Tuesday 11 August 2015 10:58:49

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Lottizzazione abusiva: gli elementi precisi ed univoci da cui ricavare l'intento di asservire all'edificazione un'area non urbanizzata

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 7.8.2015 n. 3911

Il Consiglio di Stato Sez. VI nella sentenza del 7.8.2015 n. 3911 ha affermato che: "In base ad un consolidato orientamento, è ravvisabile l'ipotesi di lottizzazione abusiva soltanto quando sussistono elementi precisi ed univoci da cui possa ricavarsi oggettivamente l'intento di asservire all'edificazione un'area non urbanizzata; pertanto, ai fini dell'accertamento della sussistenza del presupposto di cui all’articolo 18 della l. 28 febbraio 1985, n. 47 (in seguito: articolo 30 del d..R. 6 giugno 2001, n. 380). Pertanto, al fine di poter affermare l’esistenza di un’ipotesi di lottizzazione abusiva (nel caso in esame, di tipo c.d. ‘materiale’) è necessario acquisire un sufficiente quadro indiziario dal quale sia possibile desumere in maniera non equivoca la destinazione a scopo edificatorio degli atti posti in essere, con conseguente giustificazione del provvedimento repressivo a fronte della dimostrazione della sussistenza di elementi precisi e univoci (in tal senso –ex multis -: Cons. Stato, V, 27 marzo 2013, n. 1809; in termini analoghi: Cons. Stato, V, 3 agosto 2012, n. 4429)". Da ultimo viene richiamato l’orientamento secondo cui, affinché si concretizzi l’illecito della lottizzazione abusiva in senso materiale, è sufficiente la realizzazione di qualsiasi tipo di opere in concreto idonee a stravolgere l’assetto del territorio preesistente e quindi, in ultima analisi, a determinare sia un concreto ostacolo alla futura attività di programmazione (che viene posta di fronte al fatto compiuto), sia un carico urbanistico aggiuntivo che necessità di adeguamento degli standard.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

N. 03911/2015REG.PROV.COLL.

N. 00813/2015 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Omissis

contro

Comune di Luisago, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Maria Alessandra Sandulli, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso Vittorio Emanuele 349

per la riforma della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione III, n. 13/2015

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Luisago;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 maggio 2015 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti l’avvocato Bottinelli, l’avvocato Luca Mazzeo per delega dell’avvocato Luigi Manzi, e l’avvocato Sandulli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

La società * riferisce di essere attiva nel settore del trattamento degli inerti e del recupero morfologico e ambientale di aree dismesse dall’attività estrattiva e di aver stipulato in data 3 luglio 1989 con il Comune di Luisago (Co) una convenzione avente ad oggetto “[il] recupero morfologico e ambientale mediante discarica di inerti” di un’area ricadente in quel comune, già in passato adibita ad attività estrattiva e in seguito fatta oggetto di incontrollato deposito di rifiuti industriali (l’area in questione è ubicata in prossimità di via alla Cava).

Riferisce altresì che, a seguito della stipula di tale convenzione, ebbe ad eseguire sull’area opere di recinzione, a posare staccionate in legno e, più in generale, a realizzare un complessivo intervento di riqualificazione a verde del’area, realizzandovi altresì un capo da golf (è qui il caso di osservare che l’area in questione era destinata dall’allora vigente P.R.U.G. comunale a ‘Parco urbano’ e che in quell’ambito era ammesso l’esercizio di attività di carattere ricreativo/sportivo).

Riferisce ancora la società appellante che nel corso degli anni aveva ottenuto dal Comune appellato il rilascio di titoli autorizzatori temporanei per la realizzazione di strutture e manufatti accessori alla pratica del golf, fra cui un prefabbricato in legno con annesso servizio, nonché ad alcune piazzole e tettoie (v. in particolare le autorizzazioni temporanee in data 3 luglio 2003 e 16 maggio 2005).

In data 1° marzo 2005 la società appellante presentava una D.I.A. finalizzata alla ristrutturazione edilizia – previo cambio di destinazione d’uso – di un fabbricato esistente anch’esso da destinare al servizio della pratica del golf.

