Friday 09 August 2024 04:10:13
Giurisprudenza Giustizia e Affari Interni
segnalazione del Direttore scientifico Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 8.8.2024
Il cittadino straniero ha impugnato il decreto con il quale il Questore della Provincia di ha respinto la richiesta di permesso di soggiorno temporaneo per lavoro subordinato formulata ai sensi dell’art. 103, comma 2, del d.l. n. 34/2020.
A fondamento del diniego, la Questura per quanto qui d’interesse, ha posto la circostanza che il cittadino straniero è stato attinto da diversi precedenti penali e di polizia, oltre che da una sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990, comminata dal Tribunale di Napoli ritenuta di per sé ostativa al rilascio del titolo di soggiorno richiesto.
Con unico motivo di gravame, l’appellante deduce l’illegittimità dell’automatismo preclusivo previsto dall’art. 103, comma 10, lett. c), del d.l. n. 34/2020, laddove riferito all’ipotesi di spaccio di lieve entità, ex art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309/1990.
Nelle more del giudizio è stata pubblicata la sentenza della Corte Costituzionale n. 43 del 2024, con la quale è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 103, comma 10, lettera c), del d.l. n. 34 del 2020, nella parte in cui, nel fare riferimento ai reati inerenti agli stupefacenti, non esclude il reato di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, rimanendo la condanna per tale reato nell’ambito di applicazione dell’art. 103, comma 10, lettera d), del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, in quanto illecito per il quale opera la previsione di cui all’art. 381 c.p.p.
Nella suddetta decisione, la Corte ha statuito che:
“La tecnica normativa adottata dal comma 10, lettera c), dell’art. 103 del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, nell’affiancare - sulla falsariga di quanto già previsto dall’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998, come modificato - a un paradigma evocativo della gravità di taluni reati (quelli per i quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza, ai sensi dell’art. 380 cod. proc. pen.) un criterio di identificazione tipologica di ulteriori illeciti penali, finisce in effetti per ricomprendere, con la categoria dei "reati inerenti agli stupefacenti", anche una condotta - quella che integra gli estremi dell’illecito di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 - che lo stesso legislatore disegna con i tratti di una ridotta offensività."...omissis..."
6.2.- A tale considerazione deve poi aggiungersi che la stessa disposizione censurata - l’art. 103, comma 10, lettera c) - adotta, fra gli indici idonei a fondare la presunzione iuris et de iure di pericolosità, anche quello della condanna per reati che comportano l’obbligo di arresto in flagranza, ai sensi dell’art. 380 cod. proc. pen.; previsione che, nel caso del reato di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, non trova applicazione.
L’art. 380 cod. proc. pen. - che, a sua volta, individua i reati più gravi cui riferire l’arresto obbligatorio in flagranza adottando sia il criterio della gravità della sanzione sia quello tipologico - esclude, infatti, espressamente (al comma 2, lettera h), dalla categoria dei reati concernenti sostanze stupefacenti e psicotrope, la previsione di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, per la quale opera l’arresto in flagranza facoltativo, ai sensi dell’art. 381, comma 1, cod. proc. pen., trattandosi di un delitto non colposo per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni.
In sostanza, al reato di piccolo spaccio si applica proprio quella disciplina dell’art. 381 cod. proc. pen., di cui si avvale l’art. 103, comma 10, lettera d), per attrarre i reati rispetto ai quali l’avvenuta condanna può essere adottata solo come indice di pericolosità da accertare in concreto, e non da presumere in astratto.
7.- Quanto appena illustrato evidenzia come il reato di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 - sia per come viene concepito dal legislatore nel sistema, sia per come si rapporta all’indice di pericolosità connesso all’arresto in flagranza - denoti una limitata offensività che contrasta in maniera sensibile con la presunzione assoluta di pericolosità, tanto più in quanto comporta l’automatica esclusione da procedure che consentono di addivenire alla regolarizzazione del rapporto di lavoro o alla stipula del contratto di lavoro.
7.1.- Questa Corte ha già in passato chiarito che le presunzioni assolute "violano il principio di eguaglianza se sono arbitrarie e irrazionali ovvero "se non rispondono a dati di esperienza generalizzati, riassunti nella formula dell’id quod plerumque accidit"" (sentenza n. 253 del 2019, che richiama sul punto la sentenza n. 57 del 2013). Si disvela, dunque, una irragionevolezza della "presunzione assoluta tutte le volte in cui sia "agevole" formulare ipotesi di accadimenti reali contrari alla generalizzazione posta a base della presunzione stessa (ex plurimis, sentenza n. 213 del 2013, nello stesso senso, sentenze n. 202 e n. 57 del 2013)" (sentenza n. 88 del 2023).
Ebbene, la norma oggetto dell’odierna censura associa alla condanna per un reato di lieve entità una presunzione assoluta di pericolosità che inibisce la possibilità stessa di verificare in concreto se lo straniero continui o meno a rappresentare una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza, al momento in cui viene presentata l’istanza di accesso alle procedure di cui all’art. 103, commi 1 e 2, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito.
