Monday 29 July 2013 16:32:02

Giurisprudenza  Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa

Concorso pubblico: nessuna illegittimità delle operazioni concorsuali se è omessa l'indicazione nel verbale dell’orario di inizio e/o chiusura dei lavori della commissione

a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti

Il provvedimento di esclusione dalle prove orali di un pubblico concorso non è censurabile con riferimento al tempo medio impiegato dalla commissione esaminatrice per la valutazione di ciascun elaborato, questo il principio ormai consolidato richiamato nella presente sentenza dal Consiglio di Stato. La vicenda che origina il presente contenzioso investe il concorso notarile ove un partecipante si duole della mancata indicazione a verbale dell’orario di chiusura della correzione degli elaborati desumendo e da ciò l’insufficienza dei tempi presumibilmente impiegati dalla Commissione, e pertanto l’omessa correzione integrale delle prove ovvero la mancanza di collegialità nella correzione stessa. A tale conclusione parte istante perviene attraverso una serie di passaggi logici che ad avviso del Consiglio di Stato si palesano meramente congetturali, basati su una personale ricostruzione dei tempi medi necessari per la correzione dei temi in rapporto al tempo complessivo che sarebbe stato a disposizione della Commissione, senza però fornire alcuna prova concreta dello specifico pregiudizio che il singolo candidato avrebbe patito per effetto del vizio ipotizzato (quand’anche sussistente). L'appello e' stato rigetto in quanto il Collegio ha riaffermato, appunto, il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui il provvedimento di esclusione dalle prove orali di un pubblico concorso non è censurabile con riferimento al tempo medio impiegato dalla commissione esaminatrice per la valutazione di ciascun elaborato né costituisce vizio del procedimento, ma al limite mera irregolarità non necessariamente sintomatica della fretta con cui è stata eseguita la correzione degli elaborati, la circostanza che il verbale non contenga alcuna indicazione dell’orario di chiusura della seduta in cui gli elaborati stessi sono stati esaminati (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 5 settembre 2007, nr. 4655). Tale orientamento corrisponde a un insegnamento consolidato negli anni, nel senso dell’irrilevanza, al fine di lamentare l’illegittimità delle operazioni concorsuali, della omessa indicazione nel verbale dell’orario di inizio e/o chiusura dei lavori della commissione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 12 novembre 1993, nr. 1001; Cons. Stato, sez. V, 19 luglio 1989, nr. 431; Cons. Stato, sez. VI, 5 luglio 1985, nr. 392; Cons. Stato, sez. VI, 20 ottobre 1978, nr. 1048).

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

ha pronunciato la presente

SENTENZA

...

 

FATTO

Il dottor *** ha impugnato, chiedendone la riforma, la sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio ha respinto, previa riunione, i ricorsi dallo stesso proposti avverso, rispettivamente, la propria esclusione dalla prova orale del concorso a 200 posti di notaio indetto in data 20 dicembre 2002 e la graduatoria finale del medesimo concorso.

A sostegno dell’appello, sono stati dedotti i seguenti motivi:

1) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 9 della legge 21 luglio 2000, n. 205; difetto istruttorio; contraddittorietà; motivazione carente (stante l’assenza dei presupposti per definire il giudizio con sentenza in forma semplificata);

2) nullità del verbale di correzione per carenza di un requisito essenziale; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 21-octies della legge 7 agosto 1990, nr. 241; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 27 del r.d. 22 dicembre 1932, nr. 1728; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 15 del d.P.R. 9 maggio 1994, nr. 487; violazione delle norme che garantiscono la lettura integrale e collegiale degli elaborati in relazione al tempo presunto impiegato per la correzione dei temi; violazione del principio di trasparenza dell’azione amministrativa e del giusto procedimento; violazione dei principi di buon andamento della pubblica amministrazione; manifesta contraddittorietà e illogicità della motivazione (in relazione alla reiezione della doglianza afferente alla mancata indicazione a verbale dell’orario di chiusura dell’attività di correzione delle prove scritte);

3) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 della legge nr. 241 del 1990; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11 del decreto legislativo 24 aprile 2006, nr. 166; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale; eccesso di potere per grave difetto di motivazione, violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, di trasparenza dell’azione amministrativa e del giusto procedimento; motivazione carente e inadeguata, difetto istruttorio (in relazione alla reiezione della censura afferente all’insufficienza del solo voto numerico, tenuto conto anche dell’immediata applicabilità della nuova disciplina di cui al d.lgs. nr. 166 del 2006);

4) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 del d.P.R. nr. 487 del 1994; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 27 del r.d. nr. 1728 del 1932; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 15 del d.P.R. nr. 487 del 1994; motivazione carente e inadeguata, difetto istruttorio; violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione e del giusto procedimento (in relazione alla reiezione della doglianza afferente alla mancata verbalizzazione dei voti dei singoli commissari di concorso);

5) omessa pronuncia sui motivi di ricorso; motivazione carente e inadeguata; carenza istruttoria (in relazione al mancato esame della doglianza relativa alla omessa predeterminazione dei criteri di massima per l’attribuzione del punteggio compreso tra i 90 e i 105 punti);

6) omessa pronuncia sui motivi di ricorso; carenza istruttoria; motivazione carente e inadeguata (in relazione al mancato esame della doglianza svolta con riguardo ai giudizi formulati dalla Commissione sulle prove di altri candidati ammessi alle prove orali).

In via istruttoria, l’istante ha chiesto disporsi consulenza tecnica per verificare il tempo presumibilmente necessario per la correzione di un determinato numero di elaborati da parte della Commissione.

Si è costituito il Ministero della Giustizia, opponendosi genericamente all’accoglimento dell’appello.

Con successiva memoria, l’appellante ha ulteriormente sviluppato le proprie tesi.

All’udienza del 28 maggio 2013, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il dottor *** ha partecipato al concorso a 200 posti di notaio indetto con decreto del Direttore Generale della Giustizia Civile del Ministero della Giustizia del 20 dicembre 2002, risultando non ammesso agli orali per aver riportato il punteggio complessivo di 92 (sufficiente ma inferiore al minimo di 105, necessario per l’idoneità alle prove orali in base alla normativa, all’epoca in vigore, del r.d. 22 dicembre 1932, nr. 1728).

Con l’odierno appello, egli impugna la sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio ha respinto il ricorso da lui presentato avverso la propria esclusione dalle prove orali, oltre che avverso la graduatoria finale del concorso medesimo.

2. Tanto premesso, l’appello si appalesa infondato e va conseguentemente respinto.

3. Innanzi tutto, può prescindersi dal primo motivo d’impugnazione, col quale si denuncia la carenza dei presupposti per la definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata all’esito della camera di consiglio fissata dal T.A.R. per la trattazione dell’incidente cautelare.

Infatti, per pacifica giurisprudenza tale doglianza, oltre ad essere inammissibile se le parti, espressamente informate dell’intenzione del collegio giudicate di definire immediatamente nel merito la causa, nulla hanno obiettato (ciò che risulta essere avvenuto nella specie), è anche infondata nel merito, atteso che la doglianza si sostanzia in una censura di difetto di motivazione della sentenza impugnata che non rileva nel giudizio di appello, giacché l’effetto devolutivo di quest’ultimo consente al giudice di appello di provvedere sulle domande, eventualmente integrando la motivazione mancante (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 dicembre 2009, n. 9007; Cons. Stato, sez. V, 19 novembre 2009, n. 7259).

4. Destituita di fondatezza è anche la censura, pur diffusamente argomentata nel secondo motivo di appello, che dalla mancata indicazione a verbale dell’orario di chiusura della correzione degli elaborati desume l’insufficienza dei tempi presumibilmente impiegati dalla Commissione, e pertanto l’omessa correzione integrale delle prove ovvero la mancanza di collegialità nella correzione stessa.

Ed invero, a tale conclusione parte istante perviene attraverso una serie di passaggi logici meramente congetturali, basati su una personale ricostruzione dei tempi medi necessari per la correzione dei temi in rapporto al tempo complessivo che sarebbe stato a disposizione della Commissione, senza però fornire alcuna prova concreta dello specifico pregiudizio che il singolo candidato, nella specie l’istante dott. , avrebbe patito per effetto del vizio ipotizzato (quand’anche sussistente).

Pertanto, va riaffermato il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui il provvedimento di esclusione dalle prove orali di un pubblico concorso non è censurabile con riferimento al tempo medio impiegato dalla commissione esaminatrice per la valutazione di ciascun elaborato né costituisce vizio del procedimento, ma al limite mera irregolarità non necessariamente sintomatica della fretta con cui è stata eseguita la correzione degli elaborati, la circostanza che il verbale non contenga alcuna indicazione dell’orario di chiusura della seduta in cui gli elaborati stessi sono stati esaminati (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 5 settembre 2007, nr. 4655).

