Sunday 13 March 2016 10:18:51
Giurisprudenza Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 9.3.2016 n. 936
L’art. 36 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) dispone che il permesso in sanatoria è ottenibile soltanto «se l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda». L’amministrazione ha, pertanto, correttamente ritenuto necessario che, al fine di potere considerare la domanda come variante in sanatoria, fosse necessario la dimostrazione della doppia conformità. Né varrebbe rilevare che tale regola non sarebbe applicabile in presenza di “varianti proprie” né che fosse onere dell’amministrazione dimostrare la doppia conformità. In relazione al primo aspetto, l’art. 36 non pone limitazioni di sorta con riferimento all’ambito applicativo della regola della doppia conformità. In relazione al secondo aspetto, la domanda di sanatoria presuppone che la parte dimostri la conformità delle opere alle prescrizioni urbanistiche vigenti al momento della presentazione della domanda e al momento della realizzazione dell’opera. L’amministrazione valuta, poi, se la dichiarazione è conforme a legge.
N. 00936/2016REG.PROV.COLL.
N. 08334/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8334 del 2012, proposto da:
* s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocati Ludovico Ferdinando Villani e Francesco Massa, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Asiago, 8;
contro
Comune di Andora, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Francesca Florino e Mario Cannata, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via della Mercede, 11;
per la riforma
della sentenza del 6 aprile 2012, n. 509, del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, Genova, Sezione I.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Andora;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2015 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti l’avvocato Scafarelli per delega dell’avvocato Massa.
FATTO e DIRITTO
1.– La Società * s.r.l. ha ottenuto dal Comune di Andora, in data 5 settembre 2005, un permesso di costruire prat. ed. 657/19 per la realizzazione di un fabbricato a destinazione residenziale con sottostante volume interrato destinato a deposito e ricovero di attrezzature agricole.
La Società, con istanza del 18 dicembre 2007, ha presentato un progetto in variante, che prevedeva la traslazione dell’immobile.
Non avendo l’amministrazione fornito una risposta, ha realizzato l’operata in conformità alla richiesta di variante.
La parte, per il tramite del proprio legale, con lettera del 15 dicembre 2010, ha chiesto al Comune di qualificare l’istanza del 18 dicembre 2007 quale istanza di sanatoria.
Il Comune, con provvedimento del 10 marzo 2011, n. 7967, ha rigettato la domanda per le seguenti ragioni: i) la variante non può essere considerata di lieve entità in ragione della circostanza che la traslazione non può essere valutata come modesta; ii) il permesso di costruire n. 617 del 2015 è scaduto; iii) non è possibile “trasformare” la domanda in variante in “variante in sanatoria”.
La società ha impugnato tale provvedimento innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, che, con sentenza 6 aprile 2012, n. 509, lo ha rigettato.
In particolare, in relazione ai primi due motivi, con cui la ricorrente ha contestato le prime due ragioni poste a base del diniego, il Tribunale ha rilevato la mancanza di interesse, in quanto essi si riferiscono all’originaria domanda di permesso di costruire in variante che è stata “superata” dalla domanda di variante in sanatoria.
In relazione al terzo motivo, il primo giudice ha rilevato la sua infondatezza «attesa la natura e la gravità della violazione riscontrata, a proposito della quale la p.a. si è congruamente pronunciata, ritenendone la incompatibilità con le norme del piano».
2.– La ricorrente di primo grado ha proposto appello.
2.1.– Si è costituito in giudizio il Comune, chiedendo il rigetto dell’appello.
3.– La causa è stata decisa all’esito dell’udienza pubblica del 17 dicembre 2015.
4.– L’appello è infondato.
4.1.– Con un primo motivo si è rilevata l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha dichiarato il difetto di interesse in relazione ai primi due motivi del ricorso. In particolare, si è dedotto che «il Comune ha respinto proprio l’istanza di sanatoria (…) ed il ricorso deciso censurava proprio le motivazioni addotte a giustificazione di tale diniego». Sono stati, pertanto, riproposti i motivi di primo grado non esaminati dal Tribunale amministrativo.
