Saturday 05 October 2013 08:40:31
Giurisprudenza Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali
nota del Prof. Avv. Enrico Michetti a sentenza del Consiglio di Stato
Si segnala la presente sentenza in quanto chiarisce i casi nei quali non è necessario notificare l'impugnazione agli organi che hanno dichiarato i risultati finali del procedimento elettorale. Si precisa, infatti, nella sentenza che per le impugnative di cui all’art. 129 del c.p.a. è previsto che il ricorso debba essere notificato all'Ufficio che ha emanato l'atto impugnato, alla Prefettura e, ove possibile, agli eventuali controinteressati. L’art. 130 del c.p.a. dispone, invece, che contro tutti gli atti del procedimento elettorale successivi all'emanazione dei comizi elettorali è ammesso ricorso soltanto alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all'impugnazione dell'atto di proclamazione degli eletti, e che il ricorso deve essere notificato, ai sensi del comma 3 di detto art. 130: a) all'Ente della cui elezione si tratta, in caso di elezioni di Comuni, Province e Regioni; b) all'Ufficio elettorale centrale nazionale, in caso di elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia; c) alle altre parti che vi hanno interesse, e comunque ad almeno un controinteressato. Nel caso sottoposto all'esame del Collegio di impugnazione avente ad oggetto " il ricorso per l’annullamento del verbale delle operazioni dell'ufficio centrale, a seguito del turno di ballottaggio per le elezioni del Sindaco e del Consiglio comunale di Fasano, e di tutti gli allegati ed atti in esso contenuti, con conseguente correzione del risultato delle operazioni elettorali e proclamazione della elezione" il Consiglio di Stato ha affermato l'indubbia applicazione del sopra richiamato art. 130 e che, quindi, non fosse necessario notificare il gravame anche agli altri organi abilitati a dichiarare i risultati finali del procedimento elettorale, che non hanno legittimazione passiva nel giudizio perché, per la loro posizione di neutralità, non sono portatori di un interesse giuridicamente apprezzabile al mantenimento dei loro atti (Consiglio di Stato: Sez. V, 18 gennaio 2013, n. 278; Ad. Plen., 31 luglio 1996, n. 16). In conclusione il Collegio rileva che poiché nei giudizi relativi ad elezioni comunali aventi ad oggetto l'atto di proclamazione degli eletti, detto art. 130 del c.p.a. individua quale parte necessaria l'Ente al quale l'elezione si riferisce e a cui vanno imputati i risultati elettorali nonché, quali controinteressati, i candidati della cui elezione si discute, non può ritenersi parte necessaria del contenzioso il Ministero dell'Interno (Cons. Stato, Sez. V, 12 febbraio 2008, n. 496; 16 ottobre 2006, n. 6135). In base a siffatto principio e' stata disposta l'estromissione dal giudizio del Ministero dell’Interno.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale *** del 2013, proposto da:
Bianco Francesco, rappresentato e difeso dall'avv. Bice Annalisa Pasqualone, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Leonardo Musa, in Roma, p.zza G. Randaccio, n. 1;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, con cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Comune di Fasano, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
Sgura Lucrezia, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Puglia – Sezione Staccata di Lecce, Sezione I, n. 01781/2012, resa tra le parti, di accoglimento del ricorso proposto per l’annullamento del verbale delle operazioni dell'ufficio centrale, a seguito del turno di ballottaggio per le elezioni del Sindaco e del Consiglio comunale di Fasano, e di tutti gli allegati ed atti in esso contenuti, con conseguente correzione del risultato delle operazioni elettorali e proclamazione della elezione, in luogo del candidato Giacomo Rosato, della candidata Luigia Albanese della lista Circoli Nuova Italia, facente parte della coalizione di maggioranza;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Vista la memoria prodotta dalla parte resistente a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 luglio 2013 il Cons. Antonio Amicuzzi e udito per la parte appellante l’avvocato Pasqualone;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
In data 6 e 7 maggio 2012 si sono tenute nel Comune di Fasano, con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, le elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale e la nomina del Sindaco, con ricorso al turno di ballottaggio, all’esito del quale è stato proclamato Sindaco il dott. Pasquale Di Bari, con assegnazione alla coalizione ad esso collegata di 14 seggi e dei restanti 10 seggi alle coalizioni di opposizione.
