Sunday 22 May 2016 11:53:14

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Abusi edilizi: la competenza all’emanazione delle sanzioni demolitorie

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 13.5.2016 n.1948

Nel giudizio in esame l’appellante sostiene che, in mancanza di una normativa regolamentare di attuazione della disciplina legislativa, negli enti locali la competenza ad adottare provvedimenti sanzionatorî spetterebbe ancora al sindaco e non al competente dirigente. Il Consiglio di Stato Sez. VI nella sentenza del 13.5.2016 n. 1948 ha ritenuto il motivo infondato. In ordine a tale censura il Collegio ha confermato quanto deciso dal giudice di primo grado per il quale la competenza all’emanazione di sanzioni demolitorie si reputa appartenente al Sindaco fino al 1998, essendo stata trasferita ai dirigenti e comunque all’apparato amministrativo degli enti locali ai sensi dell’art. 2, comma 12, L. 16 giugno 1998 n. 191. L’ordinanza impugnata, essendo stata emanata nell’anno 2009, ricade pienamente nella nuova disciplina del riparto di competenze, che ha sancito l’attribuzione all’apparato amministrativo degli enti locali ed in particolare alle figure dirigenziali, tra gli altri, anche dei compiti sanzionatori in materia edilizia.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

N. 01948/2016REG.PROV.COLL.

N. 07405/2014 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7405 del 2014, proposto da:
*, rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Molaro, con domicilio eletto presso Segreteria Sezionale CdS in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

contro

Comune di Forio, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione VI, n. 554/2014, resa tra le parti, concernente demolizione di opere abusive.

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del giorno 17 marzo 2015 il consigliere Andrea Pannone e uditi per l’appellante l’avvocato Iacono per delega di Molaro;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1. Il signor *ha impugnato innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania l’ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi 27 maggio 2009 n. 200, con la quale il Comune di Forio di Ischia ha ingiunto la rimozione di opere abusive.

Il Tribunale amministrativo, con sentenza 24 gennaio 2014 n. 554, ha respinto il ricorso.

2. Il ricorrente, odierno appellante, afferma:

a) di essere proprietario di una porzione di un antichissimo fabbricato per civile abitazione situato in Forio via Gaetano Morgera contrada Cierco, riportata in catasto al foglio di mappa n. 17 con la particella 184 sub. 11, ricevuta in eredità dalla zia ex patre Iacono Lidia deceduta in Forio 1’8.12.2002;

b) che la propria unità abitativa è(ra) posta al piano primo di un corpo di fabbrica formato da due livelli, con sovrastante sottotetto a doppio spiovente; che l’ingresso all’intero fabbricato avveniva (ed avviene) sia da Via Gaetano Morgera per due lati, che da via casa Lombardi; il fabbricato risultava (e risulta) avere un ingombro planimetrico di circa mq. 160 con le altezze interne di cui appresso, già di mt 3,90 per ambi due i piani e l’altezza del sottotetto di circa mt. 3,00, nella parte del colmo; che si tratta(va) di un vecchissimo fabbricato realizzato probabilmente alla fine dell’800, con perimetrali in muratura di pietre di tufo locale, solai presumibilmente in legno, tavolato e sovrastante battuto di lapillo, copertura del sottotetto in lamiere zincate poggiante su struttura in lignea;

c) che - poiché i solai di calpestio e di copertura del primo piano del suddetto immobile presentavano seri problemi statici, in quanto specie quello di calpestio era avvallato in alcuni punti, con la pavimentazione lesionata, mentre quello di copertura, sebbene controsoffittato, evidenziava problemi agli attacchi con perimetrali; e poiché anche le strutture in legno che sorreggevano la copertura metallica, presentavano gravi problemi, in quanto alcune travi erano totalmente marcite - esso ricorrente, per tali necessari interventi di recupero strutturale e funzionale, in data 25 maggio 2006, prot. n. 12837 aveva presentato regolare D.I.A. per l’esecuzione di lavori di ordinaria e straordinaria manutenzione, con sostituzione dei solai, rifacimento della copertura metallica e diversa distribuzione interna;