Con atto in data 5 ottobre 2006 il Comune appellato comunicava alla società appellante l’avvio di un procedimento finalizzato all’accertamento di eventuali abusi edilizi realizzati presso le aree per cui è causa 

Con ordinanza n. 14 del 31 ottobre 2006 il Comune di Luisago contestava alla società ricorrente l’abusiva “lottizzazione a scopo edificatorio” dell’area e ordinava alla società stessa di “sospendere immediatamente i lavori di realizzazione di opere di urbanizzazione (staccionate di contenimento, formazione di strade con relativa asfaltatura, dotate di caditoie per la raccolta acque piovane e di pozzetti relativi alla rete elettrica, illuminazione del piazzale di accesso e modifica delle quote di terreno) oltre che di struttura prefabbricata in legno con annesso servizio, piazzole e tettoie quali accessori per la pratica dell’attività sportiva sperimentale del golf, che insistono sull’area individuata dal P.R.U.G. vigente come zona urbanistica a “Parco Urbano” soggetta a piano attuativo mai adottato”, con l’avvertenza che “trascorsi 90 giorni dalla data della presente, ove non intervenga la revoca del presente provvedimento, le aree lottizzate saranno acquisite di diritto al patrimonio disponibile del Comune per la demolizione delle opere realizzate”. 

L’ordinanza in questione veniva impugnata dalla società *dinanzi al T.A.R. della Lombardia il quale, con la sentenza in epigrafe, respingeva il ricorso ritenendolo infondato.

La sentenza in questione è stata impugnata in appello dalla *. la quale ne ha chiesto la riforma articolando quattro motivi di doglianza.

Con il primo motivo la società appellante chiede che sia pronunciata la nullità della sentenza in epigrafe per violazione del diritto di difesa e del principio dispositivo che vige nel processo amministrativo.

Al riguardo i primi Giudici avrebbero inammissibilmente trattenuto la causa in decisione alla pubblica udienza dell’11 dicembre 2014 nonostante le parti avessero rivolto al Collegio un’istanza congiunta di ‘cancellazione dal ruolo’ in vista di una possibile soluzione condivisa della vicenda (che in quel momento appariva imminente).

In tal modo decidendo i primi Giudici avrebbero inammissibilmente tenuto in non cale l’istanza di cancellazione sottoscritta congiuntamente dai difensori di entrambe le parti, non considerando che la richiesta in questione (che comunque si fondava su ragioni serie e non meramente dilatorie) rientrava comunque nella disponibilità delle parti.

Con il secondo motivo la società appellante chiede la riforma della sentenza in epigrafe per avere i primi Giudici erroneamente respinto il motivo con cui si era lamentata la violazione dell’articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (il provvedimento impugnato in primo grado era stato infatti adottato dal Comune di Luisago mentre ancora pendeva il termine riconosciuto alla parte per presentare memorie e documenti inerenti la complessiva vicenda procedimentale).

Sotto tale aspetto il T.A.R. avrebbe erroneamente affermato che il vizio lamentato potesse essere considerato di carattere non invalidante stante la previsione dell’articolo 21-octies della l. 241 del 1990 e in considerazione del carattere vincolato dell’ordine di sospensione dei lavori.

In tal modo decidendo (e, in particolare, affermando il carattere vincolato del potere nella specie esercitato) i primi Giudici avrebbero omesso di considerare che, al contrario, in tema di lottizzazione abusiva, l’individuazione della fattispecie e dei relativi elementi costitutivi presuppone complessi accertamenti – anche di carattere fattuale –, in tal modo rendendo inconfigurabile l’ipotesi di attività vincolata affermata invece dai primi Giudici.

Con il terzo motivo la società appellante chiede la riforma della sentenza in epigrafe per avere i primi Giudici erroneamente respinto i motivi di ricorso con i quali si era contestata la sussistenza degli elementi e dei presupposti perché fosse configurabile un’ipotesi di lottizzazione abusiva ai sensi dell’articolo 30 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380

In particolare, i singoli interventi richiamati dal Comune con il provvedimento impugnato in primo grado non potevano né singolarmente presi, né nel loro complesso assurgere a elementi costitutivi un’ipotesi di lottizzazione abusiva (ci si riferisce, in particolare: i) alle staccionate di contenimento; ii) alla “formazione di strade con relativa asfaltatura dotate di caditoie per la raccolta delle acque piovane e di pozzetti relativi alla rete elettrica”; iii) alla struttura prefabbricata posta sull’area e agli annessi accessori.).

