Monday 31 December 2012 07:28:32
Giurisprudenza Giustizia e Affari Interni
Consiglio di Stato
Con distinti ricorsi e' stata impugnato davanti al TAR Calabria, sez. di Reggio Calabria la deliberazione del consiglio regionale della Calabria con la quale la ricorrente è stata dichiarata decaduta dalla carica di presidente del CORECOM ed il successivo decreto del Presidente del Consiglio Regionale di nomina dei nuovi membri di tale organo. Il TAR ha declinato la propria giurisdizione sul rilievo che la posizione giuridica soggettiva azionata dalla Presidente Gulisano, benché formalmente indirizzata avverso provvedimenti amministrativi, avesse consistenza di diritto soggettivo, discendente direttamente dalla legge, come risultava confermato dal fatto che la ricorrente aveva dedotto censure di incostituzionalità della legge regionale fonte del provvedimento di decadenza (l.r. 22 gennaio 2001 n. 2, come modificata dalla l.r. 18 luglio 2011, n.27). Più precisamente, il Giudice di primo grado ha individuato l’oggetto di tale diritto in quello “a proseguire l’esercizio delle funzioni pubbliche relative all’ufficio del quale era stata investita”, sorto nell’ambito del “rapporto di servizio onorario”, instauratosi in via straordinaria e temporanea, e dunque al di fuori di un rapporto di impiego dipendente, per effetto dell’atto di preposizione al suddetto organo. Il Consiglio di Stato ha ritenuto la qualificazione corretta, ma non le conseguenze in punto giurisdizione in quanto, tra l'altro, con riguardo al funzionario onorario assume rilievo preponderante proprio il rapporto d’ufficio sorto con l’investitura a capo dell’organo, laddove riveste carattere meramente accessorio il coacervo di diritti e doveri tipici del rapporto di servizio alle dipendenze della pubblica amministrazione, che connota invece lo status del personale da essa dipendente. Questa osservazione conferma, quindi, che gli atti con cui il rapporto di servizio onorario viene costituito hanno natura di provvedimenti amministrativi, donde la sussistenza della generale giurisdizione amministrativa di legittimità ex art. 7 cod. proc. amm. Aggiunge poi il Collegio che l’illegittimità dell’atto amministrativo derivata direttamente dalla legge sostanzia un motivo pacificamente deducibile davanti al giudice amministrativo. Più precisamente non è dubitabile che davanti a quest’ultimo possano essere prospettati, nell’ambito della giurisdizione generale di legittimità, vizi di violazione dei pertinenti precetti costituzionali, fondanti la richiesta di rimessione alla Corte Costituzionale della relativa questione. In altri termini, la conclusione non muta allorché la questione di legittimità dell’atto amministrativo debba essere devoluta al Giudice delle leggi sotto forma il giudizio (comunque conforme ai caratteri della relativa incidentalità) sulla costituzionalità della norma fondante il potere di cui l’atto è espressione (esattamente in termini si è recentemente espressa questa Sezione: sentenza 5 dicembre 2012, n. 6237). Sindacato di costituzionalità che comunque sarà tanto più stretto quanto più la norma è idonea a prosciugare l’ambito decisionale dell’amministrazione (si allude al c.d. scrutinio “stretto” di costituzionalità elaborato con riguardo al fenomeno delle leggi-provvedimento). Ciò in quanto vi è comunque un potere amministrativo, da cui si prospetta derivare la lesione e non già un difetto assoluto di attribuzione, ipotesi di massima patologia dell’atto tale da comportarne la nullità (art. 21-septies l.n. 241/1990), a fronte della quale situazione il privato vanta posizioni di diritto pieno. Il che conferma una regola consolidata, cui puntualmente ha fatto riferimento il patrono di parte appellante all’udienza di discussione, il carattere vincolato di un atto amministrativo non esclude la giurisdizione amministrativa, quante volte tale vincolo è comunque posto a tutela dell’interesse pubblico, come pacificamente deve affermarsi nel caso di specie in ragione di tutto quanto sopra detto. Per completezza, nella citata pronuncia di questa Sezione n. 6237/2012 si è affermata l’opposta regola della spettanza al giudice ordinario delle controversie riguardanti la revoca (per legge) di amministrazioni di società partecipate da enti pubblici, sul rilievo che tali atti, quand’anche di rango normativo, attengono all’esercizio di poteri di natura privata spettanti all’ente partecipante nell’ente societario. Il che a contrario conferma la giurisdizione del giudice amministrativo per quanto concerne la presente controversia, visto che il Corecom è un organo amministrativo.
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