Monday 30 September 2013 14:35:15

Giurisprudenza  Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali

Il mancato inserimento dei pareri di regolarità tecnica e contabile nella deliberazione comunale costituisce mera irregolarità

nota del Prof. Avv. Enrico Michetti a Consiglio di Stato

La giurisprudenza ha già avuto modo di evidenziare che i pareri, previsti per l'adozione delle deliberazioni comunali dall'art. 53 l. 8 giugno 1990 n. 142, non costituiscono requisito di legittimità delle deliberazioni cui si riferiscono, in quanto preordinati all'individuazione sul piano formale, nei funzionari che li formulano, della responsabilità eventualmente in solido con i componenti degli organi politici in via amministrativa e contabile (sez. IV, 22 giugno 2006, n. 3888; 23 aprile 1998, n. 670) e che il mancato inserimento dei pareri di regolarità tecnica e contabile nella deliberazione impugnata costituisce mera irregolarità, ai sensi dell’art. 53 l. 8 giugno 1990 n. 142, allorquando non si contesta l’effettiva esistenza dei pareri medesimi (C.d.S., sez. IV, 11 febbraio 2004, n. 548); ciò senza contare che è stato anche puntualizzato come l’art. 53 l. 8 giugno 1990 n. 142, nel prevedere la necessità dei pareri del responsabile del servizio interessato, del responsabile di ragioneria nonché (nel sistema anteriore alla l. 15 maggio 1997 n. 127) del segretario comunale, non pone alcun limite alla potestà deliberante della giunta e del consiglio comunale, che possono liberamente disporre del contenuto delle proposte di deliberazione, dopo che su queste ultime sia stato acquisito, quale elemento formale dell’iter procedimentale, il parere dei predetti organi tecnici (C.d.S., sez. V, 25 maggio 1998, n. 680).

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale **** del 2000, proposto da:

TRIMARCHI CONCETTA e proseguito da BUCALO CARMELINA, nella qualità di sua erede, rappresentate e difese dagli avv. Ludovico Villani e Roberto Damonte, con domicilio eletto presso Ludovico Villani in Roma, via Asiago, n.8;

 

contro

COMUNE DI GENOVA, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Gabriele Pafundi ed Edda Odone, con domicilio eletto presso Gabriele Pafundi in Roma, viale Giulio Cesare, n. 14/4a; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LIGURIA, sez. I, n. 413/2000, resa tra le parti, concernente APPALTO PER LAVORI DI AMPLIAMENTO CIMITERO;

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della sig. Carmelina Bucalo, quale erede della originaria appellante, e del Comune di Genova;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 maggio 2013 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Villani e Pafundi;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

 

 

FATTO

1. Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sez. I, con la sentenza n. 413 del 26 aprile 2000, nella resistenza dell’intimato Comune di Genova, definitivamente pronunciando sul ricorso proposto dalla signora Concetta Trimarchi, proprietaria di un fondo confinante con il Cimitero degli Angeli di Sampierdarena, per: a) l’annullamento: a1) della delibera della Giunta Municipale n. 1815 del 19 novembre 1998 (“Approvazione, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2, comma 60, della legge n. 662/96, del progetto definitivo per l’ampliamento del Cimitero degli Angeli di Sampierdarena, approvazione del progetto esecutivo di un primo lotto funzionale di lavori, dei relativi lavori e delle modalità di gara”); a2) della determinazione dirigenziale n. 19 del 2 aprile 1999 (concernente l’occupazione di urgenza preordinata all’espropriazione e quella temporanea dei fondi privati interessati alla realizzazione dei lavori in questione); a3) della nota prot. 3244 del 7 aprile 1999 (di comunicazione all’interessata dell’intervenuta approvazione del progetto definitivo dei lavori e dell’occupazione dei beni di sua proprietà a tal fine necessari); oltre che a4) di ogni altro atto presupposto e/o connesso, nonché b) per la condanna dell’amministrazione comunale al risarcimento dei danni derivati dagli illegittimi atti impugnati, ai sensi degli artt. 33, 34 e 35 del D. Lgs. 21 marzo 1998, n. 80; lo dichiarava improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse, compensando integralmente tra le parti le spese di giudizio.

