Monday 07 October 2013 19:03:04

Giurisprudenza  Patto di Stabliità, Bilancio e Fiscalità

Danno erariale: sussiste la colpa grave del Segretario generale anche per la sola violazione dei generali doveri di diligenza incombenti sul funzionario per motivi di servizio

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza della Corte dei Conti

E' stata riformata dalla Corte dei Conti, Sez. II giurisdizionale Centrale di Appello la sentenza che in primo grado aveva assolto il Segretario Generale per il danno pari alle maggiori spese sostenute a causa del ritardato pagamento di un debito del Comune di Formia di cui il convenuto era appunto Segretario generale. Più precisamente, tali maggiori spese erano pari alla differenza tra l’importo pagato dal Tesoriere Comunale ad una ditta privata a seguito di decreto ingiuntivo e di procedura esecutiva di pignoramento e l’importo dovuto a tale ditta, per lavori effettuati nell’interesse del Comune suddetto.La Corte dei Conti, in appello ha rilevato come non occorre la violazione di specifiche disposizioni di legge per configurare la colpa grave, che sussiste anche nel caso di violazione dei generali doveri di diligenza incombenti sul funzionario per motivi di servizio, sempreché ovviamente vi sia un elevato scostamento tra la condotta doverosa e quella in concreto tenuta.In specie, al Segretario Comunale – ai sensi degli artt. 88 e 93 D.Lgs. 267/2000 – incombono nello svolgimento dei suoi compiti i generali doveri di diligenza sanciti per i pubblici dipendenti, in specie di tutela dell’interesse patrimoniale dell’amministrazione, e di garanzia di legalità e del buon andamento della pubblica amministrazione. La verifica, quindi, che svolge la Corte dei Conti sta nell'accertare se nella concreta fattispecie vi sia stato un elevato scostamento tra la condotta che avrebbe dovuto tenere un qualsiasi segretario comunale nella concreta fattispecie in esame e la condotta di fatto tenuta: il che è stato negato dalla sentenza impugnata, che afferma sussistere una semplice ed occasionale violazione della “normale” diligenza e quindi una colpa semplice e non grave.Per accedere al testo integrale della sentenza della Corte dei Conti cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

REPUBBLICAITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE SECONDA GIURISDIZIONALE

CENTRALE DI APPELLO

Nelle persone dei seguenti magistrati:

Gabriele           De Sanctis                               Presidente

Stefano            Imperiali                                  Consigliere

Angela             Silveri                                      Consigliere

Luigi                Cirillo                                      Consigliere relatore

Daniela Acanfora                                 Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sull’appello iscritto al n.***** del registro di segreteria, depositato il 12.1.2007, proposto avverso la sentenza n. 2051/06 della Sezione giurisdizionale per la regione Lazio,  depositata il 25.10.2006

DA

IL PROCURATORE REGIONALE PRESSO LA SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LAZIO DELLA CORTE DEI CONTI

domiciliato per la carica in Roma, alla Via Baiamonti n.25

APPELLANTE

CONTRO

Giacinto MONTAZZOLI

rappresentato e difeso dall’avvocato Pasquale Varone e con lui domiciliato in Roma, Lungotevere della Vittoria n.9, giusta procura speciale depositata il 12.2.2013 autenticata per atto del Notaio Antonio Terracciano di Afragola, repertorio n, 24417 in data 23.1.2013

APPELLATO

Visti gli atti ed i documenti di causa.                                    

Uditi nella pubblica udienza del giorno 21 marzo 2013 il relatore consigliere Luigi Cirillo, nonché il Vice Procuratore Generale Alessandra Pomponio, che contestava le avverse eccezioni – di inammissibilità della citazione per mancata indicazione dei profili di colpa grave, per difformità con l’invito a dedurre, per mancato avviso del diritto di audizione personale, di prescrizione dell’azione di responsabilità, di mancanza di colpa grave – e si riportava all’appello chiedendone l’accoglimento con riforma della sentenza impugnata e vittoria delle spese di lite; nonché il difensore costituito del Montazzoli, Avv. Pasquale Varone, che si riportava agli scritti difensivi, affermando che la condotta del suo assistito non era legata da nesso causale con il danno e non era caratterizzata da colpa grave e chiedendo la conferma  della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1 – Con l’impugnata sentenza n. 2051/2006 depositata il 25.10.2006, la Sezione Giurisdizionale per il Lazio assolveva (con compensazione di spese) Giacinto Montazzoli dal contestato danno di € 2.766,89 (oltre rivalutazione, interessi e spese), pari alle maggiori spese sostenute a causa del ritardato pagamento di un debito del Comune di Formia di cui il convenuto era Segretario generale. Più precisamente, tali maggiori spese erano pari alla differenza tra l’importo pagato dal Tesoriere Comunale ad una ditta privata in data 23.12.1997 – a seguito di decreto ingiuntivo e di procedura esecutiva di pignoramento – e l’importo dovuto a tale ditta, per lavori effettuati nell’interesse del Comune suddetto.