Il motivo non è fondato.
La circostanza secondo cui la società appellante ha realizzato le opere di cui alla domanda di variante costituisce dato non contestato. Ne consegue che, come correttamente messo in rilievo dal primo giudice, non sussiste un oggettivo interesse alla trattazione di motivi che si riferiscono alla domanda di variante che è stata “superata” sia dalla richiesta della stessa società appellante sia, soprattutto, dall’evoluzione dei fatti e cioè dalla avvenuta realizzazione delle opere a cui l’originaria domanda si riferiva. In altri termini, una volta che gli interventi di cui alla originaria domanda di variante sono stati realizzati l’unica possibilità per l’interessato è quella di presentare all’amministrazione una domanda di sanatoria.
Alla luce di quanto esposto, non sussiste interesse meritevole di tutela alla trattazione dei primi due motivi di ricorso con cui si contestano le prime due ragioni indicate nel provvedimento impugnato che si riferiscono alla domanda di variante e non alla domanda di sanatoria.
4.– Con un ulteriore motivo si assume l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato il terzo motivo del ricorso. A tale proposito, si deduce come il Tribunale amministrativo avrebbe “travisato” il contenuto del provvedimento impugnato, in quanto il Comune non ha accertato la mancanza della doppia conformità per contrasto con il nuovo piano adottato. Si aggiunge come sarebbe illegittimo il provvedimento impugnato nella parte in cui ha ritenuto necessario dimostrare la doppia conformità.
Il motivo non è fondato.
L’art. 36 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) dispone che il permesso in sanatoria è ottenibile soltanto «se l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda».
L’amministrazione ha, pertanto, correttamente ritenuto necessario che, al fine di potere considerare la domanda come variante in sanatoria, fosse necessario la dimostrazione della doppia conformità. Né varrebbe rilevare che tale regola non sarebbe applicabile in presenza di “varianti proprie” né che fosse onere dell’amministrazione dimostrare la doppia conformità.
In relazione al primo aspetto, l’art. 36 non pone limitazioni di sorta con riferimento all’ambito applicativo della regola della doppia conformità.
In relazione al secondo aspetto, la domanda di sanatoria presuppone che la parte dimostri la conformità delle opere alle prescrizioni urbanistiche vigenti al momento della presentazione della domanda e al momento della realizzazione dell’opera. L’amministrazione valuta, poi, se la dichiarazione è conforme a legge.
In questo contesto, dimostrata la legittimità della valutazione amministrativa basata su quanto esposto, il denunciato “travisamento” da parte del primo giudice del contenuto del provvedimento impugnato non assume rilievo.
5.– Con l’ultimo motivo, riportato per primo nell’atto di appello, si assume l’erroneità della sentenza per non avere esaminato il quarto motivo del ricorso di primo grado, con cui si era denunciata la mancanza acquisizione del parere obbligatorio della commissione edilizia.
Il motivo non è fondato.
Sul punto è sufficiente rilevare che tale parere è richiesto per la domanda di variante. Nel caso in esame, per le ragioni esposte, la questione attiene alla sanatoria delle opere, con la conseguenza che questo profilo non assume rilevanza.
6.– In definitiva, per le ragioni sin qui indicate, l’appello è privo di fondamento.
Rimane fermo il potere della parte di presentare una nuova domanda di sanatoria nel rispetto di quanto contenuto nella presente decisione.
6.– Le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate, alla luce del comportamento dell’amministrazione che nel corso del procedimento che non ha esaminato tempestivamente la domanda di variante presentata dalla società.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:
a) rigetta l’appello proposto con il ricorso indicato in epigrafe;
b) dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Luciano Barra Caracciolo, Presidente
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere
Vincenzo Lopilato, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/03/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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