Secondo il predetto tribunale, infatti, il Comune di Genova, con successiva delibera di Giunta n. 539 del 20 maggio 1999, aveva revocato la procedura espropriativa avviata con i provvedimenti impugnati, escludendo in particolare la necessità di acquisire per la realizzazione dei lavori in questione beni di proprietà privata, tra cui quelli della ricorrente, per i quali era stata prevista soltanto un’occupazione temporanea ai soli fini delle esigenze di cantiere: ciò determinava il venir meno dell’interesse all’annullamento degli atti impugnati, tanto più che la nuova delibera (priva di qualsiasi finalità di sanatoria dei pretesi vizi da cui sarebbe stata affetta quella originaria) non era stata neppure impugnata. Inoltre, sempre secondo la tesi dei primi giudici, l’impugnazione del provvedimento di occupazione non era fondata su propri autonomi vizi, ma soltanto su quelli derivanti dalla dedotta illegittimità degli atti espropriativi, venuti meno.

2. Con atto di appello ritualmente e tempestivamente notificato, a mezzo del servizio postale il 19 settembre 2000, l’interessata chiedeva la riforma della predetta sentenza, alla stregua di due autonome serie di motivi.

Con la prima serie, imperniata sull’erronea declaratoria di improcedibilità del ricorso di primo grado, veniva denunciato: “1) Erroneità della sentenza impugnata in ordine alla asserita improcedibilità del ricorso proposto nanti al TAR della Liguria per sopravvenuto difetto di interesse”, negandosi che la nuova delibera n. 539 del 20 maggio 1999 avesse fatto venir meno l’illegittimità dell’occupazione dell’area di proprietà della ricorrente, atteso che si trattava di un atto consequenziale a quelli impugnati, così che l’illegittimità e l’annullamento di essi ne avrebbe comportato la successiva automatica caducazione, escludendosi pertanto la necessità di una sua autonoma impugnazione; “2) Erroneità della sentenza impugnata per omessa pronuncia sulla richiesta di risarcimento dei danni subiti a seguito dell’illegittima occupazione”, per l’omessa pronuncia dei primi giudici sulla domanda risarcitoria, a fondamento e prova della quale era stata depositata sin dal primo grado di giudizio una perizia estimativa, cui si rinviava espressamente; “3) Erroneità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, e 91 c.p.c.. Manifesta ingiustizia e travisamento dei fatti decisivi nella parte in cui ha disposto la compensazione integrale tra le parti delle spese ed onorari di giudizio”, in quanto, ferma l’ampia discrezionalità del giudice in tema di condanna alle spese processuali, era stata ingiustamente ed ingiustificatamente omessa la valutazione del comportamento processuale dell’amministrazione comunale dato che proprio la nuova delibera n. 539 del 20 maggio 1999 aveva evidenziato la fondatezza del ricorso di primo grado, il che avrebbe dovuto comportarne la condanna al pagamento delle spese di giudizio in virtù del principio della c.d. soccombenza virtuale.

Con la seconda serie di motivi venivano riproposte tutte le censure sollevate in primo grado nei confronti degli atti impugnati, non esaminate.

Resisteva al gravame l’amministrazione comunale di Genova, deducendone l’inammissibilità e l’infondatezza e chiedendone il rigetto.

3. Con decreto n. 2890 del 19 novembre 2012, in accoglimento della istanza presentata dalla sig. Carmelina Bucalo, quale erede della sig. Concetta Trimarchi, è stata disposta la revoca del precedente decreto n. 030 del 18 aprile 2012 di perenzione del ricorso, che è stato pertanto reiscritto sul ruolo del merito.

4. Nell’imminenza dell’udienza di trattazione, le parti hanno illustrato con apposite memorie le proprie rispettive tesi difensive, replicando a quelle avverse.

Alla pubblica udienza del 17 maggio 2013, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

5. E’ fondato il primo motivo (della prima serie) di gravame, con il quale l’appellante ha lamentato “Erroneità della sentenza impugnata in ordine alla asserita improcedibilità del ricorso proposto nanti al TAR della Liguria per sopravvenuto difetto di interesse”.

