Saturday 09 November 2013 21:28:07

Giurisprudenza  Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali

Ordinanze contingibili ed urgenti: il Consiglio di Stato boccia il Sindaco "creativo"

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato

Il potere sindacale deve limitarsi a prefigurare misure che assicurino il rispetto di norme dalla cui violazione possono derivare gravi pericoli per l’ordine pubblico e per la sicurezza pubblica. Questo il principio sancito dalla Sesta Sezione del Consiglio di Stato che nella sentenza attenzionata precisa che L'ordinanza contingibile ed urgente prevista dagli artt. 50 e 54 del d.lvo 18 agosto 2000, n. 267 è espressione di un potere atipico e residuale, il cui presupposto per l'adozione "extra ordinem" è il pericolo per l'incolumità pubblica, dotato del carattere di eccezionalità tale da rendere indispensabile interventi immediati ed indilazionabili, consistenti nell'imposizione di obblighi di fare o di non fare a carico del privato. Inoltre, presupposto indefettibile per l'adozione di siffatte ordinanze sindacali è la necessità di intervenire urgentemente con misure eccezionali e imprevedibili di carattere “provvisorio”, non fronteggiabili con gli “ordinari” mezzi previsti dall’ordinamento giuridico e a condizione della “temporaneità dei loro effetti” (Corte Cost., sentenze 7 aprile 2011 n.115 e 1 luglio 2009, n. 196). Laddove, nel caso in esame, la rimozione comandata si traduce in un definitivo ordine irreversibile di eliminazione del box, quando sicuramente non ricorre la fattispecie dell'emergenza sanitaria e/o di igiene pubblica di carattere locale, in quanto la vicenda controversa si riferisce esclusivamente soltanto all’area di detto manufatto metallico, non sembrano coinvolti eventi dannosi per la collettività e, come da documentazione fotografica, sono implicati unicamente fattori estetici, sui quali si tornerà in appresso. In punto di diritto giova prioritariamente notare come la Corte Costituzionale abbia dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 54, comma 4, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, solo nella parte in cui il disposto comprendeva la locuzione «anche» prima delle parole «contingibili e urgenti» e, quindi, perché non limitato unicamente a tali ultime circostanze, in violazione della riserva di legge relativa di cui all’art. 23 Costituzione (sentenza 7 aprile 2011 n. 115). Il citato art. 54 del D.Lvo 267/2000, che nella sua versione originaria abilitava il Sindaco nella sua qualità di Ufficiale di governo ad emanare ordinanze contingibili ed urgenti per eliminare gravi pericoli a livello locale che minaccino l'incolumità pubblica, è stata oggetto di una incisiva riforma ad opera del D.L. 92/08 convertito in legge 125/08 ed esteso anche alla "sicurezza urbana", meglio definita dal decreto del Ministero dell'interno in data 5 agosto 2008 (come bene pubblico da tutelare, in ambito locale, attraverso attività poste a difesa del rispetto delle norme che regolano la convivenza civile al fine di migliorare le condizioni di vivibilità dei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale) ed intesa dalla Consulta come da riferire esclusivamente alla tutela della sicurezza pubblica ed in funzione delle relative attività di prevenzione e repressione dei reati (Corte Costituzionale, 1° luglio 2009, n. 196). Infatti, la titolazione del decreto-legge n. 92 del 2008 richiama in modo esplicito la "sicurezza pubblica" e, nelle premesse del citato decreto ministeriale, oltre a venire chiaramente esclusa dall’ambito normativo di riferimento la polizia amministrativa locale, si cita anche in maniera espressa, a suo fondamento giuridico, il secondo comma, lettera h), dell'art. 117 Costituzione il quale, secondo la giurisprudenza della Consulta, attiene appunto alla prevenzione dei reati e alla tutela dei primari interessi pubblici sui quali si regge l'ordinata e civile convivenza nella comunità nazionale (sentenze n. 237 e n. 222 del 2006, n. 383 del 2005). In sintesi, il potere in questione può essere legittimamente esercitato, quale immanente prerogativa sindacale di provvedere in via d’urgenza e contingibile alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica, nonché quando la violazione delle norme che tutelano i beni previsti dal DM del 5 agosto 2008 (situazioni di degrado o isolamento, tutela del patrimonio pubblico e della sua fruibilità, incuria ed occupazione abusiva di immobili, intralcio alla viabilità o alterazione del decoro urbano) non assuma rilevanza solo in sé stessa (poiché in tal caso soccorrono gli strumenti ordinari) ma qualora possa costituire la premessa per l'insorgere di fenomeni di criminalità suscettibili di minare la sicurezza pubblica, dato che, in tal caso, vengono in rilievo interessi che vanno oltre le normali competenze di polizia amministrativa locale. Soltanto nelle illustrate ipotesi il Sindaco dunque, in qualità di ufficiale di governo, assume il ruolo di garante della sicurezza pubblica e può provvedere, sotto il controllo prefettizio ed in conformità delle direttive del Ministero dell'interno, alle misure necessarie a prevenire o eliminare i gravi pericoli che la possano minacciare. Da tanto consegue che il potere sindacale di ordinanza ex art. 54 D.Lvo 267/2000 non può avere una valenza "creativa" ma deve limitarsi a prefigurare misure che assicurino il rispetto di norme ordinarie volte a tutelare l'ordinata convivenza civile, tutte le volte in cui dalla loro violazione possano derivare gravi pericoli per l’ordine pubblico e per la sicurezza pubblica, quale però non è nel concreto la fattispecie in esame e nella quale non è ravvisabile una siffatta “urgenza qualificata”.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.

