Tuesday 04 October 2022 12:30:42

Giurisprudenza  Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza

Illeciti antitrust: le sanzioni ed il termine per la contestazione delle violazioni

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 4.10.2022

Nella sentenza del 4 ottobre 2022 la Sesta Sezione del Consiglio di Stato ha esaminato la problematica afferente l’applicabilità (o meno) alle procedure sanzionatorie sviluppate dall’AGCM, con riferimento a (illecite) intese restrittive del mercato in occasione di partecipazione di operatori economici a procedure selettive per l’affidamento di commesse pubbliche, dell’art. 14 l. 689/1981 nonché in ordine al tardivo avvio, nel caso di specie, della procedura rispetto all’epoca di conoscenza dei fatti da contestarsi.

Si legge espressamente: “Sul punto, anche in epoca recentissima (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 9 maggio 2022 nn. 3570, 3571 e 3572, i cui contenuti saranno riprodotti per ampi stralci nel prosieguo nonché, ancora in argomento, Cons. Stato, Sez. VI, 8 febbraio 2022 n. 878 e 25 gennaio 2021 n. 738), la Sezione ha tracciato la linea interpretativa che ritiene più aderente al dettato normativo in materia, proprio dell’ordinamento interno e di quello eurounitario, e il Collegio ritiene di aderire convintamente a tale orientamento, al quale non vi è ragione di non confermare continuità.

16. In particolare:

- va premesso che le norme di principio contenute nel Capo I della l. 689/1981, tendenzialmente, sono di applicazione generale, dal momento che, in base all'art. 12, devono essere osservate con riguardo a tutte le violazioni aventi natura amministrativa per le quali è comminata la sanzione del pagamento di una somma di danaro;

- l'intento del legislatore è stato quello di assoggettare ad uno statuto unico ed esaustivo (e con un medesimo livello di prerogative e garanzie procedimentali per il soggetto inciso) tutte le ipotesi di sanzioni amministrative, sia che siano attinenti a reati depenalizzati, sia che conseguano ad illeciti qualificati ab origine come amministrativi, con la sola eccezione delle violazioni disciplinari e di quelle comportanti sanzioni non pecuniarie;

- la preventiva comunicazione e descrizione sommaria del fatto contestato con l'indicazione delle circostanze di tempo e di luogo - idonee ad assicurare, già nella fase del procedimento amministrativo anteriore all'emissione dell'ordinanza-ingiunzione, la difesa dell'interessato - attengono ai principi del contraddittorio che è garantito dalla l. 689/1981 attraverso la prescrizione di una tempestiva contestazione (ai sensi dell'art. 14, ove non si proceda alla contestazione immediata dell'addebito, “gli estremi della violazione debbono essere notificati agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all'estero entro il termine di trecentosessanta giorni dall'accertamento”);

- il su richiamato termine per la contestazione delle violazioni amministrative ha natura perentoria, avendo la precisa funzione di garantire un tempestivo esercizio del diritto di difesa;

- l’ampia portata precettiva è esclusa soltanto alla presenza di una diversa regolamentazione da parte di una fonte normativa, pari ordinata, che per il suo carattere di specialità si configuri idonea ad introdurre una deroga alla norma generale e di principio;

- ed infatti, al riguardo, l'art. 31 l. 287/1990 prevede l'applicazione delle norme generali di cui alla l. 689/1981 “in quanto applicabili”;

- a propria volta il regolamento in materia di procedure istruttorie dell'Autorità (d.P.R. 30 aprile 1998, n. 217) non reca l'indicazione di alcun termine per la contestazione degli addebiti, e quindi non può far ritenere “diversamente stabilita” la scansione procedimentale e, quindi, inapplicabile il termine di cui all’art. 14 l. 689/1981 (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 10 luglio 2018 n. 4211);

