Saturday 09 November 2013 21:58:05

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

In caso di occupazione appropriativa, il danno da perdita della proprietà pari al valore di scambio del bene illecitamente occupato non può essere risarcito al proprietario e il risarcimento deve coprire il solo valore d'uso del bene

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Basilicata

Secondo i più recenti orientamenti giurisprudenziali, sulla scorta del costante orientamento della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU)- che ha affermato la contrarietà alla Convenzione dell'istituto della cosiddetta "espropriazione indiretta" (id est: occupazione acquisitiva) e negato la possibilità di individuare sistemi di acquisizione diversi da quello consensuale del contratto e da quello autoritativo del procedimento ablatorio - la realizzazione di un'opera pubblica su un fondo oggetto di legittima occupazione in via di urgenza, non seguita dal perfezionamento della procedura espropriativa, costituisce un mero fatto, non in grado di assurgere a titolo dell'acquisto, ed è, come tale, inidonea, da sé sola, a determinare il trasferimento della proprietà in favore della pubblica amministrazione. A questa conclusione induce altresì l'art. 42-bis del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità), aggiunto dall'art. 34, primo comma, del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito in legge 15 luglio 2011, n. 111, norma che, anche con riguardo ai fatti anteriori alla sua entrata in vigore, disciplina le modalità attraverso le quali, a fronte di un'utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di pubblico interesse, è possibile - con l'esercizio di un potere basato su una valutazione degli interessi in conflitto - pervenire ad un'acquisizione non retroattiva della titolarità del bene al patrimonio indisponibile della pubblica amministrazione, sotto condizione sospensiva del pagamento, al soggetto che perde il diritto di proprietà, di un importo a titolo di indennizzo, nella misura superiore del dieci per cento rispetto al valore venale del bene (cfr. Cass. civ., Sez. II, 14 gennaio 2013, n. 705). Alla luce dei principi sopra richiamati, nella fattispecie, allo stato, non risulta essere stato adottato alcun atto acquisitivo da parte del Comune e pertanto non si è verificato l'effetto traslativo della proprietà in capo all’ente locale, non potendo un fatto illecito, qual è l'irreversibile trasformazione dell'area, operata in violazione delle norme sul procedimento espropriativo, configurare un modo di acquisto della proprietà. L’illiceità del comportamento dell’amministrazione legittima dunque i ricorrenti, proprietari del suolo occupato a chiedere il risarcimento del danno.....Occorre tuttavia chiarire che il comportamento della pubblica amministrazione, la quale abbia occupato e trasformato un bene immobile per scopi di interesse pubblico in mancanza di un valido procedimento di esproprio, non può giammai determinare un effetto traslativo della proprietà, ma deve essere qualificato come un'occupazione senza titolo, ossia come un illecito di carattere permanente. Ne consegue che il privato rimane in ogni caso proprietario del bene, non potendosi attribuire, neppure alla eventuale domanda risarcitoria per equivalente, efficacia abdicativa della proprietà (cfr. Cons. di St., IV, 2.9.2011, n. 4970), sicché non può essere risarcito il danno da perdita della stessa (Cons. di St., IV, 29.8.2011, n. 4833; T.A.R. Liguria, I, 5.11.2012, n. 1373; id., 23.11.2011, n. 1635). Il danno derivante dall'illecita apprensione del bene privato consiste dunque nelle perdite e nei mancati guadagni derivanti dall'indisponibilità dei terreni dal momento dell'occupazione d'urgenza, fino alla restituzione degli stessi. In tal senso, con orientamento giurisprudenziale (T.A.R. Genova Liguria sez. I, 14 dicembre 2012) condiviso da questo Collegio è stato chiaramente affermato che <>.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale *** del 2000, proposto da:

Cirigliano Maria Immacolata, Cirigliano Francesco e Cirigliano Paolo, rappresentati e difesi dall'avv. Raffaele Melfi, con domicilio eletto presso l’avv. Marinica Cimadomo in Potenza, alla via IV Novembre,46;

