Thursday 23 February 2017 14:12:40

Giurisprudenza  Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa

Militari: la sospensione precauzionale facoltativa connessa a procedimento penale

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 8.2.2017

L’art. 916 d. lgs. 15 marzo 2010 n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), all’art. 916, nell’ambito della Sezione IV (Capo II del Titolo V), dedicata ai casi di “sospensione dall’impiego”, prevede, oltre alla “sospensione a seguito di condanna penale” (art. 914), ed alla “sospensione precauzionale obbligatoria” (art. 915), anche la “sospensione precauzionale facoltativa connessa a procedimento penale” (art. 916), la quale “può essere applicata nei confronti di un militare se lo stesso è imputato per un reato da cui può derivare la perdita del grado” e non può avere comunque durata superiore a cinque anni (art. 919, co. 1). Sulla base di tale richiamo normativo la Quarta sezione del consiglio di stato con sentenza depositata in data 8 febbraio 2017 ha affermato che "Ciò, dunque, che funge da necessario presupposto perché l’amministrazione militare possa valutare se disporre (o meno) la sospensione precauzionale facoltativa – che ha natura di misura cautelare e non già di sanzione - è l’essere il militare imputato per un reato da cui può derivare la perdita del grado. Quest’ultima (che è “sanzione disciplinare di stato”) può essere conseguenza: - o di procedimento disciplinare (art. 865); - ovvero (senza procedimento disciplinare), per i casi in cui vi sia “condanna definitiva, non condizionalmente sospesa, per reato militare o delitto non colposo che comporti la pena accessoria della rimozione o della interdizione temporanea dai pubblici uffici, oppure una delle pene accessorie di cui all’art. 19, comma 1, numeri 2) e 6) del codice penale” (art. 866). In particolare, per quel che interessa nella presente sede, giova ricordare che l’art. 29 cod. pen., prevede che la interdizione temporanea dai pubblici uffici consegua ad una condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a tre anni. In virtù dei rinvii effettuati dalle norme ora indicate, può dunque affermarsi che l’applicazione della sospensione precauzionale facoltativa può aversi allorchè il militare sia imputato (cioè vi sia stato esercizio nei suoi confronti dell’azione penale, in uno dei modi previsti dal c.p.p.) e che lo sia per un reato per il quale la eventuale futura condanna possa comportare l’applicazione della pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici, e cioè per un delitto la cui pena edittale massima sia pari o superiore a tre anni. In altre parole, l’art. 916 del Codice dell’ordinamento militare, nell’individuare il presupposto perché l’amministrazione possa valutare l’applicazione (o meno) della misura cautelare facoltativa fa riferimento a reati (e più precisamente, a delitti) che “possono” astrattamente comportare l’applicazione della pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici, e non già alla pena irrogata in concreto. Quanto ora affermato per un verso risponde alla normale tecnica di rinvio degli istituti di diritto penale sostanziale e processuale, in assenza di diverse e specifiche indicazioni, sia in quanto l’art. 916 si riferisce ad un militare “imputato” e, dunque, ad un soggetto non già condannato bensì nei confronti del quale si procede per uno dei reati per i quali potrebbe trovare (in astratto) applicazione la pena accessoria considerata. Ovviamente, ferma la necessità che si proceda nei confronti del militare per uno dei reati (delitti) ora indicati, stante la natura facoltativa della misura cautelare, compete all’amministrazione militare vagliare, in esercizio della propria potestà discrezionale, la opportunità dell’applicazione della misura, per il tramite di un giudizio congruamente motivato. Tale giudizio – ferma la verifica dell’esistenza dei presupposti di legge e della competenza dell’autorità che dispone la misura – è sottoposto al sindacato di legittimità del giudice amministrativo - onde non invadere il “merito” amministrativo – nei limiti del difetto di motivazione ovvero della irragionevolezza o illogicità di quanto disposto. Nella vicenda esaminata dal Collegio, un carabiniere è stato condannato, all’esito del giudizio di I grado, ad un anno e sei mesi di reclusione per i delitti di simulazione di reato e di falso materiale in atto pubblico; delitti per i quali il limite massimo edittale di pena è, rispettivamente, di tre anni (nel caso della simulazione: art. 367 c.p.) e di sei anni, nel caso di falso materiale (art. 476 c.p.), elevato a dieci anni, se si tratta di atto che faccia fede fino a querela di falso (art. 476, cpv.). Come è dato osservare, si tratta di delitti per i quali l’applicazione della pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici è astrattamente possibile, e, dunque, di reati per i quali, in base a quanto innanzi esposto, può trovare applicazione la misura cautelare della “sospensione precauzionale facoltativa”. A fronte di tali considerazioni, non assume rilievo: - né che vi sia stata condanna in I grado, ben potendo la misura cautelare essere applicata (ovvero permanere) fintanto che è pendente il giudizio penale, nei limiti temporali previsti dall’art. 919 cod. mil.; - né che la pena irrogata in concreto sia stata inferiore a tre anni, e dunque non abbia comportato l’interdizione temporanea dai pubblici uffici, posto che – come si è detto – l’art. 916 fa riferimento alla pena editale massima per i delitti ivi indicati, e non già a quella irrogata in concreto. Né, a maggior ragione, possono essere condivise le argomentazioni dell’appellato, laddove fa riferimento: - ad una applicazione della misura precauzionale per i casi di condanna penale (pag. 15 memoria 31 ottobre 2016), poiché non è necessaria la intervenuta sentenza di condanna; - ovvero laddove afferma che “una volta pronunciata la decisione, anche di I grado, la concreta irrogazione della sospensione non può prescindere dall’esito del giudizio, poiché altrimenti si rischierebbe di consentire l’adozione di una sanzione in assenza dei presupposti essenziali” (pagg. 19-20), poiché, come s è detto, la sospensione precauzionale è misura cautelare e non ha natura di sanzione." Per continuare la lettura della sentenza accedi al data base