- il Collegio non ignora che sovente il giudice di primo grado (e nella specie la competente Sezione del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio) ha, anche in epoca recente, offerto una diversa valutazione interpretativa del termine di cui all’art. 14 l. 689/1981 (escludendone il carattere perentorio, talvolta) e soprattutto dell’applicabilità di tale norma alla fase istruttoria della complessa operazione procedimentale che si conclude con l’adozione del provvedimento sanzionatorio da parte dell’AGCM;

- tuttavia l’esposta interpretazione, fatta propria dal Consiglio di Stato e, nella specie, da questa Sezione, deve ritenersi preferibile rispetto a quella sposata dal TAR, in quanto anche orientata dalla sicura ascendenza costituzionale del principio di tempestività della contestazione, posto a tutela del diritto di difesa, atteso che la soluzione proposta (oltre che rispondente al canone ermeneutico di tipo sistematico) si impone anche alla luce dell'obbligo di interpretazione conforme, quale corollario della natura sostanzialmente penale delle sanzioni antitrust e della conseguente applicabilità alla presente fattispecie dei principi fondamentali del diritto punitivo.

17. Con riferimento a tale ultimo profilo merita, per completezza, osservare sinteticamente quanto segue:

- l’art. 6 CEDU prevede che, per aversi equo processo “ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un Tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge”. Tale disposizione si applica anche in presenza di sanzioni amministrative di natura afflittiva, alle quali deve essere riconosciuta natura sostanzialmente penale (al ricorrere dei criteri a suo tempo stabiliti dalla nota sentenza Engel dell’8 giugno 1976);

- a ciò si aggiunga ancora – a confortare l’inevitabile parallelo giuridico tra sanzione penale e sanzione amministrativa - che, secondo la constante giurisprudenza europea, il principio della presunzione d'innocenza, sancito dall'articolo 48, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, si applica alle procedure che possono concludersi con pesanti sanzioni afflittive (cfr. Corte di Giustizia UE, 10 novembre 2017, T-180/15);

- la presunzione di innocenza risulta, del resto, anche dall'articolo 6, paragrafo 2, della CEDU che, come è noto, contiene principi generali del diritto dell'Unione. La natura “penale” in senso convenzionale delle sanzioni irrogate dall'Autorità antitrust quindi è indubbia, tenuto conto delle finalità repressive e preventive perseguite e del fatto che l'accertamento di antitrust infringement determina, oltre all'irrogazione di pesanti sanzioni amministrative pecuniarie e alla condanna al risarcimento del danno eventualmente cagionato, anche un significativo danno reputazionale (sulla natura sostanzialmente penale delle responsabilità per violazioni delle norme sulla concorrenza cfr., ancora, Corte EDU, sentenza 27 settembre 2011, caso Menarini-Diagnostics S.r.l. c. Italia; in generale sulla nozione di pena in senso convenzionale cfr. Corte EDU, (ancora) Engel e altri contro Paesi Bassi, caso n. 5100/71, Grande Stevens e altri contro Italia, Casi 18640/10, 18647/10, 18663/10, 18668/10 e 18698/10);

