Thursday 21 November 2013 16:05:03

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Condono edilizio: l'interpretazione del Consiglio di Stato del potere di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica da parte della Soprintendenza

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato

In relazione alla disciplina dell’autorizzazione paesaggistica, l’art. 159 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), applicabile ratione temporis, prevede, introducendo un regime transitorio operante sino al 31 dicembre 2009, che, in presenza di beni ed aree di interesse paesaggistico, la realizzazione di opere, quali quelle che vengono in rilievo in questa sede, deve essere autorizzata dall’amministrazione competente (regionale o locale) che «dà immediata comunicazione alla Soprintendenza delle autorizzazioni rilasciate, trasmettendo la documentazione prodotta dall’interessato nonché le risultanze degli accertamenti eventualmente esperiti». La Soprintendenza, se ritiene l’autorizzazione non conforme alla normativa sulla tutela del paesaggio, «può annullarla, con provvedimento motivato, entro i sessanta giorni successivi alla ricezione della relativa, completa, documentazione». In relazione al condono edilizio la disciplina rilevante è contenuta, mediante rinvio anche per i condoni edilizi successivi a quello del 1985, negli articoli 31 e seguenti della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie). In particolare, l’art. 32 dispone che «il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo», quale è quello in esame, «è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso».La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha costantemente affermato, quanto all’oggetto della valutazione paesaggistica nel contesto del procedimento di condono edilizio, che il detto parere «ha natura e funzioni identiche all’autorizzazione paesaggistica», per essere entrambi gli atti il presupposto legittimante la trasformazione urbanistico edilizia della zona protetta, «sicché resta fermo il potere ministeriale di annullamento del parere favorevole alla sanatoria di un manufatto realizzato in zona vincolata, in quanto strumento affidato dall’ordinamento allo Stato, come estrema difesa del paesaggio, valore costituzionale primario» (tra gli altri, Cons. Stato, VI, 10 maggio 2013, n. 2535). Il Consiglio di Stato ha anche affermato che il potere di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica da parte della Soprintendenza, che esprime non un potere di controllo, bensì una manifestazione di cogestione del vincolo data dalla legge a sua estrema difesa (cfr. per tutte Cons. Stato, Ad. plen., 14 febbraio 2001, n. 9), non comporta un riesame complessivo delle valutazioni compiute dall’ente competente «tale da consentire la sovrapposizione o sostituzione di una nuova valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio dell’autorizzazione, ma si estrinseca in un vaglio di legittimità che si estende a tutte le ipotesi riconducibili all’eccesso di potere» (Cons. Stato, Sez. VI, 9 aprile 2013, n. 1905; VI 14 agosto 2012, n. 4562).Il divieto di effettuare valutazioni di merito sussiste, però, soltanto se l’ente che rilascia l’autorizzazione di base abbia adempiuto al suo obbligo di motivare in maniera adeguata in ordine alla compatibilità paesaggistica dell’opera. In caso contrario gli organi ministeriali possono annullare il provvedimento adottato per difetto di motivazione e indicare – anche per evidenziare il vizio di eccesso di potere dell’atto esaminato – le ragioni di merito, sorrette da una puntuale indicazione degli elementi concreti della specifica fattispecie, che concludono per la non compatibilità delle opere edilizie con i valori tutelati (tra gli altri, Cons. Stato, VI, 18 gennaio 2012, n. 173; VI, 28 dicembre 2011, n. 6885; VI, 21 settembre 2011, n. 5292). Nella fattispecie in esame il Comune ha rilasciato l’autorizzazione paesaggistica sulla base della relazione predisposta dall’ufficio tecnico comunale. In particolare, come riportato dettagliatamente nella parte in fatto, si è ritenuto, previa descrizione dell’immobile, della sua forma e collocazione, che lo stesso non contrasta con il paesaggio circostante. La Soprintendenza, senza evidenziare un profilo di inadeguatezza dell’autorizzazione, è pervenuta a conclusioni opposte. L’autorità statale ha, dunque, effettuato valutazioni di merito che, alla luce di quanto esposto nei punti precedenti, non erano consentite dalla normativa vigente al momento dell’emanazione del suo atto.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale *** del 2009, proposto da:

Serio Antonio, rappresentato e difeso dagli avvocati Arturo Massimo e Enrico Soprano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Enrico Soprano in Roma, via degli Avignonesi, 5;

 

contro

Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministero pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio e per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico di Napoli e Provincia; Comune di Pozzuoli; 

per la riforma

della sentenza 7 febbraio 2008, n. 611 del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Napoli, Sezione VI.

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visto l'atto di costituzione in giudizio le Ministero per i beni e le attività culturali;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2013 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti l’avvocato Lirosi, per delega di Soprano, e l’avvocato dello Stato Grumetto.

