Tuesday 01 February 2022 10:13:57

Giurisprudenza  Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa

Concorrenti appartenenti alle categorie di aventi diritto al collocamento obbligatorio partecipanti al concorso pubblico

segnalazione del Focus dì giurisprudenza della Giustizia Amministrativa sulla sentenza del Consiglio dì Stato Sez. II del 25.1. 2022 n. 524 - Pres. Cirillo - Est. Manzione

Concorso – Categorie riservatarie o protette – Soggetti che hanno diritto al collocamento obbligatorio – Assunzione - Obbligo. 

 

          A fronte della richiesta di un candidato appartenente alle categorie di aventi diritto al collocamento obbligatorio, risultato idoneo ad un concorso pubblico, che rivendichi il proprio peculiare status soggettivo, l’Amministrazione è tenuta ad assumerlo, ove si verifichi la triplice condizione dell’essere la stessa deficitaria delle specifiche quote obbligatorie ex lege, calcolate con riferimento ai dipendenti a tempo indeterminato presenti in dotazione organica, della disponibilità di altri posti di analogo profilo (id est, della non unicità di quello messo a concorso), nonché della assenza di limiti all’assunzione nell’anno di riferimento (1). 

 

          La unicità del posto messo a concorso quale condizione ostativa all’utilizzo della graduatoria di concorso per l’assunzione di categorie di aventi diritto al collocamento obbligatorio deve essere desunta dalla dotazione organica complessivamente intesa, e non dalle scelte nominalistiche del bando di concorso (2). 

 

(1) La complessità delle disposizioni normative in materia di collocamento obbligatorio presso le amministrazioni pubbliche consegue alla mancanza di una disciplina unitaria di settore, stante che quella applicabile si è formata in maniera stratificata su una norma di per sé eterogenea al contesto siccome inserita nella l. 12 marzo 1999, n. 68, recante «Norme per il diritto al lavoro dei disabili» (art. 18, comma 2, che introduce un’ulteriore quota di riserva per categorie di soggetti nominativamente indicate, tra le quali rientrano gli orfani e i coniugi superstiti delle vittime sul lavoro e del dovere). Il sistema del collocamento obbligatorio per tali categorie di soggetti, via via esteso dal legislatore quale forma di risarcimento morale ai familiari superstiti di altre situazioni connotate da sicura drammaticità, tali da determinare un obiettivo contesto di difficoltà relazionale e familiare (quali ad esempio gli orfani per crimini domestici, gli orfani di Rigopiano o i testimoni di giustizia), non è incompatibile con l’utilizzo del concorso pubblico, salvo l’Amministrazione abbia già soddisfatto o pianificato di soddisfare la quota obbligatoria con modalità diverse. Le regole sull’assunzione obbligatoria peraltro costituiscono principi generali riconducibili alla materia di cui all’art. 117, comma 2, lettere l) ed m), Cost., che devono pertanto trovare applicazione diretta da parte di tutte le pubbliche amministrazioni, a nulla rilevando la loro mancata inclusione nei bandi di concorso, utile soltanto allo scopo di pubblicizzare in via preventiva l’utilizzo della relativa procedura a fini di rispetto degli obblighi di collocamento. 

 

La presenza di soggetti aventi diritto al collocamento obbligatorio, tuttavia, è una specificazione non essenziale a fini di validità della graduatoria, in quanto attiene non alla correttezza della stesura, ma al suo utilizzo per la copertura del posto messo a concorso o (anche) degli altri disponibili in dotazione organica. A fronte, cioè, della richiesta di un candidato, risultato idoneo, che rivendichi il proprio peculiare status soggettivo, l’Amministrazione è tenuta ad assumerlo, ove si verifichi la triplice condizione dell’essere la stessa deficitaria delle specifiche quote obbligatorie ex lege, calcolate con riferimento ai dipendenti a tempo indeterminato presenti in dotazione organica, della disponibilità di altri posti di analogo profilo (id est, della non unicità di quello messo a concorso), nonché della assenza di limiti all’assunzione nell’anno di riferimento. 