- non va dimenticato che proprio nella sentenza 14 marzo 2014 Grande Stevens c. Italia, la stessa Corte Edu ha ritenuto, in tema di market abuse, che la conformità con l'art. 6 CEDU non viene meno nel caso in cui una sanzione di natura penale sia inflitta da un’Autorità amministrativa, la cui decisione non soddisfi le condizioni di cui al paragrafo 1 della norma, laddove sul provvedimento adottato sia previsto un controllo a posteriori da parte di un organo indipendente e imparziale avente giurisdizione piena. Sul punto è intervenuta anche la Corte di cassazione affermando che “in tema di sanzioni che, pur qualificate come amministrative, abbiano natura sostanzialmente penale, la garanzia del giusto processo, ex art. 6 Cedu, può essere realizzata, alternativamente, nella fase amministrativa - nel qual caso, una successiva fase giurisdizionale non sarebbe necessaria - ovvero mediante l'assoggettamento del provvedimento sanzionatorio - adottato in assenza di tali garanzie ad un sindacato giurisdizionale pieno, di natura tendenzialmente sostitutiva ed attuato attraverso un procedimento conforme alle richiamate prescrizioni della convenzione, il quale non ha l'effetto di sanare alcuna illegittimità originaria della fase amministrativa giacché la stessa, sebbene non connotata dalle garanzie di cui al citato art. 6, è comunque rispettosa delle relative prescrizioni, per essere destinata a concludersi con un provvedimento suscettibile di controllo giurisdizionale” (cfr., in termini, Cass. civ., Sez. II, 13 gennaio 2017 n. 770, in merito a una fattispecie in tema di sanzioni applicate dalla Consob all'esito del procedimento amministrativo previsto dal d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58. Cfr., in argomento e più di recente, Cass civ., Sez. II, 28 aprile 2022 n. 13345);

- ancor più in particolare, secondo la giurisprudenza della Corte Europea, il “fair trial” non ha ad oggetto unicamente il processo, ma anche il procedimento amministrativo, e segnatamente: per “tribunale” deve intendersi qualunque Autorità che, pur attraverso un procedimento non formalmente qualificato come “processo” nell'ordinamento interno, adotti atti modificativi della realtà giuridica, incidenti significativamente nella sfera soggettiva di un soggetto privato, anche se tale funzione viene esercitata al di fuori di una organizzazione giurisdizionale (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 2 settembre 2019 n. 6030);

- la sanzione dell'AGCM, avuto riguardo al particolare grado di severità della stessa, può in astratto assumere natura afflittiva e sostanzialmente penale alla stregua dei criteri individuati dalla giurisprudenza;

- questa Sezione (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 26 marzo 2015 n. 1596) ha già avuto modo di affermare come, in applicazione dei principi posti dalla Corte EDU, all’interno della più ampia categoria di “accusa penale” occorre distinguere tra un diritto penale in senso stretto (“hard core of criminal law”) e casi non strettamente appartenenti alle categorie tradizionali del diritto penale. Deve pertanto ritenersi compatibile con l'art. 6, par. 1, della Convenzione che sanzioni “penali” siano imposte in prima istanza da un organo amministrativo - anche a conclusione di una procedura priva di carattere giudiziale, vale a dire che non offra garanzie procedurali piene di effettività del contraddittorio - purché sia assicurata una possibilità di ricorso dinnanzi ad un giudice munito di poteri di “piena giurisdizione” e, quindi, le garanzie previste dalla disposizione in questione possano attuarsi compiutamente quanto meno in sede giurisdizionale;

- la Sezione (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 15 luglio 2019 n. 4990) ha già avuto modo di approfondire la questione (tenuto anche conto delle innovazioni apportate dall'art. 7, primo comma, del d.lgs. 19 gennaio 2017, n. 3 in attuazione della direttiva 2014/104/UE), confermando per il Giudice amministrativo “il dovere di accertamento “diretto” di tutti i fatti rilevanti ai fini del decidere, senza in alcun modo esentarlo dal contemporaneo dovere di accertamento “critico” degli elementi valutativi lasciati indeterminati dalla fattispecie sanzionatoria”;