5.1. In punto di fatto deve rilevarsi che, come emerge dalla documentazione in atti, con delibera di giunta n. 1815 del 19 novembre 1998 il Comune di Genova approvò, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2, comma 60, della 23 dicembre 1996, n. 662, il progetto definitivo per l’ampliamento del Cimitero degli Angeli a Genova Sampierdarena (punto 1), il progetto esecutivo del primo lotto (punto 2), i lavori previsti dal progetto stesso per una spesa di £. 8.581.000.000 (punto 3), stabilendo il criterio di scelta del contraente (punto 5), facendo altresì constare che l’approvazione del progetto aveva valore di dichiarazione di pubblica utilità dell’opera da eseguire, nonché di urgenza ed indifferibilità dei relativi lavori (punto 6), stabilendo di ricorrere alla procedura espropriativa, ai sensi della legge 22 ottobre 1971, n. 865, per l’acquisizione degli immobili di proprietà privata (indicati nell’elenco delle ditte proprietarie e nel piano particellare) occorrenti per la realizzazione dell’opera, fissando i termini di inizio e conclusione dei lavori e della procedura espropriativa (punto 7), stabilendo ancora di ricorrere all’occupazione di urgenza (fino ad un massimo di cinque anni) delle aree occorrenti entro tre mesi dall’emissione della relativa determinazione dirigenziale (punto 8) e autorizzando il dirigente responsabile a promuovere la procedura coattiva, ai fini dell’occupazione d’urgenza.

Con determinazione dirigenziale n. 19 del 2 aprile 1999 fu effettivamente autorizzata l’occupazione d’urgenza, preordinata a definitiva espropriazione, per anni cinque, degli immobili necessari per la realizzazione dei predetti lavori di ampliamento del Cimitero degli Angeli a Sampierdarena, nonché l’occupazione temporanea, per due anni, degli ulteriori immobili necessari per l’installazione del cantiere, immobili tutti indicati ai numeri 2, 3 e 4 del piano particellare ed elenco ditte approvati con la ricordata deliberazione n. 1815 del 19 novembre 1998,

Con nota dirigenziale prot. n. 3244 del 7 aprile 1999 la sig. Concetta Trimarchi venne informata della conclusione del procedimento finalizzato all’approvazione del progetto di ampliamento del Cimitero degli Angeli a Sampierdarena nonché del fatto che gli immobili di sua proprietà erano interessati sia ad occupazione preordinata all’espropriazione, sia ad occupazione d’urgenza per esigenze di cantiere (in particolare, fondo in catasto alla partita 8695, foglio 38, mapp. 409, di ha 1, a 8, ca 80, 760 mq. da occupare e 200 mq. da espropriare; fondo in catasto alla partita 8695, foglio 38, mapp. 408, mq. 15 da occupare), avvisandola che le operazioni di immissione in possesso si sarebbero svolte il successivo 4 maggio 1999.

Con successiva deliberazione n. 539 del 20 maggio 1999 la Giunta Comunale, dando atto dell’avvenuta impugnazione da parte della predetta sig. Concetta Trimarchi della delibera n. 1815 del 19 novembre 1998 e dei provvedimenti di occupazione d’urgenza dei beni di sua proprietà, revocò la procedura espropriativa “…approvando a modifica ed integrazione della suddetta (delibera n. 1815 del 19 novembre 1998), il piano particellare e l’elenco ditte del 15 maggio 1999, allegati al presente provvedimento quale parte integrante e sostanziale, prevedenti la sola occupazione temporanea per esigenze di cantiere in luogo degli originariamente previsti esproprio, occupazione d’urgenza e occupazione temporanea”.

Ciò in ragione del fatto che i lavori previsti nel progetto definitivo comportavano un ampliamento in termini volumetrici della capienza del cimitero, “…ma non anche un ampliamento della sua superficie che rimane e rimarrà contenuta all’interno del confine di proprietà comunale, che coincide con l’attuale cinta muraria che non verrà spostata”; che “…l’approvazione della procedura espropriativa disposta nell’ambito dell’intervento e riguardante una striscia di terreno della larghezza di 2 mt. circostante il perimetro del 1° lotto dei lavori ha sostanzialmente natura cautelativa soprattutto per quanto riguarda futuri fini manutentivi mentre le restanti porzioni di terreno sono state occupate solo per esigenze di cantiere“; che “…l’esproprio non risulta strettamente necessario se non nell’ottica di prevedere futuri interventi manutentivi, che peraltro potrebbero comunque essere eseguiti successivamente anche con un provvedimento di accesso temporaneo ai fondi”, così che poteva contenersi nella massima misura possibile il pregiudizio ai fondi di proprietà privata.

