnanti, equivalenza dei titoli di studio e professionali. 

In modo illegittimo con il diniego del 1°.7.2014 viene svalutato il valore di certificati spagnoli coi quali si attesta che l’Università in questione è un Istituto d’insegnamento superiore dello Stato spagnolo e in esso sono stati impartiti insegnamenti che hanno condotto al conseguimento del Master universitario con valore di abilitazione su tutto il territorio nazionale; risulta disatteso il principio di cooperazione tra le competenti autorità degli stati membri; inoltre, la sentenza sarebbe incorsa in un errore ulteriore nel non rilevare il richiamo, errato, alla dissimilitudine tra la situazione della Cafieri e le fattispecie esaminate dal Tar del Lazio, sez. III bis, con le sentenze n. 3511 e n. 3513 del 2013, atteso che la domanda dell’appellante sarebbe stata tempestiva, la Cafieri non avrebbe avuto alcun rapporto con la società EFI spa, i certificati non presenterebbero alcuna grave discrasia, il MIUR non avrebbe chiesto il certificato di frequenza del corso.

Il MIUR ha svolto una difesa di mera forma e all’udienza del 19.5.2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

3. Il Collegio ritiene che l’appello sia fondato e vada accolto con riferimento, in via decisiva e assorbente, al primo motivo di appello, con il quale è stata dedotta la lesione del diritto di difesa e la violazione del principio del contraddittorio, in relazione al disposto di cui all’art. 73, comma 1, del cod. proc. amm. , con la conseguente riforma della sentenza impugnata e il rinvio della causa al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 105, comma 1, del cod. proc. amm. affinché il Tar si pronunci nuovamente sul ricorso garantendo il pieno rispetto del contraddittorio, previa riassunzione del processo con le modalità e nei termini stabiliti dal cod. proc. amm. . 

In via preliminare e in termini generali va rammentato che la disciplina della produzione documentale nel processo amministrativo è prevista dagli articoli 73, comma 1, e 54, comma 1, c.p.a.: “Le parti possono produrre documenti fino a quaranta giorni liberi prima dell'udienza, memorie fino a trenta giorni liberi e presentare repliche, ai nuovi documenti e alle nuove memorie depositate in vista dell'udienza, fino a venti giorni liberi”; e “la presentazione tardiva di memorie o documenti può essere eccezionalmente autorizzata, su richiesta di parte, dal collegio, assicurando comunque il pieno rispetto del diritto delle controparti al contraddittorio su tali atti, qualora la produzione nel termine di legge sia risultata estremamente difficile”. 

Al riguardo la giurisprudenza amministrativa ha puntualizzato che “i termini previsti dall'art. 73 comma 1, cod. proc. amm. per il deposito in giudizio di documenti (fino a quaranta giorni liberi prima dell'udienza) sono perentori e, in quanto tali, non possono essere superati neanche ove sussistesse accordo delle parti, essendo il deposito tardivo di memorie e documenti ammesso in via del tutto eccezionale nei soli casi di dimostrazione dell'estrema difficoltà di produrre l'atto nei termini di legge, siccome previsto dall'art. 54 comma 1, dello stesso cod. proc. amm.” (Cons. Stato, sez IV, n. 916 del 2013); comunque, “nel caso di produzione fuori termine da parte dell'Amministrazione di documenti che, attenendo alla causa, possono essere acquisiti d'ufficio dal giudice, tali documenti possono essere trattenuti, ma fatta salva la facoltà dell'interessato di chiedere termini per controdedurre” (così Cons. Stato, sez. III, n. 6129 del 2012; inoltre, sul carattere perentorio del termine di 40 e di 30 giorni liberi prima dell’udienza, per produrre documenti e per depositare memorie v. anche Cons. Stato, III, n. 1335 del 2015).

Guardando adesso più da vicino il caso in esame, l’appellante sostiene –in modo attendibile e comunque senza alcuna contestazione specifica da parte del MIUR- di avere saputo del deposito tardivo della relazione ministeriale di dieci pagine e dei numerosissimi allegati (51), deposito eseguito dal MIUR solamente il 24.1.2015, vale a dire quattro giorni liberi prima dell’udienza pubblica di discussione del 29.1.2015, in occasione della quale il ricorso è passato in decisione, soltanto dopo la pubblicazione della sentenza (v. pag. 4 del ricorso in appello), e di non avere potuto opporsi in alcun modo all’acquisizione nel fascicolo della relazione e dei documenti, con conseguente violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, rilevante ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 105 del c.p.a., posto che la sentenza di primo grado ha dimostrato in più punti di avere tenuto conto e valutato la documentata relazione del MIUR, anziché dichiararne l’inutilizzabilità.