d) che come risulta(va) per tabulas dalla relazione tecnica a firma del progettista ing.  * del 24 maggio 2006, incaricato di valutarne la conformità con le norme urbanistiche e paesaggistiche vigenti nel Comune di Forio <<(...) L’intervento edilizio previsto consiste(va) essenzialmente nel sostituire i due solai, con altri del tipo latero-cementizio, consolidare o sostituire la struttura portante in legno, a livello di copertura, sostituire se necessario le lamiere metalliche con altre similari, il tutto senza effettuare la benché minima modifica esterna, rimanendo inalterata la copertura sia a livello di colmo, che di grondaia. Eseguiti gli interventi prettamente strutturali, si proseguirà con l’apposizione della pavimentazione, impianti, tramezzature interne, attintatura e pitturazione ecc. ecc. Si tratta quindi di eseguire un intervento di ordinaria e straordinaria manutenzione, d’altronde necessario, su di un fabbricato legittimo in quanto realizzato prima del 1942, non oggetto di istanze di condono edilizio, né di accertamenti per violazioni delle leggi in materia urbanistica e paesaggistica. I lavori, cosi come descritti non necessitano di un titolo autorizzativo, ma solamente della loro denuncia, così conte previsto dalle leggi vigenti in materia, non contrastando inoltre col R.E. del Comune di Forio (...)>>;

e) nel corso dei lavori, per esigenze funzionali, il ricorrente apportava lievissime variazioni interne, sempre però nell’ambito dell’ingombro piano - volumetrico esistente, e per tali variazioni in data 03/03/2009, con prot. 6034, depositava un’integrazione e variante in corso d’opera con relazione tecnico-asseverata comprensiva di grafici e documentazione fotografica a firma dell’ing. *; in data 12/03/2009 con prot. 7210 veniva integrata la citata variante, con attestazione del versamento di 516,46, quale sanzione amministrativa come appunto previsto dal comma 5 art. 37 del D.P.R. 380/01 (denuncia di inizio di attività “spontaneamente effettuata”, qualora l’intervento è in corso di esecuzione);

f) che inopinatamente, dopo la presentazione della su indicata DIA ad integrazione e variante interveniva sui luoghi 1’UTC del Comune di Forio che in data 10.03.2009 stilava un proprio rapporto tecnico a seguito del quale con ordinanza n. 62 del 17/03/2009, il responsabile ddl’U.T.C., ing. R. Russo, ordinava la sospensione dei lavori;

g) che in data 24/03/2009 con prot. 8439, l’ing. *, in qualità di progettista delle opere previste nella D.I.A. prot. 12837/06 e successive varianti, depositava chiarimenti tecnici agli elaborati da lui redatti; in data 31/03/2009 con prot. 9009 sempre ad integrazione degli elaborati tecnici presentati, veniva depositata “a chiarimenti” ulteriore documentazione grafica e fotografica; ciò nonostante, in data 31/03/2009 con prot. 9057 veniva avviato procedimento ai sensi della legge 241/90 notificato il 2 aprile successivo, cui seguiva richiesta di revoca dell’ordine di sospensione e dell’avvio di procedimento prot. 9703 del 7.4.2009;

h) che i lavori effettivamente eseguiti dal ricorrente ed oggetto della D.I.A. ad integrazione e variante su indicata, valutati conformi dall’ing. *, risultavano (e risultano) peraltro dettagliatamente nella relazione tecnico- descrittivi allegata alla “variante” stessa prot. 6034 del 3 marzo 2009;

