Thursday 23 February 2017 12:29:42
Giurisprudenza Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 7.2.2017
Oggetto della controversia giunta innanzi alla Sesta Sezione del Consiglio di Stato è una «tenda apribile ad impacchettamento, di mt. 5,88 x 3,50 con altezza minima di mt. 2,60 ed altezza massima di mt. 2,80, montata su una struttura in legno i cui lati sono chiudibili tramite teloni scorrevoli in PVC trasparente». Il Collegio, nella sentenza depositata in data 7 febbraio 2017, ha ritenuto che al fine di comprendere se la tipologia di manufatto in esame, in relazione a consistenza, caratteristiche costruttive e funzione, costituisce o meno un’opera edilizia soggetta al previo rilascio del titolo abilitativo, non è dirimente la circostanza che le strutture siano ancorate al suolo. Invero, l’ancoraggio si palesa comunque necessario, onde evitare che l’opera, soggetta all’incidenza degli agenti atmosferici, si traduca in un elemento di pericolo per la privata e pubblica incolumità. Anche dall’articolo 3, comma 1, lettera e.5) del TUE si desume che la natura di opera “precaria” (non soggetta al titolo abilitativo) riposa non nelle caratteristiche costruttive ma piuttosto in un elemento di tipo funzionale, connesso al carattere dell’utilizzo della stessa. Su queste basi, il Consiglio di Stato ha affermato che deve in primo luogo escludersi che il manufatto in esame sia riconducibile tra gli «interventi di nuova costruzione», categoria giuridica nella quale rientrano le sole opere che realizzano una trasformazione edilizia e urbanistica del territorio. Nel caso che ci occupa, va rimarcato che l’opera principale non è la struttura di legno in sé, ma la tenda, quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata ad una migliore fruizione dello spazio esterno dell’unità abitativa. La struttura si qualifica in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della tenda. Quest’ultima, integrata alla struttura portante, non vale a configurare una “nuova costruzione”, atteso che essa è in materiale plastico e retrattile, onde non presenta caratteristiche tali da costituire un organismo edilizio rilevante, comportante trasformazione del territorio. Tanto è escluso dalla circostanza che la copertura e la chiusura perimetrale che essa realizza non presentano elementi di fissità, stabilità e permanenza, in ragione del carattere retrattile della tenda; onde, in ragione della inesistenza di uno spazio chiuso stabilmente configurato, non può parlarsi di organismo edilizio connotantesi per la creazione di nuovo volume o superficie. Esclude che si tratti di una “nuova costruzione” anche la tipologia dell’elemento di copertura e di chiusura, il quale è una tenda in materiale plastico, privo pertanto di quelle caratteristiche di consistenza e di rilevanza che possano connotarlo in termini di componenti edilizie di copertura o di tamponatura di una costruzione (in questi termini si è espressa la Sezione, con la sentenza n. 1619 del 2016). Aggiunge il collegio che "Il manufatto neppure è sussumibile nella fattispecie della «ristrutturazione edilizia», in quanto la relativa nozione (di cui all’articolo 3, lettera d, del TUE) richiede pur sempre che le opere realizzate abbiano rilevanza edilizia tale da poter “trasformare l’organismo edilizio”. Tali caratteristiche risultano all’evidenza non sussistenti nella struttura di legno atta ad ospitare una tenda retrattile, avuto riguardo alla consistenza di tale intervento ed alla circostanza che l’immobile sul quale essa è collocata è un fabbricato in muratura, sulla cui originaria identità e conformazione l’opera nuova non può certamente incidere". In definitiva, la conformazione e le ridotte dimensioni del manufatto hanno reso evidente e riconoscibile la sua esclusiva finalità di riparo e protezione, come tale riconducibile nel novero degli interventi non subordinati ad alcun titolo abilitativo ai sensi dell’art. 6, comma 2, del TUE. Da tali considerazioni i giudici amministrativi ne hanno fatto conseguire l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione, adottata ai sensi dell’articolo 31 del TUE, sull’erroneo presupposto che l’intervento abbisognasse del previo rilascio del permesso di costruire. Per saperne di più scarica la sentenza