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)


Pubblicato il 08/02/2017

N. 00559/2017REG.PROV.COLL.

N. 08837/2016 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8837 del 2016, proposto da: 
Ministero della Difesa e Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona dei legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; 

contro

* , rappresentato e difeso dagli avvocati Alfredo Gualtieri, Demetrio Verbaro, con domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Cosco (studio Labate) in Roma, viale Giuseppe Mazzini 88; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA: SEZ. I n. 00730/2016, resa tra le parti, concernente applicazione sospensione precauzionale dal servizio;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Laera Daniele;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 gennaio 2017 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti l’avv. dello Stato Greco e l’avv. Verbaro;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

1. Con l’appello in esame, il Ministero della Difesa ed il Comando generale dell’Arma dei Carabinieri impugnano la sentenza 21 luglio 2016 n. 730, con la quale il TAR per l’Emilia Romagna, sez. I, ha accolto il ricorso proposto dal carabiniere  * avverso il provvedimento 15 aprile 2016 n. 349182/D, di sospensione precauzionale dal servizio, adottato ai sensi dell’art. 916 d. lgs. n. 66/2010.

Tale provvedimento era stato adottato in quanto il * era stato medio tempore condannato dal Tribunale di Bologna ad un anno e sei mesi di reclusione per i reati di simulazione di reato e falso materiale in atto pubblico, commessi tra l’ottobre 2011 ed il gennaio 2012.

La sentenza impugnata - analizzato l’art. 916 ed il richiamato art. 866 d.lgs. n. 66/2010 - afferma che, poiché “per poter applicare la pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici è necessario essere condannati ad una pena non inferiore a anni tre, a mente dell’art. 29 c.p.”, ne consegue che “dal momento che il ricorrente è stato condannato alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione e non è possibile una reformatio in pejus nel successivo giudizio, non essendovi stato appello del P.M., non si potrà giungere alla sanzione di stato della perdita del grado per effetto di una mera applicazione di una pena”, cui l’art. 916 ricollega la possibilità di sospensione precauzionale.

Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello:

violazione e falsa applicazione artt. 916, 917, 861 lett. d) ed e), 865, 866 d. lgs. n. 66/2010; nonché art. 33 CPMP; invasione del potere discrezionale dell’amministrazione; falsa percezione degli atti di causa; contraddittorietà; ciò in quanto “la sospensione precauzionale dal servizio a titolo discrezionale è . . . una misura cautelare che non riveste natura disciplinare, in quanto prescinde da ogni accertamento della responsabilità dell’inquisito e non implica, quindi, alcun giudizio, seppure approssimativo e provvisorio, in ordine alla colpevolezza dell’interessato”; essa può essere disposta “per imputazioni – nonché per condanne non ancora passate in giudicato – astrattamente suscettibili di determinare la perdita del grado per rimozione a seguito di procedimento disciplinare di stato” ed è il frutto di una valutazione ampiamente discrezionale dell’amministrazione. In definitiva, “l’errore del TAR risiede nel fatto di non aver considerato, come espressamente previsto dall’art. 916, che la rimozione può conseguire dopo la condanna definitiva, anche se inferiore a tre anni, all’esito del procedimento disciplinare”.

Si è costituito in giudizio il signor  *, che ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

All’udienza in camera di consiglio, ritenuti sussistenti i presupposti di cui all’art. 60 Cpa, il Collegio, previo avviso alle parti, ha trattenuto la causa in decisione per il merito.

DIRITTO

2. L’appello è fondato e deve essere accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata.

L’art. 916 d. lgs. 15 marzo 2010 n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), all’art. 916, nell’ambito della Sezione IV (Capo II del Titolo V), dedicata ai casi di “sospensione dall’impiego”, prevede, oltre alla “sospensione a seguito di condanna penale” (art. 914), ed alla “sospensione precauzionale obbligatoria” (art. 915), anche la “sospensione precauzionale facoltativa connessa a procedimento penale” (art. 916), la quale “può essere applicata nei confronti di un militare se lo stesso è imputato per un reato da cui può derivare la perdita del grado” e non può avere comunque durata superiore a cinque anni (art. 919, co. 1).

Ciò, dunque, che funge da necessario presupposto perché l’amministrazione militare possa valutare se disporre (o meno) la sospensione precauzionale facoltativa – che ha natura di misura cautelare e non già di sanzione - è l’essere il militare imputato per un reato da cui può derivare la perdita del grado.

Quest’ultima (che è “sanzione disciplinare di stato”) può essere conseguenza:

- o di procedimento disciplinare (art. 865);

- ovvero (senza procedimento disciplinare), per i casi in cui vi sia “condanna definitiva, non condizionalmente sospesa, per reato militare o delitto non colposo che comporti la pena accessoria della rimozione o della interdizione temporanea dai pubblici uffici, oppure una delle pene accessorie di cui all’art. 19, comma 1, numeri 2) e 6) del codice penale” (art. 866).

In particolare, per quel che interessa nella presente sede, giova ricordare che l’art. 29 cod. pen., prevede che la interdizione temporanea dai pubblici uffici consegua ad una condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a tre anni.

In virtù dei rinvii effettuati dalle norme ora indicate, può dunque affermarsi che l’applicazione della sospensione precauzionale facoltativa può aversi allorchè il militare sia imputato (cioè vi sia stato esercizio nei suoi confronti dell’azione penale, in uno dei modi previsti dal c.p.p.) e che lo sia per un reato per il quale la eventuale futura condanna possa comportare l’applicazione della pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici, e cioè per un delitto la cui pena edittale massima sia pari o superiore a tre anni.

In altre parole, l’art. 916 del Codice dell’ordinamento militare, nell’individuare il presupposto perché l’amministrazione possa valutare l’applicazione (o meno) della misura cautelare facoltativa fa riferimento a reati (e più precisamente, a delitti) che “possono” astrattamente comportare l’applicazione della pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici, e non già alla pena irrogata in concreto.