In effetti nel caso in esame, alla luce del quadro normativo processuale e giurisprudenziale riepilogato sopra, il principio del contraddittorio non risulta essere stato osservato; e risulta non rispettato il diritto di difesa.

Da un raffronto tra le produzioni documentali eseguite dal MIUR il 24.1.2015 e le argomentazioni che sorreggono la sentenza impugnata si ricava che della relazione e dei documenti citati il giudice di primo grado ha tenuto conto nell’adottare la decisione sfavorevole alla signora Cafiero senza che, però, risulti essere stato assegnato, alla ricorrente e odierna appellante, un termine adeguato a difesa. 

In particolare, per quanto riguarda il vizio di contraddittorietà e di disparità di trattamento con riferimento all’operato del MIUR rispetto ad altre situazioni, analoghe, definite con le sentenze del Tar Lazio nn. 3511 e 3513 del 2013, di cessazione della materia del contendere; vizio di legittimità giudicato insussistente in quanto i casi asseritamente analoghi ai quali la ricorrente si riferiva nei motivi aggiunti “avevano documentato la regolare frequenza del percorso formativo in Spagna senza che risultassero periodi di insegnamento svolti contemporaneamente in Italia”; a questo proposito, se è vero che nella nota del MIUR depositata in primo grado il 2.5.2014 si accennava al fatto che le docenti interessate nei contenziosi definiti con le citate sentenze nn. 3511 e 3513 del 2013 avevano documentato la regolare frequenza del percorso formativo e che nel periodo della formazione le docenti medesime non risultavano avere prestato servizi contemporaneamente a quelli documentati in Italia, è vero altresì che, come rimarca l’appellante, la questione relativa alla frequenza regolare, o meno, da parte di altri soggetti in posizione analoga, ai quali il Master de profesorado è stato alla fine riconosciuto dal MIUR (o che alla fine hanno visto soddisfatta la propria pretesa), ha formato oggetto di un approfondimento significativo a pag. 5 della relazione del MIUR depositata il 24.1.2015.

Più in generale, poi, l’irregolarità del percorso di formazione seguito dalla signora Cafieri in Spagna presso l’UCAM, elemento sul quale si incentra buona parte della motivazione della sentenza appellata, ha formato oggetto di un approfondimento particolare nella documentata relazione depositata il 24.1.2015, rispetto alle note e alle produzioni precedenti.

Per quanto concerne poi la questione inerente alla mancata convocazione della Conferenza di servizi al fine di discutere del caso della richiedente, la questione risulta essere stata trattata nella relazione del MIUR depositata tardivamente (pag. 8 relaz.).

Ancora, la motivazione della sentenza sul rigetto della questione relativa alle misure compensative risulta ricalcare la relazione tardiva del MIUR (v. pag. 7).

Relazione che controdeduce anche in merito al profilo della rilevata violazione od elusione del c. d. “giudicato cautelare” in relazione all’ordinanza di sospensiva propulsiva del Tar n. 1538 del 2014.

Poiché, in base a quanto è stato riassunto sopra, le questioni su esposte, trattate nella relazione depositata il 24.1.2015 e in sentenza, hanno avuto un ruolo tutt’altro che marginale entro la motivazione della decisione appellata, considerata nel suo complesso, dalle considerazioni esposte sopra non può che discendere, assorbita ogni altra censura, l’accoglimento del primo motivo di gravame e, previa riforma della sentenza impugnata, il rinvio della causa al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 105, comma 1, del cod. proc. amm. affinchè il Tar si pronunci nuovamente sul ricorso garantendo il pieno rispetto del contraddittorio, previa riassunzione del processo con le modalità e nei termini stabiliti dal cod. proc. amm. .

Nonostante l’esito del ricorso le peculiarità della vicenda costituiscono ragione eccezionale per giustificare la compensazione integrale delle spese del doppio grado del giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie per la ragione ed entro i limiti specificati in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, rimette la causa al giudice di primo grado ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 105, comma 1, cod. proc. amm. . 

Spese del doppio grado del giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 19 maggio 2016 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Luciano Barra Caracciolo, Presidente

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Bernhard Lageder, Consigliere

Marco Buricelli, Consigliere, Estensore

Francesco Mele, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 18/07/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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