Sunday 27 October 2013 10:19:00

Giurisprudenza  Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza

L’interesse ad impedire l’altrui attività imprenditoriale non e' meritevole di tutela

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato

Non è data alcuna legittimazione ad agire in giudizio per ragioni anticoncorrenziali (come già stabilito nella sentenza 15 febbraio 2013, n. 940), e' questo il principio affermato nella sentenza attenzionata con la quale il Consiglio di Stato ha rilevato come nell’edilizia l’unico interesse che legittima i controinteressati ad agire è quello afferente al pregiudizio discendente da titoli ampliativi rilasciati in favore di altri. Il quale pregiudizio discende a sua volta da un legame qualificato tra beni di proprietà del controinteressato e l’intervento edilizio assentito, espresso dal concetto di vicinitas (solo per citare le più recenti pronunce espressive di questo indirizzo cfr. C.d.S., Sez. IV, 6 agosto 2013, n. 4148; 8 luglio 2013, n. 3596; 1 luglio 2013, n. 3543; 4 giugno 2013, n. 3055; 26 marzo 2013, n. 1693; Sez. V, 21 maggio 2013, n. 2756; Sez. VI, 11 settembre 2013, n. 4493). Si tratta dunque di un interesse antagonista all’altrui intervento edilizio, il quale assume i caratteri di differenziazione e qualificazione necessari a dare ingresso alla tutela giurisdizionale. In particolare, tale differenziazione è ravvisabile nel fatto che l’intervento è in ipotesi lesivo di beni appartenenti a soggetti ben determinati, consistenti alternativamente nella salvaguardia della qualità della vita ambiente o nella tutela del valore della proprietà fondiaria, in ipotesi pregiudicati a causa del suddetto intervento. E’ poi quasi superfluo rilevare che i beni di cui sopra sostanziano interessi qualificati, ovvero presi in considerazione e protetti da norme di legge. Per contro, i connotati di differenziazione e qualificazione sopra esaminati non sono ravvisabili in capo al concorrente che si oppone all’altrui avvio di un’attività imprenditoriale, ancorché a sostegno del diniego edilizio dell’amministrazione. Infatti, l’interesse ad impedire l’altrui attività imprenditoriale non è oggetto di positiva valutazione da parte dell’ordinamento giuridico, giacché esso si pone in frontale contrasto con i trattati europei, al cui rispetto gli Stati membri sono tenuti, i quali hanno elevato la concorrenza a valore fondamentale dell’Unione. Pertanto, il Consiglio di Stato ha ritenuto di dar seguito al principio della citata pronuncia di questa Sezione 15 febbraio 2013, n. 940, secondo cui tale interesse è “non meritevole di tutela”.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.

sul ricorso numero di registro generale **** del 2013, proposto da:

Valerio Giannella e Costabile Palmisano, rappresentati e difesi dall'avv. Ludovico Visone, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via del Gesù 62;

 

contro

Comune di Castellabate; 

nei confronti di

Conte Vincenzo, in proprio ed in qualità di legale rappresentante della Best Motor di Conte Vincenzo & C. s.a.s., rappresentata e difesa dall'avv. Oreste Agosto, con domicilio eletto presso Elena Conte in Roma, via Attilio Regolo 19; 

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. CAMPANIA - SEZ. STACCATA DI SALERNO, SEZIONE II, n.01140/2013, resa tra le parti, concernente diffida dall'iniziare attività artigiana di officina meccanica, carrozzeria, elettrauto, gommista per la riparazione e manutenzione di autovetture e simili e centro revisione

 

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Conte Vincenzo in proprio e nella qualità della Best Motor di Conte Vincenzo & C. S.a.s.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2013 il Cons. Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Lodovico Visone e Oreste Agosto;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

1. Valerio Giannella e Costabile Palmisano, nella rispettiva qualità di proprietario-locatore il primo e di conduttore il secondo capannone sito in Comune di Castellabate, alla Via Provinciale della frazione Alano, della superficie di mq. 171,80 (in catasto al foglio n. 11, part. 1934), hanno impugnato davanti al TAR Campania – sez. staccata di Salerno, la nota prot. 3649 dell’11 febbraio 2013, con cui si diffidava il secondo dall'iniziare l'attività artigiana di officina meccanica, carrozzeria, elettrauto, gommista per la manutenzione e riparazione di autovetture e simili e centro revisione.