Secondo l’appellante, quindi, gli interventi in questione non risultavano in alcun modo idonei a “[denunciare] in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio” (in tal senso, l’articolo 30 del d.P.R. 380 del 2001), così rendendo evidente che la taccia di lottizzazione abusiva rappresenti “[il] frutto di un evidente travisamento dei fatti e di una palese carenza di istruttoria” (pag. 19 del ricorso in appello).

Con il quarto motivo la società appellante lamenta che erroneamente i primi Giudici abbiano respinto il motivo con cui si era osservato che, a tutto concedere, la permanenza in loco di interventi non del tutto legittimi avrebbe potuto essere sanzionata attraverso la misura del ripristino dello stato dei luoghi e l’eventuale escussione della prescritta polizza fideiussoria nei termini di legge.

L’adozione delle misure in questione sarebbe certamente risultata maggiormente compatibile con il generale principio di proporzionalità che necessariamente deve presiedere all’adozione di determinazioni di notevole impatto quale il provvedimento impugnato in primo grado.

Si è costituito in giudizio il Comune di Luisago il quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello.

Con ordinanza n. 1240/2015 in data 18 marzo 2015 questo Consiglio di Stato ha accolto l’istanza di sospensione cautelare della sentenza impugnata proposta in via incidentale dalla società appellante.

Alla pubblica udienza del 26 maggio 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio l’appello proposto da una società attiva nel settore della riqualificazione ambientale avverso la sentenza del T.A.R. della Lombardia con cui è stato respinto il ricorso avverso il provvedimento con cui il Comune di Luisago (CO)

- aveva contestato una lottizzazione abusiva (asseritamente consistita nella trasformazione di una discarica dismessa in campo da golf);

- aveva ingiunto la rimozione di alcuni manufatti realizzati sine titulosull’area;

- aveva preavvisato l’appellante che, in caso di mancata rimozione, avrebbe proceduto ad acquisire i manufatti e l’area di sedime al patrimonio comunale.

2. Il primo motivo di appello (con cui la società appellante ha chiesto che sia dichiarata la radicale nullità della sentenza in epigrafe per avere il Collegio omesso di disporre la cancellazione della causa dal ruolo, nonostante un’istanza congiunta in tal senso rivolta da entrambe le parti) è infondato.

2.1. Al riguardo il Collegio ritiene qui di prestare puntuale adesione (non ravvisandosi ragioni onde discostarsene) all’orientamento secondo cui nell’ordinamento afferente al processo amministrativo non esiste norma giuridica o principio ordinamentale che attribuisca alle parti in causa il diritto al rinvio della discussione del ricorso o alla cancellazione della causa dal ruolo, atteso che le stesse hanno solo la facoltà di illustrare le ragioni che potrebbero giustificare il differimento dell'udienza o la cancellazione della causa dal ruolo, ma la decisione finale in ordine ai concreti tempi della decisione spetta comunque al giudice. Ciò, in quanto la richiesta di cancellazione della causa dal ruolo ovvero di rinvio della trattazione di una causa deve trovare il suo fondamento giuridico in gravi ragioni idonee ad incidere, se non tenute in considerazione, sulle fondamentali esigenze di tutela del diritto di difesa costituzionalmente garantite, atteso che, pur non potendo dubitarsi che anche il processo amministrativo sia regolato dal principio dispositivo, in esso non vengono in rilievo esclusivamente interessi privati, ma trovano composizione e soddisfazione anche gli interessi pubblici che vi sono coinvolti (in tal senso: Cons. Stato, V, 29 dicembre 2014, n. 6414).

L’orientamento giurisprudenziale appena richiamato conduce a ulteriori conseguenze sistematiche il più risalente (ma ancora oggi condivisibile) orientamento secondo cui, una volta che la causa sia stata portata all’udienza mediante l’iscrizione al relativo ruolo, le parti non possono ad libitum, ancorché d’accordo tra loro, disporre il rinvio dell’affare. Risponde all’esigenza di ordinato svolgimento della giustizia che i ricorsi, una volta fissati, sino decisi, poiché la fissazione di un ricorso preclude, con la saturazione del ruolo di udienza, la conoscenza di altra controversia (In tal senso: Cons. Stato, V, 8 aprile 1997, n. 696).