 

Ha inoltre chiarito la Sezione che per l’utilizzo del concorso pubblico, anche senza la “riserva”, alle categorie di soggetti cui il legislatore ha riconosciuto il diritto al collocamento obbligatorio, risponde ad una lettura costituzionalmente orientata della normativa, che non può incontrare una preclusione assoluta nella circostanza che l’art. 18, comma 2, l. n. 68 del 1999 non rinvia specificamente alla previsione di cui all’art. 16, che concerne appunto le quote di riserva per i disabili. Ciò appare da ultimo confermato dall’art. 1, comma 361, l. 30 dicembre 2018, n. 145, così come modificato dall’art. 14 ter, comma 1,  d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito con modificazioni dalla l. 28 marzo 2019, n. 26, che seppure inapplicabile ratione temporis al caso in esame, nel consentire l’utilizzo di graduatorie pregresse anche per la copertura degli obblighi assunzionali di cui agli artt. 3 e 18, l. n. 68 del 1999, nonché di quelli rivenienti dall’art. 1, comma 2, l. n. 407 del 1998, fornisce interessanti spunti interpretativi in ordine alla possibilità di utilizzo allo stesso scopo di quelle in corso di validità. Il luogo di incontro nel quale far convergere, in posizione di bilanciato equilibrio, la libertà di autodeterminazione - più specificamente, di auto organizzazione - del datore di lavoro pubblico, con il diritto del candidato ad avvalersi dei benefici rivenienti dal proprio status è costituito dagli atti di programmazione che devono connotare anche le scelte di politica del personale delle singole amministrazioni, quale strumento di razionalizzazione e conseguente ottimizzazione delle risorse umane, in funzione dei loro specifici obiettivi. La mancanza di previsione negli stessi, come tipicamente può accadere con riferimento a categorie di soggetti le cui richieste si palesano estemporanee per la peculiarità del relativo status, ove il candidato lo palesi preventivamente l’Amministrazione inadempiente è obbligata all’assunzione. 

 

(2) Ha chiarito la Sezione che la fungibilità dei ruoli a parità di inquadramento che connota necessariamente i profili professionali declinati dalla contrattazione di comparto, se non vieta scelte macro organizzative nel senso di una più precisa caratterizzazione, di certo non consente di far discendere dalle stesse diversificazioni di trattamento giuridico, già a partire dalla fase del reclutamento. Diversamente opinando, si verrebbero a creare profili professionali aggiuntivi rispetto a quelli individuati dal contratto, in quanto connotati di oggettiva specificità professionale comune a tutti i dipendenti del comparto (di vigilanza o tecnici, ad esempio) con intuibili potenziali impatti sulla doverosa fungibilità delle mansioni a parità di inquadramento, ai fini di qualsivoglia operazione di mobilità intersettoriale che si renda necessaria per ragioni di efficienza organizzativa. D’altro canto, il semplice utilizzo di distinzioni nominalistiche non previste dall’ordinamento di settore non può certo essere sufficiente a qualificare come “unica” la professionalità ricercata, così da sottrarla a regole pubblicistiche e come tali cogenti sul collocamento obbligatorio. 

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Fonte: Giustizia amministrativa

 

Testo del Provvedimento

Pubblicato il 25/01/2022

N. 00524/2022REG.PROV.COLL.

N. 09713/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9713 del 2014, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Umberto Segarelli, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Giovan Battista Morgagni, n. 2/A, 

contro

il Comune di Terni, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Paolo Gennari, domiciliato presso la segreteria della Sezione in Roma, piazza Capo di Ferro, n.13, 

nei confronti

dei signori -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, non costituiti in giudizio, 

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria, Sez. I, n. -OMISSIS-/2014, resa tra le parti, concernente collocamento obbligatorio quale figlio di vittima del dovere.

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Terni;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 23 novembre 2021, alla quale nessuno è comparso, il Cons. Antonella Manzione; 

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

1. Con l’odierno appello il signor -OMISSIS-impugna la sentenza del T.A.R. per l’Umbria n. -OMISSIS- del 27 marzo 2014 con la quale è stato respinto il suo ricorso, -OMISSIS-del 2011, per l’annullamento del provvedimento dirigenziale del Comune di Terni n. -OMISSIS-2010 recante approvazione della graduatoria del concorso pubblico per un posto di “istruttore turistico”, nonché l’atto in data -OMISSIS-2010, ricevuto in data -OMISSIS-2011, di rigetto dell’istanza di assunzione in servizio quale orfano di “vittima del dovere”. 

Il primo giudice, richiamando giurisprudenza sul punto, ha affermato che la riserva di posti non opera mai quando ne sia messo a concorso uno solo, perché in tale ipotesi prevale l’interesse pubblico alla scelta dei candidati più capaci e meritevoli. «E ciò in quanto, diversamente opinando, il concorso resterebbe snaturato e l’interesse pubblico sotteso alla scelta sostanzialmente vanificato». Inoltre, la prova della esistenza di altri posti in organico con riferimento ai quali rendere applicabile la riserva avrebbe dovuto essere data dalla parte. 

