Monday 23 September 2013 16:28:09

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Il difetto di notificazione del decreto di occupazione di urgenza e/o di esproprio non incide sulla sua legittimità, né inficia – una volta che sia stato emesso il decreto di esproprio – la legittimità del procedimento espropriativo

nota del Prof. Avv. Enrico Michetti a sentenza del Consiglio di Stato

L’art. 22-bis DPR n. 327/2001 (introdotto dal d. lgs. n. 302/2002), prevede, in particolare, che: “qualora l'avvio dei lavori rivesta carattere di particolare urgenza, tale da non consentire, in relazione alla particolare natura delle opere, l'applicazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 dell' articolo 20, può essere emanato, senza particolari indagini e formalità, decreto motivato che determina in via provvisoria l'indennità di espropriazione, e che dispone anche l'occupazione anticipata dei beni immobili necessari. Il decreto contiene l'elenco dei beni da espropriare e dei relativi proprietari, indica i beni da occupare e determina l'indennità da offrire in via provvisoria. Il decreto è notificato con le modalità di cui al comma 4 e seguenti dell' articolo 20 con l'avvertenza che il proprietario, nei trenta giorni successivi alla immissione in possesso, può, nel caso non condivida l'indennità offerta, presentare osservazioni scritte e depositare documenti” (comma 1). Il Collegio nella sentenza in esame ha quindi rilevato che, anche alla luce del testo dell’art. 22 – bis, la notificazione del decreto di occupazione, lungi dall’acquisire non tanto la natura di elemento “integratore” della legittimità dell’atto, quanto la veste di condizione per la legittima produzione degli effetti di questo, si pone come elemento estraneo all’atto stesso e alla produzione di effetti da esso derivanti “secundum legem”, e costituisce esclusivamente una forma di comunicazione del provvedimento emesso dall’amministrazione al suo destinatario, esclusa ogni natura recettizia dell’atto, implicante come tale una diversa e possibile decorrenza dei suoi effetti. Come è stato già chiarito dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (Cons. St., sez. IV, n. 1668/2007), il vizio (o il difetto) della notifica del decreto di esproprio e/o di occupazione non incide sulla legittimità del provvedimento, quanto sulla opponibilità dello stesso al destinatario e sulla effettiva decorrenza dei termini posti a disposizione dell’espropriando per esercitare il suo diritto alla tutela, in particolare giurisdizionale.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale**** del 2010, proposto da:

Speranza 2006 Societa' Semplice, rappresentato e difeso dall'avv. Pietro Greco, con domicilio eletto presso Brancadoro Mirabile Studio in Roma, via Borgognona n.47;

 

contro

 

Regione Piemonte;

S.C.R. Piemonte S.p.A. - Societa' di Committenza Regione Piemonte S.p.A., rappresentato e difeso dagli avv. Sergio Viale, Mario Contaldi, Alessandro Sciolla, con domicilio eletto presso Mario Contaldi in Roma, via Pierluigi da Palestrina, 63;

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PIEMONTE - TORINO: SEZIONE I n. 03711/2009, resa tra le parti, concernente IMMISSIONE IN POSSESSO E OCCUPAZIONE DI TERRENI - RIS. DANNI

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di S.C.R. Piemonte S.p.A. - Societa' di Committenza Regione Piemonte S.p.A.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2012 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Pietro Greco e Alessandro Sciolla;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

1. Con l’appello in esame, la società semplice Speranza 2006 impugna la sentenza 21 dicembre 2009 n. 3711, con la quale il TAR per il Piemonte, sez. I, ha in parte dichiarato inammissibile, in parte rigettato il suo ricorso volto all’accertamento della illecita occupazione appropriativa attuata da ARES Piemonte (Agenzia delle strade del Piemonte) di suoli in San Raffaele Cimena, nonché alla conseguente condanna al risarcimento del danno.

In via subordinata, la predetta società aveva anche impugnato alcuni atti del procedimento espropriativo, quali la dichiarazione di pubblica utilità ed il decreto di occupazione di urgenza.

