Thursday 04 May 2017 13:27:20
Giurisprudenza Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 27.4.2017
La Quarta sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 27.4.2017 ha affermato che: "L’art. 32 d. l. 30 settembre 2003 n. 269, conv. in l. 24 novembre 2003 n. 326, nel prevedere la possibilità di concessione edilizia in sanatoria, in particolare per le “opere abusive che risultino ultimate entro il 31 marzo 2003 e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento superiore a 750 mc.” (co. 25), esclude dalla possibilità di sanatoria, tra l’altro, le opere che “siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”. La giurisprudenza amministrativa ha affermato che., ai sensi dell'art. 32, comma 27, lett. d), D.L. n. 269 del 2003 , le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, fra cui quello ambientale e paesistico, sono sanabili solo se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni: a) si tratti di opere realizzate prima della imposizione del vincolo; b) seppure realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche; c) siano opere minori senza aumento di superficie (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria); d) vi sia il previo parere dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo (da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, 2 agosto 2016 n. 3487). In ogni caso, non possono essere sanate quelle opere che hanno comportato la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura relativa o assoluta, o comunque di inedificabilità, anche relativa (Cons. Stato, sez. VI, 2 maggio 2016 n. 1664; 17 marzo 2016 n. 1898). Allo stesso modo, la giurisprudenza penale afferma che il condono edilizio è applicabile esclusivamente agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell'allegato 1 del citato D.L. (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) e previo parere favorevole dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo, mentre non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai precedenti numeri 1, 2 e 3 del medesimo allegato, anche se l'area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi risultano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici (Cass. pen., sez. III, 20 maggio 2016 n. 40676). Questa Sezione ha affermato anche che non può essere consentito il rilascio di concessione edilizia in sanatoria per immobili realizzati dopo l’imposizione del vincolo ex l. n. 1497/1939 e che siano in contrasto con lo strumento urbanistico (Cons. Stato, sez. IV, 10 agosto 2007 n. 4396)". Per maggiori informazioni scarica il testo integrale della sentenza.
Pubblicato il 27/04/2017
N. 01935/2017REG.PROV.COLL.
N. 05428/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5428 del 2006, proposto da:
*
contro
Comune di Affi, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Luigi Manzi, Giovanni Sala, con domicilio eletto presso lo studio Luigi Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali e la Regione Veneto, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ferrari Andrea non costituito in giudizio;
nei confronti di
Maccacaro Massimo non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO, SEZ. II n. 00220/2006, resa tra le parti, concernente diniego condono edilizio
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 gennaio 2017 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Cadeddu, Andrea Reggio D'Aci in dichiarata sostituzione dell'avvocato Manzi e l'Avvocato dello Stato Natale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con l’appello in esame, i signori * impugnano la sentenza 30 gennaio 2006 n. 220, con la quale il TAR per il Veneto, sez. II, ha rigettato il ricorso proposto, in particolare, avverso il provvedimento del Responsabile dell’Area tecnica del Comune di Affi 12 luglio 2005 n. 6406, di diniego del condono edilizio, e il provvedimento 12 luglio 2005 n. 6407, con il quale si è ordinato il ripristino dello stato dei luoghi.
La sentenza impugnata, preso atto che “l’opera abusiva è stata realizzata in zona soggetta a vincolo paesistico”, ne ha affermato la non condonabilità, in quanto l’art. 32, co. 27, d. l. n. 269/2003, conv. In l. n. 326/2003 “ha escluso dal condono le opere realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali o regionali a tutela di beni ambientali e paesistici”.
In particolare, la sentenza ha affermato che “non rileva se il vincolo sia stato imposto con atto amministrativo ovvero direttamente dalla legge, purchè abbia in quest’ultima il suo fondamento” e che, nel caso di specie, “la zona risulta soggetta a vincolo paesistico e a vincolo ambientale derivante dal PRG, entrambi precedenti all’esecuzione dell’opera”.
Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello (come desunti e sintetizzati dalle pagg. 7 – 22 del ricorso):
insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia prospettati nel ricorso introduttivo del primo grado; violazione e falsa applicazione di norme di diritto; ciò in quanto:
a) “lungi dal poter far ritenere che la normativa del PRG escludesse il rilascio del condono, nel ricorso di primo grado si è sottolineato come sussistesse piena compatibilità tra le norme del PRG e la possibilità di ottenere il condono”; di modo che non vi è mai stata nel ricorso introduttivo una ammissione del contrasto delle opere realizzate con il PRG, per di più tale da impedirne il condono;
b) “gli immobili per i quali è stato richiesto il condono risultano insistere su zona in cui non vi sono vincoli di inedificabilità assoluta e, per giunta, sono stati eseguiti su corpi di fabbrica la cui presenza risultava dal catasto austriaco del 1845 e da quello attuale del 1987, tra l’altro schedati negli elaborati del vigente PRG”;
c) ai sensi dell’art. 32, co. 27, l. n. 326/2003, che espressamente fa salva l’applicazione degli artt. 32 e 33 l. n. 47/1985, “la preclusione della lettera d) opera per tutti i casi in cui i vincoli comportino inedificabilità assoluta e non inedificabilità relativa, come nel caso di specie”; in questi casi, il condono non può essere negato “ma è subordinato al rilascio dell’autorizzazione da parte dell’autorità amministrativa preposta alla tutela del vincolo”;
d) le “condizioni particolarmente restrittive della seconda parte del comma 27 l. n. 326/2003”, valgono solo “per i vincoli di imposizione direttamente legale”, e non per quelli imposti da atti amministrativi”; nel caso di specie, né il D.M. 3 ottobre 1961, né il PTRC, né l’inserimento dell’area in zona A1 del PRG di Affi sono da considerarsi tra le fonti di vincoli impeditivi del condono edilizio; né costituisce impedimento al condono la violazione delle distanze tra pareti finestrate;
e) violazione art. 10-bis l. n. 241/1990, poiché, a fronte delle osservazioni degli interessati, “la motivazione del provvedimento di diniego risulta . . . del tutto elusiva” e presenta evidente difetto di motivazione;
f) error in iudicando, poiché non si è valutato che è stato mai richiesto il parere della competente Soprintendenza.
