Sunday 27 December 2015 09:54:12
Giurisprudenza Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 18.12.2015 n. 5780
Nel giudizio in esame l’appellante è titolare di una delle farmacie esistenti nel Comune di Sant’Anastasia (Napoli) e si considera leso nei suoi interessi legittimi dai provvedimenti adottati dal Comune e dalla Regione Campania in applicazione dell’art. 11 del decreto legge n. 1/2012. Con il ricorso di primo grado ha impugnato una serie di atti, fra i quali il principale è la delibera 7 dicembre 2012, n. 366, della Giunta comunale, con la quale è stata “revisionata” la pianta organica delle farmacie, a modifica ed integrazione della precedente delibera n. 167 del 12 giugno 2012. Con motivi aggiunti notificati e depositati nel corso del giudizio di primo grado l’interessato ha esteso l’impugnazione ad alcuni atti sopravvenuti, dei quali il più rilevante è il bando di concorso, emanato dalla Regione, per l’assegnazione delle farmacie di nuova istituzione. Il T.A.R. Campania ha definito il giudizio con la sentenza 8 ottobre 2014, n. 5194, con la quale ha giudicato tardivo il ricorso introduttivo. Il T.A.R. ha infatti osservato che la delibera n. 366 era stata affissa, per pubblicazione, all’albo pretorio del Comune, dal 12 al 27 dicembre 2012; il termine per ricorrere decorreva dunque da quest’ultima data e scadeva il 25 febbraio 2013; il ricorso invece è stato notificato il 6 marzo 2013. La tardività dell’impugnazione della delibera n. 366/2012 ha reso inammissibile per difetto d’interesse, a giudizio del T.A.R., l’impugnazione di tutti gli altri atti comunque connessi o conseguenziali. Il ricorrente ha proposto appello al Consiglio di Stato contestando la tardività dell’impugnazione. L’appellante sostiene che a far decorrere il termine non era sufficiente l’affissione della delibera all’albo comunale, ma sarebbe stata necessaria una comunicazione individuale, considerata la posizione di esso ricorrente. In subordine l’appellante deduce che le norme sostanziali e procedimentali in materia di pianificazione delle farmacie erano di recentissima modificazione e per di più sono di contenuto alquanto incerto, specie per quanto riguarda le modalità di approvazione e di pubblicazione degli atti; invoca pertanto il beneficio dell’errore scusabile. Il Consiglio di Stato, Sezione IV con la sentenza del 18.12.2015 n. 5780 ha ritenuto che nella fattispecie si possa concedere il beneficio dell’errore scusabile, con riferimento all’impugnazione della delibera n. 366 del 7 dicembre 2012, trattandosi di vicenda inerente alla fase di prima applicazione di una normativa recentemente introdotta e di non chiaro coordinamento con le disposizioni rimaste in vigore. Nel merito il Collegio ha rigettato l'appello. In particolare il Collegio ha analizzato Il primo motivo di ricorso che investe gli atti impugnati nella parte in cui hanno elevato a 9 il numero delle farmacie istituite nel Comune di Sant’Anastasia. La questione riguarda in particolare la farmacia n. 9. Il decreto legge n. 1/2012 ha ridotto a 3.300 il coefficiente del rapporto fra popolazione e farmacie (una popolazione ogni 3.300 abitanti); tenuto conto del numero degli abitanti del Comune, i quozienti interi sono solo 8, con un resto non molto superiore alla metà. In questa situazione, il ricorrente deduce che la legge “consente” di utilizzare il resto, purché superiore alla metà del quoziente intero, per istituire una ulteriore farmacia (nella specie, la n. 9), ma tale utilizzazione è facoltativa e non vincolata. La decisione del Comune doveva quindi essere convenientemente motivata, mentre ciò non è avvenuto. Il Collegio osserva che la determinazione del numero delle farmacie, nella vicenda in esame, è stata riprodotta nell’atto impugnato dal ricorrente, ossia la delibera n. 366 del 7 dicembre 2012, ma era già contenuta nella delibera n. 167 del 12 giugno precedente. Si porrebbe quindi un distinto problema di tempestività dell’impugnazione, giacché la scusabilità dell’errore, già riconosciuta con riferimento alla delibera del 7 dicembre 2012, non necessariamente vale anche per la precedente delibera del 12 giugno. Tuttavia il Collegio vuol prescindere dalla questione, in quanto questo capo d’impugnazione appare