Monday 05 March 2012 11:56:16
Giurisprudenza Giustizia e Affari Interni
Consiglio di Stato
L'esperimento della domanda risarcitoria in sede di giudizio di appello si trova in conflitto con il divieto posto, sulla scia dell’art. 345 cod. proc. civ., dall’art. 104 CPA (“Nuove domande ed eccezioni”), che al suo primo comma recita, a presidio del principio del doppio grado di giudizio e del valore della pienezza del relativo contraddittorio : “Nel giudizio di appello non possono essere proposte nuove domande, fermo quanto previsto dall’articolo 34, comma 3, né nuove eccezioni non rilevabili d’ufficio. Possono tuttavia essere chiesti gli interessi e gli accessori maturati dopo la sentenza impugnata, nonché il risarcimento dei danni subiti dopo la sentenza stessa.” Né sarebbe possibile invocare la deroga posta al generale divieto di jus novorum dal periodo conclusivo del comma, nella parte in cui ammette comunque la possibilità di chiedere “il risarcimento dei danni subiti dopo la sentenza” impugnata. Tale deroga, allo stesso modo di quella contemplata per gli interessi ed altri accessori, la quale postula che nel grado anteriore di giudizio vi fosse già stata una precedente domanda, ed ammette in appello semplicemente uno sviluppo del relativo petitum, esige del pari che in primo grado fosse stato già richiesto il risarcimento dei danni, e si limita ad ammettere che in appello venga domandato il ristoro dei danni ulteriori verificatisi nelle more (in tal senso, nell’applicazione della simile formula recata dall’art. 345 cod. proc. civ., cfr. Cass. Civ., sez. III, 3 marzo 2010, n. 5067, nonché sez. I, 19 gennaio 2006, n. 1054, dove si precisa, appunto, che la domanda di risarcimento dei danni sofferti dopo la sentenza è ammissibile in grado d' appello solo se nel giudizio di primo grado sia stata proposta un'azione di danni, e se gli ulteriori danni richiesti in appello trovino la loro fonte nella stessa causa e siano della stessa natura di quelli già accertati in primo grado). A più forte ragione nella specie la conclusione dell’inammissibilità si impone, infine, se si considera che, in violazione del canone del contraddittorio, la richiesta risarcitoria è stata formulata in una mera memoria, e non in un atto notificato alle controparti.
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