Anzitutto, la sentenza dava brevemente atto del contenuto della citazione, che contestava al Montazzoli la inosservanza dei propri minimi doveri di segretario generale, sia per la scarsa collaborazione con la Procura (che aveva dovuto assumere informazioni con la Guardia di finanza) sia per avere trasmesso ai responsabili di tale maggiore spesa atti di costituzione in mora per posta ordinaria anziché per raccomandata con A.R.. 

Quindi, la sentenza respingeva le varie eccezioni di rito e di merito formulate dalla difesa (inammissibilità della citazione, carenza di legittimazione passiva e difetto del nesso di causalità, prescrizione dell’azione), affermando la “sostanziale unitarietà e fondatezza dell’azione” (pag. 6 dell’appello) sulla scorta di una motivazione omnicomprensiva. In sostanza, si evidenziava che – sebbene la citazione riconducesse il danno “da maggiore spesa” a condotte di soggetti diversi dal Montazzoli, che avevano determinato il ritardato pagamento e quindi le maggiori spese in contestazione (per la mancata copertura finanziaria dei nuovi lavori, la mancata predisposizione di una perizia di variante, l’inerzia dopo l’emissione del decreto ingiuntivo) – tuttavia, sia la citazione sia l’invito a dedurre indicavano un diverso titolo della pretesa nei confronti del Montazzoli, legato da uno stretto collegamento strumentale con le condotte dei terzi, ma più “recente” e legato da specifico nesso causale con un danno coincidente ma conseguenziale: ovvero la perdita del diritto al risarcimento del danno, a causa della irrituale comunicazione – agli originari responsabili del danno – delle lettere di costituzione in mora, trasmesse dal Montazzoli per posta ordinaria e quindi inefficaci ai fini della interruzione della prescrizione.

Peraltro, la sentenza assolveva nel merito il convenuto per mancanza dell’elemento soggettivo dell’illecito, in quanto  la trasmissione delle costituzioni in mora per posta semplice - pur essendo <<censurabile a titolo di “…inosservanza dei doveri di diligenza e perizia propri di un segretario generale…” - non ha quei caratteri di “colpa grave” presupposto necessario per l’azione di responsabilità; e ciò perché appare non la mancanza ad un preciso e puntuale dovere di servizio della carica rivestita (come appunto è intesa di norma “la colpa grave”), ma piuttosto la accidentale mancanza, pur censurabile, di una  normale generica avvedutezza e accortezza nell’operare>> (pag. 9 della decisione).

2 – In data 12.1.2007 la Procura Regionale presso la Sezione giurisdizionale per il Lazio depositava il proprio appello avverso la sentenza (notificato a controparte il 27.12.2006), nel quale chiedeva la riforma della sentenza di primo grado, con condanna del convenuto al risarcimento del danno erariale quantificato in prime cure in € 2.766,89 oltre interessi e rivalutazione monetaria.

Nel gravame il Pubblico Ministero riepilogava i fatti di causa dalla notizia di danno del 1.8.2001 in poi, nonché le contestazioni della Procura al Montazzoli, precisando che la condotta contestata all’appellato non era il ritardo nel pagamento (imputabile a terzi), bensì la negligente esecuzione delle attività a lui demandate dalla Procura Generale con nota V2001/02691/PCC del 26 novembre 2001, ovvero la costituzione in mora dei responsabili, in quanto egli aveva  provveduto a tale attività (come accertato dalla  Guardia di finanza) con note trasmesse per posta ordinaria ai presunti responsabili, dei quali (sentiti dalla Guardia di finanza) alcuni avevano negato di avere ricevuto tali note, altri avevano dichiarato di non ricordare, ed uno solo aveva ammesso di averla ricevuta (Avv. Bortone, che peraltro aveva espressamente dichiarato di non rinunziare alla prescrizione invocabile “alla data del 15.2.2002”).

