Tuesday 23 February 2021 12:55:29
Giurisprudenza Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. II del 23.2.2021
Costituisce ius receptum quello, secondo il quale in sede di giudizio di ottemperanza non può essere riconosciuto un diritto nuovo ed ulteriore rispetto a quello fatto valere ed affermato con la sentenza da eseguire, anche se ad essa conseguente o collegato (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 17 gennaio 2002, n. 247), non potendo essere neppure proposte domande che non siano contenute nel decisum della sentenza da eseguire (Cons. Stato, Sez. IV, 9 gennaio 2001, n. 49 e 10 agosto 2000, n. 4459; Cons. Stato, Sez. V, 18 agosto 2010, n. 5817; C.G.A.R.S., Sez. Giur., 15 maggio 2018, n. 276).
Se, conseguentemente, l’oggetto del giudizio di ottemperanza è “rappresentato dalla puntuale verifica da parte del giudice dell’esatto adempimento, da parte dell’amministrazione, dell’obbligo di conformarsi al giudicato per far conseguire concretamente all’interessato l’utilità o il bene della vita riconosciutogli in sede di cognizione” (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 25 agosto 2020, n. 5201 e Sez. V, 6 novembre 2015, n. 5075), va escluso - come affermato nella sentenza depositata in data 23 febbraio 2021 dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato - che “il presente giudizio possa estendersi a pretese che non abbiano formato oggetto di accertamento in sede di cognizione, e sulle quali non si sia formato il giudicato.
Se, per effetto di quanto sopra osservato, il presente ricorso è, in parte qua, inammissibile, deve, da ultimo, disattendersi la richiesta di parte ricorrente di condanna dell’intimata Amministrazione provinciale di Avellino alla corresponsione di una somma a titolo di ritardo nell’esecuzione della sentenza di questa Sezione, n. 2694 del 27 aprile 2020, ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a.
Rammenta il Collegio come l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio, con sentenza 25 giugno 2014, n. 15, abbia affermato che “la considerazione delle peculiari condizioni del debitore pubblico, al pari dell’esigenza di evitare locupletazioni eccessive o sanzioni troppo afflittive, costituiscono fattori da valutare non ai fini di un’astratta inammissibilità della domanda relativa a inadempimenti pecuniari, ma in sede di verifica concreta della sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura nonché al momento dell’esercizio del potere discrezionale di graduazione dell’importo”.
Se l’art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a., “proprio in considerazione della specialità … del debitore pubblico … ha aggiunto al limite negativo della manifesta iniquità, previsto nel codice di rito civile, quello, del tutto autonomo, della sussistenza di altre ragioni ostative”, la pronunzia in rassegna ha ritenuto che, “ferma restando l’assenza di preclusioni astratte sul piano dell’ammissibilità, spetterà … al giudice dell’ottemperanza, dotato di un ampio potere discrezionale sia in sede di scrutinio delle ricordate esimenti che in sede di determinazione dell’ammontare della sanzione, verificare se le circostanza addotte dal debitore pubblico assumano rilievo al fine di negare la sanzione o di mitigarne l’importo”.
Nella fattispecie all’esame, a fronte di una sentenza pubblicata in data 27 aprile 2020, il deliberato consiliare (in data 29 settembre 2020) con il quale è stato disposto il riconoscimento del debito fuori bilancio (per un ammontare corrispondente ai compensi revisionali non liquidati per gli anni 2003 - 2006), non appare (avuto riguardo al preventivo svolgimento del necessario iter istruttorio, nonché alla obbligatoria acquisizione del parere di competenza del Collegio dei Revisori e dei pareri dei dirigenti responsabili in ordine alla regolarità tecnica e contabile, di cui all’art. 49 del D.Lgs. n. 267 del 2000) integrare la presenza di presupposti, tali da indurre l’irrogazione della sanzione di che trattasi.(…)”
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