comunque infondato. Nel merito, il problema della farmacia n. 9 si pone perché applicando il nuovo parametro demografico (3300) stabilito dal decreto legge n. 1/2012 si ottengono otto quozienti interi, non nove. Il Comune ha inteso avvalersi della disposizione che “consente” di istituire una ulteriore farmacia (nella fattispecie la n. 9) utilizzando il resto, se questo è superiore alla metà. Il ricorrente non contesta che, nel caso in esame, il resto sia superiore alla metà (in caso contrario, l’istituzione della nona farmacia sarebbe illegittima per violazione di legge e per mancanza del presupposto). Deduce, però, che la utilizzazione del resto, pur quando è possibile, non è obbligatoria ma facoltativa (come è attestato dall’uso del termine “consente”) e che pertanto la scelta di utilizzarlo doveva essere appositamente motivata. Nella specie, egli osserva, la determinazione del Comune non è stata motivata e anche nella sostanza è criticabile, perché il servizio farmaceutico è reso già in modo soddisfacente. La giurisprudenza del Consiglio di Stato, reiterata anche di recente, riconosce che l’utilizzazione del resto è facoltativa; ma che nel sistema del d.l. n. 1/2012 essa non necessita di particolari giustificazioni o motivazioni. Infatti lo scopo dichiaratamente perseguito dall’art. 11 del decreto legge è quello di «favorire l'accesso alla titolarità delle farmacie da parte di un più ampio numero di aspiranti... nonché di favorire le procedure per l'apertura di nuove sedi farmaceutiche garantendo al contempo una più capillare presenza sul territorio del servizio farmaceutico»; mentre il decreto legge nel suo insieme (che riguarda anche materie assai diverse dal servizio farmaceutico) persegue un obiettivo di politica economica mediante l’incremento della «concorrenza» e della «competitività». In questo contesto si comprende come il legislatore pur non qualificando l’utilizzazione del resto come obbligatoria, non la subordini a particolari esigenze da accertare caso per caso. Per approfondire scarica gratuitamente la sentenza.
N. 05780/2015REG.PROV.COLL.
N. 03330/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3330 del 2015, proposto da:
*o, rappresentato e difeso dall'avv. Alessandro Marotta, con domicilio eletto presso Gian Marco Studio Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II. 18;
contro
Comune di Sant'Anastasia, rappresentato e difeso dall'avv. Antonietta Colantuoni, con domicilio eletto presso Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro 13;
Regione Campania, rappresentato e difeso dall'avv. Carla Palumbo, con domicilio eletto presso Ufficio di Rappresentanza Regione Campania in Roma, Via Poli N. 29;
Azienda Sanitaria Locale Napoli 3;
nei confronti di
Walter Raimo;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE V n. 05194/2014, resa tra le parti, concernente revisione pianta organica farmacia anno 2012
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Sant'Anastasia e di Regione Campania;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 novembre 2015 il Pres. Pier Giorgio Lignani e uditi per le parti gli avvocati Marotta e Panariello su delega di Palumbo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’appellante, già ricorrente in primo grado, è titolare di una delle farmacie esistenti nel Comune di Sant’Anastasia (Napoli). Si considera leso nei suoi interessi legittimi dai provvedimenti adottati dal Comune e dalla Regione Campania in applicazione dell’art. 11 del decreto legge n. 1/2012.
Con il ricorso di primo grado (T.A.R. Campania, R.G. 1286/2013) ha impugnato una serie di atti, fra i quali il principale (nella sua impostazione difensiva) è la delibera 7 dicembre 2012, n. 366, della Giunta comunale, con la quale è stata “revisionata” la pianta organica delle farmacie, a modifica ed integrazione della precedente delibera n. 167 del 12 giugno 2012. L’impugnazione comprende anche la stessa delibera n. 167, nonché altri atti connessi e collegati.
Con motivi aggiunti notificati e depositati nel corso del giudizio di primo grado l’interessato ha esteso l’impugnazione ad alcuni atti sopravvenuti, dei quali il più rilevante è il bando di concorso, emanato dalla Regione, per l’assegnazione delle farmacie di nuova istituzione.