- la conferma della compatibilità con l'art. 6, par. 1, della Convenzione di un sistema che imponga sanzioni penali in prima istanza attraverso un organo amministrativo - anche a conclusione di una procedura che non offra garanzie procedurali piene di effettività del contraddittorio alla stregua di un processo penale - purché sia assicurata una possibilità di ricorso dinnanzi ad un giudice munito di poteri di "piena giurisdizione", è stata di recente confermata dalla stessa Corte Europea (Corte EDU, sentenza 10 dicembre 2020, ric. N. 68957/14 – 70495/13) secondo la quale: “Nel caso dei ricorsi giurisdizionali contro le sanzioni pecuniarie inflitte dall'AGCom, aventi natura penale, il giudizio del TAR e del Consiglio di Stato non risulta limitato a un semplice controllo di legalità, dal momento che tali autorità possono verificare se, con riguardo alle circostanze particolari della causa, l'AGCom abbia fatto un uso appropriato dei suoi poteri, e possono esaminare la fondatezza e la proporzionalità delle scelte dell'AGCom; di conseguenza va ribadito che TAR e Consiglio di Stato rispettano i requisiti di indipendenza e di imparzialità che il giudice deve possedere ai sensi dell'articolo 6 della CEDU").

18. Su queste basi, deve però precisarsi che il decorso dei novanta giorni, nella disposizione recata dall'art. 14 l. 689/1981, è ricollegato non già alla data di commissione della violazione, bensì al tempo di accertamento dell'infrazione.

18.1. Si fa riferimento non alla mera notizia del fatto ipoteticamente sanzionabile nella sua materialità, ma all'acquisizione della piena conoscenza della condotta illecita, implicante il riscontro (allo scopo di una corretta formulazione della contestazione) della sussistenza e della consistenza dell'infrazione e dei suoi effetti. Ne discende la non computabilità del periodo ragionevolmente occorso, in relazione alla complessità delle singole fattispecie, ai fini dell'acquisizione e della delibazione degli elementi necessari per una matura e legittima formulazione della contestazione (cfr. Cass. civ., Sez. II, 13 dicembre 2011 n. 26734 e 21 aprile 2009 n. 9454).

18.2. Più in dettaglio, la giurisprudenza ha affermato, in relazione al momento dal quale decorre il termine di 90 giorni stabilito all’art. 14 l. 689/1981, che:

- “i limiti temporali entro i quali, a pena di estinzione dell'obbligazione di pagamento, l'amministrazione procedente è tenuta a provvedere alla notifica della contestazione, devono ritenersi collegati all'esito del procedimento di accertamento, mentre la legittimità della durata di quest'ultimo va valutata in relazione al caso concreto e alla complessità delle indagini, e non anche alla data di commissione della violazione, dalla quale decorre il solo termine iniziale di prescrizione di cui all'art. 28 della legge 24 novembre 1981, n. 689.” (così Cass. civ., Sez. VI, ord. n. 18574 del 3 settembre 2014);

- “il termine entro il quale la P.A. ha l'onere di contestare l'infrazione decorre non da quando sia venuta a conoscenza dei fatti ascritti all'incolpato, ma dal diverso e successivo termine in cui abbia acquisito tutti gli elementi oggettivi e soggettivi necessari per valutare la sussistenza di una condotta sanzionabile. Sulla individuazione di tale momento, che è rimessa al giudice del merito, non può tuttavia incidere la condotta negligente o arbitraria della stessa p.a., sicché il tardivo compimento di atti che quest'ultima avrebbe dovuto o potuto compiere tempestivamente non vale a spostare in avanti il "dies a quo" di decorrenza del termine di 90 giorni per la contestazione differita dell'infrazione (nella specie la p.a. aveva contestato a più soggetti la violazione delle norme in tema di misure antiriciclaggio, notificando loro il relativo verbale di accertamento a distanza di quattro mesi dal compimento delle relative operazioni; a fronte dell'impugnazione degli incolpati fondata sulla tardività della contestazione, la p.a. si era difesa allegando di avere avuto la necessità di compiere ricerche anagrafiche per accertare l'esatta residenza degli incolpati. La S.C., cassando la sentenza di merito, ha ritenuto non giustificato il ritardo)” (così Cass. civ., Sez. V, 29 febbraio 2008 n. 5467);

- e, ancora, il termine per la contestazione degli illeciti decorre “dalla data in cui l'autorità amministrativa ha completato l'attività intesa a verificare la sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi della violazione; compete al giudice di merito valutare la congruità del tempo utilizzato per accertamento, in relazione alla maggiore o minore difficoltà del caso, con apprezzamento incensurabile in sede di legittimità, se correttamente motivato” (così Cass. civ., Sez. II, 13 dicembre 2011 n. 26734).