i) che il Comune di Forio senza procedere alla seria istruttoria della variante, neppure richiamandosi al rapporto tecnico del 10 marzo 2009 che non prevedeva alcuna contestazione sulla scala esterna, che in effetti è sempre esistita ab antiquo - come i locali sottoscala -, ma richiamandosi al solo rapporto informativo della polizia locale (dal quale peraltro non risulta alcuna attività istruttoria per sostenere la non preesistenza della detta scala esterna, peraltro pure rappresentata nei grafici della DIA del 2006 e risultante per tabulas nel titolo di acquisto), ha inopinatamente chiuso il procedimento amministrativo su indicato adottando l’ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi recante il n. 200 emessa in data 27 maggio 2009 a firma dell’ing. *o, responsabile del Settore urbanistico edilizio e condono edilizio V° Settore del Comune di Forio (NA), con la quale, dopo una erronea descrizione dello stato dei luoghi in relazione alla preesistenza di alcune opere contestate, in particolare della scala che dal giardino adduce al terrazzo a 1P e dei relativi locali sottoscala, con assoluta genericità ed indeterminatezza, aveva ingiunto al ricorrente di demolire a su cura e spese le opere abusive di cui al rapporto informativo della Polizia Locale e descritte in premessa con conseguente remissione in pristino dello stato dei luoghi originario.

3. L’appellante ripropone i motivi dedotti in primo grado, così epigrafati:

a) Incompetenza. Violazione dell’art. 51 legge n. 142/90.

b) In via subordinata al motivo sub 1), comunque eccesso di potere per violazione dell’art. 107 e 109 d.lvo n. 267/2000.

c) Violazione e falsa applicazione dell’art. 27 del d.P.R. n. 380/2001. Dell’art. 37 t.u. edilizia. Degli art.1 e 3 l. 241/1990. Eccesso di potere per errore nei presupposti, per vizio del procedimento, per difetto di istruttoria, per manifesta ingiustizia, per evidente perplessità, per incongruità, per illogicità e per difetto di motivazione. Sviamento.

d) Eccesso di potere per violazione e falsa applicazione dell’art. 27 d.P.R 380/01 e dell’art. 146 d.lgs. 42/04 e succ. modif.

e) Eccesso di potere per violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e 48 l. 457/78 in relazione alla l. 662/96.

f) Eccesso di potere per difetto di motivazione in relazione al pubblico interesse alla demolizione ed al presunto contrasto dell’intervento con la normativa urbanistica vigente. Violazione degli artt. 3, 5, 7, 8 e 10, commi 1 e 3, l. 241/90.

g) Violazione e falsa applicazione dell’art. 27 d.P.R. 380/2001. Eccesso di potere per errore nei presupposti, per difetto di istruttoria, per vizio del procedimento, per incongruità, per palese illogicità, per manifesta in-giustizia e per difetto di motivazione.

h) Violazione dell’art. 164 d.lgs. 490/99. Violazione della legge regionale n. 10/1982 (art. 1 e A11). violazione del d.P.R. 616/1977 (art. 82 lett B, D ed E). Violazione del giusto procedimento di legge. Eccesso di potere. Incompetenza.

i) Eccesso di potere per violazione e falsa applicazione della l. 1150/42. Violazione del giusto procedimento di formazione dell’atto amministrativo.

l) Eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria.

m) Violazione dell’art. 27 d.P.R. 6.6.2001 n. 380. Eccesso di potere per carenza assoluta dei presupposti di fatto e di diritto. Travisamento. Omessa ponderazione della situazione contemplata. Sviamento. Violazione art. 3 l. 241/90. Difetto di motivazione e di istruttoria.

4. In data 5 gennaio 2015 l’appellante ha depositato copia della sentenza penale adottata nei suoi confronti dal Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Ischia, 18 settembre 2014, n. 12048.