sul ricorso numero di registro generale ***** del 2013, proposto da Rosanna Russo, rappresentata e difesa dall'avv. Gabriele Di Paolo, con domicilio eletto presso Gabriele Di Paolo in Roma, viale Liegi n. 35/B;

 

contro

 

Sindaco del Comune di Battipaglia, in qualità di Ufficiale di Governo, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi 12;

Comune di Battipaglia (Polizia Municipale), rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Lullo, con domicilio eletto presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, p.za Capo di Ferro n. 13;

 

nei confronti di

Ministero dell'Interno, Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi 12; 

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. CAMPANIA - SEZ. STACCATA DI SALERNO: SEZIONE I n.01098/2013, resa tra le parti, concernente ordinanza sindacale urgente e contingibile di rimozione chiosco.

 

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Battipaglia nonché della difesa statale per il Sindaco del Comune di Battipaglia in qualità di Ufficiale di Governo e per i Ministeri intimati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 luglio 2013 il Cons. Vito Carella e uditi per le parti gli avvocati Di Paolo e Lullo;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

 

 

1.- La presente decisione viene assunta in forma semplificata, a termini degli artt. 60 e 74 c.p.a., dopo aver accertato la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, preavvertite le parti, essendo chiara la situazione di fatto nei suoi punti di riferimento e nella problematica dibattuta, alla luce di pacifici principi e consolidati precedenti giurisprudenziali, dai quali non v’è ragione alcuna per discostarsi.

L’appello va accolto e la sentenza gravata deve essere per l’effetto parzialmente riformata.

2.- La ricorrente in primo grado, autorizzata nel 1988 dal Comune di Battipaglia alla installazione in via Campania di una struttura metallica smontabile non ancorata al suolo per la vendita di piante e fiori, ha impugnato l’ordinanza sindacale urgente e contingibile n. 79 del 28 febbraio 2013, emessa ai sensi degli artt. 50 e 54 del D.Lgs n. 267 del 2000, disponente la rimozione di tale box perché causa di inconvenienti igienico-sanitari ed ambientali, nonché di pericolo per la pubblica incolumità; l’interessata ha anche proposto domanda risarcitoria.

Il Tribunale Amministrativo Regionale in epigrafe indicato, con la sentenza impugnata, ha respinto il ricorso con compensazione delle spese di giudizio, nel rilievo che le censure sollevate di violazione degli artt. 27 e 31 DPR n. 380/2001, degli artt. 50 e 54 DPR n. 267/2000 e dell’art. 192 D.Lvo n. 152/2006, dell’art. 7 legge n. 241/1990 e di eccesso di potere sotto diversi profili, siano prive di fondamento.

3.- L’appellante ha gravato la sentenza in esame e ne ha chiesto la riforma, previa misura cautelare, a mezzo di unico articolato motivo di censura per erronea applicazione di legge ed eccesso di potere, tramite il quale si sostiene l’assenza dei dovuti presupposti, il mancato annullamento del titolo abilitativo del 1988, l’omesso contraddittorio, la non detenzione dell’area (pubblica) retrostante il box, la non responsabilità per i fatti addebitati (astretta agli arresti domiciliari dal 22 febbraio 2012 al 21 febbraio 2013).

Hanno resistito in giudizio la difesa statale e il Comune di Battipaglia che, con la memoria del 3 luglio 2013, ha dedotto che il manufatto costituisce fonte di pericolo ed è assolutamente inidoneo a qualsiasi uso (box tipo adoperato nei cantieri edili per il ricovero degli attrezzi).

La ricorrente ha replicato con la memoria depositata il 9 luglio 2013 e ha contestato l’eccepito difetto di legittimazione passiva dei Ministeri, precisando altresì di avere provveduto, a proprie cure e spese, a sistemare le lamiere del gazebo, a rimuovere la tettoia cadente, ad asportare i rifiuti e la vegetazione dietro al box.