 

 

FATTO

1.– I signori Natale ed Antonio Serio hanno presentato, in data 19 febbraio 1997, una domanda di concessione in sanatoria per avere realizzato opere abusive consistenti in «tre manufatti», composti: i) il primo, «da piano terra destinato a deposito, primo piano, destinato a casa custode»; ii) il secondo, «da piano terra destinato a deposito attrezzi agricoli ed il primo piano a civile abitazione»; iii) il terzo, «da solo piano terra destinato a stalla porcile e pollaio».

La commissione per il paesaggio del Comune di Pozzuoli, con atto del 22 marzo 2007, ha espresso parere favorevole, rilevando che si tratta di abusi «eseguiti a servizio di un fondo agricolo». In particolare, si è affermato quanto segue: «il primo corpo di fabbrica è costituito da un piccolo manufatto di forma rettangolare composto da un piano terra (utilizzato a deposito mangimi) ed un primo piano utilizzato come piccola abitazione del custode/colono. Il manufatto di costruzione anni settanta è stato realizzato con tipologia edilizia e materiali tipici di un’architettura rurale e povera. Il manufatto ha un’altezza non superiore a quella dell’edificio circostante, non risulta essere visibile da siti pubblici, pertanto non ostacola né interferisce con la panoramicità (e relativa godibilità del sito). Il secondo corpo di fabbrica è composto da un piano terra (…) ed un primo piano (…). Il tutto costituisce un’abitazione unifamiliare padronale. Il manufatto a forma rettangolare ha caratteristiche tipologiche (per materiali e per aspetto esteriore) di una edilizia civile economica. La sua altezza non supera quella dell’edificato della zona. Non risulta essere visibile da siti pubblici pertanto non interferisce con la panoramicità del luogo». A tale ultimo proposito, sono state indicate alcune prescrizioni da seguire.

Il Comune, richiamando tale parere, ha rilasciato, con atto del 22 maggio 2007, n. 21107, l’autorizzazione paesaggistica.

La Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio e per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico di Napoli e Provincia (d’ora innanzi solo Soprintendenza), con decreto 11 luglio 2007, n. 21107, ha rilevato, con riferimento al primo e terzo corpo di fabbrica, che essi: «di modesta volumetria, si inseriscano in maniera accettabile nel contesto rurale e paesaggistico, in quanto integrati nella morfologia dei luoghi e mitigati da un consistente impianto di verde ed alberature». La stessa Soprintendenza, con riferimento al secondo corpo di fabbrica, ha, invece, ritenuto che lo stesso «di più recente costruzione, costituito da due piani fuori terra per una volumetrica totale di circa mc 1.300, avendo comportato importanti sbancamenti e livellamenti del terreno, con conseguenti alti muri di contenimento-recinzione al contorno, essendo situato in un’area costituente le coste esterne del cratere “Fondi di Cigliano”, ha determinato una sottrazione di verde agricolo ed una brusca interruzione della continuità delle sistemazioni rurali del tipico paesaggio collinare tutelato dalle leggi, godibili da numerosi punti di vista circostanti accessibili al pubblico».

Per le ragioni sin qui esposte, la Soprintendenza ha annullato integralmente l’autorizzazione rilasciata.

Gli interessati hanno impugnato il suddetto decreto innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, rilevando: i) con il primo motivo, «la contraddittorietà dell’atto fra corpo motivazionale e conclusioni che “azzerano” anche una parte di valutazione esplicitamente favorevole alla rilasciata autorizzazione»; ii) con gli altri motivi, l’illegittimità del decreto per avere la Soprintendenza effettuato valutazioni di merito che non rientrano nell’ambito della sua competenza e, comunque, l’infondatezza nel merito delle predette valutazioni.

2.– Il Tribunale amministrativo, con sentenza 7 febbraio 2008, n. 611, ha ritenuto: i) illegittimo il decreto impugnato nella parte in cui ha annullato l’autorizzazione paesaggistica rilasciata con riferimento al primo e terzo fabbricato per contraddittorietà tra motivazione e dispositivo; ii) non illegittimo lo stesso decreto nella parte in cui ha ritenuto che il secondo manufatto si pone in contrasto con il paesaggio.

3.– I ricorrenti in primo grado hanno proposto appello, rilevando l’erroneità della sentenza impugnata, in quanto la Soprintendenza, senza rilevare l’esistenza di un vizio afferente la motivazione, avrebbe svolto, con riferimento al secondo manufatto, inammissibili valutazioni di merito, che sarebbero, comunque, destituite di fondamento.

3.1.– Si è costituita in giudizio l’amministrazione statale, chiedendo il rigetto dell’appello.

4.– La causa è stata decisa all’esito dell’udienza pubblica del 25 ottobre 2013.

DIRITTO

1.– La questione posta con l’atto di appello attiene alla legittimità del provvedimento ministeriale di annullamento di una autorizzazione paesaggistica rilasciata agli appellanti nell’ambito di un procedimento di condono edilizio.