La sentenza appellata afferma in particolare:

a) quanto alla domanda di accertamento e condanna, senza impugnazione di atti, “la domanda di risarcimento del danno derivante da provvedimenti non fatti oggetto di impugnativa giurisdizionale è ammissibile, ma è infondata nel merito in quanto l’omessa impugnazione consente all’atto fonte del preteso danno di operare in modo precettivo, dettando la regola del caso concreto, autorizzando la produzione dei relativi effetti ed imponendone l’osservanza ai consociati, e impedisce che il danno possa essere considerato ingiusto o illecita la condotta tenuta dall’amministrazione in esecuzione dell’atto medesimo”;

b) la mancanza di notifica del decreto di occupazione può incidere “eventualmente sulla decorrenza del termine per l’impugnazione”, ma non sulla legittimità del citato decreto, “atteso che la notifica è una forma qualificata di comunicazione del provvedimento, ma non ne rappresenta elemento costitutivo”;

c) quanto alla “particolare urgenza” che costituisce presupposto per l’emanazione del relativo decreto, ex art. 22bis DPR n. 327/2001, quest’ultimo, oltre che essere congruamente motivato nel caso di specie, comunque “non abbisogna di specifica motivazione, essendo sufficiente il richiamo alla dichiarazione di pubblica utilità, che ne costituisce l’unico presupposto”;

d) né costituisce illegittimità l’omessa comunicazione dell’avviso di immissione in possesso, posto che l’espropriante ha svolto ogni possibile attività per effettuare la notifica; che la proprietaria “era stata ampiamente coinvolta nelle vicende procedimentali inerenti l’occupazione dei suoi terreni e in tale sede aveva avuto modo di esprimere ogni rilievo di suo interesse”; ed infine che non è dimostrata l’utilità della partecipazione procedimentale;

e) infine, “la pretesa alla liquidazione del danno provocato dall’occupazione d’urgenza . . . deve essere dichiarata inammissibile per difetto di giurisdizione,m in quanto rientrante nella competenza giurisdizionale attribuita al giudice ordinario . . . in materia di indennizzo da attività lecita”.

Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello (come desunti dal relativo ricorso, pagg. 9 – 48):

a) error in iudicando sulla domanda principale; violazione e falsa applicazione dell’art. 360, n. 1, per violazione delle norme sulla giurisdizione; erroneità della sentenza in punto di declaratoria di inammissibilità della domanda per carenza di giurisdizione sul presunto accertamento della condotta lecita attuata dall’ente e del rigetto della domanda diretta di risarcimento danni, previo accertamento della natura illecita e dell’occupazione materiale abusiva; ciò in quanto “rigettare la domanda nel merito “sul presupposto errato ed erroneo che l’illiceità della condotta e del risarcimento danni discendano dalla mancata impugnazione ed annullamento dell’atto amministrativo, equivale concretamente a denegare la propria giurisdizione ed importa la violazione delle norme sulla giurisdizione”;

b) error in iudicando, poiché le violazioni di norme di legge prescriventi la notifica del decreto di occupazione “non comportano semplicemente un attentato ai poteri partecipativi del privato ed al contraddittorio procedimentale, ma attentano direttamente all’istituto proprietario ed al sistema di guarentigie del cittadino – proprietario”, non essendo possibile che “il proprietario possa subire che i propri beni vengano legittimamente trasformati e in modo irreversibile dalla mano pubblica e dal soggetto espropriante senza avere ricevuto la notifica di alcun atto” (v. in particolare, pagg. 18 – 30 app.);

c) error in iudicando, poiché “è evidente l’errore giudiziale valutativo in punto di colpa specifica dell’occupante” anche “per la manifesta negligenza e imprudenza che ha caratterizzato la condotta nell’accertamento della ragione sociale e sede sociale della proprietaria e del domicilio ove indirizzare le notifiche, gli avvisi, le comunicazioni”; ciò in quanto “l’esatto nominativo della società era ben identificato nelle visure catastali che indicavano – ed indicano – unicamente il nominativo ed il codice fiscale della società semplice Speranza 2006 . . . da questi elementi l’ARES avrebbe dovuto desumere con la ordinaria diligenza oltreche l’esatta ragione sociale . . . (anche) la sede sociale in Brandizzo, via Piave, 12”;

d) error in iudicando, sulla domanda subordinata; ciò in quanto vi è: d1) “illegittimità del progetto definitivo per omesso o invalido avviso di avvio del procedimento e deposito atti”; d2) illegittimità del decreto di occupazione di urgenza per illegittimità derivata dall’omessa notifica del decreto stesso e degli avvisi di immissione in possesso; d3) sussiste l’utilità della partecipazione procedimentale e, in particolare, non rileva che la cava non fosse attiva all’atto dell’immissione in possesso; d4) l’ARES ha utilizzato i materiali dell’attività estrattiva “dopo l’occupazione e senza autorizzazione del proprietario e questi ha pieno diritto al ristoro anche di questa rilevante voce di danno”.