18.3. Con riferimento (poi) alla natura del sindacato giurisdizionale suscitato dalla eccepita tardività della contestazione di una sanzione amministrativa, la giurisprudenza ha avuto modo di osservare che:

- “In tema di sanzioni irrogate dalla Consob, deve riconoscersi al giudice, che sia chiamato a pronunciarsi sulla tempestività della contestazione dell'illecito, la possibilità di sindacare la necessità o l'opportunità della protrazione dell'attività istruttoria, da parte dell'Amministrazione, con il compimento di atti di indagine collegati a quelli già effettuati, ove questi ultimi risultino già esaustivi ai fini dell'accertamento dell'illecito, con l'avvertenza che tale sindacato deve essere svolto "ex ante" - in relazione all'utilità potenziale delle ulteriori iniziative istruttorie e non già ai concreti esiti che tali iniziative abbiano effettivamente prodotto - e tenendo conto dell'interesse pubblico ad un accertamento unitario di vicende complesse e coinvolgenti plurime responsabilità, quando l'efficacia delle indagini dell'Autorità di vigilanza venga posta a repentaglio da una "discovery" prematura, che consegua alla parcellizzazione dei risultati dell'indagine stessa.” (così Cass. civ., Sez. II, 31 maggio 2022 n. 17673);

- “Ne consegue che occorre individuare, secondo le caratteristiche e la complessità della situazione concreta, il momento in cui ragionevolmente la contestazione avrebbe potuto essere tradotta in accertamento, momento dal quale deve farsi decorrere il termine per la contestazione stessa” (così Cass. civ., Sez. II, 16 aprile 2018 n. 9254).

18.4. Il giudice avanti al quale è eccepita la tardività della contestazione, dunque, ha il potere/dovere di sindacare la congruità del tempo impiegato dall’amministrazione procedente per pervenire all’accertamento dell’illecito, sia sotto il profilo della effettiva utilità degli atti istruttori compiuti ai fini dell’accertamento, sia sotto il profilo della diligenza osservata al fine di assicurare la tempestività dell’accertamento.

18.5. Tali principi debbono trovare applicazione anche nei giudizi devoluti alla giurisdizione del giudice amministrativo, non venendo in considerazione profili di attività che costituiscano manifestazione di discrezionalità amministrativa.

18.6. Peraltro, con riferimento ai procedimenti finalizzati a sanzionare gli illeciti antitrust, i principi sopra richiamati debbono essere applicati tenendo presente la particolare articolazione di tali procedimenti, i quali sono caratterizzati dal fatto che l’AGCM ha il potere di esercitare specifici poteri istruttori, particolarmente invasivi, solo dopo aver adottato un provvedimento di formale avvio del procedimento, il quale deve già contenere una contestazione dell’illecito.

19. - Come è noto, l’istruttoria dei procedimenti antitrust è regolata dagli artt. 12 e segg. l. 287/1990 nonché dal d.P.R. n. 217 del 30 aprile 1998, recante il “Regolamento in materia di procedure istruttorie di competenza dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato”. Vengono in considerazione, in particolare:

- l’art. 14, comma 1, l. 287/1990, il quale stabilisce che “L'Autorità, nei casi di presunta infrazione degli articoli 101 o 102 del TFUE ovvero degli articoli 2 o 3 della presente legge, svolge l'istruttoria in tempi ragionevoli e ne notifica l'apertura alle imprese e agli enti interessati. I titolari o legali rappresentanti delle imprese ed enti hanno diritto di essere sentiti, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, nel termine fissato contestualmente alla notifica ed hanno facoltà di presentare deduzioni e pareri in ogni stadio dell'istruttoria, nonché di essere nuovamente sentiti prima della chiusura della stessa”;