La sig.ra Lucrezia Sgura, nella qualità di iscritta nelle liste elettorali del Comune, ha proposto ricorso al T.A.R. Puglia, Sezione staccata di Lecce, contestando la proclamazione degli eletti al Consiglio comunale di detto Comune nella parte in cui sono stati assegnati, a titolo di premio di maggioranza, 14 seggi, anziché 15, alle liste collegate al Sindaco eletto, in base all’ordine dei quozienti elettorali.
Detto T.A.R., con la sentenza in epigrafe indicata, ha accolto il ricorso, nel sostanziale assunto che, in base all’art. 73, comma 10, del d. lgs. n.267/2000, il numero di Consiglieri comunali assegnati al gruppo di liste collegato al candidato Sindaco eletto dopo l’attribuzione del premio di maggioranza non poteva che essere superiore a 14, quindi pari a 15; per l’effetto ha quindi corretto il risultato delle operazioni elettorali e ha proclamato eletta, in luogo del candidato Giacomo Rosato, la candidata Luigia Albanese, della lista Circoli Nuova Italia, facente parte della coalizione di maggioranza.
Con il ricorso in appello in esame l’avv. Francesco Bianco, controinteressato nel precedente giudizio, ha chiesto l’annullamento o la riforma di detta sentenza deducendo i seguenti motivi:
1.- “Error in procedendo” ed “in iudicando”. Violazione degli artt. 71, 73 e 75 del d. lgs. n. 270/2000. Illogicità manifesta. Violazione e falsa applicazione degli artt. 48 e 51 della Costituzione. Irragionevolezza anche con riferimento agli artt. 1 e 13 della Costituzione.
La sentenza impugnata, con la quale sono stati assegnati 15 seggi alla coalizione risultata vincente, effettuando un arrotondamento in eccesso, oltre il limite del 60% previsto dall’art. 73, comma 10, del d. lgs. n. 270/2000, è errata e contraddittoria, oltre che contrastante con il disposto di detta norma; essa ha così leso la finalità perseguita dal legislatore di assicurare una compatta minoranza per l’esercizio del controllo garantito dagli artt. 48 e 51 della Costituzione, nonché si è posto in contrasto con l’art. 3 della stessa, sotto il profilo della ragionevolezza, e con il precedente art. 1, sotto il profilo del rispetto della sovranità popolare.
Con atto depositato il 15.2.2013 si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno.
Con memoria depositata il 5.6.2013 detto Ministero ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva e nel merito ha dedotto la infondatezza dell’appello, concludendo per la reiezione.
Alla pubblica udienza del 9.7.2013 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza dell’avvocato della parte appellante, come da verbale di causa agli atti del giudizio.
DIRITTO
1.- Il giudizio in esame verte sulla richiesta, formulata dall’avv. Francesco Bianco, di annullamento o di riforma della sentenza del T.A.R. in epigrafe indicata con la quale è stato accolto il ricorso proposto dalla sig.ra Lucrezia Sgura per l’annullamento del verbale delle operazioni dell'Ufficio centrale, a seguito del turno di ballottaggio per le elezioni del Sindaco e del Consiglio comunale di Fasano, e di tutti gli allegati ed atti in esso contenuti, con conseguente correzione del risultato delle operazioni elettorali e proclamazione della elezione, in luogo del candidato Giacomo Rosato, della candidata Luigia Albanese della lista Circoli Nuova Italia, facente parte della coalizione di maggioranza.