2. Il T.A.R. Campania ha definito il giudizio con la sentenza 8 ottobre 2014, n. 5194, con la quale ha giudicato tardivo il ricorso introduttivo. Il T.A.R. ha infatti osservato che la delibera n. 366 era stata affissa, per pubblicazione, all’albo pretorio del Comune, dal 12 al 27 dicembre 2012; il termine per ricorrere decorreva dunque da quest’ultima data e scadeva il 25 febbraio 2013; il ricorso invece è stato notificato il 6 marzo 2013.
La tardività dell’impugnazione della delibera n. 366/2012 ha reso inammissibile per difetto d’interesse, a giudizio del T.A.R., l’impugnazione di tutti gli altri atti comunque connessi o conseguenziali.
3. Il ricorrente ha proposto appello a questo Consiglio, contestando la tardività dell’impugnazione. L’appellante sostiene che a far decorrere il termine non era sufficiente l’affissione della delibera all’albo comunale, ma sarebbe stata necessaria una comunicazione individuale, considerata la posizione di esso ricorrente. In subordine l’appellante deduce che le norme sostanziali e procedimentali in materia di pianificazione delle farmacie erano di recentissima modificazione e per di più sono di contenuto alquanto incerto, specie per quanto riguarda le modalità di approvazione e di pubblicazione degli atti; invoca pertanto il beneficio dell’errore scusabile.
4. Nel giudizio di appello si sono costituiti il Comune di Sant’Anastasia e la Regione Campania; non si è costituita l’A.S.L. Napoli 3, pure evocata in giudizio.
5. Il Collegio ritiene che nella fattispecie si possa concedere il beneficio dell’errore scusabile, con riferimento all’impugnazione della delibera n. 366 del 7 dicembre 2012, trattandosi di vicenda inerente alla fase di prima applicazione di una normativa recentemente introdotta e di non chiaro coordinamento con le disposizioni rimaste in vigore.
Pertanto si può passare all’esame della controversia nel merito, con riferimento ai motivi dedotti in primo grado e non esaminati dal T.A.R..
6. Il primo motivo di ricorso investe gli atti impugnati nella parte in cui hanno elevato a 9 il numero delle farmacie istituite nel Comune di Sant’Anastasia.
6.1. La questione riguarda in particolare la farmacia n. 9. Il decreto legge n. 1/2012 ha ridotto a 3.300 il coefficiente del rapporto fra popolazione e farmacie (una popolazione ogni 3.300 abitanti); tenuto conto del numero degli abitanti del Comune, i quozienti interi sono solo 8, con un resto non molto superiore alla metà.
In questa situazione, il ricorrente deduce che la legge “consente” di utilizzare il resto, purché superiore alla metà del quoziente intero, per istituire una ulteriore farmacia (nella specie, la n. 9), ma tale utilizzazione è facoltativa e non vincolata. La decisione del Comune doveva quindi essere convenientemente motivata, mentre ciò non è avvenuto.
6.2. Il Collegio osserva che la determinazione del numero delle farmacie, nella vicenda in esame, è stata riprodotta nell’atto impugnato dal ricorrente, ossia la delibera n. 366 del 7 dicembre 2012, ma era già contenuta nella delibera n. 167 del 12 giugno precedente.
Si porrebbe quindi un distinto problema di tempestività dell’impugnazione, giacché la scusabilità dell’errore, già riconosciuta con riferimento alla delibera del 7 dicembre 2012, non necessariamente vale anche per la precedente delibera del 12 giugno. Tuttavia il Collegio vuol prescindere dalla questione, in quanto questo capo d’impugnazione appare comunque infondato.
6.3. Nel merito, il problema della farmacia n. 9 si pone perché applicando il nuovo parametro demografico (3300) stabilito dal decreto legge n. 1/2012 si ottengono otto quozienti interi, non nove. Il Comune ha inteso avvalersi della disposizione che “consente” di istituire una ulteriore farmacia (nella fattispecie la n. 9) utilizzando il resto, se questo è superiore alla metà.
Il ricorrente non contesta che, nel caso in esame, il resto sia superiore alla metà (in caso contrario, l’istituzione della nona farmacia sarebbe illegittima per violazione di legge e per mancanza del presupposto). Deduce, però, che la utilizzazione del resto, pur quando è possibile, non è obbligatoria ma facoltativa (come è attestato dall’uso del termine “consente”) e che pertanto la scelta di utilizzarlo doveva essere appositamente motivata. Nella specie, egli osserva, la determinazione del Comune non è stata motivata e anche nella sostanza è criticabile, perché il servizio farmaceutico è reso già in modo soddisfacente.