5. La sentenza, per quel che qui interessa, ha dichiarato non doversi procedere, per intervenuta prescrizione, nei confronti dell’imputato (il quale è stato peraltro assolto dal reato rub ricato sub D perché il fatto non è previsto dalla legge come reato). Nella motivazione della sentenza si legge peraltro quanto segue:

<<Molte delle opere sono meramente interne e dunque non hanno alcun impatto visivo sul paesaggio. In particolare, va osservato che si è avuto, per stessa ammissione del ctp, ing.  *, un abbassamento del solaio di calpestio del sottotetto (solaio di copertura del secondo livello del fabbricato). Questo abbassamento pari a 60-70 cm., nonostante le rassicurazione del Sacchetti che parla di immutata destinazione d’uso del sottotetto, determina un sicuro ampliamento della volumetria del sottotetto ciò che implica la sua destinazione abitativa. Detto ciò, va però soggiunto che il mutamento di destinazione del sottotetto, pur avendo rilevanza urbanistica, non incide sulla fisionomia esterna del fabbricato e dunque è paesaggisticamente irrilevante.

La stessa conclusione va presa per le altre opere interne pur riscontrate nella relazione dell’U.T.C. Residuano, come opere esterne: la modifica ad alcuni vani esterni. Ma nella relazione non si specifica né in cosa consista la modifica né quali siano i vani esterni modificati, di guisa che la prova sul punto è generica. Vi è poi la scala esterna, ma essa è opera preesistente perché già menzionata nell’atto notarile (donazione del 26/10/2000 in favore dell’imputato), come peraltro evidenziato nella relazione del ctp, * Antonio, oggi letta con il consenso.

Residuano infine i due vani costruiti sotto la scala (WC e lavanderia), aventi sicuro rilievo urbanistico, ma paesaggisticamente nulli perché del tutto incassati al di sotto della scala predetta e dunque privi di impatto visivo sul bene-paesaggio.

Si impone pertanto l’assoluzione dal delitto paesaggistico>>.

6. La sentenza del Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Ischia, fornisce la prova dell’abuso commesso, allorquando accerta che l’abbassamento del solaio di calpestio del sottotetto, pari a 60-70 cm, rende quest’ultimo abitabile.

7. Il Collegio ritiene di richiamare sin d’ora il principio giurisprudenziale recepito secondo il quale “l’attività sanzionatoria della p.a. sull’attività edilizia abusiva è connotata dal carattere vincolato e non discrezionale. Infatti, il giudizio di difformità dell’intervento edilizio rispetto al titolo abilitativo rilasciato, che costituisce il presupposto dell’irrogazione delle sanzioni, non è connotato da discrezionalità tecnica, ma integra un mero accertamento di fatto e, pertanto, l’ordine di demolizione di opere abusive non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può mai legittimare” (Cons. Stato, V, 11 giugno 2013, n. 3235).

8. Si possono ora esaminare le singole censure proposte.

9. Con il primo motivo l’appellante sostiene che, in mancanza di una normativa regolamentare di attuazione della disciplina legislativa, negli enti locali la competenza ad adottare provvedimenti sanzionatorî spetterebbe ancora al sindaco e non al competente dirigente.

Il motivo è infondato.

In ordine a tale censura il Collegio non può che confermare quanto deciso dal giudice di primo grado per il quale la competenza all’emanazione di sanzioni demolitorie si reputa appartenente al Sindaco fino al 1998, essendo stata trasferita ai dirigenti e comunque all’apparato amministrativo degli enti locali ai sensi dell’art. 2, comma 12, L. 16 giugno 1998 n. 191. L’ordinanza impugnata, essendo stata emanata nell’anno 2009, ricade pienamente nella nuova disciplina del riparto di competenze, che ha sancito l’attribuzione all’apparato amministrativo degli enti locali ed in particolare alle figure dirigenziali, tra gli altri, anche dei compiti sanzionatori in materia edilizia.

Va sottolineato che l’appellante si è limitato a riproporre la censura di primo grado senza confutare quanto deciso nella sentenza appellata.

10. Con il secondo motivo si sostiene che il firmatario del provvedimento non sarebbe un dirigente inquadrato nell’organico dell’ente; in conseguenza il provvedimento doveva essere adottato dal segretario comunale; da qui l’ulteriore profilo di incompetenza.

Anche tale motivo è infondato.