In definitiva venne sostanzialmente confermata la sola previsione dell’occupazione temporanea per due anni dei fondi della ricorrente sopra indicati (per complessivi mq. 775).

5.2. Ciò chiarito, la Sezione osserva che la nuova deliberazione n. 539 del 20 maggio 1999, ancorché non impugnata, non è idonea a far venire meno l’interesse all’impugnazione dell’originaria delibera n. 1815 del 19 novembre 1998, oggetto del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.

Invero, come si è accennato, con essa l’amministrazione comunale di Genova non ha inteso recedere dalla determinazione di procedere all’ampliamento del Cimitero degli Angeli di Sampierdarena di cui alla precedente delibera n. 1815 del 19 novembre 1988, confermando, ancorché implicitamente, l’approvazione del progetto definitivo e di quello esecutivo del primo lotto, approvazione cui consegue l’effetto di dichiarazione di pubblica utilità dell’opera da eseguire e l’urgenza ed indifferibilità dei lavori, e limitandosi piuttosto ad escludere che per l’esecuzione di quei lavori fosse necessario espropriare fondi di proprietà privata, tra cui quelli della ricorrente in primo grado, potendo supplirsi alle necessità operative con la sola occupazione temporanea.

La nuova delibera n. 539 del 20 maggio 1999 si configura, pertanto, quale atto modificativo ovvero in parte sostitutivo ed integrativo della originaria delibera n. 1815 del 19 novembre 1998, nella sola parte in cui per la effettiva esecuzione dei lavori di ampliamento del cimitero in questione si esclude la necessità dell’espropriazione dei fondi privati, sostituendo tale misura con la occupazione temporanea: sennonché tali diverse modalità operative per la effettiva realizzazione dei lavori, sebbene meno invasive della proprietà privata rispetto alla originaria previsione dell’espropriazione, non fanno ragionevolmente venir meno un apprezzabile sacrificio, sia pur temporaneo e più limitato, ai beni privati incisi, quanto meno per la minore possibilità di utilizzo e godimento.

A ciò consegue la persistenza dell’interesse della parte appellante alla decisione sul ricorso originario ed in particolare all’annullamento della delibera n. 1815 del 19 novembre 1998 che, contenendo la approvazione del progetto definitivo e di quello esecutivo del I° lotto dei lavori di ampliamento del cimitero in questione, con conseguente dichiarazione di pubblica utilità, nonché indifferibilità ed urgenza dei lavori stessi, legittima la parziale e momentanea limitazione del godimento e di utilizzazione della proprietà, non potendo condividersi la tesi dei primi giudici, priva di adeguato supporto probatorio, anche solo a livello indiziario, secondo cui l’interesse della parte ricorrente si sarebbe concentrato sulla sola procedura espropriativa; sotto altro concorrente profilo, ciò rende del tutto irrilevante la mancata impugnazione della nuova deliberazione, non potendo negarsi che l’eventuale illegittimità dell’atto di approvazione del progetto definitivo e di quello esecutivo del primo lotto dei lavori in questione caducherebbe anche i successivi provvedimenti di occupazione temporanea e d’urgenza.

6. All’accoglimento dell’esaminato motivo di gravame consegue la riforma della sentenza impugnata, con assorbimento degli altri due motivi di gravame (concernenti l’omessa pronuncia sulla domanda risarcitoria e il regolamento delle spese di giudizio), il che impone alla Sezione l’esame dei motivi di censura sollevati col ricorso introduttivo del ricorso di primo grado, i primi sette rivolti nei confronti della delibera della giunta municipale n. 1815 del 19 novembre 1998, gli altri tre diretti a contestare la determinazione dirigenziale n. 19 del 2 aprile 1999 e l’avviso di occupazione n. 3244 del 7 aprile 1999.