Si è costituito in giudizio il Comune di Affi, che ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.
Si sono altresì costituiti in giudizio il Ministero per i beni e le attività culturali e la Regione Veneto.
Dopo il deposito di ulteriori memorie e repliche, all’udienza pubblica di trattazione la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
2. L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
L’art. 32 d. l. 30 settembre 2003 n. 269, conv. in l. 24 novembre 2003 n. 326, nel prevedere la possibilità di concessione edilizia in sanatoria, in particolare per le “opere abusive che risultino ultimate entro il 31 marzo 2003 e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento superiore a 750 mc.” (co. 25), esclude dalla possibilità di sanatoria, tra l’altro, le opere che “siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”.
La giurisprudenza amministrativa ha affermato che., ai sensi dell'art. 32, comma 27, lett. d), D.L. n. 269 del 2003 , le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, fra cui quello ambientale e paesistico, sono sanabili solo se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni: a) si tratti di opere realizzate prima della imposizione del vincolo; b) seppure realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche; c) siano opere minori senza aumento di superficie (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria); d) vi sia il previo parere dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo (da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, 2 agosto 2016 n. 3487).
In ogni caso, non possono essere sanate quelle opere che hanno comportato la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura relativa o assoluta, o comunque di inedificabilità, anche relativa (Cons. Stato, sez. VI, 2 maggio 2016 n. 1664; 17 marzo 2016 n. 1898).
Allo stesso modo, la giurisprudenza penale afferma che il condono edilizio è applicabile esclusivamente agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell'allegato 1 del citato D.L. (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) e previo parere favorevole dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo, mentre non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai precedenti numeri 1, 2 e 3 del medesimo allegato, anche se l'area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi risultano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici (Cass. pen., sez. III, 20 maggio 2016 n. 40676).
Questa Sezione ha affermato anche che non può essere consentito il rilascio di concessione edilizia in sanatoria per immobili realizzati dopo l’imposizione del vincolo ex l. n. 1497/1939 e che siano in contrasto con lo strumento urbanistico (Cons. Stato, sez. IV, 10 agosto 2007 n. 4396).
3. Nel caso di specie, il cd. condono edilizio è stato negato sul rilevo che l’oggetto dell’istanza era rappresentato dalla “demolizione di una pertinenza e tettoia per la realizzazione di un nuovo manufatto ad uso residenziale, con tettoia ad uso garage in area soggetta a vincolo ambientale e di PTRC imposti prima dell’esecuzione dell’opera”. Inoltre, veniva rilevato che l’area interessata era inserita in zona A1 del PRG di Affi “che non ammette l’intervento proposto” e che, in particolare, “non sono rispettate le distanze tra pareti finestrate”.
Tali circostanze non risultano smentite, in punto di fatto, dagli appellanti, che assumono – anche in questa sede, per il tramite dei motivi di appello – non già la “coerenza” dell’intervento realizzato con le norme, i vincoli e le prescrizioni urbanistiche vigenti, bensì la non ostatività assoluta di ciò alla concessione del condono.
Alla luce di quanto innanzi esposto (e dei principi enunciati dalla giurisprudenza amministrativa ed innanzi riportati), i motivi di appello non possono essere accolti, posto che quanto realizzato si pone, tra l’altro, in contrasto con vincoli preesistenti (D.M. 3 ottobre 1961; PTRC), in ordine ai quali non rileva la fonte (norma primaria in via diretta o atto amministrativo adottato sulla base della predetta), e con previsioni urbanistiche
Occorre, altresì, aggiungere:
- con riferimento al motivo sub a) dell’esposizione in fatto, che, a fronte delle ragioni che sorreggono la conferma della sentenza di I grado, non rileva se questa abbia (esattamente o meno) attribuito al ricorso introduttivo una ammissione del contrasto delle opere realizzate con il PRG, per di più tale da impedirne il condono;
- con riferimento al motivo sub lett. e), che non sussiste il dedotto vizio di difetto di motivazione del provvedimento impugnato in I grado, anche per insufficiente confutazione delle osservazioni trasmesse ai sensi dell’art. 10-bis l. n. 241/1990, attesa la chiara evidenza delle ragioni ostative al rilascio di concessione edilizia in sanatoria;
- né rileva, con riferimento al motivo sub lett. f), la asserita mancata acquisizione del parere della competente Soprintendenza.
Per tutte le ragioni esposte, l’appello deve essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta),
definitivamente pronunciando sull’appello proposto da * (n. 5428/2006 r.g.), lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Condanna gli appellanti, in solido, al pagamento, in favore dei costituiti Comune di Affi, Ministero per i beni e le attività culturali e Regione Veneto, delle spese ed onorari del presente grado di giudizio, che liquida, in complessivi Euro 2000,00 (duemila/00), , oltre accessori come per legge, in favore del Comune di Affi, nonché in complessivi Euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori come per legge., in favore del Ministero per i beni e le attività culturali e della Regione Veneto, in solido tra loro. ,
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 gennaio 2017 con l'intervento dei magistrati:
Filippo Patroni Griffi, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore
Giuseppe Castiglia, Consigliere
Daniela Di Carlo, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Oberdan Forlenza | Filippo Patroni Griffi | |
IL SEGRETARIO
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