- l’art. 6, commi 1 e 3, d.P.R. 217/1998, secondo cui “Il collegio, nei casi di presunta infrazione agli articoli 2, comma 2, 3 e 6, comma 1, della legge, valutate le proposte degli uffici, delibera sull'avvio dell'istruttoria di cui all'articolo 14 della legge (…). Il provvedimento di avvio dell'istruttoria deve indicare gli elementi essenziali in merito alle presunte infrazioni, il termine di conclusione del procedimento, il responsabile del procedimento, l'ufficio dove si può prendere visione degli atti del procedimento, nonché il termine entro il quale le imprese e gli enti interessati possono esercitare il diritto di essere sentiti di cui all'articolo 14, comma 1, della legge.”;

- l’art. 8, comma 1, d.P.R. 217/1998, secondo cui “I poteri istruttori di cui all'articolo 14, comma 2, della legge, sono esercitati a decorrere dalla notifica del provvedimento di avvio dell'istruttoria alle imprese e agli enti interessati, anche contestualmente alla notifica stessa. Nel caso che l'apertura dell'istruttoria sia stata notificata ad una pluralità di soggetti, i relativi poteri possono essere esercitati nei confronti di ciascuno di essi dal ricevimento della notifica loro indirizzata.”;

- l’art. 14 d.P.R. 217/1998, il quale disciplina la fase della chiusura della istruttoria prevedendo che “1. Il collegio, verificata la non manifesta infondatezza delle proposte formulate dagli uffici in relazione agli elementi probatori acquisiti, autorizza l'invio della comunicazione delle risultanze istruttorie alle imprese (…). I soggetti di cui al comma 2 possono presentare memorie scritte e documenti sino a cinque giorni prima del termine di chiusura dell'istruttoria indicato nella suddetta comunicazione (…). 5. Le imprese e gli enti interessati hanno diritto di essere sentiti dinanzi al collegio. A tal fine, essi devono far pervenire apposita richiesta entro cinque giorni dal ricevimento della comunicazione delle risultanze istruttorie. A seguito di detta richiesta, il collegio fissa la data della audizione, che è comunicata alle imprese. 6. Il collegio può inoltre sentire gli altri soggetti che hanno preso parte al procedimento, e ne facciano motivata richiesta. 7. Il collegio può sentire le imprese ed enti interessati separatamente o congiuntamente. In quest'ultimo caso si deve tenere conto dell'interesse delle imprese a che non vengano divulgati i segreti commerciali relativi alla propria attività. 8. Dell'audizione è redatto processo verbale, contenente le principali dichiarazioni rilasciate dalle parti, secondo le modalità di cui all'articolo 9. Completata l'istruttoria, il collegio adotta il provvedimento finale.”

19.1. Reputa il Collegio che l’atto rispetto al quale deve essere verificata l’osservanza del termine indicato all’art. 14 l. 689/1981 deve essere identificato, nei procedimenti istruttori antitrust, con l’atto di avvio della istruttoria indicato dall’art. 14 l. 287/1990 e dall’art. 6 d.P.R. 217/1998 e ciò per la ragione che tale atto, dovendo contenere “gli elementi essenziali in merito alle presunte infrazioni” e dovendo porre i destinatari in grado di presentare, in ogni stadio dell’istruttoria, difese, da esporre in audizione o in memorie scritte o pareri, deve necessariamente enunciare anche la contestazione dell’illecito.