 

contro

Comune di San Giorgio Lucano, rappresentato e difeso dall'avv. Domenico Gerardi, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Giampiero De Iacovo in Potenza, alla via degli Oleandri, 29; 

per la condanna del comune:

-alla restituzione del bene illegittimamente occupato, ordinando la rimessione in pristino dello stato dei luoghi previa demolizione delle opere realizzate e per il risarcimento del danno provocato al terreno, alle colture, per la rimessione in pristino del fondo, per il ripiantamento degli ulivi, per il mancato reddito con rivalutazione monetaria e gli interessi legali sulla somma rivalutata sino al soddisfo;

-al pagamento dell’indennità per il periodo di occupazione;

ed, in subordine, in caso di mancato accoglimento della domanda di restituzione, per la condanna del Comune:

-al risarcimento del danno equivalente pari al valore del terreno al prezzo di mercato per i terreni edificabili nella zona, oltre al pagamento dell’indennità di occupazione calcolata al tasso di interesse legale sul prezzo stabilito per il terreno, il tutto con rivalutazione monetaria dal 26 marzo 1996 e gli interessi legali sulle somme rivalutate sino al soddisfo.

 

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di San Giorgio Lucano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 settembre 2013 la dott.ssa Paola Anna Gemma Di Cesare e udito l’Avv. Pio Belmonte, su delega dell'Avv. Domenico Gerardi, per il Comune intimato. Nessuno è comparso per la parte ricorrente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

Cirigliano Maria Immacolata, Cirigliano Francesco e Cirigliano Paolo premettono, in punto di fatto:

- di essere proprietari, pro quota, di un terreno agricolo, sito in agro di S. Giorgio Lucano, c.da Pallio, riportato in C.T. alla p.ta 5937 già 3609, foglio 33, p.lla 96, della estensione di are 22.07;

- che il Comune di S. Giorgio Lucano in data 26.3.1996 notificava loro il decreto di occupazione d’urgenza di mq. 950 del terreno descritto per la costruzione di una cabina di prelievo del gas-metano, giusta deliberazione n. 68/96 del 12.3.1996 di riapprovazione del progetto esecutivo, fissando per il giorno 30 aprile 1996 l’immissione in possesso;

- che in tale ultima data avveniva effettivamente la presa di possesso;

-che nelle more il sig. Cirigliano Francesco impugnava il decreto di occupazione e questo Tribunale accoglieva il ricorso con sentenza 15 maggio 1997, n. 197 ed annullava il decreto di occupazione del 26.03.1996;

- che il Comune, dopo aver preso possesso del terreno, dava inizio ai lavori e realizzava l’opera progettata;

- che con atto di messa in mora in data 1 ottobre 1997 chiedevano al Comune il risarcimento dei danni.

Non avendo il Comune provveduto a dare esito a tale richiesta, gli odierni ricorrenti, con ricorso notificato il 9.12.2000 e depositato il 27.12.2000, sull’assunto che il loro terreno fosse stato occupato sulla base di un decreto di occupazione annullato, hanno adito questo Tribunale chiedendo in via preliminare ammettersi consulenza tecnica per accertare: a) individuazione della superficie occupata e valore di mercato dell’area utilizzata a scopo edificatorio mediante il sistema di stima comparativa sintetica; b) costo di demolizione del costruito e di ripristino della superficie colturale; c) valore delle 12 piante di ulivo tagliate e del reddito ricavabile dalle colture; d) costo per il reimpianto e tempo occorrente per la produzione dei frutti; e) indennità di occupazione calcolata al tasso di interesse legale per ogni anno di occupazione sul prezzo di mercato del terreno occupato.

Nel merito i ricorrenti hanno adito questo Tribunale Amministrativo per chiedere, con domanda principale, la condanna del Comune di S. Giorgio Lucano:

-alla restituzione dell’area di loro proprietà illegittimamente occupata con rimessione in pristino dello stato dei luoghi previa demolizione delle opere realizzate;

-al risarcimento del danno per la rimessione in pristino, per il ripiantamento delle piante di ulivo, per il mancato reddito, oltre rivalutazione monetaria e interessi;

-al pagamento dell’indennità per il periodo di occupazione.