6.1. Con il primo motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, 5° comma, L. 3 gennaio 1978, n. 1, in relazione all’art. 2 L. n. 1187/1968, all’art. 2 L.R. 10 novembre 1992, n. 30 ed all’art. 31 N.d.A. P.R.G. vigente, approvato con D.P.G.R. n. 408/1980. Eccesso di potere. Contraddittorietà. Difetto di istruttoria e di motivazione”, la ricorrente aveva lamentato che le aree di sua proprietà, oggetto di espropriazione per la realizzazione dei lavori in questione, secondo la vigente disciplina urbanistica erano destinate in parte a zona per servizi, in parte a verde pubblico ed in parte a viabilità veicolare urbana di previsione ed a zona di rispetto, destinazioni tutte aventi natura di vincolo di tipo espropriativo e che avevano perduto la propria efficacia attuativa in virtù di quanto disposto dall’art. 2 della legge n. 1187 del 1968, così che nessun intervento di trasformazione urbanistica, qual’era quello in discussione, poteva essere attuato senza la previa necessaria adozione di una variante urbanistica, di cui nel caso di specie non vi era alcuna traccia.

La doglianza è infondata in fatto giacché, come puntualmente precisato dalla stessa amministrazione comunale di Genova nella delibera n. 539 del 20 maggio 1999, senza che sul punto alcuna specifica censura o contestazione sia stata opposta dall’interessata, i lavori previsti nel progetto definitivo approvato con la delibera n. 1815 del 19 novembre 1988 comportavano soltanto un ampliamento in termini volumetrici della capienza del cimitero in questione, senza alcuna variazione e aumento della superficie già utilizzata “…che rimane e rimarrà all’interno del confine di proprietà comunale, che coincide con l’attuale cinta muraria che verrà spostata”: non era pertanto necessaria alcuna variante urbanistica.

D’altra parte, come già si è avuto modo di ricordare, l’amministrazione, con la deliberazione n. 539 del 20 maggio 1999, ha modificato e sostituito l’originaria previsione dell’espropriazione della proprietà privata con la sola occupazione temporanea, il che rende anche inammissibile il motivo di censura in esame, per carenza di interesse.

6.2. Con il secondo motivo, lamentando “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, L. 3 gennaio 1978, n. 1, in relazione agli artt. 15 e 16, L. 11 febbraio 1994, n. 109. Difetto di motivazione e di istruttoria. Incompetenza. Illogicità e contraddittorietà”, la ricorrente aveva sostenuto che nel caso di specie sarebbe stato approvato soltanto il progetto definitivo dei lavori ed il progetto esecutivo relativo al primo lotto, difettando l’approvazione di un progetto preliminare di cui non vi era alcuna traccia; ciò senza contare che sarebbe comunque spettato al Consiglio comunale e non alla Giunta comunale l’approvazione di un atto che impegnava l’amministrazione per più esercizi finanziari.

Anche tale doglianza è priva di fondamento giuridico.

Innanzitutto deve escludersi che la omessa indicazione dell’approvazione del progetto preliminare nella delibera di approvazione di quello definitivo e di quello esecutivo relativo al primo lotto dei lavori in questione costituisca di per sé un vizio del provvedimento tale da determinarne l’illegittimità e da imporne l’annullamento: è sufficiente rilevare al riguardo che, posto che la motivazione è lo strumento giuridico per la ricostruzione dell’iter logico – giuridico seguito dall’amministrazione per adottare una certa decisione nonché per garantire la effettiva tutela del soggetto inciso dal provvedimento, la stessa parte interessata non ha chiarito neppure in che modo l’asserita omissione avrebbe compromesso le sue effettive possibilità di tutela nei confronti dell’operato dell’amministrazione, ciò tanto più se si tiene conto che, come risulta dalla documentazione versata in atti dall’amministrazione comunale sin dal primo grado di giudizio, all’interessata è stata notificata in data 7 ottobre 1998 la comunicazione (prot. 2727 del 30 settembre 1998) di avvio del procedimento per l’approvazione del progetto esecutivo dei lavori in questione e che alla stessa è stata ragionevolmente consentito di acquisire ogni elemento di giudizio necessario per la completa tutela della propria posizione giuridica (ivi compresa la stessa effettiva esistenza del progetto preliminare dei lavori oggetto di contestazione).