Quanto ora affermato per un verso risponde alla normale tecnica di rinvio degli istituti di diritto penale sostanziale e processuale, in assenza di diverse e specifiche indicazioni, sia in quanto l’art. 916 si riferisce ad un militare “imputato” e, dunque, ad un soggetto non già condannato bensì nei confronti del quale si procede per uno dei reati per i quali potrebbe trovare (in astratto) applicazione la pena accessoria considerata. 

Ovviamente, ferma la necessità che si proceda nei confronti del militare per uno dei reati (delitti) ora indicati, stante la natura facoltativa della misura cautelare, compete all’amministrazione militare vagliare, in esercizio della propria potestà discrezionale, la opportunità dell’applicazione della misura, per il tramite di un giudizio congruamente motivato.

Tale giudizio – ferma la verifica dell’esistenza dei presupposti di legge e della competenza dell’autorità che dispone la misura – è sottoposto al sindacato di legittimità del giudice amministrativo - onde non invadere il “merito” amministrativo – nei limiti del difetto di motivazione ovvero della irragionevolezza o illogicità di quanto disposto. 

3. Nel caso di specie, il carabiniere  * è stato condannato, all’esito del giudizio di I grado, ad un anno e sei mesi di reclusione per i delitti di simulazione di reato e di falso materiale in atto pubblico (v. pag. 3 memoria Laera 31 ottobre 2016); delitti per i quali il limite massimo edittale di pena è, rispettivamente, di tre anni (nel caso della simulazione: art. 367 c.p.) e di sei anni, nel caso di falso materiale (art. 476 c.p.), elevato a dieci anni, se si tratta di atto che faccia fede fino a querela di falso (art. 476, cpv.).

Come è dato osservare, si tratta di delitti per i quali l’applicazione della pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici è astrattamente possibile, e, dunque, di reati per i quali, in base a quanto innanzi esposto, può trovare applicazione la misura cautelare della “sospensione precauzionale facoltativa”.

A fronte di tali considerazioni, non assume rilievo:

- né che vi sia stata condanna in I grado, ben potendo la misura cautelare essere applicata (ovvero permanere) fintanto che è pendente il giudizio penale, nei limiti temporali previsti dall’art. 919 cod. mil.;

- né che la pena irrogata in concreto sia stata inferiore a tre anni, e dunque non abbia comportato l’interdizione temporanea dai pubblici uffici, posto che – come si è detto – l’art. 916 fa riferimento alla pena editale massima per i delitti ivi indicati, e non già a quella irrogata in concreto.

Né, a maggior ragione, possono essere condivise le argomentazioni dell’appellato, laddove fa riferimento:

- ad una applicazione della misura precauzionale per i casi di condanna penale (pag. 15 memoria 31 ottobre 2016), poiché non è necessaria la intervenuta sentenza di condanna;

- ovvero laddove afferma che “una volta pronunciata la decisione, anche di I grado, la concreta irrogazione della sospensione non può prescindere dall’esito del giudizio, poiché altrimenti si rischierebbe di consentire l’adozione di una sanzione in assenza dei presupposti essenziali” (pagg. 19-20), poiché, come s è detto, la sospensione precauzionale è misura cautelare e non ha natura di sanzione.

Per le ragioni sin qui esposte, l’appello deve essere accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata e rigetto del ricorso instaurativo del giudizio di I grado.

Stante la natura delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese ed onorari del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando

sull’appello proposto dal Ministero della Difesa e dal Comando generale dell’Arma dei Carabinieri (n. 8837/2016 r.g.), lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, rigetta il ricorso instaurativo del giudizio di I grado.,

Compensa tra le parti le spese ed onorari del doppio grado di giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 19 gennaio 2017.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 gennaio 2017 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Filippo Patroni Griffi, Presidente

Fabio Taormina, Consigliere

Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore

Giuseppe Castiglia, Consigliere

Daniela Di Carlo, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
Oberdan Forlenza   Filippo Patroni Griffi
     
     
     
     
     

IL SEGRETARIO

 

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