6.4. La giurisprudenza del Consiglio di Stato, reiterata anche di recente, riconosce che l’utilizzazione del resto è facoltativa; ma che nel sistema del d.l. n. 1/2012 essa non necessita di particolari giustificazioni o motivazioni. Infatti lo scopo dichiaratamente perseguito dall’art. 11 del decreto legge è quello di «favorire l'accesso alla titolarità delle farmacie da parte di un più ampio numero di aspiranti... nonché di favorire le procedure per l'apertura di nuove sedi farmaceutiche garantendo al contempo una più capillare presenza sul territorio del servizio farmaceutico»; mentre il decreto legge nel suo insieme (che riguarda anche materie assai diverse dal servizio farmaceutico) persegue un obiettivo di politica economica mediante l’incremento della «concorrenza» e della «competitività».
In questo contesto si comprende come il legislatore pur non qualificando l’utilizzazione del resto come obbligatoria, non la subordini a particolari esigenze da accertare caso per caso.
In questa luce, il motivo va respinto.
7. Le ulteriori doglianze (che si possono trattare unitariamente) riguardano l’individuazione della zona da assegnare alla farmacia n. 9, che va ad incidere anche su parte della zona già di competenza della farmacia di cui è titolare il ricorrente.
A questo proposito si deve ricordare che le determinazioni di competenza dell’autorità comunale in questa materia sono ampiamente discrezionali e non necessitano di particolari motivazioni, essendo sindacabili solo per manifesta irrazionalità o vizi di analogo spessore.
Nel caso in esame non si può dire che la scelta fatta sia manifestamente irrazionale. Il Comune di Sant’Anastasia conta più di 27.000 abitanti, su meno di 19 kmq (parte dei quali inedificabili perché occupati dalle pendici del Vesuvio) il che comporta una densità molto elevata. Peraltro, com’è noto, il numero delle farmacie si determina in rapporto al numero degli abitanti e non all’estensione del territorio. Di conseguenza è inevitabile, e non è sintomo di vizi di legittimità, che le sedi assegnate alle singole farmacie risultino relativamente ravvicinate, pur rispettando i parametri demografici.
In questa situazione, ogni scelta fatta in concreto risulterebbe discutibile sul piano dell’opportunità, ma non per questo potrebbe essere giudicata illegittima.
8. Il ricorrente solleva inoltre alcune critiche di ordine formale, riferendosi al modo asseritamente impreciso e contraddittorio con il quale i confini delle sedi risultano tracciati nella planimetria allegata.
Il Collegio ritiene che quelli evidenziati dal ricorrente si possano definire al più inconvenienti: non vizi di legittimità.
Conviene ricordare che l’effetto principale, se non unico, di tali delimitazioni è quello di individuare l’area entro la quale il titolare deve collocare la farmacia, con relativa libertà di scelta e con diritto di esclusiva. Non ne deriva invece alcun vincolo nei confronti degli utenti, i quali sono liberi di rivolgersi all’esercizio che volta per volta preferiscono. In altre parole, le delimitazioni di zona vengono in considerazione soltanto nel momento in cui il farmacista intraprende per la prima volta l’apertura della sua farmacia, ovvero nel momento in cui intende trasferirla da una ubicazione all’altra. Questo essendo il solo effetto pratico, ne consegue che la maggiore o minore accuratezza della rappresentazione grafica dei confini non è rilevante sotto il profilo della legittimità. Eventuali difficoltà di lettura potranno essere risolte, qualora se ne presenti la necessità, con gli strumenti dell’interpretazione.
9. In conclusione, tutti i motivi dedotti nel ricorso di primo grado debbono essere respinti, così come va respinto l’appello, intendendosi modificata peraltro la motivazione della sentenza con le considerazioni sopra svolte.
Il rigetto dell’impugnazione si estende a tutti gli atti conseguenziali e derivati.
Le spese del grado seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta, per quanto di ragione e nei sensi di cui in motivazione.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese del grado in favore delle due controparti costituite (Regione Campania e Comune di Sant’Anastasia) liquidandole per ciascuna di esse in euro 1.500 oltre agli accessori dovuti per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 novembre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente, Estensore
Dante D'Alessio, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere
Alessandro Palanza, Consigliere
Pierfrancesco Ungari, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE | ||
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/12/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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