2. L’appellante contesta entrambi gli assunti, ricordando come l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato con decisione n. 12 del 24 dicembre 1998, ha, al contrario, riconosciuto espressamente l’operatività della riserva anche in caso di concorso indetto per la copertura di un solo posto, purché ve ne siano altri di analogo profilo nella dotazione organica dell’amministrazione procedente. Circostanza questa sussistente nel caso di specie, ove la percentuale venga calcolata avuto riguardo al numero di dipendenti in fascia “C” e non a quello degli “istruttori turistici”, categoria non prevista nella vigente contrattazione nazionale di comparto. 

3. Si è costituito in giudizio il Comune di Terni, con memoria in controdeduzione. In primo luogo, ai sensi dell’art. 101 c.p.a, ha eccepito la inammissibilità del ricorso di primo grado per genericità del gravame avente ad oggetto la determina di assunzione della vincitrice del concorso, nonché per la mancata previa impugnativa del bando, che non conteneva alcuna quota di riserva. Nel merito, ha chiesto il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata. L’Ente, peraltro, non era tenuto ad alcuna assunzione obbligatoria vantando già in organico nell’anno di riferimento (il 2010) un numero di dipendenti appartenenti a categorie protette (62) superiore a quello che gli sarebbe stato percentualmente imposto (58). 

3.1. In vista dell’odierna udienza, le parti hanno presentato memoria e memoria di replica per ribadire le proprie contrapposte prospettazioni. L’appellante ha altresì versato in atti la direttiva n. 1 del 24 giugno 2019 del Ministro per la Pubblica amministrazione la quale, seppure sopravvenuta ai fatti di causa, al paragrafo 5.3 sancisce l’applicabilità delle medesime sanzioni previste per le violazioni degli obblighi di assunzione dei disabili a quelle riferibili alle ulteriori categorie di soggetti elencate nell’art. 18, comma 2, della l. n. 68/1999. 

4. Alla pubblica udienza del 23 novembre 2021, previa richiesta scritta della difesa civica, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

5. In via preliminare, vanno esaminate le eccezioni di inammissibilità proposte dal Comune di Terni. La censura di genericità della impugnativa della determina di assunzione della vincitrice, prot. n. -OMISSIS- 2010, in quanto meramente attuativa della graduatoria, può ritenersi assorbita nello scrutinio della stessa. Solo con riferimento a tale atto, peraltro, la difesa civica nel giudizio di primo grado aveva ipotizzato anche il difetto di giurisdizione, eccezione non riproposta in questa sede e quindi ormai coperta da giudicato interno, siccome non oggetto neppure di specifica censura ex art. 9 c.p.a. Rileva peraltro il Collegio che eventuali profili di giurisdizione avrebbero potuto caso mai porsi in relazione alla richiesta di assunzione dell’appellante, che parrebbe collocarsi piuttosto sul terreno degli atti di gestione e della capacità di diritto privato dell’amministrazione pubblica nella sua veste di datrice di lavoro, da valutarsi alla stregua dei principi civilistici in ordine all’inadempimento delle obbligazioni (cfr. Cass. Civ., SS. UU., 4 agosto 2010, n.18048; id., 6 luglio 2006, n.15342; in termini, Cons. Stato, 29 marzo 2011, n.1889, nonché, di recente, T.A.R. per il Lazio, sez. III bis, 8 settembre 2021, n. 9575). Ma nel caso di specie essa consegue alla contestata legittimità della graduatoria, nonché, di riflesso, alla carenza motivazionale della nota di riscontro ad apposita diffida, prot. n. -OMISSIS- del -OMISSIS-2010, con la quale il Comune di Terni si limita a dichiarare ormai «conclusa e definita» la procedura concorsuale relativa all’assunzione a tempo indeterminato di un “istruttore turistico”, senza nulla dire in ordine alle ragioni della mancata adesione alla richiesta di parte. 

Ricorda dunque il Collegio che l’art. 63, comma 4, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (T.u.p.i.) attribuisce alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione di pubblici dipendenti, sicché quella scaturita dalla pretesa di modificare la graduatoria di merito di un concorso per l’accesso al pubblico impiego, originata dal mancato riconoscimento al suo interno della qualifica di “riservatario”, nell’accezione più avanti meglio precisata, rientra senz’altro nella giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto ciò che attiene alla legittima elaborazione della stessa, inerisce ratione materiae alla procedura concorsuale (sulla stessa materia, si veda Cons. Stato, sez. V, 29 ottobre 2014, n. 5361).