3. Nel merito, l’appello in epigrafe è fondato.

3.1. In particolare il Collegio ritiene meritevoli di accoglimento il terzo e il quarto motivo di appello con cui – sia pure attraverso angoli visuali parzialmente differenziati – la società appellante ha contestato la sussistenza degli elementi e dei presupposti perché si potesse considerare concretata un’ipotesi di lottizzazione abusiva ai sensi dell’articolo 30 del d.P.R. 380 del 2001.

3.2. Si osserva al riguardo che, in base a un consolidato orientamento, è ravvisabile l'ipotesi di lottizzazione abusiva soltanto quando sussistono elementi precisi ed univoci da cui possa ricavarsi oggettivamente l'intento di asservire all'edificazione un'area non urbanizzata; pertanto, ai fini dell'accertamento della sussistenza del presupposto di cui all’articolo 18 della l. 28 febbraio 1985, n. 47 (in seguito: articolo 30 del d..R. 6 giugno 2001, n. 380). Pertanto, al fine di poter affermare l’esistenza di un’ipotesi di lottizzazione abusiva (nel caso in esame, di tipo c.d. ‘materiale’) è necessario acquisire un sufficiente quadro indiziario dal quale sia possibile desumere in maniera non equivoca la destinazione a scopo edificatorio degli atti posti in essere, con conseguente giustificazione del provvedimento repressivo a fronte della dimostrazione della sussistenza di elementi precisi e univoci (in tal senso –ex multis -: Cons. Stato, V, 27 marzo 2013, n. 1809; in termini analoghi: Cons. Stato, V, 3 agosto 2012, n. 4429).

3.3. A loro volta, i primi Giudici hanno correttamente richiamato l’orientamento secondo cui, affinché si concretizzi l’illecito della lottizzazione abusiva in senso materiale, è sufficiente la realizzazione di qualsiasi tipo di opere in concreto idonee a stravolgere l’assetto del territorio preesistente e quindi, in ultima analisi, a determinare sia un concreto ostacolo alla futura attività di programmazione (che viene posta di fronte al fatto compiuto), sia un carico urbanistico aggiuntivo che necessità di adeguamento degli standard.

Tuttavia, nonostante i primi Giudici abbiano preso le mosse dall’enunciazione di consolidati principi di diritto, sono nondimeno pervenuti a conclusioni non condivisibili in relazione alle concrete vicende di causa.

3.4. In particolare, il Collegio ritiene che il complesso delle opere e degli interventi realizzati in loco nel corso degli anni dalla società appellante (alcuni dei quali ab origine assistiti da idoneo titolo abilitativo) non consenta di affermare: i) che essi fossero preordinati al fine di asservire l’area all’edificazione; ii) che fossero preordinati e/o idonei a determinare uno stravolgimento dell’assetto del territorio preesistente; iii) che rappresentassero un concreto ostacolo alla futura attività di programmazione dell’Ente.

3.4.1. Si osserva in primo luogo al riguardo che numerosi fra gli interventi contemplati nel provvedimento impugnato in primo grado (si tratta “[della] realizzazione di opere di urbanizzazione (staccionate di contenimento, formazione di strade con relativa asfaltatura, dotate di caditoie per la raccolta di acque piovane e di pozzetti relativi alla rete elettrica, illuminazione del piazzale di accesso e modifica delle quote del terreno) oltre che di struttura prefabbricata in legno con annesso servizio, piazzole e tettoie quali accessori per la pratica dell’attività sportiva sperimentale del golf (…)”) risultavano già espressamente contemplati dalla convenzione stipulata fra le parti in data 3 luglio 1989 al fine del recupero morfologico e ambientale dell’area (ci si riferisce, ad esempio, alla recinzione dell’area, alla realizzazione di canalette di intercettazione dell’acqua e alla ristrutturazione dell’edificio già ivi esistente);

3.4.2. Si osserva poi che, se - per un verso - è pacifico fra le parti che gli interventi contestati fossero nel loro complesso finalizzati a consentire nell’area l’esercizio dell’attività sperimentale del golf, non sembra tuttavia che tale destinazione fosse idonea a concretare stravolgimento del’assetto del territorio preesistente, ovvero ad ostacolare la futura attività programmatoria dell’Ente.