Giova peraltro rilevare che l’amministrazione comunale di Genova, proprio con riferimento alla censura concernente la pretesa mancanza del progetto preliminare dell’opera, ha dedotto che il progetto preliminare dell’opera era stato approvato con la delibera consiliare n. 660 del 1° giugno 1989 (avente ad oggetto “Realizzazione di una galleria per colombari, ossari e urne cinerarie nel cimitero degli Angeli a Sampierdarena”, regolarmente versata in atti), sulla cui base era stato predisposto il progetto definitivo e quello esecutivo relativo al primo lotto dei lavori: a tali puntuali e non implausibili deduzioni non ha fatto seguito alcuna specifica e circostanziata eccezione o controdeduzione da parte dell’interessata, il che consente di ritenere non contestata la circostanza dell’esistenza e dell’approvazione di un progetto preliminare dei lavori in questione.

A ciò consegue, sotto altro concorrente profilo, che correttamente l’approvazione del progetto definitivo e di quello esecutivo del primo lotto dei lavori sia avvenuta con deliberazione dell’organo giuntale, non potendo detta approvazione considerarsi un atto di programmazione ed indirizzo come tale appartenente alla competenza dell’organo consiliare (C.d.S., sez. IV, 5 febbraio 1999, n. 110; 27 marzo 2002, n. 1742; 19 ottobre 2004, n. 6714; 16 aprile 2006, n. 2992; sez. V, 16 giugno 2009, n. 3853), a nulla rilevando la circostanza che le spese per la realizzazione dell’opera impegni più esercizi finanziari.

6.3. La già sottolineata circostanza che i lavori previsti nel progetto definitivo ed in quello esecutivo relativo al primo lotto, approvato con la delibera n. 1815 del 19 novembre 1988, comportavano soltanto un ampliamento in termini volumetrici della capienza del cimitero in questione, senza alcuna variazione e tanto meno aumento della superficie già utilizzata “…che rimane e rimarrà all’interno del confine di proprietà comunale, che coincide con l’attuale cinta muraria che verrà spostata”, rende infondati in punto di fatto il terzo ed il quarto motivo di censura, con cui denunciando, rispettivamente, “Violazione e falsa applicazione dell’art. 338, R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, in relazione all’art. 57, D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285. Difetto di istruttoria. Difetto di motivazione. Ingiustizia grave e manifesta, nonché “Violazione e falsa applicazione degli artt. 55 e 56, D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285. Difetto di istruttoria e di motivazione. Oscurità e contraddittorietà. Incompetenza”, la ricorrente aveva sostenuto che l’ampliamento cimiteriale violava la fascia di rispetto di 100 metri, lambendo il muro perimetrale di sua proprietà, e non era stato preceduto dal necessario studio tecnico della località da approvarsi dal consiglio comunale.

6.4. E’ da respingere anche il quinto motivo di censura, con cui la ricorrente aveva dedotto “Violazione e falsa applicazione dell’art. 16, comma 5, L. 11 febbraio 1994, n. 109, in relazione anche al D. Lgs. n. 494/96. Difetto di istruttoria e di motivazione”, sostenendo che il progetto esecutivo non sarebbe stato corredato né dal piano per la sicurezza e la salute dei lavoratori, né dal piano di manutenzione dell’opera e delle sue singole parti.

Indipendentemente da ogni questione in ordine alla sua stessa ammissibilità, anche sotto il profilo del relativo interesse, la predetta censura, oltre ad essere generica ed ipotetica, è sfornita di qualsiasi supporto probatorio, anche a livello meramente indiziario, circa le asserite omissioni e lacune documentali.

Al riguardo non può sottacersi che anche nel processo amministrativo vige in tema di prova il principio generale sancito dall’art. 2697 C.C., secondo cui onus probandi incumbit ei qui dicit, così che era onere della ricorrente dare prova o quanto meno fornire un ragionevole indizio di prova sulle asserite carenze documentali, a nulla rilevando, come invece sostenuto dall’interessata, che l’amministrazione intimata non abbia fornito alcuna prova della esistenza dei predetti atti (ciò costituendo un inammissibile tentativo di inversione dell’onere probatorio).