5.1. Privo di pregio appare altresì il rilievo concernente la mancata impugnazione del bando di concorso, che non prevedeva alcuna quota di riserva. Le regole sull’assunzione obbligatoria costituiscono infatti principi generali riconducibili alla materia di cui all’art. 117, comma 2, lettere l) ed m) della Costituzione, che devono pertanto trovare applicazione diretta da parte di tutte le pubbliche amministrazioni, a nulla rilevando la loro mancata inclusione nei bandi di concorso, utile soltanto allo scopo di pubblicizzare in via preventiva l’utilizzo della relativa procedura a fini di rispetto degli obblighi di collocamento. D’altro canto, solo nel momento in cui viene formata la graduatoria, pretermettendo di dare atto della presenza tra gli idonei di soggetti c.d. “riservatari”, si può valutare la potenziale lesione della loro posizione giuridica soggettiva. Quanto detto, evidentemente, purché il candidato abbia evidenziato tale specifico status sin dalla data della presentazione della domanda, così da mettere l’Amministrazione in condizione di valutare le possibili scelte alternative per il tramite delle quali soddisfare le indicazioni del legislatore circa gli obblighi del collocamento. 

6. Punto essenziale della controversia è dunque stabilire come, e a quali condizioni, operi l’obbligo di collocamento, ovvero, ancor più in dettaglio, in che misura il suo mancato rispetto si riverberi sull’atto di approvazione della graduatoria, inficiandone in parte qua la legittimità. Appurato, infatti, che contenuto tipico della stessa è l’elenco dei candidati che hanno superato le prove in ordine di merito, comprensivo dei titoli, con specifica delle eventuali preferenze a parità, esso non può essere messo in discussione dalla omessa evidenziazione dei nominativi di soggetti astrattamente legittimati ad essere preferiti o affiancati ai vincitori.

Il Collegio ritiene di poter affermare che in linea generale, infatti, quella richiesta dall’appellante è una specificazione non essenziale a fini di validità della graduatoria, in quanto attiene non alla correttezza della stesura, ma al suo utilizzo per la copertura del posto messo a concorso o (anche) degli altri disponibili in dotazione organica. A fronte, cioè, della richiesta di un candidato, risultato idoneo, che rivendichi il proprio peculiare status soggettivo, l’Amministrazione è tenuta ad assumerlo, ove si verifichi la triplice condizione dell’essere la stessa deficitaria delle specifiche quote obbligatorie ex lege, calcolate con riferimento ai dipendenti a tempo indeterminato presenti in dotazione organica, della disponibilità di altri posti di analogo profilo (id est, della non unicità di quello messo a concorso), nonché della assenza di limiti all’assunzione nell’anno di riferimento. A tali condizioni, l’obbligo di collocamento che non si sia tradotto in riserva di posti nella procedura concorsuale, potrà essere ottemperato pure negli anni successivi, purché nei termini di validità della graduatoria stessa. 

7. Ad avviso del Collegio, la complessità delle disposizioni normative in materia di collocamento obbligatorio presso le amministrazioni pubbliche consegue al continuo richiamo al testo di legge originario riferito ai processi di inserimento lavorativo dei disabili, ma da subito esteso anche ad altre categorie, del tutto eterogenee per contenuto, senza declinarne con compiutezza le regole. 

8. Per quanto qui di specifico interesse, infatti, l’art. 18, comma 2, ha inserito nella l. 12 marzo 1999, n. 68, recante «Norme per il diritto al lavoro dei disabili», una ulteriore quota di riserva, in verità fissata nell’esiguo limite dell’uno per cento, per categorie di soggetti nominativamente indicati, sicuramente estranei al contesto. La evidente asistematicità della scelta trovava una qualche giustificazione nella sua dichiarata natura temporanea, nell’attesa, cioè, di una preannunciata riforma di settore. Recita dunque ancora oggi la norma: «In attesa di una disciplina organica del diritto al lavoro degli orfani e dei coniugi superstiti di coloro che siano deceduti per causa di lavoro, di guerra o di servizio, ovvero in conseguenza dell’aggravarsi dell’invalidità riportata per tali cause, nonché dei coniugi e dei figli di soggetti riconosciuti grandi invalidi per causa di guerra, di servizio e di lavoro e dei profughi italiani rimpatriati, il cui status è riconosciuto ai sensi della legge 26 dicembre 1981, n. 763, è attribuita in favore di tali soggetti una quota di riserva, sul numero di dipendenti dei datori di lavoro pubblici e privati che occupano più di cinquanta dipendenti, pari a un punto percentuale e determinata secondo la disciplina di cui all’articolo 3, commi 3, 4 e 6, e all’articolo 4, commi 1, 2 e 3, della presente legge. La predetta quota è pari ad un’unità per i datori di lavoro, pubblici e privati, che occupano da cinquantuno a centocinquanta dipendenti. Le assunzioni sono effettuate con le modalità di cui all’articolo 7, comma 1. Il regolamento di cui all’articolo 20 stabilisce le relative norme di attuazione». Il Regolamento di attuazione emanato con d.P.R. 10 ottobre 2000, n. 333, a sua volta, non fornisce indicazioni di maggior dettaglio con riferimento all’art. 18 della legge, limitandosi a poche precisazioni, per lo più di diritto transitorio. Unico limite posto, dunque, alla generalizzata operatività dell’obbligo, è quello derivante dalla dimensione dell’azienda, sia essa pubblica o privata, non trovando esso applicazione ove vi sia un numero di dipendenti inferiore a 50 (si pensi alla realtà dei numerosi piccoli comuni nei quali è frammentato il territorio italiano), ovvero dovendo esso quantificarsi in una sola assunzione, se il numero dei dipendenti è compreso tra cinquantuno e centocinquanta.