3.4.2.1. Quanto al primo aspetto, si osserva che – secondo una deduzione non contestata in atti – l’area per cui è causa ricade all’interno del ‘Parco urbano’ previsto dal(l’allora) vigente P.R.U.G., nel cui ambito era comunque ammesso l’esercizio di attività di carattere ricreativo/sportive.

Né a conclusioni diverse può giungersi in relazione al fatto che difettasse in relazione all’area in questione il necessario Piano attuativo. 

Tale circostanza potrebbe – invero – assumere rilievo per ciò che riguarda la complessiva legittimità degli interventi per cui è causa in relazione a diversi parametri regolativi dell’attività urbanistico/edilizia, ma non apporta invero elementi idonei a supportare la censura di aver realizzato una “trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti od adottati” (i.e.: di aver posto in essere gli stessi elementi costitutivi della contestata fattispecie di lottizzazione abusiva).

3.4.2.2. Per quanto riguarda, poi, il secondo aspetto (relativo al vincolo de facto che la realizzazione dei più volte richiamati interventi avrebbe imposto in relazione alla futura attività pianificatoria dell’Ente), la tesi del Comune appellato non può certamente ritenersi suffragata dalla circostanza per cui lo strumento urbanistico attualmente vigente (P.G.T.) abbia in effetti destinato l’area per cui è causa all’attività sportiva golfistica.

Si osserva al riguardo: 

- che la scelta pianificatoria in questione, lungi dal testimoniare una sorta di coartata presa d’atto del mutamento dello stato dei luoghi determinato dalle iniziative della società appellante, si pone – piuttosto – nel solco di una sostanziale continuità con il precedente strumento di pianificazione generale (il quale, come si è anticipato, già consentiva l’esercizio nell’area de qua di attività di carattere ricreativo/sportivo);

- che, addirittura, l’articolo 14.1 del vigente Piano comunale dei servizi individua l’area per cui è causa come ‘Cittadella dello Sport’, prevedendo in modo espresso (non solo) “il mantenimento delle attività sportive in essere per il gioco del golf e per le attività ad esso connesse”, (ma anche) “[il] possibile incremento delle strutture esistenti”. Al riguardo ci si limita ad osservare che la scelta di Piano volta a confermare e ad incrementare ulteriormente l’attuale destinazione dell’area appare invero difficilmente compatibile con l’affermata ‘presa d’atto’ di uno stato dei luoghi ormai irreversibilmente modificato per iniziativa della controparte (e ciò, anche a tacere dall’oggettiva difficoltà di considerare davvero gli interventi all’origine dei fatti di causa irreversibilmente modificativi del complessivo assetto del territorio).

4. La rilevata fondatezza del terzo e del quarto motivo di appello, per le ragioni dinanzi esaminate sub 3 determina ex se l’accoglimento del presente appello. Ciò esime il Collegio dall’esame puntuale del secondo motivo di ricorso, con cui si è altresì lamentata l’erroneità della sentenza in epigrafe per avere i primi Giudici respinto il motivo di ricorso con cui si era affermato che il provvedimento in data 31 ottobre 2006 fosse altresì illegittimo per violazione dell’articolo 7 della l. 241 del 1990.

5. Per le ragioni sin qui esposte il ricorso in epigrafe deve essere accolto e conseguentemente, in riforma della sentenza impugnata, deve essere disposto l’accoglimento del primo ricorso con conseguente annullamento del provvedimento in quella sede impugnato.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il primo ricorso ed annulla il provvedimento in tale sede impugnato.

Condanna il Comune appellato alla rifusione delle spese di lite che liquida in complessivi euro 7.000 (settemila), oltre gli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 maggio 2015 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Filippo Patroni Griffi, Presidente

Claudio Contessa, Consigliere, Estensore

Gabriella De Michele, Consigliere

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Roberta Vigotti, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 07/08/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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