Sunday 22 February 2015 09:05:13

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Autorizzazione paesaggistica: non è necessaria la valutazione di compatibilità per gli interventi funzionali alla pratica agronomica o silvicolturale che non comportino opere edilizie o civili né alterino l’assetto idrogeologico

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 10.2.2015

La Sesta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 10 febbraio 2015 ha evidenziato in diritto, va rilevato qui che l’art. 149 (Interventi non soggetti ad autorizzazione), comma 1, lett. b) d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) esenta dall’autorizzazione paesaggistica «gli interventi inerenti l'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili, e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l'assetto idrogeologico del territorio». La disposizione ripete il testo dell’art. 152 (Interventi non soggetti ad autorizzazione) d.lgs. 29 ottobre 1999, n, 490 (Testo unico dei beni culturali e ambientali) e quello il testo dell’art. 82, ottavo comma, d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, aggiunti dal d.-l. 27 giugno 1985, n. 312 come convertito con modificazioni dall’art. 1 l. 8 agosto 1985, n. 431.Il significato della disposizione è che – salvo lo speciale caso dei «territori coperti da foreste e da boschi», di cui all’art. 142, comma 1, lett. g) (già art. 146, comma 1, lett. g) d.lgs. n. 490 del 1999, e art. 82, quinto comma, lett. g) d.P.R. n. 616 del 1997, integrato come sopra ricordato) e la sua speciale rilevanza, e per i quali vale comunque l’art. 149, comma 1, lett. c) – l’ordinamento esenta dalla necessità della valutazione di compatibilità paesaggistica, e dunque dalla relativa autorizzazione, gli interventi sulla forma del territorio che siano funzionali alla pratica agronomica o silvicolturale e non comportino opere edilizie o civili né alterino – come di solito è per i movimenti di terra - l’assetto idrogeologico. Si tratta infatti di modificazioni normali della forma del territorio, inerenti all’usuale pratica agricola anche per le piante da frutto o da legna, e alla parabola di esseri viventi e produttivi delle piante stesse, quand’anche interessino uliveti, vigne, pioppeti, frutteti e simili e dunque abbiano frequenza di rimozione tutt’altro che annuale. Normalmente, infatti, non sono oggetto di uno specifico valore espressamente tutelato dal vincolo paesaggistico e non ne sono elementi identificativi (come invece vuole la legge stessa per i boschi e le foreste). Diversamente opinando si incorrerebbe in una compressione eccessiva delle facoltà proprietarie e si otterrebbe il controproducente effetto di una disincentivazione della pratica agricola, con effetti negativi paradossali sulla buona manutenzione del territorio.Resta salvo il caso in cui un vincolo paesaggistico sia stato introdotto proprio per salvaguardare una specifica presenza di piantagioni, quali elementi costitutivi essenziali della tipicità di un certo e qualificato paesaggio agrario: del che dev’essere la motivazione del vincolo a descrivere espressamente il rilievo e l’oggetto. In tal caso domina la salvaguardia di un tipo particolare di paesaggio e la compressione delle facoltà agrarie trova base nell’art. 9 Cost., essendo i paesaggi agrari tipici elementi del paesaggio nazionale di particolare pregio.Non si versa dunque in questa particolare esenzione dell’art. 149, comma 1, lett. b) quando si tratta non già di pratiche agricole o silvicolturali, bensì di interventi su elementi arborei del paesaggio vincolato posti, ad esempio, a ornamento o arredo (es. viali di piante, piante decorative, ecc.): in quel caso la valutazione di compatibilità paesaggistica resta necessaria se la zona è paesisticamente vincolata.È anche il caso di precisare che queste valutazioni afferiscono alla tutela paesaggistica: la quale non è condizionata, né nell’uno né nell’altro senso, dalla tutela silvicolturale delle piante (che segue i suoi distinti procedimenti amministrativi, ove necessari).Nel caso di specie ricorre questa esenzione dell’art. 149, comma 1, lett. b).