Tale orientamento corrisponde a un insegnamento consolidato negli anni, nel senso dell’irrilevanza, al fine di lamentare l’illegittimità delle operazioni concorsuali, della omessa indicazione nel verbale dell’orario di inizio e/o chiusura dei lavori della commissione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 12 novembre 1993, nr. 1001; Cons. Stato, sez. V, 19 luglio 1989, nr. 431; Cons. Stato, sez. VI, 5 luglio 1985, nr. 392; Cons. Stato, sez. VI, 20 ottobre 1978, nr. 1048).

Per le stesse ragioni, non può accedersi alla richiesta istruttoria con la quale parte appellante vorrebbe, attraverso un’apposita consulenza tecnica, trovare conforto alle proprie personali conclusioni come sopra richiamate.

5. Infondato è poi anche il terzo mezzo, col quale è riprodotta la doglianza di carente motivazione già articolata in prime cure con specifico riguardo alla particolare posizione riportata dall’odierno appellante – come già detto, risultato sufficiente ma con punteggio inferiore al minimo necessario per l’ammissione agli orali – in relazione alla quale non potrebbe mai essere considerato sufficiente il solo voto numerico.

5.1. Ed invero, l’impostazione di parte appellante si scontra con il pregresso e consolidato indirizzo della Sezione, dalla quale in questa sede non si ravvisa motivo per discostarsi, secondo cui in sede di concorso a posti di notaio, nel sistema anteriore al decreto legislativo 24 aprile 2006, nr. 166, la Commissione giudicatrice, quand’anche abbia stabilito di motivare - sia pur succintamente - i giudizi di totale insufficienza, non è tenuta a motivare anche la ragione della mancata attribuzione del punteggio aggiuntivo necessario per l’ammissione agli orali al candidato cd. “novantista”, che ha conseguito la sufficienza minima (30 punti) in ciascuna delle tre prove ma non ha avuto i 15 punti aggiuntivi che necessitano per l’ammissione agli orali (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 11 aprile 2007, nr. 1643; id., 22 marzo 2007, nr. 1390; id., 26 luglio 2006, nr. 4687; id., 14 aprile 2006, nr. 2127; id., 10 luglio 2001, nr. 3866).

5.2. L’attuale appellante cerca di superare i principi sopra richiamati invocando proprio la più recente disciplina del d.lgs. nr. 166 del 2006, nella parte in cui è stato stabilito l’obbligo della Commissione di corredare sempre e comunque di una sintetica motivazione il giudizio di inidoneità alle prove orali, disciplina della quale sarebbe predicabile un’immediata applicabilità anche alla procedura concorsuale per cui è causa.

Tuttavia, la Sezione reputa inaccettabile l’impostazione sopra richiamata, basata sul non condivisibile presupposto secondo cui la normativa del 2006 avrebbe carattere interpretativo di quella previgente, e pertanto sarebbe suscettibile di applicazione anche retroattiva.

Al riguardo, è noto che perché una norma interpretativa possa qualificarsi tale è necessario che si limiti a chiarire la portata applicativa di una disposizione precedente, che non integri il precetto di quest’ultima e infine che non adotti una opzione ermeneutica non desumibile dall’ordinaria attività di esegesi della stessa (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 18 agosto 2010, nr. 5875; in termini, Cons. Stato, sez. IV, 15 febbraio 2010, nr. 823; Cons. Stato, sez. VI, 28 dicembre 2009, nr. 8759).

Orbene, nel caso che occupa è evidente che la normativa sopravvenuta, nella parte in cui impone alla Commissione di motivare sempre i giudizi di inidoneità, costituisce eccezione al principio della ordinaria sufficienza del voto numerico, che anche la Corte costituzionale ha di recente qualificato come “diritto vivente” in materia di concorsi ed esami (cfr. sent. 8 giugno 2011, nr. 175); pertanto, con riferimento alla pregressa normativa del r.d. nr. 1728 del 1932, neanche astrattamente poteva porsi alcun dubbio ermeneutico, nel silenzio del legislatore, in relazione alla normale sufficienza dei soli voti numerici a fondare i provvedimenti di inidoneità.

Ma v’è di più: ché la normativa del d.lgs. nr. 166 del 2006 risulta ictu oculi innovativa rispetto alla disciplina previgente, come si evince dalla circostanza che l’obbligo di motivare il giudizio di inidoneità si collega strettamente alla soppressione della figura del c.d. “novantista” (ossia di quel candidato il quale, nel regime normativo anteriore, poteva non essere ammesso alle prove orali pur avendo riportato la sufficienza a tutte le prove scritte).

Anche per questo motivo, è assolutamente inconferente ogni richiamo a una pretesa natura meramente interpretativa della nuova disciplina introdotta nel 2006.