Il provvedimento veniva fondato sull’incompatibilità del mutamento di destinazione d’uso dell’immobile di cui alla comunicazione ai sensi dell’art. 6, comma 2, lettera e)- bis, t.u. dell’edilizia di cui al d.p.r. 380/2001 rispetto alla destinazione della zona D2 di P.R.G. in cui l’immobile è compreso (“Insediamenti produttivi a supporto dello sviluppo turistico”). In particolare, l’amministrazione ravvisava detta incompatibilità nel passaggio tra officina per rimessaggio di imbarcazioni da diporto ed officina generica.

2. Il TAR ha respinto la conseguente impugnativa, negando l’esistenza di “un rapporto di strumentalità tra l’impianto richiesto - un’officina meccanica generica per autoveicoli - e le esigenze di sviluppo turistico proprie della zona”, di cui alla predetta zonizzazione di piano regolatore generale.

3. I ricorrenti in primo grado appellano la sentenza, riproponendo tutti i motivi dell’originaria impugnativa.

Propone appello incidentale Vincenzo Conte, in proprio ed in qualità di legale rappresentante della Best Motor di Conte Vincenzo & C. s.a.s., nel quale reitera le eccezioni di inammissibilità del ricorso di primo grado già formulate nel proprio atto di intervento ad opponendum in quel giudizio, lamentandone l’omesso esame da parte del TAR.

4. Con ordinanza cautelare n. 2719 del 15 luglio 2013 la Sezione ha accolto la sospensiva dell’esecutività della sentenza dell’appellante principale.

Quindi, l’amministrazione si determinava ribadendo la non conformità alle previsioni dello strumento urbanistico vigente del mutamento di destinazione d’uso richiesto dagli appellanti (nota n. 2449 del 19 agosto 2013).

5. Contro detto provvedimento questi ultimi hanno proposto ricorso “per esecuzione del giudicato”consistente nella citata ordinanza n. 2719/2013.

Ottenuta la cautela monocratica (decreto n. 3499 dell’11 settembre 2013), l’appellante incidentale ha depositato memoria in resistenza, eccependo sotto vari profili l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorsoex adverso proposto.

All’udienza del 22 ottobre 2013, fissata per la trattazione collegiale del medesimo ricorso, il Collegio ha avvertito le parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm. della possibilità di definire l’appello con sentenza semplificata e la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. In conformità all’avviso dato alle parti all’udienza, il Collegio reputa che sussistano i presupposti previsti dall’art. 60 cod. proc. amm. per la definizione nel merito del presente giudizio

1.1 Preliminarmente va dichiarata l’inammissibilità dell’appello incidentale.

Come accennato nell’ordinanza cautelare n. 2719/2013, non è data alcuna legittimazione ad agire in giudizio per ragioni anticoncorrenziali (come stabilito da questa Sezione nella sentenza, citata nell’ordinanza, 15 febbraio 2013, n. 940).

Nell’edilizia, infatti, l’unico interesse che legittima i controinteressati ad agire è quello afferente al pregiudizio discendente da titoli ampliativi rilasciati in favore di altri. Il quale pregiudizio discende a sua volta da un legame qualificato tra beni di proprietà del controinteressato e l’intervento edilizio assentito, espresso dal concetto di vicinitas (solo per citare le più recenti pronunce espressive di questo indirizzo cfr. C.d.S., Sez. IV, 6 agosto 2013, n. 4148; 8 luglio 2013, n. 3596; 1 luglio 2013, n. 3543; 4 giugno 2013, n. 3055; 26 marzo 2013, n. 1693; Sez. V, 21 maggio 2013, n. 2756; Sez. VI, 11 settembre 2013, n. 4493).

Si tratta dunque di un interesse antagonista all’altrui intervento edilizio, il quale assume i caratteri di differenziazione e qualificazione necessari a dare ingresso alla tutela giurisdizionale. In particolare, tale differenziazione è ravvisabile nel fatto che l’intervento è in ipotesi lesivo di beni appartenenti a soggetti ben determinati, consistenti alternativamente nella salvaguardia della qualità della vita ambiente o nella tutela del valore della proprietà fondiaria, in ipotesi pregiudicati a causa del suddetto intervento. E’ poi quasi superfluo rilevare che i beni di cui sopra sostanziano interessi qualificati, ovvero presi in considerazione e protetti da norme di legge.