2.- Innanzi tutto la Sezione deve valutare la fondatezza della eccezione di difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’Interno, formulata dall’Avvocatura Generale dello Stato con memoria depositata il 5.6.2013 nell’assunto che nelle controversie proposte ai sensi dell’art. 130 del c.p.a., legittimati passivi sono gli Enti locali e non gli altri Organi abilitati a dichiarare i risultati finali del procedimento elettorale.
2.1.- Va in proposito osservato che solo per le impugnative di cui all’art. 129 del c.p.a. è previsto che il ricorso debba essere notificato all'Ufficio che ha emanato l'atto impugnato, alla Prefettura e, ove possibile, agli eventuali controinteressati; l’art. 130 del c.p.a. dispone, invece, che contro tutti gli atti del procedimento elettorale successivi all'emanazione dei comizi elettorali è ammesso ricorso soltanto alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all'impugnazione dell'atto di proclamazione degli eletti, e che il ricorso deve essere notificato, ai sensi del comma 3 di detto art. 130: a) all'Ente della cui elezione si tratta, in caso di elezioni di Comuni, Province e Regioni; b) all'Ufficio elettorale centrale nazionale, in caso di elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia; c) alle altre parti che vi hanno interesse, e comunque ad almeno un controinteressato.
Alla fattispecie in esame è indubbio che sia applicabile l'art. 130 citato e che non fosse necessario notificare il gravame anche agli altri organi abilitati a dichiarare i risultati finali del procedimento elettorale, che non hanno legittimazione passiva nel giudizio perché, per la loro posizione di neutralità, non sono portatori di un interesse giuridicamente apprezzabile al mantenimento dei loro atti (Consiglio di Stato: Sez. V, 18 gennaio 2013, n. 278; Ad. Plen., 31 luglio 1996, n. 16).
In conclusione, poiché nei giudizi relativi ad elezioni comunali aventi ad oggetto l'atto di proclamazione degli eletti, detto art. 130 del c.p.a. individua quale parte necessaria l'Ente al quale l'elezione si riferisce e a cui vanno imputati i risultati elettorali nonché, quali controinteressati, i candidati della cui elezione si discute, non può ritenersi parte necessaria del contenzioso il Ministero dell'Interno (Cons. Stato, Sez. V, 12 febbraio 2008, n. 496; 16 ottobre 2006, n. 6135).
Deve conseguentemente essere accolta la eccezione in esame ed estromettersi dal giudizio l’intimato Ministero dell’Interno.
3.- Nel merito, con l’unico motivo di appello, è stato dedotto che nel Comune di Fasano, in cui il numero di seggi da attribuire (in base al disposto dell’art. 1, comma 2, della l. n. 42/2010, che ha ridotto del 20% il numero dei consiglieri comunali) era di 24, il 60% degli stessi, da assegnare, secondo quanto previsto dall’art. 73 del d. lgs. n. 270/2000, quale premio di maggioranza alle liste collegate al candidato Sindaco vincente, corrispondeva alla cifra di 14,4.
La sentenza impugnata, con la quale è stata arrotondata detta cifra, attribuendo 15 seggi alla coalizione risultata vincente, in applicazione del principio di governabilità, sarebbe errata e contraddittoria, oltre che contrastante con il disposto dell’art. 73, comma 10, del d. lgs. n. 270/2000.
Poiché detta norma nel prevedere l’assegnazione del 60% dei seggi individua in tale percentuale il limite massimo del premio di maggioranza, perché scatti il diritto al quindicesimo seggio dovrebbe essere raggiunta quanto meno la percentuale del 14,51.
Il T.A.R. ha invece effettuato un arrotondamento in eccesso, accrescendo il numero dei seggi della coalizione vincente, oltre il 60% stabilito dal legislatore, nella misura del 62,5%, oltre quella necessaria per garantire la governabilità del Comune, potendo contare la maggioranza su 14 Consiglieri oltre il Sindaco, e la minoranza su 10 Consiglieri.
