Sunday 19 January 2014 12:27:22

Giurisprudenza  Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa

Dipendenti pubblici: le dimissioni volontarie dell'impiegato non producono effetto prima del momento in cui vengano formalmente accettate dall'amministrazione, salvo il caso in cui sia stato lo stesso interessato ad indicare una decorrenza anteriore

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III

Nella vicenda in esame l’amministrazione, accettando le dimissioni con una determinata decorrenza, si è uniformata alla volontà manifestata dall’interessato in modo esplicito e non equivoco. Questo punto ad avviso del Consiglio di Stato ha una rilevanza essenziale, perché fra le opinioni comunemente condivise in materia di dimissioni volontarie degli impiegati (nel sistema del testo unico n. 3 del 1957, cui tuttora si può fare riferimento per quanto non diversamente disciplinato dagli ordinamenti delle singole carriere) vi è quella che quanto alla decorrenza della risoluzione del rapporto, l’amministrazione deve, di norma, aderire alla richiesta dell’impiegato dimissionario, salvo che ritenga di discostarsene per giustificate ragioni. In particolare, si ritiene, come principio generale, che le dimissioni non producano effetto prima del momento in cui vengano formalmente accettate; ma si eccettua il caso in cui sia stato lo stesso interessato ad indicare una decorrenza anteriore (cons. Stato, sez. IV, 15 novembre 1969, n. 728). In tale ultima evenienza si porrà, semmai, il problema della retribuzione delle prestazioni di servizio rese nel frattempo; ma in questo caso il problema non si pone, perché nel momento in cui l’interessato ha sottoscritto l’atto di dimissioni “con effetto immediato” egli si trovava già privo della libertà personale per effetto del procedimento penale e pertanto non vi è stata prestazione. Per il resto, vi è giurisprudenza consolidata nel senso che non compete all’amministrazione indagare sui motivi che abbiano indotto l’impiegato a presentare le dimissioni, tanto meno darsi carico di tutelare i suoi interessi sostituendosi a lui nell’apprezzare se sia più conveniente restare in servizio piuttosto che uscirne. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale *del 2008, proposto da:

** rappresentato e difeso dall'avv. Fabrizio Ragni, con domicilio eletto presso Raffaele Caudullo in Roma, via Orvieto N 1;

 

contro

Ministero dell'Interno, Prefettura di Forli' - Cesena, Questura di Forli' - Cesena; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - BOLOGNA: SEZIONE I n. 03094/2006, resa tra le parti, concernente accettazione dimissione con decorrenza anticipata

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 gennaio 2014 il Pres. Pier Giorgio Lignani e udito l’avv. Pisani su delega di Ragni;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1. L’appellante, già ricorrente in primo grado, all’epoca assistente della Polizia di Stato, è stato collocato a riposo anticipatamente con atto datato 20 aprile 1993 e con decorrenza 17 aprile 1993. Ciò nel dichiarato intento di accogliere l’istanza di dimissioni “con effetto immediato” presentata dall’interessato il 17 aprile 1993.

Quest’istanza faceva seguito ad una precedente, di poco anteriore, nella quale invece era stata indicata come decorrenza la data del 30 gennaio 1994.

L’episodio si è verificato in concomitanza con l’avvìo di una indagine penale - con provvedimenti restrittivi - a carico dell’interessato, relativa all’ipotesi di una associazione a delinquere per reati di corruzione e falsificazione di atti pubblici.

2. L’interessato ha impugnato con ricorso al T.A.R. Emilia-Romagna il provvedimento di accettazione delle dimissioni. Secondo il ricorrente, l’amministrazione non avrebbe dovuto accettarle, siccome non determinate da motivi di adeguata gravità, o in alternativa avrebbe dovuto attribuire una decorrenza diversa (posteriore) alla risoluzione del rapporto, anche a tutela dell’interesse del dipendente a raggiungere la durata del servizio necessaria per il conseguimento del diritto a pensione.

Il ricorso è stato respinto.

L’interessato ha proposto appello a questo Consiglio. L’Amministrazione non si è costituita.

3. Il Collegio osserva che l’aspetto prioritario e risolutivo della controversia è il dato di fatto che l’amministrazione, accettando le dimissioni con una determinata decorrenza, si è uniformata alla volontà manifestata dall’interessato in modo esplicito e non equivoco.

Questo punto ha una rilevanza essenziale, perché fra le opinioni comunemente condivise in materia di dimissioni volontarie degli impiegati (nel sistema del testo unico n. 3 del 1957, cui tuttora si può fare riferimento per quanto non diversamente disciplinato dagli ordinamenti delle singole carriere) vi è quella che quanto alla decorrenza della risoluzione del rapporto, l’amministrazione deve, di norma, aderire alla richiesta dell’impiegato dimissionario, salvo che ritenga di discostarsene per giustificate ragioni.

In particolare, si ritiene, come principio generale, che le dimissioni non producano effetto prima del momento in cui vengano formalmente accettate; ma si eccettua il caso in cui sia stato lo stesso interessato ad indicare una decorrenza anteriore (cons. Stato, sez. IV, 15 novembre 1969, n. 728).

In tale ultima evenienza si porrà, semmai, il problema della retribuzione delle prestazioni di servizio rese nel frattempo; ma in questo caso il problema non si pone, perché nel momento in cui l’interessato ha sottoscritto l’atto di dimissioni “con effetto immediato” egli si trovava già privo della libertà personale per effetto del procedimento penale e pertanto non vi è stata prestazione.

4. Per il resto, vi è giurisprudenza consolidata nel senso che non compete all’amministrazione indagare sui motivi che abbiano indotto l’impiegato a presentare le dimissioni, tanto meno darsi carico di tutelare i suoi interessi sostituendosi a lui nell’apprezzare se sia più conveniente restare in servizio piuttosto che uscirne.

La sentenza di primo grado appare correttamente aderente a questi princìpi.

5. Altra questione è se sia possibile applicare all’istanza di dimissioni le regole civilistiche in materia di annullamento delle manifestazioni di volontà viziate da errore, violenza o dolo.

Si potrebbe in effetti discutere se, nell’ambito della giurisdizione esclusiva in materia di pubblico impiego, sia possibile proporre davanti al giudice amministrativo la domanda di annullamento di cui agli artt. 1427 e seguenti cod. civ.; o, in alternativa, proporre un’analoga domanda all’autorità amministrativa cui era stata rivolta la manifestazione di volontà asseritamente viziata, salvo poi impugnare l’eventuale diniego con ricorso al giudice amministrativo.

Ma sta di fatto che nel caso in esame il ricorrente non ha impostato in tal modo la domanda, né del resto ha apertamente dedotto che la propria volontà sia stata viziata da dolo, violenza o errore, in senso tecnico; si è limitato ad affermare di non aver avuto una chiara percezione dei propri interessi.

6. In conclusione, l’appello va respinto.

Non vi è luogo a provvedere sulle spese non essendovi stata costituzione di controparti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) rigetta l’appello. Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Pier Giorgio Lignani, Presidente, Estensore

Vittorio Stelo, Consigliere

Roberto Capuzzi, Consigliere

Dante D'Alessio, Consigliere

Massimiliano Noccelli, Consigliere

 

 

 

 

     
     
IL PRESIDENTE, ESTENSORE    
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il **/01/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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