1.2 Per contro, i connotati di differenziazione e qualificazione sopra esaminati non sono ravvisabili in capo al concorrente che si oppone all’altrui avvio di un’attività imprenditoriale, ancorché a sostegno del diniego edilizio dell’amministrazione.

Infatti, l’interesse ad impedire l’altrui attività imprenditoriale non è oggetto di positiva valutazione da parte dell’ordinamento giuridico, giacché esso si pone in frontale contrasto con i trattati europei, al cui rispetto gli Stati membri sono tenuti, i quali hanno elevato la concorrenza a valore fondamentale dell’Unione.

Pertanto, va dato seguito al principio della citata pronuncia di questa Sezione 15 febbraio 2013, n. 940, secondo cui tale interesse è “non meritevole di tutela”.

2. Nel merito l’appello principale è fondato.

2.1 Anche qui sovvengono le considerazioni svolte nell’ordinanza cautelare resa in questo giudizio, alle quali si fa integrale rinvio.

In primo luogo, deve negarsi che il mutamento di destinazione d’uso segnalato nella comunicazione da cui è scaturita la diffida poi impugnata abbia rilievo urbanistico, in quanto “non interveniente tra categorie funzionalmente autonome sotto il profilo urbanistico”.

Il precedente della IV Sezione di questo Consiglio di Stato richiamato nell’ordinanza (26 marzo 2013, n. 1712) è assolutamente in termini al caso qui in contestazione, giacché in esso si è negato che la destinazione a scopi commerciali di una parte di un immobile con destinazione industriale determini una modifica del carico urbanistico.

A fortiori tale principio deve essere applicato al caso di specie, e dunque negata l’esistenza di un mutamento di destinazione d’uso rilevante dal punto di vista urbanistico, trattandosi di passaggio da officina meccanica specializzata (rimessaggio delle imbarcazioni da diporto ed officina meccanica a servizio dell’attività di rimessaggio) ad officina meccanica generica.

Entrambe le attività sono infatti conformi alla categoria catastale dell’immobile interessato, censito come C3, vale a dire laboratori per arti e mestieri.

2.2 Sono poi meritevoli di considerazione le critiche svolte nell’appello principale, volte ad evidenziare che la nuova destinazione è in realtà pienamente conforme alla destinazione urbanistica impressa dal P.R.G. alla zona in cui è sito l’immobile in cui essa è destinata ad essere svolta.

L’art. 13 delle N.T.A. prevede infatti che nella sottozona D2 possano essere svolte attività “artigianali di servizio”, tra le quali è indubbio vi rientri quella invece inibita dall’amministrazione comunale, come si ricava in primo luogo dalla definizione contenuta nell’art. 3 della legge quadro sull’artigianato n. 443/1985, ed in secondo luogo dai limiti dimensionali dell’attività in contestazione, pienamente rientranti in quelli previsti dall’art. 2083 cod. civ.

3. Conseguentemente la sentenza del TAR deve essere riformata, dovendosi accogliere il ricorso di primo grado per l’annullamento degli atti con esso impugnati.

In punto spese del doppio grado di giudizio non si ravvisano ragioni per derogare al criterio della soccombenza nei rapporti tra gli appellanti principali e l’amministrazione, tenuto conto anche del comportamento tenuto successivamente all’ordinanza di sospensione dell’esecutività della sentenza di primo grado, mentre possono essere compensate tra le parti private.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:

- dichiara inammissibile l’appello incidentale;

- accoglie l’appello principale;

per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado,

accoglie il ricorso di primo grado, annullando gli atti con esso impugnati.

Condanna il Comune di Castellabate alla refusione delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate in € 5.000,00 in favore degli appellanti principali, mentre le compensa tra questi ultimi e l’appellante incidentale.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Mario Luigi Torsello, Presidente

Vito Poli, Consigliere

Sabato Malinconico, Consigliere

Doris Durante, Consigliere

Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il **/10/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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