Saturday 30 March 2019 16:28:47
Giurisprudenza Giustizia e Affari Interni
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 29.3.2019
Nella sentenza del 29.3.2014 la Terza Sezione del Consiglio di Stato ha innanzitutto rammentato che, “alla stregua della disciplina dettata dall’art. 8, comma 2, del d.l. 23 febbraio 2009, n. 11, conv. in legge, con modificazioni, dalla l. 23 aprile 2009, n. 38, l’ammonimento orale è una misura deputata a svolgere una funzione avanzata di prevenzione e di dissuasione dei comportamenti sanzionati dall’art. 612-bis c.p.
Ai fini della sua emissione, pertanto, non è richiesta la piena prova della responsabilità dell’ammonito per le ipotesi di reato perseguite dal menzionato art. 612-bis c.p., ma il provvedimento monitorio può trovare sostegno in un quadro istruttorio da cui emergano, anche sul piano indiziario, eventi che siano in grado di recare un vulnus alla riservatezza della vita di relazione o, su un piano anche solo potenziale, all’integrità della persona (v., ex plurimis, Cons. Stato, sez. III, n. 4127/2015).
Anche all’ammonimento, infatti, deve applicarsi quella logica dimostrativa a base indiziaria e di tipo probabilistico che, come la Sezione ha ribadito di recente (Cons. Stato, sez. III, nn. 758/2019 e 1085/2019), informa l’intero diritto amministrativo della prevenzione.
Tale logica preventiva non consente tuttavia di sottrarre detti provvedimenti al complesso di principi di garanzia procedimentale posti a presidio del corretto esercizio del potere amministrativo, primi tra questi l’obbligo della motivazione (Cons. Stato, sez. III, n. 1085/2019) e del contraddittorio procedimentale (Cons. Stato, sez. III, n. 4187/2018). Trattandosi, infatti, di misura discrezionale, adottabile sulla base di una delicata valutazione delle condotte poste in essere dallo stalker in funzione preventiva e dissuasiva, deve evitarsi che essa, pur fondandosi su fattispecie di pericolo, giunga a sanzionare, arbitrariamente, una colpa d’autore e a configurarsi come una ingiusta “pena del sospetto” (così, testualmente, Cons. Stato, sez. III, nn. 758/2019).
Peraltro, se la motivazione del provvedimento costituisce un indefettibile presidio di legalità sostanziale, in quanto punto di esplicazione ed elemento di riscontro del legittimo esercizio del potere amministrativo - è di intuitiva evidenza la complementarietà che avvince la fase del contraddittorio procedimentale e quella della successiva elaborazione ed ostensione delle relative risultanze, trattandosi di momenti dell’azione amministrativa strettamente funzionali l’uno all’altro.
Con più specifico riguardo alle disposizioni di cui agli artt. 7 e 10-bis della l. n. 241 del 1990, la giurisprudenza di questo Consiglio è dunque orientata nel senso che ove non sussistano specifiche ragioni di urgenza da indicare nell'atto, l'Amministrazione deve dare comunicazione dell'avvio del procedimento al soggetto destinatario dell'ammonimento e ciò in quanto, pur presentando il procedimento de quo dei tratti di specialità, in assenza di espressa deroga, devono trovare applicazione le garanzie di partecipazione procedimentale e deve essere concessa la possibilità all'interessato di palesare il proprio punto di vista (v. Cons. Stato. sez. III, n. 5676/2011; n. 1069/2012; 4127/2015; 4187/2018; 1085/2019).
Nel caso di specie, specifiche e concrete ragioni di urgenza non sono state segnalate nei due provvedimenti, poiché in essi non vi è alcun accenno alla tematica della comunicazione di avvio del procedimento. Di più, ragioni di incomprimibile urgenza non paiono trarsi neppure dalla tipologia delle condotte persecutorie contestate al sig. -OMISSIS-, non potendosi dalle stesse evincere concrete e significative avvisaglie di una esposizione della integrità della donna a imminenti rischi di grave pregiudizio.
Per contro, la stessa esigenza di celerità è almeno apparentemente contraddetta sia dal lasso temporale intercorso tra l'istanza che ha dato avvio al procedimento (del 5 giugno 2014) e la data di adozione del primo ammonimento (31 luglio 2014); sia dal lasso temporale intercorso tra il primo e il secondo provvedimento (7 ottobre 2014), essendo quest’ultimo stato adottato in sostituzione del primo e con tempi che avrebbero consentito di colmare il segnalato vizio procedimentale.
Peraltro, la funzione di comunicazione di avvio del procedimento amministrativo non può dirsi assolta nemmeno per effetto dell'invito ad apposita audizione rivolto al destinatario della misura dell'ammonimento orale, posto che tale momento di contraddittorio, pure invocato dal -OMISSIS-, non è stato mai concesso, nonostante, si ripete, alla stregua della tipologia delle condotte reputate lesive e ascritte al ricorrente, non emergessero estremi di un imminente e non altrimenti fronteggiabile periculum e nonostante l’adozione del secondo provvedimento di ammonimento avesse offerto l’occasione per un approfondimento istruttorio (v. Cons. Stato. sez. III, n. 5676/2011; n. 1069/2012; 4127/2015).
La sentenza di primo grado si disallinea dall’impostazione di principio sin qui evocata ed è pertanto in parte qua certamente censurabile, in quanto motiva la superfluità dell’avviso di avvio del procedimento in ragione della natura cautelare del provvedimento di ammonimento e, quindi, sulla base di una valutazione per categorie generali di atti che non trova conforto nel quadro delle coordinate ermeneutiche innanzi tratteggiate.
Neppure appare plausibile affermare l’irrilevanza di tale omissione in ragione della inidoneità delle deduzioni di parte ricorrente ad alterare la concludenza del quadro indiziario: appare evidente, infatti, che costituendo l’inflizione dell'ammonimento l'esito di un prudente apprezzamento circa la plausibilità e l’entità delle vicende esposte dalla persona denunciante, tutti gli elementi raccolti dal Questore concorrono a formarne il convincimento circa la fondatezza della richiesta di provvedere. Né vi è ragione per ritenere che, in concreto, la diversa prospettazione del ricorrente non potesse indurre l’autorità procedente a mitigare il proprio giudizio sul carattere persecutorio delle condotte di asserita molestia, ovvero sul profilo della insorgenza nella vittima di quello stato d'animo di ansia, di paura o di alterazione delle sue abitudini di vita che pure si richiede ai fini della integrazione della fattispecie di cui all’art. 612 bis c.p..”
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