Alla camera di consiglio del 12 luglio 2013 la causa è stata trattenuta in decisione, per la sua definizione in forma semplificata, dopo aver sentito le parti presenti.

4.- Preliminarmente merita osservare che l’eccezione pregiudiziale di difetto di legittimazione passiva sollevata dai Ministeri resistenti è fondata.

Va invero rilevato, in punto di fatto, che il provvedimento gravato è stato emesso dal Sindaco resistente ai sensi degli artt. 50 e 54 del d.lvo 18 agosto 2000, n. 267.

Come è noto, l'ordinanza contingibile ed urgente prevista dalle citate norme del predetto decreto legislativo è espressione di un potere atipico e residuale, il cui presupposto per l'adozione "extra ordinem" è il pericolo per l'incolumità pubblica, dotato del carattere di eccezionalità tale da rendere indispensabile interventi immediati ed indilazionabili, consistenti nell'imposizione di obblighi di fare o di non fare a carico del privato.

Inoltre, presupposto indefettibile per l'adozione di siffatte ordinanze sindacali è la necessità di intervenire urgentemente con misure eccezionali e imprevedibili di carattere “provvisorio”, non fronteggiabili con gli “ordinari” mezzi previsti dall’ordinamento giuridico e a condizione della “temporaneità dei loro effetti” (Corte Cost., sentenze 7 aprile 2011 n.115 e 1 luglio 2009, n. 196).

Laddove, nel caso in esame, la rimozione comandata si traduce in un definitivo ordine irreversibile di eliminazione del box, quando sicuramente non ricorre la fattispecie dell'emergenza sanitaria e/o di igiene pubblica di carattere locale, in quanto la vicenda controversa si riferisce esclusivamente soltanto all’area di detto manufatto metallico, non sembrano coinvolti eventi dannosi per la collettività e, come da documentazione fotografica, sono implicati unicamente fattori estetici, sui quali si tornerà in appresso.

5.- In punto di diritto giova prioritariamente notare come la Corte Costituzionale abbia dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 54, comma 4, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, solo nella parte in cui il disposto comprendeva la locuzione «anche» prima delle parole «contingibili e urgenti» e, quindi, perché non limitato unicamente a tali ultime circostanze, in violazione della riserva di legge relativa di cui all’art. 23 Costituzione (sentenza 7 aprile 2011 n. 115).

Il citato art. 54 del D.Lvo 267/2000, che nella sua versione originaria abilitava il Sindaco nella sua qualità di Ufficiale di governo ad emanare ordinanze contingibili ed urgenti per eliminare gravi pericoli a livello locale che minaccino l'incolumità pubblica, è stata oggetto di una incisiva riforma ad opera del D.L. 92/08 convertito in legge 125/08 ed esteso anche alla "sicurezza urbana", meglio definita dal decreto del Ministero dell'interno in data 5 agosto 2008 (come bene pubblico da tutelare, in ambito locale, attraverso attività poste a difesa del rispetto delle norme che regolano la convivenza civile al fine di migliorare le condizioni di vivibilità dei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale) ed intesa dalla Consulta come da riferire esclusivamente alla tutela della sicurezza pubblica ed in funzione delle relative attività di prevenzione e repressione dei reati (Corte Costituzionale, 1° luglio 2009, n. 196).

Infatti, la titolazione del decreto-legge n. 92 del 2008 richiama in modo esplicito la "sicurezza pubblica" e, nelle premesse del citato decreto ministeriale, oltre a venire chiaramente esclusa dall’ambito normativo di riferimento la polizia amministrativa locale, si cita anche in maniera espressa, a suo fondamento giuridico, il secondo comma, lettera h), dell'art. 117 Costituzione il quale, secondo la giurisprudenza della Consulta, attiene appunto alla prevenzione dei reati e alla tutela dei primari interessi pubblici sui quali si regge l'ordinata e civile convivenza nella comunità nazionale (sentenze n. 237 e n. 222 del 2006, n. 383 del 2005).

In sintesi, il potere in questione può essere legittimamente esercitato, quale immanente prerogativa sindacale di provvedere in via d’urgenza e contingibile alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica, nonché quando la violazione delle norme che tutelano i beni previsti dal DM del 5 agosto 2008 (situazioni di degrado o isolamento, tutela del patrimonio pubblico e della sua fruibilità, incuria ed occupazione abusiva di immobili, intralcio alla viabilità o alterazione del decoro urbano) non assuma rilevanza solo in sé stessa (poiché in tal caso soccorrono gli strumenti ordinari) ma qualora possa costituire la premessa per l'insorgere di fenomeni di criminalità suscettibili di minare la sicurezza pubblica, dato che, in tal caso, vengono in rilievo interessi che vanno oltre le normali competenze di polizia amministrativa locale.