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6738 del 2014, proposto da: 
Garda Wellness Immobiliare s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avv. Valerio Zimatore, Cesare Novelliere, con domicilio eletto presso Valerio Zimatore in Roma, Via Angelo Secchi, 9; 

contro

Comune di Polpenazze del Garda, Ufficio Tecnico del Comune di Polpenazze del Garda; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - SEZ. STACCATA DI BRESCIA: SEZIONE I n. 00687/2014, resa tra le parti, concernente rimessione in pristino dello stato dei luoghi per spostamento provvisorio di alberi di ulivo in assenza di autorizzazione paesaggistica

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 gennaio 2015 il Cons. Sergio De Felice e uditi per le parti gli avvocati Valerio Zimatore;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia, l’attuale appellante Garda Wellness Immobiliare s.r.l. agiva per l’annullamento dell’ordinanza n. 4 del 2013 prot. n.1176 del 29 marzo 2013 del Comune di Polpenazze del Garda (Brescia) di rimessione in pristino dello stato dei luoghi per spostamento provvisorio di alberi di olivo in assenza di autorizzazione paesaggistica.

Il Comune, prima di notificare l’ordinanza di rimessione in pristino qui impugnata, relativa a un intervento eseguito in assenza di autorizzazione paesaggistica, aveva rappresentato, dopo l’avvio del procedimento, che la mancanza di autorizzazione dell’art. 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio avrebbe comportato gli effetti ripristinatori dell’art. 167. L’istante società faceva però presente che si rientrava nell’ambito degli interventi per i quali l’art. 149 esenta dalla autorizzazione, in quanto inerenti l'attività agro-silvo-pastorale e non comportanti alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie e altre opere civili.

La società, costituita per iniziative imprenditoriali edilizie, lamentava al giudice l’illegittimità del provvedimento, avente ad oggetto il riporto e l’immediata ripiantumazione nel luogo originario di duecentosessanta olivi che essa dichiarava di avere espiantato e ripiantumato in altro luogo, , per poi espiantarli ancora e ripiantumarli nel luogo originario (il trasferimento sarebbe per ciò temporaneo). 

La ragione dell’iniziativa era nel fatto che in quel luogo aveva intenzione di realizzare un complesso alberghiero con caratteristiche di borgo collinare tipico del territorio gardesano servendole, al riguardo e provvisoriamente, il terreno circostante. A suo avviso non vi era stata una vera trasformazione del terreno, perché tale non poteva considerarsi il provvisorio spostamento di quei duecentosessanta olivi e il ripristino materiale dello stato dei luoghi tramite la loro reimpiantumazione definitiva nel sito originario. Perciò non vi era necessità di autorizzazione paesaggistica, pur essendo il sito una componente territoriale superficiaria di un vincolo paesaggistico più vasto e pacifico.

Il Tribunale amministrativo respingeva il ricorso perché infondato.

La sentenza, premessa una descrizione dei luoghi e del territorio relativo al Comune di Polpenazze e dei comuni limitrofi, rilevava, tra le altre cose, che “tramite mappe satellitari recenti gli olivi paiono essere molti di meno di 260” e che l’oliveto originario in cui trasferirli provvisoriamente non fosse completamente tale. La sentenza stessa affermava che si poteva ritenere «con buona certezza, che i citati 260 individui avessero un’età di circa 35 anni, così come dimostra la massiccia presenza di individui della stessa circonferenza lignea od analoga sparsi per la campagna circostanti o posti a filari paralleli»; e «i detti olivi non potevano altro che trovarsi sulla terrazza naturale di cui sopra da cui si gode la miglior vista di moltissima parte del Lago di Garda. L’espianto è ormai intervenuto. Essi sono stati “provvisoriamente” reimpiantati nel detto campo che, all’evidenza, data la sua collocazione, ha una composizione mineralogica ben diversa da quella terrazza in cui tali olivi si trovavano […]. Per la sua posizione è un terreno eccessivamente umido […]. Una simile condizione […] potrebbe aver già determinato una moria di circa il 35% dei 260 olivi trasferiti […]. Non è necessaria una eccessiva conoscenza della buona tecnica agraria per concludere che i detti 260 olivi saranno difficilmente resi vitali di nuovo, allorquando, espiantati dopo poco tempo, dovranno essere nuovamente reimpiantati nel sito originario […] simili considerazioni di buona tecnica agraria sono reperibili in qualsiasi manuale per la produzione e conservazione dell’olivo».