Quindi – riepilogato il contenuto della sentenza di primo grado – il P.M. ne chiedeva la riforma con condanna del Montazzoli al pagamento di € 2.766,89 oltre interessi e rivalutazione, per i seguenti motivi.

a) Anzitutto, già il P.M. di udienza aveva precisato che sussisteva la colpa grave, considerato che l’incarico scritto conferito dal P.M. era preciso e  di semplice esecuzione, che la costituzione in mora aveva natura recettizia, onde andava comunicato con un mezzo utile a provarne la ricezione (a pena di inefficacia dell’atto),  e che tale atto non poteva essere delegato dal Sindaco per conflitto di interesse (egli era uno dei potenziali responsabili).

b) Inoltre, l’appello precisava che in giurisprudenza era pacifico che sul creditore gravasse l’onere di provare l’effettiva ricezione dell’atto da parte del destinatario.

c) Quindi, l’appello riteneva che i rischi (“esizialità”) di una comunicazione irrituale dovessero essere tenuti ben presenti dal Montazzoli, non  solo perché essi erano comprensibili da chiunque (non intelligere quod omnes intelligunt) ma anche per la sua qualifica di segretario comunale, garante della correttezza e legittimità dell’azione dell’ente locale (Sez. giur. reg. Lombardia, sent. n. 1286/2004) e tenuto a specifici compiti di consulenza tecnico-amministrativa (Sez. giur. reg. Lombardia, sent. n. 185/2005).

d) L’appello richiamava poi la giurisprudenza secondo cui la gravità della colpa (intesa come concetto normativo, ovvero come elevato grado di antidoverosità della condotta) discendeva dal confronto tra il comportamento tenuto e quello doveroso non solo in relazione a specifiche disposizioni normative, ma anche ai generali doveri di cautela, da valutarsi sia in riferimento ad un criterio oggettivo (standard di diligenza) sia soggettivo (cause concrete di scostamento dallo standard).

e) In conclusione, l’appello affermava non potersi condividere la sentenza impugnata nella parte in cui affermava la mancanza di colpa grave.

3 – Fissata l’ udienza del 7.3.2013 per la discussione del giudizio, il 12.2.2013 si costituiva per l’appellato l’Avvocato Pasquale Varone, depositando la procura speciale in epigrafe indicata ed una memoria di costituzione nella quale chiedeva il rigetto dell’appello con le consequenziali statuizioni sulle spese, per i seguenti motivi.

La memoria partiva da una ricostruzione della citazione del P.M. in primo grado e delle eccezioni difensive formulate in primo grado, in specie:

a) la inammissibilità della citazione, sia per l’incompletezza della causa petendi (essendo solo genericamente indicati i doveri di ufficio violati e non essendo precisata la condotta antigiuridica contestata, che nell’invito a dedurre era l’irrituale costituzione in mora) sia per l’omissione – nell’invito a dedurre – della facoltà di essere ascoltato personalmente (ex art.5 comma 1 D.L. 453/1993);

b) il difetto di legittimazione passiva per difetto di nesso causale tra condotte del convenuto e danno, in quanto, da un lato, il danno (ovvero le maggiori somme corrisposte per ritardato pagamento di lavori comunali ad una ditta privata) era stato cagionato da condotte di terzi (i sindaci, gli assessori e l’ordinatore dei lavori e della spesa) antecedenti all’ingresso in servizio del Montazzoli; dall’altro, anche volendo collegare il danno alla prescrizione maturata per la presunta irritualità della costituzione in mora effettuata dall’appellato, questi aveva trasmesso alla Procura regionale gli atti di costituzione in mora con nota dell’11.2.2002, dalla quale si evinceva che tali atti erano stati trasmessi per posta ordinaria, per cui a quell’epoca sarebbe stato ancora possibile agire nei confronti dei convenuti (dato che il pagamento dannoso era avvenuto il 23.12.1997),  laddove il P.M. aveva deciso di procedere ad ulteriore istruttoria facendo decorrere il termine prescrizionale, per poi “traslare” la responsabilità sul Montazzoli;

c) la prescrizione, in quanto tale danno si era verificato nel 1997 (data del pagamento delle maggiori somme suddette) e l’invito a dedurre del Montazzoli era stato emesso solo il 23.2.2005;