E’ rimasta poi priva di qualsiasi opportuna e necessaria controdeduzione la precisa argomentazione difensiva dell’amministrazione secondo cui il progetto sarebbe stato pienamente conforme alle indicazioni contenute nella circolare del Ministero dei lavori pubblici 7 ottobre 1996, n. 4488.

6.5. Non è meritevole di favorevole considerazione neanche il sesto motivo di censura spiegato col ricorso di primo grado con il quale, deducendo “violazione e falsa applicazione dell’art.1, L. 3 gennaio 1978, n. 1, in relazione agli artt. 15 e 16, L. 11 febbraio 1994, n. 109, ed ai principi generale della contabilità pubblica. Contraddittorietà. Travisamento. Difetto di presupposto”, l’interessata aveva sottolineato l’illegittimità della delibera impugnata per essere l’affidamento dei lavori subordinato alla contrattazione di un prestito obbligazionario, circostanza che, a suo avviso, si poneva in insanabile contrasto con il procedimento accelerato di approvazione dell’opera pubblica e che dimostrava altresì la carenza dei necessari mezzi finanziari per realizzarla.

E’ sufficiente rilevare al riguardo che non è vietato ad un ente locale il ricorso per la realizzazione di opere e lavori pubblici alla contrazione di mutui o di altre forme di finanziamento, nei limiti e nei modi stabiliti dalla legge, così che è legittima la deliberazione, con la quale venga approvato il progetto esecutivo di un’opera pubblica che comporti la necessità della copertura finanziaria, purché sia effettivamente indicata l’esistenza della copertura con la relativa attestazione da parte del responsabile del servizio finanziario, attestazione che può fare anche riferimento al ricorso all’indebitamento ma previa inclusione della relativa previsione o di apposita variazione nel bilancio dell’esercizio (C.d.S., sez. V, 16 gennaio 2002, n. 216); del resto è stato precisato che la prescrizione (contenuta nell’art. 55 della legge 8 giugno 1990, n. 142) secondo la quale è nulla la deliberazione comunale di spesa priva di attestazioni della copertura finanziaria, deve essere interpretata nel senso che la nullità consegue alla sola carenza della previa attestazione della copertura e non è esclusa dal fatto che, in concreto, tale copertura sussista, ancorché non previamente attestata; peraltro, qualora sia stata effettivamente ed espressamente manifestata l’intenzione di contrarre un mutuo, deve ritenersi che l’obbligo della relativa copertura finanziaria sia stato effettivamente adempiuto (C.d.S., sez. sez. IV, 23 marzo 2000, n. 1561).

Nel caso in esame peraltro non può dubitarsi, per un verso, che la delibera impugnata conteneva l’indicazione e la puntuale attestazione della copertura finanziaria, disponendo espressamente al punto 16 che l’opera sarebbe stata finanziata con la somma di £. 8.546.000.000 con l’emissione di apposito prestito obbligazionario comunale (B.O.C.) (che sarebbe stato iscritto in entrata al Capitolo 83000 di c. 100.8.220 “Servizio Finanziario – Buoni obbligazionari comunali” del bilancio 1998) e, per altro verso, che tale modalità di finanziamento dell’opera è del tutto irrilevante ai fini della legittimità del procedimento accelerato di approvazione del progetto definitivo dell’opera pubblica in esame, ai sensi dell’art. 1 della legge 3 gennaio 1978, n. 1.

6.6. Con il settimo motivo di censura l’interessata aveva sostenuto infine l’illegittimità dell’impugnata deliberazione per “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 53, L. 8 giugno 1990, n. 142, e ss.mm. Eccesso di potere per difetto dei presupposti”, in quanto i pareri dei responsabili dei servizi interessati non sarebbero stati inseriti nella deliberazione, non essendo sufficiente che tali pareri fossero stati comunque espressi oralmente o in altra sede o semplicemente menzionati nella delibera stessi.

La censura è infondata innanzitutto in fatto, atteso che, come si ricava dall’esame, ancorché superficiale, della delibera impugnata, emerge inconfutabilmente che tutti i pareri dei responsabili dei servizi interessati non sono stati effettivamente espressi, ma costituivano parte integrante della proposta di deliberazione approvata dalla giunta comunale.