Con domanda subordinata, qualora non fosse possibile ottenere la restituzione del bene, i ricorrenti hanno chiesto la condanna del Comune intimato:

-al risarcimento del danno per equivalente, considerando il valore venale del terreno delle aree edificabili;

-al pagamento dell’indennità di occupazione calcolata al tasso di interesse legale sul prezzo stabilito per il terreno;

-al pagamento delle somme maturate a titolo di rivalutazione monetaria a decorrere dal 26 marzo 1996 e degli interessi legali sulle somme rivalutate sino al soddisfo.

Hanno chiesto, infine, la trasmissione degli atti alla Procura della Corte dei Conti per l’accertamento del danno erariale.

Si è costituito in giudizio il Comune di San Giorgio Lucano che con memoria ha contrastato il ricorso chiedendone il rigetto.

In particolare il difensore del Comune, riservandosi di produrre la documentazione attestante l’attività svolta, ha fatto presente che, a seguito della sentenza del TAR, che ha dichiarato l’illegittimità del decreto di occupazione d’urgenza del terreno dei ricorrenti, il Comune si è attivato per indennizzare i proprietari all’uopo effettuando anche una valutazione del terreno, valutazione non accettata dai ricorrenti, i quali hanno pertanto rifiutato l’indennizzo proposto.

Con ordinanza collegiale 8 febbraio 2012, n. n.62, il Collegio ha disposto incombenti istruttori per acquisire la documentazione dall’Amministrazione Comunale e ha disposto una consulenza tecnica d’ufficio al fine di “accertare il valore di mercato del terreno di proprietà dei ricorrenti, avendo riguardo alla destinazione stabilita dallo strumento urbanistico comunale alla data del decreto di occupazione, applicando il criterio di stima del metodo analitico ricostruttivo oppure il criterio del c.d. metodo sintetico comparativo”.

Con l’ordinanza collegiale citata è stato disposto, infine, a carico dei ricorrenti, il versamento di una cauzione di euro 1.500,00 per le spese di consulenza.

All’udienza pubblica del 19 settembre 2013 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

Con sentenza T.A.R. Basilicata 15 maggio 1997, n. 197, passata in giudicato, è stato annullato il decreto prot. n. 1469 del 26 marzo 1996, adottato dal Sindaco del Comune di S. Giorgio Lucano, con il quale era stata disposta l’ occupazione d’urgenza di mq. 950 del terreno attualmente di proprietà dei ricorrenti, per la costruzione di una cabina di prelievo del gas-metano, giusta deliberazione n. 68/96 del 12 marzo 1996 di riapprovazione del progetto esecutivo, fissando per il giorno 30 aprile 1996 l’immissione in possesso e per il 30 giugno 1996 la data di ultimazione dei lavori.

L’annullamento giurisdizionale del decreto di occupazione, avendo cancellato dal mondo giuridico con effetto retroattivo il presupposto che legittimava l’amministrazione comunale alla occupazione del suolo e alla costruzione dell’opera, rende illecito il comportamento dell’amministrazione, che ha dapprima occupato il suolo e poi costruito e mantenuto sopra di esso la cabina di prelievo del gas metano.

Ne consegue che l'irreversibile trasformazione dell'area per effetto della realizzazione dell'opera pubblica deve ritenersi illecita e causativa di danno ingiusto, con conseguente diritto dei ricorrenti al risarcimento del danno.