d) la mancanza di colpa grave, in quanto il convenuto, da un lato,  non era stato negligente o inerte, bensì aveva dato seguito alla richiesta della Procura Regionale di costituire in mora i responsabili, e l’art.1219 c.c. non prevedeva formalità particolari per tale atto, oltre quelle utilizzate dal convenuto (la forma scritta e la manifestazione della volontà del creditore di ottenere soddisfacimento del credito); dall’altro, era stato tratto in errore dal P.M., che nella sua richiesta non aveva precisato le formalità da seguire per l’attività demandata e comunque aveva invitato il convenuto ad una costituzione in mora comunque inefficace, perché non proveniente dal rappresentante dell’ente (il sindaco) bensì dal Segretario comunale.

Quindi, la memoria procedeva ad una ricostruzione del contenuto della sentenza di primo grado e dell’appello della Procura regionale  ed in punto didiritto motivava la sua richiesta di rigetto della domanda attorea come segue.

a) Anzitutto si eccepiva la inammissibilità dell’atto di appello per genericità dei motivi, ai sensi dell’art.98 R.D.1038/1933, in quanto  l’appello si limitava a richiamare le argomentazioni di primo grado circa la semplicità delle istruzioni date dal P.M. al Montazzoli, l’evidente necessità della spedizione delle costituzioni in mora con un mezzo che provasse la ricezione delle stesse, le funzioni di garanzia della correttezza dell’azione amministrativa incombenti al segretario generale, la necessità ai fini della colpa grave di un elevato scostamento tra la condotta dovuta e quella in concreto tenuta dall’agente; senza però chiarire perché la sentenza di primo grado errasse nell’individuare in tale condotta semplicemente una colpa lieve, ovvero la accidentale mancanza di una “generica avvedutezza ed accortezza nell’operare”.

b) Quindi, la difesa eccepiva la infondatezza dell’appello per mancanza di colpa grave,  in quanto (come evidenziato dalla sentenza appellata) il Montazzoli non aveva violato specifiche disposizioni normative relative alle funzioni di Segretario generale, e comunque aveva collaborato con la Procura costituendo in mora gli amministratori responsabili; inoltre, anche se l’appellato non aveva spedito ai responsabili del danno una raccomandata con avviso di ricevimento, ciò non poteva essere imputato a colpa grave in quanto l’atto di costituzione in mora non era assoggettato a forme particolari di comunicazione (secondo la giurisprudenza della Cassazione), e produceva il suo effetto interruttivo anche se spedito per posta ordinaria, potendosi anche in tal caso presumere che l’atto fosse stato ricevuto dai responsabili (uno dei quali, sentito dal P.M., lo aveva anche ammesso).

c) Infine, non poteva ritenersi provato il danno in contestazione (da prescrizione del credito), in mancanza di una sentenza che dichiarasse la prescrizione del diritto al risarcimento del Comune verso gli amministratori del Comune responsabili del danno.

4 – A seguito di un rinvio di ufficio con decreto presidenziale fuori udienza, la discussione del giudizio si teneva all’ udienza del 21.3.2013, nella quale, sentite le parti che concludevano come in epigrafe, la causa passava in decisione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1 – Va anzitutto dichiarata la tempestività dell’appello.

Infatti, la sentenza di primo grado risulta depositata il  25.10.2006 e  non notificata all’appellante.

Pertanto, ai sensi dell’art. 1, comma 1-quinquies del D.L. n.453 del 15.11.1993,  nella concreta fattispecie operavano i termini perentori di un anno dalla pubblicazione della sentenza per la proposizione dell’appello, e di 30 giorni successivi per il deposito; essendo stato notificato l’appello il giorno27.12.2006 e depositato il giorno 12.1.2007 , il gravame è ammissibile .

2 – Deve quindi essere respinta l’eccezione di inammissibilità dell’appello ex art.98 R.D. 1038/1933.

Invero, dal complesso dell’appello ben si comprende sotto quali profili il P.M. contesti l’affermazione della sentenza impugnata circa l’insussistenza di colpa grave, e quali regole e circostanze, ad avviso della Procura, fondano la gravità della colpa (con riferimento sia ai generali doveri di cautela, sia agli specifici doveri di servizio spettanti al Montazzoli in quanto Segretario comunale, sia alla particolare negligenza dimostrata nella concreta fattispecie: cfr. svolgimento del processo, § 2); il fatto, poi, che l’appello non specifichi le norme da cui discendono i doveri violati non implica inammissibilità del gravame, in base al noto principio dello iura novit curia.