8.1. Va peraltro ricordato che la riforma del 1999 ha rappresentato un significativo salto di qualità rispetto a quanto statuito nella previgente legge del l2 aprile 1968, n. 482, sostituendo ad un sistema basato sulla visione dell’inserimento degli invalidi nelle imprese come un peso da sopportare in chiave solidaristica, un altro, che aspira a coniugare la valorizzazione delle loro capacità professionali con la funzionalità economica delle aziende (Cass., SS.UU., 22 febbraio 2007 n. 4110). Questo è determinato dal fatto che l’equiparazione dei datori di lavoro pubblici a quelli privati ha comportato la perdita da parte dei primi del privilegio, in passato accordato dall’art. 12 della l. n. 482 del 1968, di subordinare l’assunzione degli invalidi al verificarsi delle vacanze in organico. Principio che necessariamente permea tutto il sistema del collocamento obbligatorio. 

9. Di poco antecedente è anche la l. 23 novembre 1998, n. 407, recante «Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata», che oltre a modificare, appunto, la definizione delle vittime del terrorismo, già contenuta nella l. 20 ottobre 1990, n. 302, introduce a sua volta una disposizione sul collocamento obbligatorio delle stesse, ovvero dei loro orfani, coniugi e fratelli conviventi e a carico, qualora siano gli unici superstiti, stabilendone anche la « precedenza rispetto ad ogni altra categoria e con preferenza a parità di titoli». La natura autonoma di tale regime giuridico è stata definitivamente sancita sul piano formale mediante l’inserimento, con l’art. 5, comma 7, del d.l. 6 luglio 2010, n. 102, convertito dalla l. 3 agosto 2010, n. 126, di un ulteriore periodo al comma 2 dell’art. 1 della legge, chiarendo definitivamente che alla relativa categoria non si applica il limite di quota previsto dall’art. 18, comma 2, della l.n. 68/1999. Successivamente, peraltro, per mitigare gli effetti di tale indicazione sugli eventuali profili di finanza pubblica, con legge di interpretazione autentica dell’11 marzo 2011, n. 25, si è ricordato l’obbligo comunque vigente di rispettare i limiti delle assunzioni consentite per l’annualità di riferimento, peraltro in quegli anni particolarmente stringenti e orientati ad una progressiva riduzione degli organici, contingentando le coperture del turn over. Quanto alle modalità attraverso le quali il collocamento obbligatorio deve avvenire, la norma opera un distinguo tra personale ministeriale o meno, consentendo solo per il primo, ove contrattualizzato, la chiamata diretta fino all’ottavo livello retributivo, laddove per tutti gli altri ambiti, per i livelli retributivi dal sesto all’ottavo si prevede il «previo espletamento della prova di idoneità di cui all’ articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487». 