Ed infatti, secondo i più recenti orientamenti giurisprudenziali, sulla scorta del costante orientamento della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU)- che ha affermato la contrarietà alla Convenzione dell'istituto della cosiddetta "espropriazione indiretta" (id est: occupazione acquisitiva) e negato la possibilità di individuare sistemi di acquisizione diversi da quello consensuale del contratto e da quello autoritativo del procedimento ablatorio - la realizzazione di un'opera pubblica su un fondo oggetto di legittima occupazione in via di urgenza, non seguita dal perfezionamento della procedura espropriativa, costituisce un mero fatto, non in grado di assurgere a titolo dell'acquisto, ed è, come tale, inidonea, da sé sola, a determinare il trasferimento della proprietà in favore della pubblica amministrazione. A questa conclusione induce altresì l'art. 42-bis del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità), aggiunto dall'art. 34, primo comma, del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito in legge 15 luglio 2011, n. 111, norma che, anche con riguardo ai fatti anteriori alla sua entrata in vigore, disciplina le modalità attraverso le quali, a fronte di un'utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di pubblico interesse, è possibile - con l'esercizio di un potere basato su una valutazione degli interessi in conflitto - pervenire ad un'acquisizione non retroattiva della titolarità del bene al patrimonio indisponibile della pubblica amministrazione, sotto condizione sospensiva del pagamento, al soggetto che perde il diritto di proprietà, di un importo a titolo di indennizzo, nella misura superiore del dieci per cento rispetto al valore venale del bene (cfr. Cass. civ., Sez. II, 14 gennaio 2013, n. 705).

Alla luce dei principi sopra richiamati, nella fattispecie, allo stato, non risulta essere stato adottato alcun atto acquisitivo da parte del Comune e pertanto non si è verificato l'effetto traslativo della proprietà in capo all’ente locale, non potendo un fatto illecito, qual è l'irreversibile trasformazione dell'area, operata in violazione delle norme sul procedimento espropriativo, configurare un modo di acquisto della proprietà.

L’illiceità del comportamento dell’amministrazione legittima dunque i ricorrenti, proprietari del suolo occupato a chiedere il risarcimento del danno.

Con la domanda principale i ricorrenti chiedono la condanna del Comune “a restituire immediatamente…il terreno illegittimamente occupato, ordinando la rimessione in pristino dello stato dei luoghi”.

Si tratta di una richiesta di risarcimento in forma specifica che mira a rimettere il patrimonio danneggiato dall’attività illecita della pubblica amministrazione nello stato in cui si sarebbe venuto a trovare qualora l’azione causativa di danno non fosse stata perpetrata.

Nella fattispecie, il Collegio, ritiene di non poter accogliere la domanda restitutoria, avuto riguardo all’art. 2058 c.c., il quale riconosce al danneggiato il diritto di chiedere la reintegrazione in forma specifica a condizione che essa sia “possibile”.

In ogni caso, anche ad ammettere in linea teorica una forma di ripristinabilità a tal punto piena, il Collegio richiama il comma 2 del citato art. 2058, che attribuisce al giudice il potere di disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica “risulta eccessivamente onerosa per il debitore”.

Nella specie, come emerge dalla relazione del consulente tecnico d’ufficio e dalla documentazione fotografica allegata, sulla gran parte dell’area occupata dal Comune, identificata in catasto al foglio 33, part. n.240, è stata costruita una cabina di decompressione del gas, la quale, come risulta dalle motivazioni del decreto sindacale 26 marzo 1996, n.1469, andava collegata alla rete di distribuzione del gas metano.

Ne consegue la eccessiva onerosità del ripristino dell’area nello “status quo ante”, non essendo possibile pretendere dal Comune lo smantellamento della cabina di decompressione e la riprogettazione della rete del gas alla quale il manufatto costruito risulta collegato.

A ciò va aggiunto, come risulta dallo stato di consistenza dell’immobile, redatto dal tecnico incaricato dal Comune di San Giorgio Lucano, che sul terreno, al momento dell’occupazione erano presenti dodici piante di ulivo del diametro medio di 15-20 cm. Pertanto la costruzione del manufatto è avvenuta previo taglio di alberi da ulivo, evidentemente non ripristinabili.

Acclarata l’impossibilità e l’eccessiva onerosità del risarcimento in forma specifica, va allora esaminata la subordinata domanda di risarcimento per equivalente.

Ritiene il Collegio di non poter valutare, come richiesto dai ricorrenti, “l’equivalente monetario del valore del terreno al prezzo di mercato per i terreni edificabili in quella zona”.