Per la sentenza non esiste in atti, né mai era stata adottata o prodotta, alcuna concessione edilizia relativa al compendio; nemmeno era stata data alcuna autorizzazione ambientale. Non si era quindi in grado di comprendere se, una volta sopravvissuti, i duecentosessanta olivi sarebbero stati reimpiantati nel luogo di origine. Nemmeno era stato prodotta una certificazione urbanistica, stante il vincolo di carattere non assoluto; né vi era traccia di una cantierizzazione e non era dato conoscere alcunché della possibile iniziativa edilizia.

La sentenza, inoltre, richiamava l’art. 27 (Vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia) d.P.R. 6 aprile 2001, n. 380, e stimava non applicabile l’art. 149 (Interventi non soggetti ad autorizzazione), comma 1, lett. b) del Codice dei beni culturali e del paesaggio, che esclude l’autorizzazione per gli interventi inerenti l’esercizio dell’attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili, e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l’assetto idrogeologico del territorio. Infatti l’intervento non poteva dirsi modesto, coinvolgendo circa 10.000 mq e dovendo coinvolgerne altrettanti; si trattava di una trasformazione del territorio in senso urbanistico, perché gli olivi non erano stati spostati di pochi metri, ma di quasi m 450/500 lineari, il che non è intervento di tipo agricolo, sia oggettivamente, perché non inerente l’attività agricola (e nulla sapendosi della conformazione planivolumetrica e di sistemazione del terreno libero che si asseriva sarebbe stata collegata all’iniziativa edilizia), sia soggettivamente, perché il soggetto non era imprenditore agricolo o coltivatore diretto.

Avverso questa sentenza ha proposto appello la stessa società, deducendo i seguenti motivi di appello: 

a) in fatto, è stato effettuato un semplice spostamento delle piante di ulivo (non un abbattimento) e all’interno della stessa proprietà, trasferendole dai mappali n.1193-1175-4852 al mappale n.6340 (anch’esso a destinazione uliveto); 

b) nella comunicazione alla Camera di Commercio dello spostamento, la società si era impegnata al termine dei lavori (costruzione di un albergo con caratteristiche di borgo collinare tipico del gardesano) a reimpiantare tutti gli alberi di ulivo nel luogo di origine e ad integrare il loro numero con la messa a dimora di nuove piante; al riguardo era stato avviato l’iter presso lo Sportello unico per le attività produttive del Comune e l’ente, con delibera di Giunta del 19 aprile 2010, aveva rilasciato parere di compatibilità all’attivazione del SUAP, tanto che essa società con atto prot. n.4756 del 10 novembre 2011, con atto unilaterale d’obbligo aveva sottoscritto la convenzione urbanistica; 

c) l’art. 149, comma 1, lett. b) esenta dalla autorizzazione paesaggistica le iniziative agricole (come era stato rilevato in sede cautelare dalla Sezione VI del Consiglio di Stato); 

d) l’aspetto paesaggistico è riferito alla percepibilità della modificazione dell’aspetto esteriore del bene protetto, il che costituisce un prerequisito di rilevanza paesaggistica del fatto (come da circolare ministeriale n. 0016721 del 13 settembre 2010); 

e) non viene recato pregiudizio al paesaggio o alle piante (che godono di buono stato vegetativo e sono curate nelle operazioni fondamentali di gestione, secondo la prodotta perizia di parte); le considerazioni della sentenza non sono suffragate da documentazioni né sono richiamate in alcun atto istruttorio, sicché è difficile rinvenirne la fonte; 

f) è impropria la confusione operata tra la materia urbanistico-edilizia e quella paesaggistica in relazione alle tipologie di intervento, in quanto quello in questione è un intervento comunque irrilevante anche dal punto di vista urbanistico; 

g) vi è incompetenza dell’organo comunale, nulla avendo invece contestato la Soprintendenza né il Corpo Forestale dello Stato o l’Assessorato regionale competente alla tutela delle piantagioni. 