10. Il quadro si è ulteriormente complicato con la introduzione di altre categorie di soggetti, ovvero semplicemente di precisazioni riferite alle stesse, che intersecano quelle sopra descritte come loro possibili sottoinsiemi, mai del tutto coincidenti. In particolare, la legge 23 dicembre 2005, n. 266, ai commi da 562 a 564, ha fatto riferimento alle “vittime del dovere”, ovvero soggetti comunque deceduti sul lavoro o per servizio, e dunque astrattamente già ricompresi nel perimetro di operatività dell’art. 18, comma 2, della l. n. 68 del 1999, con riferimento ai quali, tuttavia, il legislatore ha inteso dare rilievo alla specifica causale della morte, o della permanente invalidità, ovvero l’essere le stesse riconducibili ad azioni di contrasto ad ogni tipo di criminalità, servizi di ordine pubblico, vigilanza ad infrastrutture civili e militari, operazioni di soccorso, attività di tutela della pubblica incolumità, nonché azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità. Per esse è prevista una progressiva equiparazione a quelle del terrorismo e della criminalità organizzata. Con l’art. 3, comma 123, della l. n. 244 del 2007, legge finanziaria dell’anno successivo, riguardante, appunto, la “Estensione del diritto al collocamento obbligatorio”, si è previsto che le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 2, della l. n. 407 del 1998 , trovino applicazione anche «agli orfani o, in alternativa, al coniuge superstite di coloro che siano morti per fatto di lavoro, ovvero siano deceduti a causa dell’aggravarsi delle mutilazioni o infermità che hanno dato luogo a trattamento di rendita da infortunio sul lavoro». Non essendo, tuttavia, stato mai modificato il contenuto letterale dell’art. 18, comma 2, della l. n. 68/1999, tale progressiva equiparazione di regime giuridico tra orfani e coniugi delle “vittime del dovere” , ovvero, più in generale, di persone decedute «per causa di lavoro» e vittime del terrorismo e della criminalità organizzata garantisce anche ai primi la preferenza rispetto ad altri eventuali “riservatari”, ma non pare estendersi alla deroga dalla quota predeterminata, che solo per i primi resta quella dell’ 1 % individuata dalla norma originaria (in senso conforme, si veda la nota 0062770 P-4.17.1.7.4 del 28 novembre 2016 del Dipartimento della Funzione pubblica, in risposta a specifico quesito del Comune di Roma Capitale). 

11. La logica dei principi applicabili in materia di collocamento obbligatorio, condivisibile o meno, è d’altro canto dimostrata dalla accresciuta attenzione del legislatore per tale sostanziale forma di risarcimento morale ai superstiti di situazioni connotate da sicura drammaticità, tali da determinare un obiettivo contesto di difficoltà relazionale e familiare. Nel tempo, infatti, senza mai addivenire alla preannunciata riforma, sono state “agganciate” alle due norme originarie (ovvero l’art. 18 della l. n. 68 del 1999 e l’art. 1, comma 2, della l. n. 407 del 1998) ulteriori categorie di soggetti, sì da determinare da un lato un “appesantimento” delle situazioni astrattamente gravanti su un limite percentuale mai incrementato, dall’altro sempre maggiori criticità applicative, stante la assoluta peculiarità delle stesse, tali da rendere difficile ipotizzare un congelamento di quote in organico a fronte di richieste che potrebbero non materializzarsi mai. In particolare, sono stati ricondotti alla disciplina dell’art. 18, comma 2, della l. n. 68/1999 coloro che al compimento della maggiore età vivono fuori della famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell’autorità giudiziaria (art. 67 bis del d.l. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla l. 17 luglio 2020, n. 77) e gli orfani per crimini domestici (art. 6 della legge 11 gennaio 2018, n. 4, recante «Modifiche al codice civile, al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani per crimini domestici»). Per contro, sembrerebbero riconducibili alla quota riservata agli invalidi mediante richiamo all’art. 7, comma 2, della medesima legge, gli orfani del disastro di Rigopiano del 18 gennaio 2017, intendendo per tali tutti coloro i cui genitori, o anche un solo genitore, ovvero la persona che li aveva a proprio totale o principale carico, siano deceduti, dispersi o divenuti permanentemente inabili a qualsiasi proficuo lavoro a causa del predetto evento (art. 11 septies, comma 2, del d.l. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito con modificazioni dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12). Richiama invece l’art. 1, comma 2, della l. n. 407 del 1998, e dunque si colloca “fuori quota” il programma di assunzioni previsto dall’art. 7, comma 1, lettera h) della legge 11 gennaio 2018, n. 6, recante «Disposizioni per la protezione dei testimoni di giustizia», quale misura di reinserimento sociale e lavorativo degli stessi. 