2.– In via preliminare, è necessario riportare la normativa rilevante e l’interpretazione che di essa ha dato il Consiglio di Stato.

2.1.– In relazione alla disciplina dell’autorizzazione paesaggistica, l’art. 159 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), applicabile ratione temporis, prevede, introducendo un regime transitorio operante sino al 31 dicembre 2009, che, in presenza di beni ed aree di interesse paesaggistico, la realizzazione di opere, quali quelle che vengono in rilievo in questa sede, deve essere autorizzata dall’amministrazione competente (regionale o locale) che «dà immediata comunicazione alla Soprintendenza delle autorizzazioni rilasciate, trasmettendo la documentazione prodotta dall’interessato nonché le risultanze degli accertamenti eventualmente esperiti». La Soprintendenza, se ritiene l’autorizzazione non conforme alla normativa sulla tutela del paesaggio, «può annullarla, con provvedimento motivato, entro i sessanta giorni successivi alla ricezione della relativa, completa, documentazione».

2.2.– In relazione al condono edilizio la disciplina rilevante è contenuta, mediante rinvio anche per i condoni edilizi successivi a quello del 1985, negli articoli 31 e seguenti della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie). In particolare, l’art. 32 dispone che «il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo», quale è quello in esame, «è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso».

2.3.– La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha costantemente affermato, quanto all’oggetto della valutazione paesaggistica nel contesto del procedimento di condono edilizio, che il detto parere «ha natura e funzioni identiche all’autorizzazione paesaggistica», per essere entrambi gli atti il presupposto legittimante la trasformazione urbanistico edilizia della zona protetta, «sicché resta fermo il potere ministeriale di annullamento del parere favorevole alla sanatoria di un manufatto realizzato in zona vincolata, in quanto strumento affidato dall’ordinamento allo Stato, come estrema difesa del paesaggio, valore costituzionale primario» (tra gli altri, Cons. Stato, VI, 10 maggio 2013, n. 2535).

2.4.– Il Consiglio di Stato ha anche affermato che il potere di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica da parte della Soprintendenza, che esprime non un potere di controllo, bensì una manifestazione di cogestione del vincolo data dalla legge a sua estrema difesa (cfr. per tutte Cons. Stato, Ad. plen., 14 febbraio 2001, n. 9), non comporta un riesame complessivo delle valutazioni compiute dall’ente competente «tale da consentire la sovrapposizione o sostituzione di una nuova valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio dell’autorizzazione, ma si estrinseca in un vaglio di legittimità che si estende a tutte le ipotesi riconducibili all’eccesso di potere» (Cons. Stato, Sez. VI, 9 aprile 2013, n. 1905; VI 14 agosto 2012, n. 4562).

Il divieto di effettuare valutazioni di merito sussiste, però, soltanto se l’ente che rilascia l’autorizzazione di base abbia adempiuto al suo obbligo di motivare in maniera adeguata in ordine alla compatibilità paesaggistica dell’opera. In caso contrario gli organi ministeriali possono annullare il provvedimento adottato per difetto di motivazione e indicare – anche per evidenziare il vizio di eccesso di potere dell’atto esaminato – le ragioni di merito, sorrette da una puntuale indicazione degli elementi concreti della specifica fattispecie, che concludono per la non compatibilità delle opere edilizie con i valori tutelati (tra gli altri, Cons. Stato, VI, 18 gennaio 2012, n. 173; VI, 28 dicembre 2011, n. 6885; VI, 21 settembre 2011, n. 5292).

3.– Nella fattispecie in esame il Comune ha rilasciato l’autorizzazione paesaggistica sulla base della relazione predisposta dall’ufficio tecnico comunale. In particolare, come riportato dettagliatamente nella parte in fatto, si è ritenuto, previa descrizione dell’immobile, della sua forma e collocazione, che lo stesso non contrasta con il paesaggio circostante. La Soprintendenza, senza evidenziare un profilo di inadeguatezza dell’autorizzazione, è pervenuta a conclusioni opposte. L’autorità statale ha, dunque, effettuato valutazioni di merito che, alla luce di quanto esposto nei punti precedenti, non erano consentite dalla normativa vigente al momento dell’emanazione del suo atto.

4.– Per le ragioni sin qui esposte l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, deve dichiararsi l’illegittimità, nella sua interezza, del provvedimento impugnato in primo grado.

5.– La natura della controversia e le ragioni poste a base della decisione giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:

a) accoglie l’appello proposto con il ricorso n. 2921 del 2009, indicato in epigrafe, e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, annulla il decreto 11 luglio 2007, n. 21107 della Soprintendenza;

b) dichiara integralmente compensate tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Luciano Barra Caracciolo, Presidente

Aldo Scola, Consigliere

Maurizio Meschino, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere

Vincenzo Lopilato, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il **/11/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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