Sunday 31 January 2021 10:26:16
Giurisprudenza Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. II del 28.1.2021
La vicenda giunta all’attenzione della Seconda Sezione del Consiglio di Stato riguarda la legittimità del provvedimento di un Comune che ha annullato in autotutela una concessione edilizia e relativa variante rilasciate al ricorrente diciassette anni prima per la costruzione di un fabbricato residenziale, motivando tale annullamento in base all’infedele rappresentazione della realtà da parte del richiedente i titoli edilizi.
Il Consiglio di Stato con la sentenza depositata in data 28 gennaio 2021 ha affermato che se vi è stata rappresentazione infedele/inesatta/erronea, oltre al primo motivo dell’appello (volto, si è detto, ad affermare la conformità a diritto della rappresentazione), cadono, alla stregua dei principi espressi dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella decisione n. 8 del 17 ottobre 2017, anche le altre doglianze contenute nell’atto di appello.
Più precisamente ad avviso del Collegio perdono rilevanza quelle le censure formulate dal ricorrente che si riferiscono al tempo trascorso, alla tutela del legittimo affidamento del privato, all’esplicitazione dell’interesse pubblico all’intervento in autotutela ed alla ponderazione di detto interesse con l’interesse del privato alla conservazione del bene.
Sul punto è la medesima pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 8/2017 ad aver enunciato, quale principio di diritto (cfr. parag. 13), che “la non veritiera prospettazione da parte del privato delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell’atto illegittimo a lui favorevole non consente di configurare in capo a lui una posizione di affidamento legittimo, con la conseguenza per cui l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione potrà dirsi soddisfatto attraverso il documentato richiamo alla non veritiera prospettazione di parte”.
All’orientamento ora visto si è uniformata la giurisprudenza successiva alla suindicata Plenaria, sia del giudice di primo grado, sia di questo Consiglio di Stato.
In argomento si richiama un recente arresto di questa Sezione (n. 7094 del 21 ottobre 2019), secondo cui “quando un titolo abilitativo sia stato ottenuto dall’interessato in base ad una falsa o comunque erronea rappresentazione della realtà, è consentito all’Amministrazione di esercitare il proprio potere di autotutela ritirando l’atto stesso, senza necessità di esternare alcuna particolare ragione di pubblico interesse, che, in tale ipotesi, deve ritenersi sussistente in re ipsa” (v. altresì, Sez. IV, 19 marzo 2019, n. 1795; Sez. VI, 23 agosto 2019, n. 5840; prima dell’intervento della Plenaria, v. Sez. IV, 14 giugno 2017, n. 2885 e 14 dicembre 2016, n. 5262).
La giurisprudenza ha così chiarito che va escluso che, in capo al privato il quale abbia scorrettamente prospettato le circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell’atto illegittimo a lui favorevole, possa formarsi una posizione di affidamento legittimo, di tal ché l’interesse al mantenimento in vita del titolo edilizio risulta recessivo di fronte all’interesse pubblico al ripristino della legalità violata e l’obbligo di motivazione gravante sulla P.A. in sede di annullamento in autotutela del titolo edilizio è soddisfatto tramite il documentato riferimento alla rappresentazione non veritiera.
La rappresentazione dei luoghi in difformità dallo stato di fatto e di diritto di questi non ha valenza unicamente privatistica, perché non attiene alla mera risoluzione di una lite proprietaria, ma piuttosto allo svolgersi del rapporto pubblicistico tra il privato richiedente e la P.A. e, dunque, alla corretta formazione della volontà provvedimentale dell’Amministrazione, la quale esige la veritiera, esatta e completa esposizione, da parte del richiedente, di tutte le circostanze di fatto e di diritto rilevanti ai fini del rilascio del titolo edilizio (cfr. T.A.R. Basilicata, Sez. I, 5 novembre 2018, n. 725, relativa a una vicenda in cui il richiedente la concessione edilizia aveva fornito una rappresentazione grafica dell’intervento secondo la quale l’area interessata dal permesso di costruire sarebbe stata interamente di sua proprietà, mentre il Comune riteneva che tale circostanza non fosse vera, poiché almeno una parte dell’area sarebbe stata rivendicata a sé dagli eredi di altra persona o comunque avrebbe avuto natura condominiale).
In base all’indirizzo suesposto, dunque, il privato deve fornire, nella propria istanza di rilascio della concessione edilizia, una rappresentazione completa e veritiera delle circostanze in fatto e in diritto, dovendo perciò rappresentare l’esistenza di circostanze di fatto (ad es. le opere abusive) a prescindere dalla loro conformità al diritto. Il che ben si spiega, ove si consideri che non può spettare al privato l’accertamento autoritativo dell’abusività delle altrui opere edilizie, trattandosi di accertamento che ovviamente compete in via esclusiva all’Amministrazione.(…)
Il decorso di un lungo periodo di tempo è irrilevante, poiché – come chiarito sempre dall’Adunanza Plenaria n. 8/2017 cit. – non sussiste l’esigenza di tutelare l’affidamento di chi abbia ottenuto il titolo edilizio, anche in sanatoria, rappresentando elementi non veritieri (cfr. C.d.S., Sez. IV, 12 dicembre 2016, n. 5198; Sez. V, 3 maggio 2014, n. 2451). Anzi, in tale ipotesi non sussiste alcun affidamento da tutelare, non potendo configurarsi un affidamento legittimo che sia fondato su un provvedimento illegittimo e ciò tanto più ove alla suddetta illegittimità abbia dato causa proprio colui che rivendica la tutela dell’affidamento.
Inoltre, come si è visto più sopra, nella fattispecie all’esame il provvedimento di annullamento in autotutela ha esplicitato puntualmente ragioni di pubblico interesse giustificative della sua adozione, che vanno al di là del semplice ripristino della legalità violata o del richiamo alla prospettazione non veritiera dei luoghi offerta dalla parte (di per sé bastevole, secondo l’insegnamento della Plenaria) e si appuntano sulla ratio dell’art. 41-sexies della l. n. 1150/1942."
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