Sennonché questo contraddice l’id quod plerumque accidit, poiché, con riguardo a un reato di ridotta offensività, ben può desumersi la non pericolosità attuale di chi in passato ha subito per tale reato una condanna da una combinazione di indici che tengano conto: del tempo trascorso dal momento della condanna, dell’avvenuta espiazione della pena, del percorso rieducativo eventualmente seguito, del comportamento tenuto successivamente alla condanna e di ulteriori eventuali fattori ritenuti idonei (sentenze n. 88 del 2023, n. 202 del 2013 e n. 172 del 2012).
L’irragionevolezza manifesta sottesa alla citata presunzione assoluta si dimostra tanto più evidente, in quanto determina l’automatica esclusione dalle procedure di cui all’art. 103, commi 1 e 2, di cittadini stranieri che, attraverso l’emersione del lavoro irregolare e la stipula di contratti di lavoro, possono acquisire tutti i diritti riconosciuti al lavoratore dal nostro ordinamento.
La scelta di "subordinare la regolarizzazione del rapporto di lavoro al fatto che la permanenza nel territorio dello Stato non sia di pregiudizio ad alcuno degli interessi coinvolti dalla disciplina dell’immigrazione [...] deve costituire il risultato di un ragionevole e proporzionato bilanciamento degli stessi, soprattutto quando sia suscettibile di incidere sul godimento dei diritti fondamentali dei quali è titolare anche lo straniero extracomunitario (sentenze n. 245 del 2011, n. 299 e n. 249 del 2010), posto che la condizione giuridica dello straniero non deve essere "considerata - per quanto riguarda la tutela di tali diritti - come causa ammissibile di trattamenti diversificati o peggiorativi" (sentenza n. 245 del 2011)" (sentenza n. 172 del 2012).
7.2-L’automatismo previsto, con riferimento al reato di piccolo spaccio, dall’art. 103, comma 10, lettera c), del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, non solo vìola in maniera manifesta il principio di ragionevolezza, ma contrasta altresì con quello della proporzionalità, poiché inibisce l’accesso alle procedure di emersione del lavoro irregolare e di stipula di contratti di lavoro, quando in concreto può non sussistere alcuna minaccia per l’ordine pubblico e la sicurezza.
L’estromissione assoluta di chi sia stato condannato per il piccolo spaccio dalle procedure di emersione e di conclusione di contratti di lavoro - stante la ridotta gravità di tale reato che non può di per sé escludere la dimostrazione della cessata pericolosità - esorbita dallo scopo di negare l’accesso a chi si dimostri una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza. A tal fine, infatti, basta consentire un accertamento in concreto della pericolosità, come quello previsto dal medesimo art. 103, comma 10, lettera d), che considera la condanna per i reati meno gravi, quelli di cui all’art. 381 cod. proc. pen., "quale indice di pericolosità dello straniero" da porre a base di un accertamento da effettuare in concreto e non da postulare in astratto.
Di conseguenza, l’inquadramento del reato di piccolo spaccio nell’art. 103, comma 10, lettera c), del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, vìola in maniera manifesta i principi di ragionevolezza e di proporzionalità, tradendo la stessa ratio dell’art. 103, ispirata all’istanza di favorire l’integrazione lavorativa e sociale di persone che con il proprio lavoro avevano contribuito, spesso in condizioni di carenza di tutele, (o che potevano contribuire) ad apportare significativi benefici alla comunità dei consociati nel contesto dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.
7.3-In definitiva, pur dovendosi riconoscere alla disciplina in esame una natura speciale, rispetto alla quale "il legislatore gode di ampia discrezionalità" (sentenza n. 209 del 2023), nondimeno, la norma censurata travalica il limite della manifesta irragionevolezza e sproporzione (ancora sentenza n. 209 del 2023 e, in senso conforme, sentenze n. 88 del 2023 e n. 172 del 2012) e, pertanto, la questione sollevata in riferimento all’art. 3 Cost. è fondata” (Corte Cost., sent. n. 43 del 2024).
Ritiene il Collegio che, alla luce di tale articolata motivazione, risultino fondate le deduzioni attoree tese a censurare l’automatismo ostativo applicato al reato ascritto all’odierno appellante, in relazione alla procedura per il rilascio del titolo di soggiorno di cui all’art. 103, comma 2, del d.l. n. 34/2024.
Pertanto l’appello va accolto, dovendosi, in riforma della sentenza impugnata, accogliere il ricorso introduttivo e annullare il provvedimento impugnato, rimanendo salve le ulteriori valutazioni dell’Amministrazione in sede di riedizione del potere, anche con riferimento agli ulteriori precedenti penali e di polizia riportati dall’interessato, valutazioni che dovranno essere effettuate prescindendo dal censurato automatismo. (…) Per approfondire scarica il testo integrale della sentenza.
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