Così come osservato dal giudice di primo grado, in assenza di una specifica impugnazione dell’atto di assunzione (a qualsiasi titolo) del soggetto firmatario del provvedimento impugnato, egli deve ritenersi pienamente legittimato alla funzione esercitata.

11. Con il terzo motivo l’appellante sostiene che, alla luce dell’art. 37, comma 4, del T.U. sull’edilizia, la domanda avente ad oggetto integrazione e variante in corso d’opera prot. 6034 del 3 marzo 2009, doveva esplicare i medesimi effetti di una domanda di sanatoria.

Anche tale motivo non può trovare accoglimento in quanto, così come evidenziato dal giudice di primo grado, l’art. 36 d.P.R. n. 380/2001 rimette all’esclusiva iniziativa della parte interessata l’attivazione del procedimento di accertamento di conformità urbanistica ivi disciplinato, e ciò anche al fine di non ingenerare equivoci sul valore e sulla finalità delle istanze proposte.

12. Con il quarto motivo l’appellante ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 27 d.P.R 380/01 e dell’art. 146 d.lgs. 42/2004.

L’appellante deduce testualmente: “Ricostruita la verità fattuale sulla preesistenza dell’ingombro plano-volumetrico oggetto dell’ordinanza impugnata nonché sulla preesistenza della scala esterna e dei locali sottoscala, come da titolo, gli effettivi lavori eseguiti che risultano dalla Dia in integrazione e variante costituiscono senza dubbio mera attività edilizia di natura chiaramente conservativa e funzionale che non ha comportato e non comporta alcuna variazione, trasformazione e/o modifica urbanistica vietata, per cui, stricto iure, non era richiesto il permesso a costruire né l’autorizzazione paesaggistica non essendo stata creata alcuna superficie utile o volumi, né nessuna alterazione concreta dello stato dei luoghi, restando l’assetto ambientale e il carico urbanistico invariati”.

Questo Collegio non può che rinviare alla sentenza del giudice penale, depositata in giudizio dal medesimo appellate, il quale ha esplicitamente affermato: “... si è avuto, per stessa ammissione del ctp, ing. Vito *, un abbassamento del solaio di calpestio del sottotetto (solaio di copertura del secondo livello del fabbricato). Questo abbassamento pari a 60-70 cm., nonostante le rassicurazione del Sacchetti che parla di immutata destinazione d’uso del sottotetto, determina un sicuro ampliamento della volumetria del sottotetto, ciò che implica la sua destinazione abitativa”.

Il mutamento della originaria destinazione in possibile utilizzazione abitativa era ragione sufficiente per l’adozione del provvedimento impugnato.

13. Con il quinto motivo di ricorso è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e 48 l. 457/78 in relazione alla l. 662/96.

L’appellante afferma: “È evidente che il Tar Campania ha travisato ogni cosa anche in relazione alla realtà fattuale contestata in quanto è lapalissiano che non costituisce ipotesi di intervento eseguito in assenza di permesso di costruire la diversa impostazione della quota di un solaio a parità di ingombro plano-volumetrico dell’esistente; ovvero la realizzazione di una scala interna in acciaio per meglio raggiungere in sicurezza il deposito dell’appartamento destinato a restare tale”.

Anche tale motivo non può trovare accoglimento per le ragioni espresse nell’esaminare il motivo precedente: è vero il contrario di quanto affermato dall’appellante.

L’abbassamento di un solaio interno rende abitabile l’originario sottotetto, con evidente incremento della volumetria utilizzabile.

14. Con il sesto motivo l’appellante ha dedotto eccesso di potere per difetto di motivazione in relazione al pubblico interesse alla demolizione ed al presunto contrasto dell’intervento con la normativa urbanistica vigente; violazione degli artt. 3, 5, 7, 8, 10, commi 1 e 3, l.241/1990.