Non si è costituito il Comune appellato.

Con ordinanza n. 4413 del 30 settembre 2014 questa VI Sezione del Consiglio di Stato accoglieva l’istanza cautelare di sospensione dell’esecutività della sentenza e fissava l’udienza per la discussione nel merito al 27 gennaio 2015.

Con memoria depositata il 19 dicembre 2014 per l’udienza pubblica del 27 gennaio 2015 l’appellante società ha ribadito le tesi difensive e chiesto l’accoglimento dell’appello.

All’udienza del 27 gennaio 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

L’appello è fondato.

In fatto, come sopra riferito, si tratta di uno spostamento di duecentosessanta piante di ulivo (non quindi un loro abbattimento) all’interno della stessa proprietà, mediante trasferimento della loro allocazione dai mappali n.1193-1175-4852 al vicino mappale n.6340 (anch’esso a destinazione uliveto) del comune di Polpenazze del Garda.

L’appellante Garda Wellness Immobiliare s.r.l. afferma che nella sua comunicazione dello spostamento alla Camera di Commercio, si era impegnata a “reimpiantare” al termine dei lavori (costruzione di un albergo con caratteristiche di borgo collinare tipico del gardesano) tutti gli alberi di ulivo nel luogo di origine e a integrare il numero degli stessi mediante la messa a dimora di nuove piante.

Non corrisponde a realtà quanto ritenuto dal primo giudice circa la mancata allegazione e dimostrazione di un’iniziativa edilizio-urbanistica. Infatti, anche a ritenere necessaria la dimostrazione del procedimento urbanistico-edilizio cui è funzionale la movimentazione agricola, è stato di fatto avviato dalla società un apposito procedimento, cui è propedeutico l’espianto e il reimpianto, presso lo Sportello unico per le attività produttive del Comune.

Il Comune con delibera di Giunta del 19 aprile 2010 ha rilasciato il parere di compatibilità all’attivazione del SUAP e con atto prot. n.4756 del 10 novembre 2011 con atto unilaterale d’obbligo la società ha sottoscritto la relativa convenzione urbanistica. 

Esisteva quindi sia la prova della assenza di interesse paesaggistico che della esistenza della pratica urbanistico-edilizia.

In diritto, va rilevato qui che l’art. 149 (Interventi non soggetti ad autorizzazione), comma 1, lett. b) d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) esenta dall’autorizzazione paesaggistica «gli interventi inerenti l'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili, e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l'assetto idrogeologico del territorio»

La disposizione ripete il testo dell’art. 152 (Interventi non soggetti ad autorizzazione) d.lgs. 29 ottobre 1999, n, 490 (Testo unico dei beni culturali e ambientali) e quello il testo dell’art. 82, ottavo comma, d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, aggiunti dal d.-l. 27 giugno 1985, n. 312 come convertito con modificazioni dall’art. 1 l. 8 agosto 1985, n. 431.

Il significato della disposizione è che – salvo lo speciale caso dei «territori coperti da foreste e da boschi», di cui all’art. 142, comma 1, lett. g) (già art. 146, comma 1, lett. g) d.lgs. n. 490 del 1999, e art. 82, quinto comma, lett. g) d.P.R. n. 616 del 1997, integrato come sopra ricordato) e la sua speciale rilevanza, e per i quali vale comunque l’art. 149, comma 1, lett. c) – l’ordinamento esenta dalla necessità della valutazione di compatibilità paesaggistica, e dunque dalla relativa autorizzazione, gli interventi sulla forma del territorio che siano funzionali alla pratica agronomica o silvicolturale e non comportino opere edilizie o civili né alterino – come di solito è per i movimenti di terra - l’assetto idrogeologico. 