Soltanto nelle illustrate ipotesi il Sindaco dunque, in qualità di ufficiale di governo, assume il ruolo di garante della sicurezza pubblica e può provvedere, sotto il controllo prefettizio ed in conformità delle direttive del Ministero dell'interno, alle misure necessarie a prevenire o eliminare i gravi pericoli che la possano minacciare.

Da tanto consegue che il potere sindacale di ordinanza ex art. 54 D.Lvo 267/2000 non può avere una valenza "creativa" ma deve limitarsi a prefigurare misure che assicurino il rispetto di norme ordinarie volte a tutelare l'ordinata convivenza civile, tutte le volte in cui dalla loro violazione possano derivare gravi pericoli per l’ordine pubblico e per la sicurezza pubblica, quale però non è nel concreto la fattispecie in esame e nella quale non è ravvisabile una siffatta “urgenza qualificata”.

6.- Alla luce delle suddette premesse dalle quali non è dato evincere specifici e immediati pericoli per la sicurezza o la salute pubblica e con riguardo alla esposta situazione di fatto circoscritta alla persistenza delbox in argomento per il decoro di via Campania, il provvedimento gravato si manifesta, non solo esorbitante ed eccessivo, ma anche sproporzionato in relazione al principio di realtà nel fronteggiare una vicenda che si palesa soltanto per essere una circostanza di omessa manutenzione da parte della ricorrente concessionaria.

In proposito, quanto alla tipologia del box, va ricordato che tale modulo venne a suo tempo assentito dall’amministrazione comunale e, in base alle delibere consiliari n. 33 del 21.3.2011 e n. 130 del 3.8. 2011 (concernenti regolamento per l’occupazione di suolo pubblico per l’installazione ed esercizio di chioschi), detto box è stato classificato tra quelli “da sostituire”.

Il gravato provvedimento straordinario, in luogo del mezzo ordinario, ha l’effetto eccedente di privare per sempre l’appellante (in quanto box non più esistente) della possibilità di adeguarsi mediante la sostituzione del manufatto attuale con uno di struttura conforme alle caratteristiche regolamentari e così consentire le condizioni minime di vita ad un soggetto in disagiate condizioni economiche.

Inoltre, relativamente all’addebitato degrado ambientale, non si può mancare di ricordare che la ricorrente si è trovata in condizione di impedimento per un anno e che il proprietario del sito è il Comune, laddove l’usuaria non può essere chiamata a risponderne senza la concreta verifica, da parte dell’amministrazione, della condotta colpevole, commissiva od omissiva.

Da qui discende, non versandosi in ipotesi di legittimo ricorso allo strumento dell'ordinanza contingibile ed urgente, che non si giustifica neppure l'omissione della comunicazione di avvio del procedimento.

7.- Conclusivamente, il ricorso deve essere accolto con l’annullamento dell’ordinanza sindacale impugnata, non rinvenendosi in particolare immediati pericoli alla salute pubblica e dovendo ricondursi l’adempimento imposto di rimozione del box esclusivamente nell'ambito dell’ordinario rapporto concessorio vigente.

In derivazione, deve essere quindi affermata l’estromissione dal giudizio della parte statale costituita.

Si devono inoltre ritenere assorbite le altre censure contenute nell'atto introduttivo del presente gravame, non esaminate.

Va infine respinta la domanda risarcitoria, in quanto il censurato comportamento comunale non si è sostanziato in un concreto elemento di danno per l’appellante e, comunque, per non essere stati da lei forniti e provati i necessari elementi di riscontro.

Le spese di lite relative al doppio grado di giudizio vanno poste a carico del Comune di Battipaglia soccombente, mentre meritano di essere integralmente compensate rispetto alle amministrazioni statali resistenti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, dichiara il difetto di legittimazione passiva dei Ministeri resistenti, accoglie in parte l’appello e, in riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, n. 1098 del 15 maggio 2013, accoglie in parte il ricorso di primo grado, rigetta la domanda risarcitoria.

Condanna il Comune di Battipaglia al pagamento delle spese di lite relative al doppio grado di giudizio, che si liquidano a favore della ricorrente nella misura di € 3.000,00 (euro tremila/00), con integrale compensazione delle spese di giudizio nei confronti delle amministrazioni statali resistenti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Stefano Baccarini, Presidente

Maurizio Meschino, Consigliere

Vito Carella, Consigliere, Estensore

Claudio Contessa, Consigliere

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il **/10/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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