Come emerge dalla documentazione in atti e dalla relazione del consulente tecnico d’ufficio, il suolo in questione secondo lo strumento urbanistico all’epoca vigente risulta collocato in zona “E” agricola e conserva tuttora tale destinazione. Per tale zona era consentita l’edificazione (insediamenti abitativi per una volumetria non superiore a 0,03 mc/mq e manufatti destinati ad annessi agricoli per una volumetria massima di 0,07 mc/mq) su un lotto minimo di 10.000 mq.

Il terreno in questione, prima che venisse illegittimamente occupato, aveva una superficie di 2207 mq e quindi inferiore al lotto minimo per l’edificazione.

Il valore venale del terreno va pertanto calcolato in relazione alla sua natura agricola, trattandosi di area che, al momento dell’adozione del decreto di occupazione d’urgenza aveva destinazione agricola, né aveva un’estensione tale da consentire l’edificazione.

Con relazione peritale depositata in data 21 maggio 2012, il consulente tecnico d’ufficio, conferma che alla data di occupazione dell’area di mq 950 (su una superficie totale di 2207 mq) erano presenti dodici piante di ulivo del di diametro medio di 15-20 cm..

Il CTU ha effettuato la stima del terreno con il metodo diretto sintetico comparativo e ha concluso nel senso che al terreno in questione è da riconoscersi il valore agricolo e che il più probabile valore di mercato, alla data del 26 marzo 1996, comparando i prezzi noti e/o i valori unitari di offerte di vendita di terreni similari coltivati a uliveto è pari ad una somma complessiva di Euro 1083,44.

Si tratta di conclusioni che il collegio condivide pienamente e fa proprie.

Occorre tuttavia chiarire che il comportamento della pubblica amministrazione, la quale abbia occupato e trasformato un bene immobile per scopi di interesse pubblico in mancanza di un valido procedimento di esproprio, non può giammai determinare un effetto traslativo della proprietà, ma deve essere qualificato come un'occupazione senza titolo, ossia come un illecito di carattere permanente. Ne consegue che il privato rimane in ogni caso proprietario del bene, non potendosi attribuire, neppure alla eventuale domanda risarcitoria per equivalente, efficacia abdicativa della proprietà (cfr. Cons. di St., IV, 2.9.2011, n. 4970), sicché non può essere risarcito il danno da perdita della stessa (Cons. di St., IV, 29.8.2011, n. 4833; T.A.R. Liguria, I, 5.11.2012, n. 1373; id., 23.11.2011, n. 1635).

Il danno derivante dall'illecita apprensione del bene privato consiste dunque nelle perdite e nei mancati guadagni derivanti dall'indisponibilità dei terreni dal momento dell'occupazione d'urgenza, fino alla restituzione degli stessi.

In tal senso, con orientamento giurisprudenziale (T.A.R. Genova Liguria sez. I, 14 dicembre 2012) condiviso da questo Collegio è stato chiaramente affermato che <<In caso di c.d. occupazione appropriativa, il danno da perdita della proprietà pari al valore di scambio del bene illecitamente occupato non può essere risarcito al proprietario, in quanto il diritto dominicale permane in capo al privato non legittimamente espropriato, onde, diversamente opinando, si darebbe luogo ad una indebita locupletazione. Il risarcimento del danno deve allora coprire il solo valore d'uso del bene, dal momento della sua illegittima occupazione…fino alla giuridica regolarizzazione della fattispecie, cioè al momento in cui la pubblica amministrazione acquisterà legittimamente la proprietà dell'area, vuoi con il consenso della controparte mediante contratto, vuoi mediante l'adozione del provvedimento autoritativo di acquisizione sanante ex art. 42- bis , d.P.R. n. 327 del 2001. E tale valore d'uso, corrispondente al danno sofferto dalla società ricorrente per l'illecita, prolungata occupazione dei terreni di sua proprietà, può ragionevolmente quantificarsi, con valutazione equitativa ex artt. 2056 e 1226 c.c., nell'interesse del cinque per cento annuo sul valore venale del bene, in linea con il parametro fatto proprio dal legislatore con l'art. 42- bis comma 3, d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327>>.