– Va poi precisato che non possono accogliersi le eccezioni di rito e di merito proposte in primo grado circa l’inammissibilità della citazione, la prescrizione, il difetto di legittimazione passiva all’azione, il difetto di nesso causale, in quanto la sentenza le ha tutte implicitamente rigettate affermando la fondatezza dell’azione di responsabilità ed assolvendo il Montazzoli nel merito solo per difetto di colpa grave (cfr. svolgimento del processo, § 1), mentre la memoria difensiva non ha argomentato su tali questioni ai fini del rigetto dell’appello, limitandosi a riportare nella narrativa dei fatti le eccezioni proposte in primo grado, senza alcuna specifica critica in parte qua delle motivazioni della decisione, contestando specificamente solo la genericità dei motivi di appello, la insussistenza di colpa grave e di danno (cfr. svolgimento del processo, § 3). Senza considerare, comunque, che sono assolutamente corrette le motivazioni della sentenza di primo grado, secondo cui il titolo di responsabilità del Montazzoli – tanto in sede di invito a dedurre quanto in citazione – era la comunicazione della costituzione in mora ai responsabili con formalità inidonee ad interrompere la prescrizione dell’azione di responsabilità (così superando le eccezioni di rito e di merito prospettate in primo grado) ed il danno si era concretizzato nell’impossibilità di agire contro i responsabili per il recupero della maggiore spesa ingiustificata.

In altri termini, come precisato nella sentenza di primo grado, deve ritenersi che la citazione sia ammissibile e fondata sotto il profilo oggettivo, essendo accertato che il danno contestato – inteso fin dall’invito a dedurre non come maggiore spesa ma come sopravvenuta impossibilità di recupero della spesa illegittima – non è prescritto in quanto maturato nel 2002 (ovvero dopo la prescrizione dell’azione di responsabilità verso i responsabili originari della spesa ingiustificata sostenuta dal Comune di Formia nel  1997) e quindi è legato da nesso causale con la condotta del Montazzoli (legittimato passivo all’azione), ovvero la spedizione delle costituzioni in mora del 2002 senza una formalità idonea a provare la ricezione di tali atti.

4 – Tanto premesso, il presente giudizio si incentra solo sulle questioni specificamente oggetto dell’appello e non esaminate e non superate dalla sentenza predetta, ovvero la sussistenza di colpa grave e la liquidazione del danno, nonché il riparto dell’addebito ai fini della condanna.

5 – Partendo dalla sussistenza della colpa grave, già nella citazione si era evidenziato che il “comportamento causativo del danno” (spedizione di costituzione in mora ai responsabili di danno erariale, senza formalità idonee a provare la ricezione delle stesse, su incarico della Procura Generale) costituiva “grave inosservanza di questi minimi doveri di diligenza e perizia professionale che debbono collegarsi alla posizione di Segretario Generale di un ente locale”. La sentenza ha ritenuto che ciò costituisse solo una generica negligenza e non una “colpa grave” perché non nella concreta fattispecie vi era la violazione di uno “specifico e puntuale dovere di servizio” bensì una “accidentale mancanza” della “normale” e “generica” avvedutezza ed accortezza nell’operare.

L’appello, invece, afferma che la gravità della colpa non richiedesse necessariamente la violazione di specifici doveri di servizio, ma semplicemente la violazione dei generali doveri di cautela legati a quel servizio, unita ad un elevato scostamento tra la condotta doverosa e quella tenuta nella concreta fattispecie, da valutare sia sotto il profilo oggettivo sia sotto il profilo soggettivo; ed ha affermato che – nel caso in esame – la condotta tenuta si discostava in modo evidente da quella che avrebbe dovuto tenere un qualsivoglia segretario comunale, essendo evidente per chiunque la necessità di comunicare una costituzione in mora con formalità atte a comprovarne la ricezione, e soprattutto per un segretario comunale, garante della correttezza e legittimità dell’azione dell’ente locale (Sez. giur. reg. Lombardia, sent. n. 1286/2004) e tenuto a specifici compiti di consulenza tecnico-amministrativa (Sez. giur. reg. Lombardia, sent. n. 185/2005).

