Wednesday 14 May 2014 17:56:06

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Ristrutturazione edilizia: l’unica deroga all’esigenza di mantenere immutata volumetria e sagoma, per potersi mantenere nell’ambito della ristrutturazione edilizia, riguarda le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 12.5.2014

L'elemento che, in linea generale, contraddistingue la ristrutturazione dalla nuova edificazione deve rinvenirsi nella già avvenuta trasformazione del territorio, mediante una edificazione di cui si conservi la struttura fisica (sia pure con la sovrapposizione di un "insieme sistematico di opere, che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente": art. 3, comma 1, lett. d), t.u.) ovvero la cui stessa struttura fisica venga del tutto sostituita, ma - in quest'ultimo caso - con ricostruzione, se non "fedele" (per effetto della modifica apportata al testo unico dal decreto legislativo 27 dicembre 2002, n. 301), comunque rispettosa della volumetria e della sagoma della costruzione preesistente (sez. IV, 30 maggio 2013, n. 2972). L’unica deroga all’esigenza di mantenere immutata volumetria e sagoma, per potersi mantenere nell’ambito della ristrutturazione edilizia, è data con riguardo alle “sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica” (lett. d), in fine), che davvero non sembrano venire in questione nella vicenda. Nel caso di specie, la parte appellata non contesta quanto il Comune afferma nel proprio ricorso (pag. 10), e cioè che, alla stregua del progetto per cui il permesso di costruire è stato richiesto, “la tipologia costruttiva dei materiali e dei muri, la sagoma ed il volume del nuovo manufatto (villetta in muratura) non corrisponderebbero in nulla all’esistente (ricovero in legno)”. L’intervento progettato fuoriesce così dall’ambito concettuale della ristrutturazione per divenire invece “intervento di nuova costruzione” (ex art. 3, comma 1, lett. e), t.u.). Legittimamente, dunque, il Comune ha respinto la domanda volta al rilascio di un titolo edilizio inteso a realizzare un’opera che solo in termini del tutto atecnici potrebbe qualificarsi come ristrutturazione edilizia, comportando in realtà - secondo l’oggetto testualmente indicato nella documentazione a corredo della domanda - un ampliamento del fabbricato. Posto che le disposizioni del testo unico costituiscono “i principi fondamentali e generali e le disposizioni per la disciplina dell'attività edilizia” (art. 1, comma 1), qualunque previsione del P.R.G. comunale, ove per avventura difforme, rimarrebbe comunque inefficace. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale*del 2007, proposto da:

Comune di Gassino Torinese, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Claudio Dal Piaz, Mario Contaldi, con domicilio eletto presso Mario Contaldi in Roma, via Pierluigi da Palestrina, 63;

 

contro

Francesco Maggio, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Santilli, Gabriele Pafundi, con domicilio eletto presso Gabriele Pafundi in Roma, viale Giulio Cesare, 14, sc. A/4; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Piemonte, Sezione I, n. 02591/2007, resa tra le parti, concernente diniego rilascio permesso di costruire

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 marzo 2014 il Cons. Giuseppe Castiglia e udito per la parte appellata l’Avv. Gabriele Pafundi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

Il signor Francesco Maggio è proprietario di un’area nel territorio del Comune di Gassino Torinese, sulla quale sorge un fabbricato, accatastato a uso magazzino (secondo la visura catastale in atti) e utilizzato come deposito (si veda l’atto di compravendita del 17 febbraio 2006). A suo tempo l’opera è stata costruita senza titolo, ma - con provvedimento n. 411 del 28 maggio 1989, accordato alla proprietaria dell’epoca - ha beneficiato di una concessione in sanatoria come “costruzione di basso fabbricato in legno ad uso accessorio alla residenza”.

In data 20 marzo 2006, con riguardo a tale immobile, il signor Maggio ha presentato domanda per il rilascio di un permesso di costruire, alla quale hanno fatto seguito, da parte dell’Amministrazione comunale:

- un primo diniego (nota n. 16326 del 14 settembre 2006);

- a seguito dell’impugnazione proposta al T.A.R. contro tale atto, una revoca del diniego con adozione di nuova determinazione negativa, fondata anche su ulteriori ragioni ostative, con termine presentare osservazioni (nota n. 20715 del 30 novembre 2006);

- un terzo, e definitivo, diniego (nota n. 3985 del 13 marzo 2007), nei confronti del quale il signor Maggio ha presentato motivi aggiunti di ricorso.

Con sentenza in forma semplificata 27 giugno 2007, n. 2591, il T.A.R. per il Piemonte, sez. I, ha accolto il ricorso, annullando il provvedimento impugnato, sul presupposto che il passaggio di uso all’interno della medesima categoria non costituisca mutamento di destinazione d’uso e che il richiedente legittimamente potesse utilizzare l’opera quale residenza non primaria.

Il Comune ha interposto appello contro la sentenza, articolando tre motivi di censura.