6. Privo di pregio è anche il quarto motivo d’appello, col quale è reiterata la doglianza afferente alla mancata indicazione a verbale dei voti di ciascun singolo commissario.

Sul punto è jus receptum, elaborato proprio in materia di concorsi notarili, che non sussiste alcuna norma la quale sancisca che le varie fasi, in cui si articola l’assegnazione dei voti ai fini dell’ammissione alla prova orale nel procedimento disciplinato dall’art. 24 del r.d. 14 novembre 1926, nr. 1953 (che è, appunto, quello relativo all’individuazione dei candidati cui vanno assegnati i 15 punti aggiuntivi necessari per l’ammissione alle prove orali), debbano essere oggetto di verbalizzazione a pena di nullità o invalidità: ed infatti, le modalità di formazione del voto hanno un mero rilievo interno, giacché, come emerge dal predetto art. 24, l’unico dato che assume rilievo esterno è il voto finale, quale sintesi di tutto l’iter compiuto e, quindi, della valutazione effettuata.

Ne deriva che, ai fini della validità degli atti posti in essere dalla Commissione giudicatrice in merito alla predetta assegnazione dei voti, è sufficiente la verbalizzazione del punteggio complessivo attribuito al singolo candidato, attestante l’intero procedimento di valutazione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 24 maggio 2010, nr. 3262; id., 27 novembre 2008, nr. 5862; negli stessi termini, Cons. Stato, sez. IV, 7 ottobre 2005, nr. 4747).

7. Da quanto sopra discende l’infondatezza anche dell’ulteriore mezzo col quale parte appellante lamenta l’omessa fissazione di specifici criteri per l’assegnazione ai c.d. “novantisti” del punteggio aggiuntivo di cui al citato art. 24 del r.d. nr. 1953 del 1926: infatti, alla luce di quello che per consolidata giurisprudenza è il carattere latamente discrezionale di tale valutazione, tale da sfuggire a ogni sindacato di legittimità (cfr. Cons. Stato, sez. IV, nr. 1390/2007, cit.), è evidente che alla Commissione non incombe alcun onere di fissazione di criteri specifici sul punto, i quali si aggiungano ai già ampiamente discrezionali criteri di valutazione che essa è tenuta a stabilire a monte, prima di iniziare la correzione degli elaborati.

In considerazione di ciò, risulta del tutto fuori fuoco l’ulteriore questione – su cui pure insiste l’appellante - dell’applicabilità o meno al concorso notarile della prescrizione di cui all’art. 12 del d.P.R. 9 maggio 1994, nr. 487, atteso che l’obbligo di fissazione dei criteri da questa imposto, tenuto conto di quanto testé rilevato in ordine ai suoi contenuti e limiti, risulta in ogni caso correttamente assolto.

8. Infine, va respinta anche l’ultima censura con la quale, attraverso l’ausilio di pareri pro veritate, l’istante stigmatizza nel merito le valutazioni della Commissione giudicatrice, mettendone in luce pretese anomalie e incongruenze con riguardo ai giudizi espressi sulle prove scritte di altri candidati, risultati – a differenza dell’odierno appellante – ammessi alle prove orali.

Al riguardo, in disparte ogni considerazione in ordine ai noti limiti al sindacato giurisdizionale sulle valutazioni tecnico-discrezionali riservate per legge alla Commissione, è sufficiente osservare che i rilievi svolti dall’istante, quand’anche positivamente apprezzabili, riuscirebbero unicamente a dimostrare l’illegittimità dell’ammissione agli orali di altri candidati; in questo modo, però, non risulterebbe addotto alcun elemento idoneo a sostenere, al contrario, che invece le prove dell’istante erano meritevoli di tale ammissione e che quindi il giudizio su di esse espresso è errato o illegittimo.

In altri termini, se anche fosse provato che altri candidati furono illegittimamente ammessi alle prove orali, di ciò non potrebbe mai giovarsi l’odierno appellante, al fine di esigere una decisione giudiziale che “legittimi” eguale illegittimità anche nei suoi confronti (essendo banale rilevare che la questione del valore effettivo delle sue prove d’esame è del tutto autonoma e sganciata dall’eventuale scarso valore delle prove di altri concorrenti).

9. In conclusione, alla luce dei rilievi fin qui svolti s’impone una decisione di reiezione del gravame e di conferma della sentenza impugnata.

10. Spese e onorari seguono la soccombenza e sono liquidati equitativamente in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Condanna l’appellante al pagamento, in favore dell’Amministrazione, di spese e onorari del presente grado del giudizio, che liquida in complessivi euro 3000,00 oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA

**/07/2013

 

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