Si è costituito in giudizio la Società di committenza Regione Piemonte s.p.a. – SCR Piemonte s.p.a., che ha concluso richiedendo comunque il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

All’udienza di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

2. L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Occorre ricordare che l’attuale appellante, con il ricorso instaurativo del giudizio di I grado ha proposto due domande:

- la prima, in via principale, tendente ad ottenere il risarcimento del danno da procedura espropriativa che si asserisce illegittima, senza alcuna impugnazione previa di atti amministrativi;

- la seconda, in via subordinata, tendente ad ottenere anch’essa il risarcimento del danno, ma previa impugnazione di alcuni atti del procedimento espropriativo, quali la dichiarazione di pubblica utilità ed il decreto di occupazione di urgenza.

A fronte di ciò, con il primo motivo di appello, la società Speranza deduce error in iudicando sulla domanda principale; violazione e falsa applicazione dell’art. 360, n. 1, per violazione delle norme sulla giurisdizione; erroneità della sentenza in punto di declaratoria di inammissibilità della domanda per carenza di giurisdizione sul presunto accertamento della condotta lecita attuata dall’ente e del rigetto della domanda diretta di risarcimento danni, previo accertamento della natura illecita e dell’occupazione materiale abusiva.

Secondo l’appellante, rigettare la domanda nel merito “sul presupposto errato ed erroneo che l’illiceità della condotta e del risarcimento danni discendano dalla mancata impugnazione ed annullamento dell’atto amministrativo, equivale concretamente a denegare la propria giurisdizione ed importa la violazione delle norme sulla giurisdizione”.

Orbene, in disparte ogni considerazione sulla possibile “cumulabilità” con il medesimo ricorso – anche in epoca antecedente l’entrata in vigore del Codice del processo amministrativo – di una azione cd. “diretta” di risarcimento del danno e della medesima azione, previo esercizio dell’azione di annullamento, occorre osservare che la sentenza impugnata, se ha per un verso respinto la domanda di risarcimento del danno proposta in via principale, ha altresì respinto nel merito anche il ricorso avverso i provvedimenti del procedimento espropriativo, e dunque la domanda di risarcimento proposta in via subordinata.

In definitiva, il I giudice si è comunque espresso sulla domanda di risarcimento del danno, con la conseguenza che, se questo non è stato ritenuto sussistente per essere stati considerati legittimi i provvedimenti del procedimento espropriativo, certo non può giungersi a diversa conclusione nel caso in cui (come tipicamente nell’azione di risarcimento del danno in via principale) l’accertamento della illegittimità degli atti del medesimo procedimento espropriativo avviene in via incidentale.

Da ciò discende che il primo motivo di appello (sub a) dell’esposizione in fatto):

- per un verso, non appare sorretto da apprezzabile interesse, in relazione alla verifica dell’error in iudicando lamentato, consistente nel censurare che rigettare la domanda “sul presupposto errato ed erroneo che l’illiceità della condotta e del risarcimento danni discendano dalla mancata impugnazione ed annullamento dell’atto amministrativo, equivale concretamente a denegare la propria giurisdizione ed importa la violazione delle norme sulla giurisdizione”;

- per altro verso, non appare fondato, posto che – come è stato rilevato anche dall’appellata – l’omessa impugnazione dei provvedimenti amministrativi non opera come preclusione alla tutela risarcitoria cd. diretta (ora peraltro esplicitamente ammessa dall’art. 30 Cpa), bensì come fatto da considerare in sede di merito ai fini del giudizio sulla sussistenza e consistenza del pregiudizio risarcibile (Cons. Stato, Ad. Plen., n. 3/2011).

 

 

3. Anche il secondo ed il terzo motivo di appello (sub lett. b) e c) dell’esposizione in fatto) sono infondati.

Con lo stesso – e con ampia esposizione di argomentazioni (v. pagg. 18 – 30 appello), l’appellante sostiene che – contrariamente a quanto affermato nella sentenza di I grado - le violazioni di norme di legge prescriventi la notifica del decreto di occupazione “non comportano semplicemente un attentato ai poteri partecipativi del privato ed al contraddittorio procedimentale, ma attentano direttamente all’istituto proprietario ed al sistema di guarentigie del cittadino – proprietario”, non essendo possibile che “il proprietario possa subire che i propri beni vengano legittimamente trasformati e in modo irreversibile dalla mano pubblica e dal soggetto espropriante senza avere ricevuto la notifica di alcun atto”.

Da ciò deriverebbe, in sostanza, che, laddove l’art. 22-bs DPR n. 327/2001 prescrive la notifica del decreto di occupazione di urgenza, introduce una regola procedimentale il cui mancato rispetto, per un verso, rende illegittimo l’atto e dunque, una volta annullato quest’ultimo, priva i suoi effetti della “copertura” derivante dalla presunzione di legittimità e dunque, in ultima istanza, rende illecito il comportamento dell’amministrazione.