1. A norma dell’art. 3, comma 1, lett. d), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (c.d. testo unico dell’edilizia; d’ora in poi: t.u.), nella formulazione vigente all’epoca dei fatti, le fattispecie della “ristrutturazione con ampliamento” e quella della “ristrutturazione con demolizione totale e ricostruzione del fabbricato” non potrebbero coesistere, come invece pretenderebbe la parte appellata, sulla base di una lettura strumentale dell’art. 10, comma 1, lett. c) t.u. Poiché il progetto presentato - nelle sue caratteristiche strutturali, come descritte nelle tavole allegate - implicherebbe la demolizione del manufatto preesistente e una nuova edificazione, con modifica della sagoma e la volumetria, esso non potrebbe essere assentito come ristrutturazione edilizia, ma solo come nuova edificazione, in quanto tale inammissibile secondo il P.R.G. in vigore, che andrebbe letto alla luce della normativa nazionale. Sul punto, la sentenza impugnata avrebbe omesso di pronunziare.

2. La trasformazione del deposito in unità residenziale aggraverebbe il carico antropico, in violazione del P.R.G.

3. Il mutamento di destinazione del fabbricato, anche se in ipotesi riconducibile alla stessa categoria (residenziale), sarebbe incompatibile con le previsioni di piano, che individuano l’area come zona non destinata all’espansione.

Il signor Maggio si è costituito in giudizio per resistere all’appello. Egli sottolinea che il fabbricato sarebbe stato condonato come accessorio alla residenza e che tale espressione sarebbe da intendersi come riferita alla saltuarietà dell’uso o alla natura di abitazione non primaria. Aderisce poi alla tesi del T.A.R., quanto al contestato mutamento di destinazione, e replica alle censure svolte dall’appello.

In base alla sentenza di primo grado, il privato ha diffidato il Comune a rilasciargli il permesso di costruire originariamente richiesto. Ne è seguita la richiesta, da parte dell’Amministrazione comunale, di sospensione dell’efficacia esecutiva della decisione impugnata.

Con ordinanza 2 aprile 2008, n. 1787, la Sezione ha accolto la domanda cautelare.

All’udienza pubblica del 25 marzo 2014, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.

DIRITTO

L’esame del primo motivo è sufficiente a dichiarare l’appello fondato.

Come ha ribadito anche di recente la Sezione, l'elemento che, in linea generale, contraddistingue la ristrutturazione dalla nuova edificazione deve rinvenirsi nella già avvenuta trasformazione del territorio, mediante una edificazione di cui si conservi la struttura fisica (sia pure con la sovrapposizione di un "insieme sistematico di opere, che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente": art. 3, comma 1, lett. d), t.u.) ovvero la cui stessa struttura fisica venga del tutto sostituita, ma - in quest'ultimo caso - con ricostruzione, se non "fedele" (per effetto della modifica apportata al testo unico dal decreto legislativo 27 dicembre 2002, n. 301), comunque rispettosa della volumetria e della sagoma della costruzione preesistente (sez. IV, 30 maggio 2013, n. 2972).

L’unica deroga all’esigenza di mantenere immutata volumetria e sagoma, per potersi mantenere nell’ambito della ristrutturazione edilizia, è data con riguardo alle “sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica” (lett. d), in fine), che davvero non sembrano venire in questione nella vicenda.

Nel caso di specie, la parte appellata non contesta quanto il Comune afferma nel proprio ricorso (pag. 10), e cioè che, alla stregua del progetto per cui il permesso di costruire è stato richiesto, “la tipologia costruttiva dei materiali e dei muri, la sagoma ed il volume del nuovo manufatto (villetta in muratura) non corrisponderebbero in nulla all’esistente (ricovero in legno)”.

L’intervento progettato fuoriesce così dall’ambito concettuale della ristrutturazione per divenire invece “intervento di nuova costruzione” (ex art. 3, comma 1, lett. e), t.u.). Legittimamente, dunque, il Comune ha respinto la domanda volta al rilascio di un titolo edilizio inteso a realizzare un’opera che solo in termini del tutto atecnici potrebbe qualificarsi come ristrutturazione edilizia, comportando in realtà - secondo l’oggetto testualmente indicato nella documentazione a corredo della domanda - un ampliamento del fabbricato.

Posto che le disposizioni del testo unico costituiscono “i principi fondamentali e generali e le disposizioni per la disciplina dell'attività edilizia” (art. 1, comma 1), qualunque previsione del P.R.G. comunale, ove per avventura difforme, rimarrebbe comunque inefficace.

Dalle considerazioni che precedono, discende che il primo motivo dell’appello è fondato e deve essere pertanto accolto, con assorbimento dei motivi ulteriori.

Di conseguenza, la sentenza di primo grado va annullata, con reiezione del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti.

Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati ritenuti dal Collegio non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a condurre a una conclusione di segno diverso.

Le spese seguono la soccombenza, conformemente alla legge, e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

Condanna la parte soccombente alle spese, che liquida nell’importo di euro 3.000,00 (tremila/00), oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Riccardo Virgilio, Presidente

Diego Sabatino, Consigliere

Raffaele Potenza, Consigliere

Umberto Realfonzo, Consigliere

Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 12/05/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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