5.1 – In punto di diritto, diversamente da quanto affermato dalla difesa del Montazzoli (sia in primo grado che in appello), non occorre la violazione di specifiche disposizioni di legge per configurare la colpa grave, che sussiste anche nel caso di violazione dei generali doveri di diligenza incombenti sul funzionario per motivi di servizio, sempreché ovviamente vi sia un elevato scostamento tra la condotta doverosa  e quella in concreto tenuta.

In specie, al Segretario Comunale – ai sensi degli artt. 88 e 93 D.Lgs. 267/2000 – incombono nello svolgimento dei suoi compiti i generali doveri di diligenza sanciti per i pubblici dipendenti, in specie di tutela dell’interesse patrimoniale dell’amministrazione, e di garanzia di legalità e del buon andamento della pubblica amministrazione. Occorre, quindi, verificare se nella concreta fattispecie vi sia stato un elevato scostamento tra la condotta che avrebbe dovuto tenere un qualsiasi segretario comunale nella concreta fattispecie in esame e la condotta di fatto tenuta: il che è stato negato dalla sentenza impugnata, che afferma sussistere una semplice ed occasionale violazione della “normale” diligenza e quindi una colpa semplice e non grave.

5.2 – Nella concreta fattispecie, risulta pacifico tra le parti e comprovato in atti che:

- il Comune di Formia aveva sostenuto una maggiore spesa a causa del mancato pagamento di lavori, seguito da decreto ingiuntivo, pignoramento presso terzi ed assegnazione forzata, e quindi aveva pagato maggiori somme per interessi e spese di giudizio per € 2.766,89 (cfr. § 6); quindi, con nota del 28.11.2001 il P.M. aveva chiesto al  Montazzoli di costituire in mora i presunti responsabili della maggiore spesa suddetta (cfr. memoria Montazzoli di primo grado all. n.4 e fasc. P.M. di primo grado, doc. 1 e doc. 4 e relativi allegati);

- il Montazzoli aveva provveduto ad evadere la richiesta di messa in mora con note in data 11.2.2002, spedite ai presunti responsabili per posta ordinaria (senza avviso di ricevimento), e nuovamente con note del  19.12.2003, notificate ai presunti responsabili tramite messo comunale; le prime note erano state anche trasmesse al P.M. l’11.2.2002 (cfr. memoria Montazzoli di primo grado all. nn.6-7 e fasc. P.M. di primo grado, doc. 2 e relativi allegati, e doc. 4/all.18-19);

- quindi, la Procura aveva chiesto ulteriori chiarimenti istruttori con nota del 6.5.2002, cui il Montazzoli diede risposta il 22.7.2002 (cfr. fasc.Montazzoli di primo grado, all.8-9);

- infine, la Guardia di finanza aveva sentito i presunti responsabili, che avevano negato o non avevano riconosciuto con certezza di avere ricevuto la prima nota (dell’11.2.2002), tranne uno, che aveva ammesso di averla ricevuta, ma contestualmente aveva dichiarato di non rinunciare all’eccezione di prescrizione dell’azione di responsabilità (cfr. fasc. P.M. di primo grado, doc. 4/all.20).

5.3 – Tanto premesso, è indubbio che – come eccepito dalla difesa del Montazzoli – l’appellato aveva comunque proceduto ad inviare le costituzioni in mora ai presunti responsabili in tempo utile per evitare la prescrizione quinquennale (l’assegnazione delle somme è del 25.10.1997, le prime costituzioni in mota dell’11.2.2002) e che le norme civilistiche non impongono particolari formalità di comunicazione di questo atto ai fini della sua validità.

Tuttavia, è noto che non può opporsi al debitore la costituzione in mora se questi non ne ha avuto conoscenza; ovvero essa è un atto recettizio, che non produce i suoi effetti (in specie l’interruzione della prescrizione e la produzione di interessi moratori, ex art.1219, 1224 e 2943 cod. civ.) se non ricevuto dall’interessato. Del resto, la stessa giurisprudenza citata dall’appellato non nega quest’assunto, ma si limita a precisare che la prova della ricezione può essere data con mezzi diversi dall’esibizione dell’avviso di ricevimento di una raccomandata (ad esempio attestazioni dell’Ufficio postale, nella fattispecie peraltro assenti).