Pubblicato il 07/02/2017
N. 00543/2017REG.PROV.COLL.
N. 06604/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6604 del 2015, proposto da:
*, ;
contro
COMUNE DI SANTA MARINELLA, non costituito in giudizio;
per la riforma della sentenza in forma semplificata n. 4351 del 2015 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Roma, sezione I-quater;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 gennaio 2017 il Cons. Dario Simeoli e udito, per l’appellante, l’avvocato Sergio Gostoli in delega dell’avv. Giovanni Valeri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I. L’appellante signor * * è comproprietario dell’appartamento sito in Santa Marinella, Via Francesco Crispi n. 9. Con nota del 11.05.2009, comunicava all’amministrazione comunale l’inizio di lavori di manutenzione ordinaria consistenti in: «smontaggio e sostituzione delle attuali tende da sole apribili montate su struttura in alluminio anodizzato con nuove apribili motorizzate su struttura in legno; montaggio su parte delle pareti interne al terrazzo di pertinenza dell’alloggio lato est e sud di piccole pensiline in legno». L’amministrazione comunale, con nota del 18 maggio 2009, aveva sospeso i lavori, limitatamente alla realizzazione delle pensiline in legno. L’istante, in data 22.06.2009, presentava DIA (prot. n. 16756/09) per «montaggio di n. 2 pensiline in legno con copertura in tegole sul terrazzo di pertinenza». A seguito del sopralluogo del 4 settembre 2014, il Comune ingiungeva, con atto n. 42 del 10 novembre 2014, la demolizione delle citate tende apribili motorizzate su struttura in legno, siccome realizzate in assenza di permesso di costruire, in violazione degli artt. 31 del TUE e 15 della legge reg. Lazio n. 15 del 2008.
I.1. La predetta ingiunzione è stata impugnata dall’ing. *, con le seguenti censure; - la demolizione delle opere non avrebbe potuto essere ingiunta, non essendo stata previamente contestata la CIL in forza della quale il ricorrente aveva eseguito le opere, e in assenza di un provvedimento di autotutela; - la qualificazione giuridica dell’intervento come necessitante del rilascio di permesso di costruire sarebbe stata erronea, trattandosi del mero rinnovamento e sostituzione di elementi dell’arredo esterno dell’edificio, rientrante nell’ambito della manutenzione ordinaria, costituente attività edilizia libera; - l’ingiunzione non sarebbe stata preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento, senza che ricorressero ragioni di urgenza; - anche laddove l’opera potesse essere ritenuta rientrante non nell’attività edilizia libera bensì tra gli interventi di manutenzione straordinaria, l’ingiunzione di demolizione sarebbe risultata comunque illegittima, dovendosi comminare in tal caso la sola sanzione pecuniaria.
I.2. Con la sentenza appellata, n. 4351 del 2015, il TAR del Lazio ha respinto il ricorso, motivando che: - sia la comunicazione di inizio lavori di manutenzione ordinaria dell’immobile che la DIA presentata nel 2009 non attengono ai lavori contestati con la gravata ingiunzione; che la struttura assoggettata a demolizione, in quanto realizzata da pali in legno saldamente ancorati al pavimento del terrazzo, configura una struttura non facilmente amovibile, comportante l’alterazione prospettica e di sagoma della struttura dell’immobile cui afferisce e, quindi, da ricondursi nelle ipotesi di “ristrutturazione edilizia”, per la cui effettuazione è necessario il titolo abilitativo costituito dal permesso di costruire; - che l’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce manifestazione di attività amministrativa doverosa, con la conseguenza che i relativi provvedimenti, quali l’ordinanza di demolizione, costituiscono atti vincolati, per la cui adozione non è necessario l'invio della comunicazione di avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell’atto.
I.3. Avverso tale sentenza, l’ing. * ha proposto appello, chiedendone l’annullamento e la riforma, previa sospensiva, adducendo che il giudice di prime cure sarebbe incorso nei seguenti errores in iudicando: - la struttura oggetto dell’ordine di demolizione sarebbe la medesima oggetto della CIL n. 12526 del 11.05.2009, ovvero “tende motorizzate montate su struttura in legno poggiante sul terrazzo dell’appartamento”; - la sentenza di baserebbe su di una erronea qualificazione giuridica dell’intervento, in quanto la realizzazione di una c.d. pergotenda di arredo rientra nell’attività di edilizia libera ex art. 6 T.U. Edilizia; - la normativa generale sull’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo deve trovare applicazione anche nei procedimenti preordinati all’emanazione di provvedimenti di ingiunzione della demolizione di opere edili abusive (cita la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, ordinanza 27.01.06 n. 399).
I.4. Il Consiglio di Stato, con ordinanza 9 settembre 2015 n. 4063, ha accolto l’istanza di sospensione della esecutività della sentenza impugnata, compensando le spese della relativa fase cautelare.
I.5. Non si è costituito in giudizio il Comune di Santa Marinella.
I.6. All’esito dell’odierna udienza, la causa è stata discussa e decisa con sentenza definitiva.