Nel caso di specie, dunque, il danno per l'illecita utilizzazione senza titolo dei beni in questione ammonta dunque ad una somma annua corrispondente al cinque per cento di Euro 1083,44 (milleottantatrè/44), cioè Euro 54,17 (cinquantaquattro/17) annue, con decorrenza dal 26 marzo 1996 sino alla giuridica regolarizzazione della fattispecie, vale a dire sino al momento in cui il Comune acquisterà legittimamente la proprietà dell'area o con il consenso della controparte mediante contratto oppure mediante l'adozione del provvedimento autoritativo di acquisizione sanante ex art. 42- bis , d.p.r. n. 327 del 2001.

Tale danno, in virtù del principio di cui all’art.112 c.p.c. secondo il quale il giudice non può pronunciarsi oltre i limiti della domanda, va liquidato sino ad oggi. Dunque, essendo trascorsi diciassette anni e mezzo dalla data di illegittima occupazione del bene, il danno risarcibile ammonta ad Euro 947,97 (novecentoquarantasette/97), risultato ottenuto moltiplicando la somma di Euro 54, 17 per diciassette anni, comprensivo della redditività di ulteriori sei mesi pari ad Euro 27, 08 (ventisette/08).

Ovviamente tale somma, costituendo la sorte capitale di un debito di valore (Cass., I, 4.2.2010, n. 2602), dovrà essere rivalutata all'attualità secondo l'indice ISTAT dei prezzi al consumo, mentre sulle somme anno per anno rivalutate dovranno altresì essere corrisposti gli interessi legali fino alla data di deposito della sentenza.

Va evidenziato che il Comune, onde evitare il maturarsi di un ulteriore danno risarcibile in favore dei ricorrenti, dovrà immediatamente provvedere alla giuridica regolarizzazione della fattispecie mediante l'adozione del provvedimento autoritativo di acquisizione sanante ex art. 42- bis , d.p.r. n. 327 del 2001, provvedendo, entro trenta giorni dalla sua adozione, a trasmetterne una copia integrale alla Corte dei Conti.

Le spese di lite, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo, unitamente alle spese di consulenza tecnica d’ufficio, che sono liquidate come da parcella depositata in data 21 maggio 2012 dall’ing. Biagio Filardi.

Infine, il Collegio ravvisa l’opportunità di trasmettere la presente sentenza alla Corte dei Conti, al fine di accertare se nella vicenda in esame sussistano eventuali profili di responsabilità amministrative per danno erariale.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

- rigetta la domanda di reintegrazione in forma specifica;

-accoglie la domanda di risarcimento del danno per equivalente e, per l’effetto, condanna il Comune di San Giorgio Lucano al pagamento, in favore dei ricorrenti, della somma complessiva di Euro 947,97, (novecentoquarantasette/97), con la rivalutazione monetaria secondo l'indice ISTAT dei prezzi al consumo e gli interessi legali sulle somme anno per anno rivalutate;

- condanna il Comune di San Giorgio Lucano al pagamento delle spese di giudizio, che si liquidano in favore dei ricorrenti in complessivi euro 1500,00 (millecinquecento/00) oltre I.V.A., C.P.A. e rimborso del contributo unificato;

- condanna il Comune di San Giorgio Lucano al pagamento delle spese di consulenza tecnica d’ufficio, che si liquidano in favore dell'ing. Biagio Filardi, come da parcella depositata, in Euro 569,02 (cinquecentosessantanove/02);

-dispone lo svincolo della cauzione di Euro 1500,00 (millecinquecento/00) posta a carico dei ricorrenti per le spese di consulenza tecnica d’ufficio.

Ordina alla Segreteria di trasmettere la presente Sentenza alla Procura Regionale presso la Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti della Regione Basilicata.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Potenza nella camera di consiglio del giorno 19 settembre 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Michele Perrelli, Presidente

Pasquale Mastrantuono, Consigliere

Paola Anna Gemma Di Cesare, Primo Referendario, Estensore

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il **/10/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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