In altri termini, è ovvia regola di prudenza per qualsivoglia creditore (anche un privato), che intenda diffidare il debitore ad adempiere, precostituirsi la prova che quest’ultimo abbia ricevuto l’atto con cui lo si costituisce in mora, proprio per evitare che il debitore possa contestare di avere ricevuto tale atto (privandolo dei suoi effetti); così come è avvenuto nel caso in esame, in cui nessuno dei presunti responsabili (tranne uno) ha ammesso la ricezione della nota dell’11.2.2002. A maggior ragione tale dovere di cautela incombe su un Segretario comunale, dato che nell’ambito dei Comuni egli ha specifiche competenze tecnico-giuridiche (art.97 D.Lgs. 267/2000) e specifici requisiti professionali (artt.98 segg. D.Lgs. 267/2000), che impongono di presumere la sua conoscenza di tali principi, a prescindere da apposite sollecitazioni o indicazioni da parte di altri uffici.

Ne consegue che tale dovere di cautela può - al limite - ricondursi alla “normale” e “generica” avvedutezza ed accortezza richiesta ad un privato, ma assume invece un carattere di particolare cogenza ed evidenza per un Segretario comunale; quindi, si verifica un elevato scostamento tra regola di cautela ed il concreto comportamento qualora un Segretario comunale – nella fattispecie il Montazzoli – provveda alla costituzione in mora senza precostituirsi la prova della sua ricezione (con una raccomandata con avviso di ricevimento, o con altro mezzo idoneo, ad esempio con notificazione a mezzo di messo comunale, come lo stesso Montazzoli fece – tardivamente – con la seconda costituzione in mora del 19.12.2003).

Pertanto, in riforma della sentenza impugnata, deve ritenersi che sussista la colpa grave dell’appellato.

6 – Passando al danno, risulta in atti che il Comune di Formia aveva sostenuto una maggiore spesa a causa del mancato pagamento di lavori, seguito da decreto ingiuntivo, pignoramento presso terzi con assegnazione forzata, e quindi pagò maggiori somme per interessi e spese di giudizio per € 2.766,89 (somma pari alla conversione in Euro della differenza tra Lire 14.000.000, assegnate dal Pretore con provvedimento del 25.10.1997, e Lire 8.642563 di capitale dovuto al pignorante), per poi riconoscere la somma pagata come debito fuori bilancio con delibera n.58 del 16.7.1999 (cfr. memoria Montazzoli di primo grado all. n.4 e fasc. P.M. di primo grado, doc. 1 e doc. 4 e relativi allegati). E’ incontestato tra le parti (fin dal primo grado) che la maggiore spesa fosse illegittima e quindi dannosa.

La citazione ha chiesto la condanna dell’appellato al pagamento di questa somma, indicando come condotta dannosa del Montazzoli l’erronea comunicazione della costituzione in mora dei responsabili della maggiore spesa, e la conseguente prescrizione; e, quindi, la sentenza impugnata ha ritenuto che il danno imputabile alla condotta negligente del Montazzoli consista nell’impossibilità di ottenere il risarcimento di questa maggiore spesa, senza tuttavia nulla precisare circa la liquidazione di tale danno ed il riparto dell’addebito della stessa, questioni oltre esaminate (§ 7). La difesa dell’appellato, invece, eccepisce che non potrebbe ritenersi provato il danno suddetto (da prescrizione del credito), in mancanza di una sentenza dichiarativa della prescrizione del diritto al risarcimento del Comune verso gli amministratori del Comune responsabili del danno.

6.1 – In ordine a tali questioni, è indubbio che il danno indicato nella sentenza di primo grado coincide per importo e trova fonte e causa nel danno da maggiore spesa ingiustificata; tuttavia, esso se ne distingue, perché si concreta nell’impossibilità di recuperare dai responsabili le maggiori spese indebitamente sostenute, a causa della prescrizione del diritto al risarcimento dovuta alla negligente condotta dell’appellato in occasione della costituzione in mora. E’ altresì indubbio che – mentre il danno da maggiore spesa è un mero danno finanziario documentalmente comprovato – il danno da perdita del diritto al risarcimento è presunto, in quanto il P.M. non ha agito nei confronti dei responsabili e non vi è stata una sentenza, e quindi manca allo stato un positivo accertamento di tale perdita (infatti, teoricamente i responsabili avrebbero potuto non eccepire la prescrizione o avrebbe potuto comunque essere provata la comunicazione della costituzione in mora in altro modo, ad esempio con dichiarazioni rese dagli interessati).