L’attribuzione di un ulteriore seggio alla maggioranza, disposta con la impugnata sentenza, avrebbe leso la finalità perseguita dal legislatore di assicurare una compatta minoranza per l’esercizio del controllo garantito dagli artt. 48 e 51 della Costituzione, nonché si sarebbe posta in contrasto con l’art. 3 della stessa, sotto il profilo della ragionevolezza, e con il precedente art. 1, sotto il profilo del rispetto della sovranità popolare.
3.1.- Osserva al riguardo il Collegio che la sopra evidenziata problematica, dedotta con l’atto di appello, è stata affrontata e risolta da questa Sezione, da ultimo con la sentenza 15 luglio 2013, n. 3793, dalle cui condivisibili considerazioni e conclusioni non ritiene di doversi discostare.
E’ stato osservato, con riguardo all’art. 73, comma 10, del d. lgs. n. 267/2000, laddove dispone che “…Qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al secondo turno, alla lista o al gruppo di liste ad esso collegate che non abbia già conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio, viene assegnato il 60 per cento dei seggi, sempreché nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate al primo turno abbia già superato nel turno medesimo il 50 per cento dei voti validi. I restanti seggi vengono assegnati alle altre liste o gruppi di liste collegate ai sensi del comma 8”, che va stabilito se, corrispondendo il 60% ad un numero decimale, questo debba essere arrotondato all’unità inferiore o superiore.
E’ evidente che la soluzione cambia a seconda che si interpreti l’indicato 60% come limite “massimo”, nel senso quindi dell’attribuzione di “non più del 60%”, ovvero limite “minimo”, ossia nel senso del riconoscimento, quale soglia percentuale in ogni caso garantita, di “almeno il 60%”.
Al riguardo è stato più volte evidenziato, in adesione all’indirizzo prevalente sostenuto dalla Sezione, come argomenti di natura letterale e logica depongano in favore della seconda interpretazione (da ultimo: Consiglio di Stato, sez. V, 30 gennaio 2013 n. 571; 12 febbraio 2013, n. 810; 30 giugno 2013, n. 3027; 15 luglio 2013, n. 3793. Contra: Consiglio di Stato, sez. V, n. 2928/2012).
E’ stata ritenuta rilevante innanzi tutto la circostanza che detta norma preveda l’attribuzione del premio di maggioranza del 60% quando il gruppo di liste collegato al candidato Sindaco eletto non abbia conseguito “almeno” il 60% dei seggi del Consiglio e nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate al primo turno abbia già superato nel turno medesimo il 50% dei voti validi.
Il presupposto del mancato conseguimento di detta quota minima per l’attribuzione del premio evidenzia sicuramente la volontà del legislatore di ritenere tale percentuale quale soglia minima e intangibile spettante alle liste collegate al Sindaco eletto, al fine di assicurare stabilità e governabilità all’Ente locale; detta quota percentuale funge, quindi, da parametro che cristallizza, contemporaneamente, il presupposto negativo per l’attribuzione del premio e la consistenza minima del premio medesimo.
E’ così ragionevolmente soddisfatta la finalità, perseguita dalla norma di cui trattasi, di garantire la governabilità dei Comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti grazie alla costituzione, in favore del Sindaco eletto, di una maggioranza stabile identificata per legge nella più volte citata misura minima del 60%.
La diversa soluzione dell’arrotondamento per difetto impedirebbe l’applicazione del meccanismo correttivo che la legge prevede invece quale conseguenza imprescindibile del mancato raggiungimento, anche in ragione di frazioni di punto, della soglia minima del 60%.
E’ stato al riguardo osservato, “a contrario”, che il criterio dell’arrotondamento per difetto della cifra decimale inferiore a 50 centesimi è stato invece previsto espressamente da altre disposizioni del testo unico, e, in particolare, dall’art. 71, comma 8, del d. lgs. n. 267/2000, relativo alla elezione del Sindaco e del Consiglio comunale nei Comuni sino a 15.000 abitanti, dall’art. 75, comma 8, di detto d. lgs. riguardo alla elezione del Consiglio provinciale e dall’art. 73, comma 1, del d. lgs. stesso per l’elezione del Consiglio comunale nei Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, limitatamente però al numero minimo e massimo dei candidati che devono essere compresi nelle liste elettorali.