Si tratta infatti di modificazioni normali della forma del territorio, inerenti all’usuale pratica agricola anche per le piante da frutto o da legna, e alla parabola di esseri viventi e produttivi delle piante stesse, quand’anche interessino uliveti, vigne, pioppeti, frutteti e simili e dunque abbiano frequenza di rimozione tutt’altro che annuale. Normalmente, infatti, non sono oggetto di uno specifico valore espressamente tutelato dal vincolo paesaggistico e non ne sono elementi identificativi (come invece vuole la legge stessa per i boschi e le foreste). Diversamente opinando si incorrerebbe in una compressione eccessiva delle facoltà proprietarie e si otterrebbe il controproducente effetto di una disincentivazione della pratica agricola, con effetti negativi paradossali sulla buona manutenzione del territorio.

Resta salvo il caso in cui un vincolo paesaggistico sia stato introdotto proprio per salvaguardare una specifica presenza di piantagioni, quali elementi costitutivi essenziali della tipicità di un certo e qualificato paesaggio agrario: del che dev’essere la motivazione del vincolo a descrivere espressamente il rilievo e l’oggetto. In tal caso domina la salvaguardia di un tipo particolare di paesaggio e la compressione delle facoltà agrarie trova base nell’art. 9 Cost., essendo i paesaggi agrari tipici elementi del paesaggio nazionale di particolare pregio.

Non si versa dunque in questa particolare esenzione dell’art. 149, comma 1, lett. b) quando si tratta non già di pratiche agricole o silvicolturali, bensì di interventi su elementi arborei del paesaggio vincolato posti, ad esempio, a ornamento o arredo (es. viali di piante, piante decorative, ecc.): in quel caso la valutazione di compatibilità paesaggistica resta necessaria se la zona è paesisticamente vincolata.

È anche il caso di precisare che queste valutazioni afferiscono alla tutela paesaggistica: la quale non è condizionata, né nell’uno né nell’altro senso, dalla tutela silvicolturale delle piante (che segue i suoi distinti procedimenti amministrativi, ove necessari).

Nel caso di specie ricorre questa esenzione dell’art. 149, comma 1, lett. b)

Per quanto detto, non rileva che nella fattispecie non sia recato pregiudizio alle piante (che pur godono di buono stato vegetativo e sono curate nelle operazioni di gestione, secondo la perizia di parte prodotta e non contestata). Rileva invece che, ricorrendo le condizioni dette, l’intervento, per come è prospettato, rimane irrilevante dal punto di vista paesaggistico (e dal punto di vista urbanistico-edilizio). Del resto, nulla hanno osservato la Soprintendenza e il Servizio Forestale regionale in merito alla sopravvivenza delle piante.

Coglie tra l’altro nel segno la contestazione dell’appellante nei confronti della sentenza, che si diffonde in principi della materia agraria e dei reimpianti, quasi a suffragare e corroborare l’atto negativo comunale, e senza che tali considerazioni siano rinvenibili nell’ambito del procedimento amministrativo.

Piuttosto non era qui richiesta la stessa autorizzazione paesaggistica.

Per le considerazioni sopra svolte, l’appello va accolto e, in riforma dell’appellata sentenza, va accolto il ricorso originario.

La condanna alle spese del doppio grado di giudizio segue il principio della soccombenza; le spese sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza accoglie il ricorso originario.

Condanna il Comune appellato al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, liquidandole in complessivi euro cinquemila.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 gennaio 2015 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Giuseppe Severini, Presidente

Sergio De Felice, Consigliere, Estensore

Roberta Vigotti, Consigliere

Vincenzo Lopilato, Consigliere

Marco Buricelli, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 10/02/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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