Tuttavia, ciò non implica che il danno in esame non possa essere accertato e provato in questa sede in via logica, ovvero per presunzioni, ex artt.2727-2729 cod. civ., con una valutazione probabilistica della inutilità dell’esperimento di azioni giudiziarie nei confronti dei responsabili della maggiore spesa, a causa dell’irritualità della costituzione in mora.

Nel caso in esame, non solo mancano nel fascicolo di causa gli avvisi di ricevimento delle costituzioni in mora o altre prove positive della consegna di tali atti ai presunti responsabili; ma in sede di audizioni della Guardia di Finanza i presunti responsabili hanno o negato di avere ricevuto la costituzione in mora dell’11.2.2002 o dichiarato di non ricordare con certezza (tranne uno, che ha ammesso la ricezione, ma facendo salva l’eccezione di prescrizione: cfr. § 5.2); quindi è verosimile – in base all’ id quod plerumque accidit – che i presunti responsabili avrebbero eccepito la prescrizione in un eventuale giudizio di responsabilità, tanto più dopo l’audizione predetta della Guardia di finanza.

Pertanto, può ritenersi raggiunta la prova del danno in contestazione, fermo restando che proprio la natura presunta del danno ne rende necessaria una liquidazione equitativa (ex art.1226 c.c.) in relazione alle concrete circostanze della fattispecie (cfr. § 7).

7 – Tanto premesso, deve ritenersi che sussistono nella concreta fattispecie tutti gli elementi costitutivi della responsabilità amministrativa del segretario comunale (danno cagionato da condotta del segretario comunale in violazione gravemente colpevole dei doveri di servizio), e deve quindi procedersi alla quantificazione dell’ addebito a carico del Montazzoli, anche con riferimento alla liquidazione equitativa del danno (art.1226 cod. civ.) nonché al concorso di responsabilità di terzi (ex art.1 comma 1-quater L.20/1994).

A tali fini, occorre considerare, da un lato, l’ammissione della ricezione della costituzione in mora da parte di uno dei convenuti, la possibilità che taluni non eccepissero la prescrizione e l’astratta possibilità di provare in giudizio la ricezione delle costituzioni in mora, comunque trasmesse dal Montazzoli  (senza contare le difficoltà di recupero dell’eventuale condanna che si sarebbe potuta ottenere qualora l’azione di responsabilità non si fosse prescritta); dall’altro, che comunque il danno in contestazione trova concausa nelle condotte di terzi, che hanno determinato la maggiore spesa a sua volta posta a base del danno in contestazione (secondo l’impostazione dello stesso atto di citazione).

Pertanto, ritenendo imputabile al concorso di terzi la metà del danno, e ridotto l’addebito in relazione alle suddette ulteriori circostanze, la condanna del convenuto  va limitata ad € 1.200,00 comprensivi di rivalutazione monetaria fino al deposito della  sentenza di primo grado, oltre interessi legali dal deposito della sentenza di primo grado al soddisfo e spese dei due gradi di giudizio, da liquidarsi come in dispositivo.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte dei conti – Sezione seconda giurisdizionale centrale di appello, definitivamente pronunziando, ogni diversa e contraria istanza, azione, eccezione o deduzione disattesa o reietta,

- accoglie parzialmente l’appello n. 28012 proposto dalla Procura presso la Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, e per l’effetto, in riforma della sentenza n 2051/06 della Sezione giurisdizionale per la regione Lazio, condanna Giacinto MONTAZZOLI al pagamento di € 1.200,00 compresa la rivalutazione monetaria fino alla sentenza, oltre al pagamento degli interessi legali dalla sentenza al soddisfo e delle spese di giudizio come da motivazione, che si liquidano in Euro 536,64 (€  cinquecentotrentasei/64_____ ).

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2013

IL GIUDICE ESTENSORE                                  IL PRESIDENTE

      (Cons. Luigi Cirillo)                                   (Pres. Gabriele De Sanctis)

F.to Luigi Cirillo                                                F.to Gabriele De Sanctis

Depositata in Segreteria il  ** SET. 2013

p.Il Dirigente

(Dott.ssa Daniela D’Amaro)

IL COORDINATORE AMMINISTRATIVO

(Dott.ssa Simonetta Desideri)

F.to Simonetta Desideri

 

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