Tale arrotondamento per difetto non è invece estensibile al diverso caso del premio di maggioranza di cui all’art. 73, comma 10, del ridetto d. lgs., per il quale il dato letterale e l’argomento teleologico impongono, alla stregua delle considerazioni esposte, il riconoscimento della quota minima del 60%.
Dette considerazioni escludono la condivisibilità delle censure prospettate con il motivo di appello in esame.
3.2.- Ritiene inoltre la Sezione insuscettibili di positiva valutazione le prospettate questioni di legittimità costituzionale del citato articolo 73, comma 10, del d. lgs. n. 267/2000.
Premesso che non può comportare al riguardo effetti preclusivi la ordinanza della Corte Costituzionale n. 305 del 30 settembre 2004, che ha dichiarato manifestamente inammissibile sostanzialmente la stessa questione, sia pur con riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, la Sezione osserva che neppure dalle motivazioni della ordinanza della Corte di Cassazione, sez. I, n. 12060 del 17 maggio 2013 possono trarsi elementi decisivi perché esse, relative a leggi elettorali per l'elezione alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica, non solo non risultano coerenti con il sistema elettorale degli Enti locali, cui si riferisce l’art. 73, comma 10, del d. lgs. n. 270/2000, ma esprimono dubbi di costituzionalità che non sono relativi al premio di maggioranza in senso assoluto, ma, piuttosto, agli scompensi del sistema che può determinare (consentendo, ad esempio, alla maggioranza di eleggere autonomamente gli organi di garanzia).
Va quindi rilevato al riguardo che, nelle elezioni relative agli Enti locali, il premio di maggioranza si coordina necessariamente ad una soglia minima che non appare irragionevole, né in funzione della finalità perseguita (governabilità dell’Ente), né in relazione alla sproporzione che si determina fra maggioranza e opposizione, che non appare manifestamente tale da violare il principio di uguaglianza ed unicità del voto e di rappresentatività dell’elettorato.
Neppure appaiono violati gli artt. 48 e 51 della Costituzione, che secondo l’appellante tutelano la finalità di assicurare una compatta minoranza per l’esercizio del controllo sull’attività posta in essere dalla maggioranza, atteso che la sopra evidenziata interpretazione dell’art. 73, comma 10, del d. lgs. n. 267/2000 che la Sezione ha effettuato non appare idonea a comportare violazione del libero esercizio del voto e dell’accesso in condizioni di eguaglianza alle cariche elettive, tutelate da dette norme costituzionali. Aggiungasi che appare indifferente, ai fini del controllo cui sopra è fatto cenno, la più favorevole percentuale di componenti del Consiglio comunale appartenenti alla minoranza che scaturirebbe dall’accoglimento delle tesi dell’appellante, atteso che anche in tal caso rimarrebbe comunque congruo lo scarto numerico di consiglieri a favore della maggioranza.
4.- L’appello, previa estromissione dal giudizio del Ministero dell’Interno, deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione.
5.- Nella complessità e parziale novità delle questioni trattate, nonché nelle intervenute oscillazioni interpretative, il collegio ravvisa eccezionali ragioni per compensare tra le parti costituite, ai sensi degli artt. 26, comma 1, del c.p.a. e 92, comma 2, del c.p.c., le spese del presente grado di giudizio.
Nessuna determinazione può inoltre essere assunta in ordine alle spese di giudizio con riguardo alle parti intimate e non costituite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo, estromette dal giudizio il Ministero dell’Interno e respinge l’appello in esame.
Compensa fra le parti costituite le spese del presente grado di giudizio.
Nulla per le spese nei confronti delle parti intimate non costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Carmine Volpe, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere, Estensore
Nicola Gaviano, Consigliere
Carlo Schilardi, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il **/09/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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