II. Il Collegio, in relazione alla tipologia di manufatto per cui è causa ‒ «tenda apribile ad impacchettamento, di mt. 5,88 x 3,50 con altezza minima di mt. 2,60 ed altezza massima di mt. 2,80, montata su una struttura in legno i cui lati sono chiudibili tramite teloni scorrevoli in PVC trasparente» ‒ ritiene fondato il secondo e quarto motivo del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
II.1. Al fine di comprendere se la tipologia di manufatto in esame, in relazione a consistenza, caratteristiche costruttive e funzione, costituisce o meno un’opera edilizia soggetta al previo rilascio del titolo abilitativo, non è dirimente la circostanza che le strutture siano ancorate al suolo. Invero, l’ancoraggio si palesa comunque necessario, onde evitare che l’opera, soggetta all’incidenza degli agenti atmosferici, si traduca in un elemento di pericolo per la privata e pubblica incolumità. Anche dall’articolo 3, comma 1, lettera e.5) del TUE si desume che la natura di opera “precaria” (non soggetta al titolo abilitativo) riposa non nelle caratteristiche costruttive ma piuttosto in un elemento di tipo funzionale, connesso al carattere dell’utilizzo della stessa.
II.2. Su queste basi, deve in primo luogo escludersi che il manufatto in esame sia riconducibile tra gli «interventi di nuova costruzione», categoria giuridica nella quale rientrano le sole opere che realizzano una trasformazione edilizia e urbanistica del territorio. Nel caso che ci occupa, va rimarcato che l’opera principale non è la struttura di legno in sé, ma la tenda, quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata ad una migliore fruizione dello spazio esterno dell’unità abitativa. La struttura si qualifica in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della tenda. Quest’ultima, integrata alla struttura portante, non vale a configurare una “nuova costruzione”, atteso che essa è in materiale plastico e retrattile, onde non presenta caratteristiche tali da costituire un organismo edilizio rilevante, comportante trasformazione del territorio. Tanto è escluso dalla circostanza che la copertura e la chiusura perimetrale che essa realizza non presentano elementi di fissità, stabilità e permanenza, in ragione del carattere retrattile della tenda; onde, in ragione della inesistenza di uno spazio chiuso stabilmente configurato, non può parlarsi di organismo edilizio connotantesi per la creazione di nuovo volume o superficie. Esclude che si tratti di una “nuova costruzione” anche la tipologia dell’elemento di copertura e di chiusura, il quale è una tenda in materiale plastico, privo pertanto di quelle caratteristiche di consistenza e di rilevanza che possano connotarlo in termini di componenti edilizie di copertura o di tamponatura di una costruzione (in questi termini si è espressa la Sezione, con la sentenza n. 1619 del 2016).
II.3. Il manufatto neppure è sussumibile nella fattispecie della «ristrutturazione edilizia», in quanto la relativa nozione (di cui all’articolo 3, lettera d, del TUE) richiede pur sempre che le opere realizzate abbiano rilevanza edilizia tale da poter “trasformare l’organismo edilizio”. Tali caratteristiche risultano all’evidenza non sussistenti nella struttura di legno atta ad ospitare una tenda retrattile, avuto riguardo alla consistenza di tale intervento ed alla circostanza che l’immobile sul quale essa è collocata è un fabbricato in muratura, sulla cui originaria identità e conformazione l’opera nuova non può certamente incidere.
II.4. In definitiva, la conformazione e le ridotte dimensioni del manufatto rendono evidente e riconoscibile la sua esclusiva finalità di riparo e protezione, come tale riconducibile nel novero degli interventi non subordinati ad alcun titolo abilitativo ai sensi dell’art. 6, comma 2, del TUE.
III. Dalle considerazioni appena svolte consegue l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione, adottata ai sensi dell’articolo 31 del TUE, sull’erroneo presupposto che l’intervento abbisognasse del previo rilascio del permesso di costruire. Le ulteriori censure possono assorbirsi in quanto dal loro accoglimento l’appellante non ricaverebbe utilità sostanziali ulteriori rispetto a quelle già conseguibili in forza dell’illegittimità accertata.
IV. Conclusivamente, l’appello è fondato e deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, l’ordine di demolizione deve essere annullato.
V. Le spese di lite seguono la soccombenza come di norma.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, annulla l’atto impugnato.
Condanna l’amministrazione comunale al pagamento in favore dell’appellante delle spese del doppio grado di giudizio, che si liquida in € 4.800,00, oltre IVA e CPA come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 gennaio 2017 con l’intervento dei magistrati:
Luciano Barra Caracciolo, Presidente
Carlo Deodato, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Oreste Mario Caputo, Consigliere
Dario Simeoli, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Dario Simeoli | Luciano Barra Caracciolo | |
IL SEGRETARIO
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