Tuesday 19 July 2016 11:52:28

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Edilizia: decorsi trenta giorni dalla presentazione, la DIA costituisce un titolo abilitativo valido ed efficace che può essere rimosso solo attraverso l’esercizio del potere di autotutela decisoria

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 11.7.2016 n. 3044

Gli articoli 19 della legge n. 241 del 1990 e 23 e seguenti del d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia) prevedono che, in presenza di dia in materia edilizia, decorsi il termine di trenta giorni dalla sua presentazione l’amministrazione può assumere determinazioni soltanto nel rispetto del condizioni prescritte per l’esercizio dei poteri di autotutela dall’art. 21-nonies della stessa legge n. 241 del 1990. Sulla base di tale premessa la Sesta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 11 luglio 2016 n. 2016 ha affermato che la denuncia di inizio attività «una volta perfezionatasi, costituisce un titolo abilitativo valido ed efficace (sotto tale profilo equiparabile quoad effectum al rilascio del provvedimento espresso), che può essere rimosso, per espressa previsione legislativa, solo attraverso l’esercizio del potere di autotutela decisoria. Ne consegue l’illegittimità del provvedimento repressivo-inibitorio avente ad oggetto lavori che risultano oggetto di una d.i.a. già perfezionatasi (per effetto del decorso del tempo) e non previamente rimossa in autotutela» (Consiglio di Stato, VI, n. 4780 del 2014). Nel caso di specie, decorsi i termini previsti per l’esercizio dei poteri inibitori, l’amministrazione avrebbe pertanto dovuto attivare un nuovo procedimento che si sarebbe dovuto svolgere nel rispetto delle condizioni formali (garanzie del contradditorio) e sostanziali (valutazione dell’interesse pubblico concreto e dell’affidamento ingenerato nel privato) contemplate nel citato art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

N. 03044/2016REG.PROV.COLL.

N. 09030/2015 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9030 del 2015, proposto da: 
Sabina Brinati, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Ciaglia e Salvatore Bellomia, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giuseppe Ciaglia in Roma, via Savoia, 72; 

contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difesa per legge dall'avvocato Cristina Montanaro, domiciliata in Roma, via del Tempio di Giove, 21; Azienda Sanitaria Locale "Roma C", Roma Capitale Municipio XII (ex XVI); 

per la riforma

della sentenza in forma semplificata 31 marzo 2015, n. 4791 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Roma, Sezione I-quater .

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 aprile 2016 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti gli avvocati Ciaglia e Garofoli in dichiarata delega dell’avvocato Montanaro.

 

 

FATTO e DIRITTO

1.– La signora Brinati Sabina, in data 12 luglio 2012, ha presentato una denuncia di inizio attività al Dipartimento programmazione ed attuazione urbanistica di Roma Capitale «al fine di recuperare, a fini residenziali, il suddetto vano seminterrato (…) in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi comunale».

Roma Capitale, con determinazione del 5 giugno 2014, n. 918, ha ingiunto il pagamento della sanzione pecuniaria di euro 2.500 e la demolizione delle opere abusivamente realizzate.

2.– La sig. Brinati ha impugnato tale atto innanzi al Tribunale amministrativo regionale, per i motivi riproposti in esame e riportati nei successivi punti.

3.– Il Tribunale amministrativo, con sentenza 31 marzo 2015, n. 4791, ha rigettato il ricorso. 

4.– La ricorrente in primo grado ha proposto appello. 

4.1.– L’appellante, con un primo motivo, ha dedotto l’erroneità della sentenza nella in cui in cui non ha rilevato che, dopo la presentazione della denuncia di inizio attività, era decorso il termine per l’esercizio dei poteri inibitori e l’amministrazione avrebbe potuto intervenire soltanto all’esito di un procedimento che rispettasse le garanzie procedimentali e sostanziali contemplate dall’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990.

L’appellante, con gli altri motivi, ha dedotto che:

- il parere igienico-sanitario non sarebbe necessario, in quanto la denuncia di inizio attività era già munita di formale asseverazione sottoscritta da un tecnico abilitato, con conseguente formazione del silenzio assenso; 

- in ogni caso, il parere all’azienda sanitaria locale avrebbe dovuto essere richiesto dal Dipartimento programmazione e attuazione urbanistica e non dal Municipio XII

- la motivazione posta a base degli atti impugnati sarebbe non adeguata;

- l’intervento non sarebbe in contrasto con le norme igienico-sanitarie applicabili al caso di specie

5.– La causa è stata decisa all’esito dell’udienza pubblica del 28 aprile 2016.

6.– L’appello è fondato. 

Gli articoli 19 della legge n. 241 del 1990 e 23 e seguenti del d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia) prevedono che, in presenza di dia in materia edilizia, decorsi il termine di trenta giorni dalla sua presentazione l’amministrazione può assumere determinazioni soltanto nel rispetto del condizioni prescritte per l’esercizio dei poteri di autotutela dall’art. 21-nonies della stessa legge n. 241 del 1990. 

Questo Consiglio ha già avuto modo di affermare che la denuncia di inizio attività «una volta perfezionatasi, costituisce un titolo abilitativo valido ed efficace (sotto tale profilo equiparabile quoad effectum al rilascio del provvedimento espresso), che può essere rimosso, per espressa previsione legislativa, solo attraverso l’esercizio del potere di autotutela decisoria. Ne consegue l’illegittimità del provvedimento repressivo-inibitorio avente ad oggetto lavori che risultano oggetto di una d.i.a. già perfezionatasi (per effetto del decorso del tempo) e non previamente rimossa in autotutela» (Consiglio di Stato, VI, n. 4780 del 2014).

Nel caso di specie, decorsi i termini previsti per l’esercizio dei poteri inibitori, l’amministrazione avrebbe pertanto dovuto attivare un nuovo procedimento che si sarebbe dovuto svolgere nel rispetto delle condizioni formali (garanzie del contradditorio) e sostanziali (valutazione dell’interesse pubblico concreto e dell’affidamento ingenerato nel privato) contemplate nel citato art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990.

Né varrebbe rilevare, come ritenuto dal primo giudice, che potrebbero considerarsi espressivie di tale «potere di autotutela» le «note istruttorie e interlocutorie del Dipartimento comunale del 14 luglio 2014» e il «preavviso di diniego di dia», trattandosi di atti meramente procedimentali, in quanto tali non idonei ad integrare gli estremi del provvedimento richiesto dalla normativa sopra indicata. 

7.– L’accoglimento di questo motivo di appello, per la sua valenza assorbente, rende non necessario esaminare gli altri motivi di appello.

8.– La parte appellata è condannata al pagamento, in favore della parte appellante, delle spese di entrambi i gradi di giudizio che si determinato in complessive euro 2.500,00, oltre accessori di legge. 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:

a) accoglie l’appello proposto con il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della sentenza 31 marzo 2015, n. 4791 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, accoglie il ricorso di primo grado e annulla la determinazione del 5 giugno 2014, n. 918 adottata da Roma Capitale, Municipio, XII;

b) condanna la parte appellata al pagamento, in favore dell’appellante, delle spese di entrambi i gradi di giudizio che si determinato in complessive euro 2.500,00, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 aprile 2016 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Sergio Santoro, Presidente

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Dante D'Alessio, Consigliere

Andrea Pannone, Consigliere

Vincenzo Lopilato, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/07/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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