Anche tale censura non può trovare accoglimento alla luce delle osservazioni svolte dal giudice di primo grado che ha rimarcato come l’ordinanza in questione costituisce un provvedimento dovuto e rigorosamente vincolato in quanto volto a sanzionare opere costruite senza i prescritti titoli (edilizio e paesaggistico), con riferimento al quale non sono richiesti apporti partecipativi del destinatario, tanto più che l’interessato non ha rappresentato, neppure in sede di ricorso, argomentazioni idonee a determinare un diverso esito del procedimento.

15. Con il settimo motivo l’appellante ha dedotto l’illegittimità dell’ordinanza in ordine al concesso termine di giorni trenta per demolire, in luogo di un termine non inferiore a novanta giorni.

Il motivo è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, essendo orami trascorsi anche i 90 giorni, richiesti dall’appellante, dall’adozione del provvedimento impugnato.

16. Con l’ottavo motivo l’appellante ha dedotto tra l’altro, per aspetti di natura ambientale, che il provvedimento impugnato, adottato anche ai sensi del d.lgs. 490/1999, era illegittimo perché, non essendo stato accertato nessun danno ambientale reale, poteva disporre tutt’al più l’applicazione di una “indennità”, come previsto dall’art. 164 della normativa richiamata in rubrica, e non invece la sanzione del ripristino dello stato dei luoghi irrogata.

Anche tale motivo non può trovare accoglimento perché, così come evidenziato dal giudice di primo grado, la sanzione è stata irrogata non per ragioni paesaggistiche, ma solamente edilizie.

17. Con il nono motivo l’appellante ha dedotto l’eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria.

L’appellante afferma che l’ingiunzione di demolizione e di ripristino è stata emessa sulla base di meri rapporti che si sono limitati a rilevare la consistenza delle opere rinvenute, ma omettendo di fornire ogni dettaglio fattuale sulla loro “preesistenza” ai lavori effettivamente eseguiti.

Il motivo non può trovare accoglimento in quanto, anche alla luce di quanto sinora esaminato, è risultato senza ombra di dubbio che l’appellante ha modificato la distribuzione di volumi interni creando nuovi spazi abitabili, circostanza sufficiente per giustificare l’adozione del provvedimento impugnato.

19. Con il decimo motivo l’appellante deduce che l’applicazione dell’art. 27 d.P.R. 380/01 è del tutto eccezionale nel sistema e presuppone una approfondita e seria indagine da parte della PA con riguardo all’effettiva compromissione di rilevanti interessi urbanistici e paesistici e una puntuale motivazione su tali aspetti.

Anche tale censura è infondata essendo evidente che la norma deve essere applicata in tutti i casi in di assenza di titolo edilizio e di mancanza di idonea domanda di sanatoria.

20. Resta da esaminare la questione della scala esterna che il giudice penale ha ritenuto preesistente alla commissione degli abusi perché già menzionata nell’atto notarile (donazione del 26/10/2000 in favore dell’imputato).

Questo collegio ritiene che l’eventuale illegittimità del provvedimento impugnato, nella parte in cui ha anche ordinato la demolizione della scala non possa, per vis attractiva, estendersi anche alle opere realizzate in difformità delle d.i.a.

È vero piuttosto il contrario. L’appellante non può conservare il bene delle vita preesistente (la scala, che per sua natura non ha una propria autonomia funzionale) quando quest’ultimo sia l’unico elemento residuale ad opere abusive realizzate in sua aderenza.

21. La persistente, mancata costituzione in giudizio del Comune di Forio a difesa dei propri provvedimenti esime il Collegio dal pronunciarsi sulle spese di giudizio, che nella specie avrebbe tenuto conto del mancato rispetto del principio di sinteticità, ai sensi del combinato disposto degli articolo 26 e 3, comma 2, Cod. proc. amm..

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 marzo 2015 con l’intervento dei magistrati:

 

 

Filippo Patroni Griffi, Presidente

Claudio Contessa, Consigliere

Gabriella De Michele, Consigliere

Roberta Vigotti, Consigliere

Andrea Pannone, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13/05/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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