Friday 14 January 2022 12:27:00
Giurisprudenza Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio
segnalazione del Prof. avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio dì Stato Sez. VI del 12.1.2022
La Sesta Sezione del Consiglio dì Stato ha ritenuto infondata la censura sollevata dal ricorrente inerente all’assenza della necessità del consenso di condominio per l’apertura delle finestre sulla facciata dell’edificio, che secondo l’appellante non sarebbe necessaria ai sensi dell’art. 1102 del codice civile, che riconosce il diritto di ciascun proprietario della cosa comune, come viene ritenuta la facciata, di farne uso, anche per un fine esclusivamente proprio, e di realizzare interventi sulla cosa comune (per il miglior godimento della proprietà esclusiva), purché non alteri la destinazione della cosa comune e consenta il pari uso degli altri condomini.
Secondo l’appellante, poiché l’apertura di finestre sul muro comune di facciata non incide sulla destinazione del muro stesso e non impedisce, essendo le finestre aperte in corrispondenza della proprietà privata, il pari uso da parte degli altri condomini l’appellante aveva pieno “titolo” a presentare la SCIA, senza provvedersi di alcuna autorizzazione al riguardo del Condominio nella specie non richiesta.
Nella sentenza in esame si legge espressamente che “Sul tema il Collegio ben conosce la giurisprudenza civilistica in materia di condominio, recentemente richiamata anche da questa Sezione (Cons. Stato, sez. VI, 17/09/2021, n.6345), secondo cui la regola generale desumibile dall'art. 1120 c.c. è nel senso che ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne uso secondo il loro diritto (sull'applicazione di tale principio al condominio degli edifici anche cfr. Corte cass., Sez. II. 8 luglio 2000 n. 8886; Cass. civ. Sez. II, 09/06/2010, n. 13874; Cass. civ. Sez. II, 19/07/2018, n. 19265).
Nella giurisprudenza civile si registra, infatti, un orientamento in base al quale l'utilizzazione, da parte del singolo condomino, del muro perimetrale dell'edificio per le sue particolari esigenze, è legittima purché non alteri la natura e la destinazione del bene, non impedisca agli altri di farne un uso analogo e non arrechi danno alle proprietà individuali di altri condomini, atteso che il condomino di un edificio può apportare al muro perimetrale comune, senza il bisogno del consenso degli altri condomini, tutte le modifiche che consentono di trarre dal bene comune una particolare utilità aggiuntiva, purché non impedisca agli altri condomini di farne un uso analogo.
Ciò nel rispetto dei limiti dell'art. 1120 c.c. che vieta le innovazioni che alterano il decoro architettonico, e per innovazione in senso tecnico giuridico deve intendersi non qualsiasi mutamento o modifica della cosa comune, ma solo quelle modificazioni che ne alterino l'entità sostanziale o ne mutino la destinazione originaria, mentre le modificazioni che mirino a potenziare o a rendere più comodo il godimento della cosa comune e ne lascino immutata la consistenza e la destinazione, non possono definirsi innovazione nel senso suddetto (Corte cass., Sez. II, 5 novembre 2002 n. 15460).
La giurisprudenza amministrativa ha, tuttavia, rilevato come occorra il consenso del condominio quando uno dei condomini intenda realizzare (o sanare), come nel caso di specie, opere che modifichino la facciata dell'edificio (Cons. Stato Sez. V, 21/10/2003, n. 6529; T.A.R. Campania Napoli Sez. VI, 16/11/2020, n. 5253).
Questo principio ha una portata generale e si applica anche quando l'interessato ritenga che le innovazioni sulle parti comuni non avrebbero alcuna rilevanza estetica, non essendo rimesso allo stesso considerare irrilevanti le innovazioni sotto il profilo estetico, qualora sia verificata la loro incidenza sostanziale sulla facciata dell’edificio condominiale.
Il "decoro architettonico" delle facciate costituisce, infatti, bene comune dell'edificio e pertanto ogni lavoro che su di esso sensibilmente incide, necessita dell'assenso dell'assemblea dei condomini, a prescindere dal giudizio sul risultato estetico dei lavori progettati (Cons. Stato, Sez. IV, 26 giugno 2012, n. 3772; Cass. II, 30/8/2004, n. 17398).
L’assenza del consenso dei condomini è un presupposto che il Comune deve accertare in sede istruttoria, secondo criteri di ragionevolezza, e si presenta come condizionante la legittimità del titolo abilitativo per la realizzazione delle opere.
Nel caso di specie l’intervento ha inciso indubbiamente in modo sostanziale sulla facciata dell’edificio ed è pacifico la mancanza di assenso del condominio alla realizzazione delle opere in questione, che al contrario era necessario.(…)”
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