Non può peraltro sottacersi che la giurisprudenza ha già avuto modo di evidenziare che i pareri, previsti per l'adozione delle deliberazioni comunali dall'art. 53 l. 8 giugno 1990 n. 142, non costituiscono requisito di legittimità delle deliberazioni cui si riferiscono, in quanto preordinati all'individuazione sul piano formale, nei funzionari che li formulano, della responsabilità eventualmente in solido con i componenti degli organi politici in via amministrativa e contabile (sez. IV, 22 giugno 2006, n. 3888; 23 aprile 1998, n. 670) e che il mancato inserimento dei pareri di regolarità tecnica e contabile nella deliberazione impugnata costituisce mera irregolarità, ai sensi dell’art. 53 l. 8 giugno 1990 n. 142, allorquando non si contesta l’effettiva esistenza dei pareri medesimi (C.d.S., sez. IV, 11 febbraio 2004, n. 548); ciò senza contare che è stato anche puntualizzato come l’art. 53 l. 8 giugno 1990 n. 142, nel prevedere la necessità dei pareri del responsabile del servizio interessato, del responsabile di ragioneria nonché (nel sistema anteriore alla l. 15 maggio 1997 n. 127) del segretario comunale, non pone alcun limite alla potestà deliberante della giunta e del consiglio comunale, che possono liberamente disporre del contenuto delle proposte di deliberazione, dopo che su queste ultime sia stato acquisito, quale elemento formale dell’iter procedimentale, il parere dei predetti organi tecnici (C.d.S., sez. V, 25 maggio 1998, n. 680).

6.7. In definitiva la delibera della giunta comunale di Genova n. 1815 del 19 novembre 1998 è esente dai vizi indicati dall’interessata.

6.8. Quanto alle censure sollevate nei confronti della determinazione dirigenziale 2 aprile 1999, n. 19, e dell’avviso di occupazione 7 aprile 1999, n. 3244, anche a voler prescindere dalla loro inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse, atteso che per effetto della nuova delibera n. 539 del 20 maggio 1999 detti provvedimenti devono considerarsi caducati, esse sono infondate: quella di illegittimità derivata, stante l’acclarata legittimità della citata delibera n. 1815 del 19 novembre 1998; quelle concernenti la pretesa violazione delle garanzie partecipative ed il presunto difetto di motivazione, in quanto, secondo un consolidato e condivisibile indirizzo giurisprudenziale, è legittimamente omessa la comunicazione dell’avvio del procedimento per l’emanazione del decreto di occupazione di urgenza, trattandosi di atto di mera attuazione del provvedimento dichiarativo della pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori, con la conseguenza che le garanzie procedimentali relative alla partecipazione sono proprie solo di quest’ultimo (C.d. S., sez. IV, 8 giugno 2007, n. 2999; 31 maggio 2007, n. 2874). Né all’avviso di occupazione si sarebbe dovuto allegare, a pena di illegittimità dello stesso, il provvedimento di occupazione.

6.9. L’infondatezza del ricorso rende inammissibile la domanda risarcitoria, essendo carente il presupposto fondamentale della predicata illegittimità degli atti impugnati e non essendo stati d’altra parte evidenziati eventuali comportamenti dell’amministrazione, contra jus ai sensi e per gli effetti dell’art. 2043 c.c..

7. In conclusione, alla stregua delle osservazioni svolte, l’appello deve essere accolto per quanto di ragione e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnato, il ricorso proposto in primo grado deve essere respinto.

La risalenza e la peculiarità della controversia giustifica la compensazione fra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dalla sig. Concetta Trimarchi, e dalla di lei erede sig. Carmelina Bucalo, avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sez. I, n. 413 del 26 aprile 2000, lo accoglie per quanto di ragione e, per l’effetto, in riforma della stessa, respinge il ricorso proposto in primo grado dalla signora Concetta Trimarchi.

Spese del doppio grado di giudizio compensate tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Carmine Volpe, Presidente

Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore

Antonio Amicuzzi, Consigliere

Antonio Bianchi, Consigliere

Raffaele Prosperi, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il **/09/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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