11. Vero è, tuttavia, che una volta stabilito il perimetro esatto della platea dei soggetti che possono astrattamente beneficiare del collocamento obbligatorio, resta aperto il problema della concreta modalità di esercizio del relativo diritto da parte dell’avente titolo, giusta la obiettiva lacunosità delle norme, di fatto mai aggiornate rispetto ad una cornice ritagliata con specifico riferimento alla posizione dei disabili. Né ha contribuito a colmare le pregresse lacune la sussunzione dei principi in materia di reclutamento, e segnatamente di quello obbligatorio, nell’ambito più generale del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (T.u.p.i.): l’art. 35 dello stesso, infatti - cui occorre fare riferimento ogniqualvolta in passato veniva richiamato l’art. 36 del previgente d.lgs. n. 29 del 1993, di cui ha sostanzialmente mutuato i contenuti - si limita a ribadire la priorità dell’utilizzo dei concorsi, individuando a sua volta una specifica categoria di soggetti la cui immissione in servizio può avvenire per chiamata diretta o addirittura nominativa (ovvero i familiari del personale delle Forze armate, delle Forze dell’ordine, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e del personale della Polizia municipale deceduto nell’espletamento del servizio e le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata); il successivo art. 39, rubricato proprio «Assunzioni obbligatorie e tirocinio delle categorie protette», di recente novellato dalla legge 19 giugno 2019, n. 56, che per quanto qui di interesse ha recepito la possibilità, già contenuta nell’art. 18, comma 2, della l. n. 68 del 1999, di utilizzare anche per tali categorie di soggetti lo strumento della convenzione di cui all’art. 11 della l. n. 68 del 1999, laddove in passato si limitava a prevedere programmi di assunzione dei portatori di handicap facendo ricorso allo stesso. Ciò a valere, peraltro, anche per i posti per l’accesso ai quali è previsto il solo requisito della scuola dell’obbligo, demandando la declinazione del quadro di riferimento a direttive impartire dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della funzione pubblica e del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.

12. Di fatto, dunque, nulla si rinviene nelle norme di riferimento circa il rapporto tra procedure concorsuali e collocamento obbligatorio, al di fuori dell’ipotesi delle quote riservate ai disabili all’interno delle stesse ai sensi dell’ art. 16 della l. n. 68 del 1999. 

12.1. A tale riguardo, il Collegio non ignora l’orientamento di questo Consiglio di Stato in forza del quale proprio la limitatezza testuale del rinvio contenuto nell’art. 18, comma 2, della l. n. 68/1999, al solo art. 7, comma 1, della stessa, non consentirebbe mai di “colmare” la quota di riserva attingendo alla graduatoria di un concorso pubblico, giusta la natura eccezionale dell’art. 16, comma 2, della l. n. 68 del 1999, che in quanto non richiamato, appunto, non sarebbe suscettibile di estensione oltre i casi ivi previsti (v. Cons. Stato, sez. V, n. 5361 del 2014, cit. sub § 5). E tuttavia ritiene che una lettura costituzionalmente orientata dell’assetto normativo sopra ricostruito non possa non condurre a soluzione di senso parzialmente diverso, laddove venga scelta la modalità selettiva, che deve comunque costituire la via ordinaria di accesso al pubblico impiego.

Infatti, come da sempre chiarito dal giudice delle leggi, la necessità delle selezioni pubbliche per le assunzioni a tempo indeterminato discende non solo dal rispetto del principio di buon andamento della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 Cost., ma anche dalla necessità di consentire a tutti i cittadini l’accesso alle funzioni pubbliche, in base all’art. 51 Cost. (cfr. ancora di recente Corte cost., n. 227 del 6 ottobre 2021). In sintesi, se è vero che la via ordinaria per fruire dei benefici accordati dal legislatore a specifiche categorie di soggetti sotto forma di agevolazione all’accesso al pubblico impiego è quella dell’utilizzo delle apposite liste, ovvero della convenzione, ciò non toglie che a fronte dell’inadempienza dell’Amministrazione l’interessato possa utilizzare la modalità, ontologicamente più consona, della selezione pubblica. 

12.2. Che tale debba essere l’approccio a tutta la casistica delle corsie preferenziali, quale che ne sia la tipologia, individuate dal legislatore speciale, è da ultimo confermato dalla già ricordata direttiva del Ministro per la pubblica amministrazione n. 1 del 2019. Finanche in alternativa alle convenzioni ex art. 11 della l. n. 68/1999 nella loro potenzialità, accresciuta dalla novella del 2019, la preferenza va accordata alla scelta concorsuale, in quanto maggiormente rispondente a regole di concorrenzialità e par condicio fra i candidati. Scelta che comunque deve trovare applicazione, quale che sia la tipologia dei beneficiari ( e dunque, anche per gli orfani delle vittime del dovere, del terrorismo o della criminalità organizzata o i testimoni di giustizia, espressamente richiamati), in tutti i casi di collocamento obbligatorio su qualifiche che richiedono un titolo di studio pari o superiore al diploma di istruzione secondaria, relegando la chiamata diretta o nominativa ai livelli più bassi dell’organizzazione, per l’accesso ai quali, cioè, è sufficiente il diploma della scuola dell’obbligo. Quanto detto fatta salva la specifica previsione per il personale contrattualizzato dei ministeri contenuta nell’art.1, comma 2, della l. n.407 del 1998, che diversifica l’individuazione dei livelli fino ai quali è possibile il sistema a chiamata. 