Posto che la parte appellata sostiene di non avere potuto procedere alla notifica dell’atto per sostanziale irreperibilità della società Speranza 2006, nonostante le ricerche effettuate (v. pagg. 24 – 29 memoria 10 gennaio 2012), il Collegio non ritiene di doversi soffermare sulla questione della reperibilità della società proprietaria del bene oggetto di occupazione, dato che il difetto di notificazione del decreto di occupazione di urgenza non integra una illegittimità di questo, né inficia in via derivata – una volta che sia stato emesso il decreto di esproprio – la legittimità del procedimento espropriativo.

L’art. 22-bis DPR n. 327/2001 (introdotto dal d. lgs. n. 302/2002), prevede, in particolare, che:

“qualora l'avvio dei lavori rivesta carattere di particolare urgenza, tale da non consentire, in relazione alla particolare natura delle opere, l'applicazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 dell' articolo 20 , può essere emanato, senza particolari indagini e formalità, decreto motivato che determina in via provvisoria l'indennità di espropriazione, e che dispone anche l'occupazione anticipata dei beni immobili necessari. Il decreto contiene l'elenco dei beni da espropriare e dei relativi proprietari, indica i beni da occupare e determina l'indennità da offrire in via provvisoria. Il decreto è notificato con le modalità di cui al comma 4 e seguenti dell' articolo 20 con l'avvertenza che il proprietario, nei trenta giorni successivi alla immissione in possesso, può, nel caso non condivida l'indennità offerta, presentare osservazioni scritte e depositare documenti” (comma 1).

Orbene, il Collegio rileva che, anche alla luce del testo dell’art. 22 – bis, la notificazione del decreto di occupazione, lungi dall’acquisire non tanto la natura di elemento “integratore” della legittimità dell’atto, quanto la veste di condizione per la legittima produzione degli effetti di questo, si pone come elemento estraneo all’atto stesso e alla produzione di effetti da esso derivanti “secundum legem”, e costituisce esclusivamente una forma di comunicazione del provvedimento emesso dall’amministrazione al suo destinatario, esclusa ogni natura recettizia dell’atto, implicante come tale una diversa e possibile decorrenza dei suoi effetti.

Come è stato già chiarito dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (Cons. St., sez. IV, n. 1668/2007), il vizio (o il difetto) della notifica del decreto di esproprio e/o di occupazione non incide sulla legittimità del provvedimento, quanto sulla opponibilità dello stesso al destinatario e sulla effettiva decorrenza dei termini posti a disposizione dell’espropriando per esercitare il suo diritto alla tutela, in particolare giurisdizionale.

 

 

4. Le ragioni esposte al precedente punto 3 contribuiscono a sorreggere anche la reiezione del quarto motivo di appello (sub d) dell’esposizione in fatto), con particolare riguardo alla doglianza riportata sub d2), dove si lamenta l’illegittimità del decreto di occupazione derivante dall’omessa notifica del decreto stesso e degli avvisi di immissione in possesso.

Analoghe considerazioni possono essere, inoltre, svolte per la dedotta “illegittimità del progetto definitivo per omesso o invalido avviso di avvio del procedimento e deposito atti”. Quanto a tale doglianza, deve essere rilevato che l’appellante non lamenta la mancata pubblicazione, quanto una incompletezza dell’indicazione dei documenti depositati, poiché non si farebbe cenno del “deposito dell’essenziale progetto dell’opera” (v. pag. 40 app.).

Rileva il Collegio come tale doglianza, oltre a non incidere sulla legittimità dell’atto, non incide in ogni caso sulle istanze partecipative al procedimento dei proprietari espropriandi, posto che questi ultimi risultano certamente edotti del procedimento avviato e che interessa gli immobili di loro proprietà attraverso il piano particellare di esproprio, ed ogni ulteriori informazione può essere assunta presso l’amministrazione.

Quanto alla lamentata utilizzazione dei materiali dell’attività estrattiva “dopo l’occupazione e senza autorizzazione del proprietario”, di modo che questi “ha pieno diritto al ristoro anche di questa rilevante voce di danno”, il Collegio rileva sia l’individuazione del momento della assunta utilizzazione della cava (in momento successivo all’occupazione, e dunque allorchè – per le ragioni esposte – l’amministrazione era nella legittima disponibilità del fondo), sia il difetto di prova in ordine a tale evento.

Per tutte le ragioni sin qui esposte, l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello proposto dalla società Speranza 2006 (n. 5499/2006 r.g.), lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Condanna l’appellante al pagamento, in favore della parte appellata costituita, delle spese, diritti ed onorari di giudizio, che liquida in complessivi Euro 5.000,00 (cinquemila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2012 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Gaetano Trotta, Presidente

Raffaele Greco, Consigliere

Fabio Taormina, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il **/09/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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