19.2. Va in proposito rilevato che nel disegno della l. 689/1981 il rispetto del termine di 90 giorni di cui all’art. 14 (della medesima legge) deve essere verificato con riferimento al primo atto con cui l’amministrazione effettua la contestazione, che può avvenire in vari modi. E’ stato affermato, ad esempio, che “In tema di sanzioni amministrative, la comunicazione della positività delle analisi, prevista dall'art. 15 della legge 24 novembre 1981, n. 689, costituisce valida ed efficace contestazione della violazione commessa, anche se non contenga l'indicazione relativa alla facoltà del trasgressore di procedere al pagamento in misura ridotta, trattandosi di una facoltà espressamente prevista dalla legge.” (così Cass. civ., Sez. II, 4 marzo 2011 n. 5250). Nei procedimenti istruttori antitrust, però, l’avvio della istruttoria costituisce una tappa obbligata e ineliminabile sicché, contenendo l’enunciazione dell’illecito per cui si procede, è ad essa - e non alla comunicazione delle risultanze istruttorie - che deve farsi riferimento per verificare il rispetto del termine indicato all’art. 14 l. 689/1981.

19.3. Premesso quanto sopra, è evidente che l’accertamento dei fatti sotteso all’avvio della istruttoria, ex art. 14 l. 287/1990, non può compendiarsi in attività estremamente complesse, per la semplice ragione che l’attività istruttoria vera e propria – id est: le richieste di informazioni e documenti, le ispezioni, le perizie, le analisi statistiche ed economiche, le consultazioni di esperti, di cui agli artt. 9 e segg. d.P.R. 217/1998 – può essere posta in essere solo dopo la notifica alle parti interessate del provvedimento che dà avvio alla istruttoria (art. 14, comma 1, l. 287/1990; art. 8, comma 1, d.P.R. 217/1998).

19.4. Si inferisce da ciò che: a) prima di tale momento l’Autorità può porre in essere solo indagini di “pre-istruttoria”, comunque di natura diversa da quelle indicate agli artt. 8 e segg. d.P.R. 217/1990; b) l’accertamento dei fatti sotteso alla contestazione dell’illecito, contenuto nell’avvio della istruttoria, è solo quello che si traduce nella acquisizione degli elementi necessari e sufficienti per ipotizzare, a livello di fumus, l’esistenza di una infrazione agli artt. 101 e 102 TFUE e di individuare i possibili responsabili.

19.5. Ciò significa che, in sostanza, nei procedimenti antitrust, in ragione della idoneità lesiva delle intese anticoncorrenziali e della afflittività delle sanzioni connesse alla violazione degli artt. 101 e 102 TFUE, il momento della contestazione è anticipato, rispetto a quanto può accadere nei procedimenti ordinari governati dalla l. 689/1981, (e ciò anche) al fine di vanificare l’attività del sodalizio illecito e di garantire la tempestiva instaurazione del contraddittorio; ciò ridonda anche sul sindacato finalizzato alla verifica del rispetto del termine di 90 giorni di cui all’art. 14 l. 689/1981, non potendosi giustificare la postergazione della contestazione dell’illecito con la necessità di compiere una istruttoria complessa.

19.6. Con specifico riferimento ai casi in cui un procedimento istruttorio sia avviato a seguito di una segnalazione pervenuta all’AGCM, si può desumere, dall’art. 13 l. 287/1990, che, tendenzialmente, dal momento in cui la segnalazione perviene all’AGCM decorre il termine per la contestazione dell’illecito/avvio dell’istruttoria, salvo che la segnalazione sia “incompleta” o “non veritiera”. La completezza e l’attendibilità di una segnalazione, pertanto, fungono da criteri che il giudice deve applicare al fine di stabilire se una comunicazione di avvio di istruttoria sia tempestiva e pare arduo sostenere l’incompletezza o la non veridicità di una segnalazione quando l’AGCM non faccia seguire la segnalazione da alcuna attività conoscitiva, a maggior ragione quando la contestazione contenuta nell’avvio dell’istruttoria rispecchi il contenuto della segnalazione.(…)"

 

 Per approfondire vai al testo integrale della sentenza.

 

Testo del Provvedimento (Contenuto Riservato)

 

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