12.3. In tale modo, peraltro, si scongiura anche un ulteriore, potenziale profilo di incostituzionalità, ovvero la sostanziale disparità di trattamento nella quale verrebbero a trovarsi tutti i “riservatari” diversi dagli invalidi, che in quanto assunti per lo più tramite chiamata diretta o convenzione, difficilmente potrebbero aspirare in tale loro veste privilegiata all’accesso per concorso ai livelli più alti della struttura organizzativa. 

13. D’altro canto, rileva ancora il Collegio, non può non tenersi conto del fatto che ancora oggi l’art. 5 del d.P.R. n. 487 del 1994, che contiene il Regolamento recante norme sull’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi, individua i limiti massimi di riserva applicabili in ogni singola procedura concorsuale. Con ciò esplicitamente confermando che la legislazione speciale contenga corsie preferenziali nell’assunzione, seppure subordinandone la fruizione al superamento di un concorso pubblico. La norma, peraltro, nel dettare regole di priorità da osservare in caso di pluralità di “riservatari”, colloca al primo posto dell’apposito elenco - che ovviamente non si esaurisce allo stesso- quelli di cui, all’epoca, alla legge 2 aprile 1968, n. 482, oggi sostituita dalla l. n. 68 del 1999, che contempla al suo interno anche la elencazione di cui all’art. 18, comma 2. 

14. Infine, un argomento testuale è dato cogliere anche nell’ art. 1, comma 361, della l. 30 dicembre 2018, n. 145, così come modificato dall’art. 14 ter, comma 1, del d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, che seppure evidentemente inapplicabile ratione temporis al caso di specie, non può non fornire interessanti spunti ermeneutici per la definizione dei principi di cui è causa. La norma, dunque, nel consentire la utilizzabilità delle graduatorie di pregressi concorsi, ne richiama anche la finalità di copertura degli obblighi assunzionali di cui agli articoli 3 e 18 della l. n. 68/1999, nonché di quelli rivenienti dall’articolo 1, comma 2, della legge 407 del 1998, seppure con riferimenti a candidati collocatisi oltre il limite dei posti ad essi riservati nel concorso, in via prioritaria rispetto alle convenzioni. 

14.1. Dunque, il termine “riservatari” può essere utilizzato nella duplice accezione di titolari di priorità all’assunzione, “scavalcando” coloro che hanno riportato un risultato migliore, laddove esso si riferisca ad una graduatoria; ovvero di titolari di un diritto a occupare, in percentuale predeterminata dal legislatore, una porzione dei posti previsti dalla dotazione organica, complessivamente intesa, e non certo avuto riguardo ad ogni singolo livello o profilo professionale. Solo nel secondo caso l’Amministrazione ha la possibilità di regolarizzare la propria posizione rispetto agli obblighi di quota impostile, in aggiunta all’assunzione del vincitore secondo l’ordine di graduatoria. 

15. Rileva dunque il Collegio come appaia ormai chiaro che sotto il profilo soggettivo, l’appellante si trovava nella situazione di “riservatario” nella seconda accezione evidenziata, astrattamente legittimante il collocamento obbligatorio, sin dal momento della presentazione della domanda di partecipazione al corso concorso, per titoli ed esami, indetto dal dirigente delle Risorse umane del Comune di Terni con determina n. -OMISSIS-2010. Il documentato status di “orfano di vittima del dovere”riconosciutogli dalla Prefettura di Terni ai sensi della l. n. 466 del 1990, consegue infatti alla circostanza che il padre, sottufficiale della Polizia di Stato, è deceduto a seguito di un’importante azione anticrimine, che ebbe all’epoca anche notevole risonanza mediatica, il -OMISSIS-. 

15.1 La questione che si pone pertanto all’esame del Collegio attiene all’impatto del dichiarato possesso di tale status -recte, della richiesta di avvalersi dello stesso- sulle scelte della pubblica amministrazione procedente, e segnatamente sulle modalità di redazione della graduatoria del concorso pubblico cui un candidato ha in tale veste partecipato. 

15.2. La natura cogente delle regole sulle quote di riserva o sul collocamento obbligatorio ne implica il rispetto a prescindere dalla loro avvenuta inclusione nei singoli bandi di concorso, in quanto le stesse trovano comunque applicazione ope legis, come già chiarito al § 5.1. L’affermazione necessita tuttavia di qualche precisazione. Se è vero, infatti, che l’Amministrazione è obbligata a provvedere alle assunzioni, lo è altrettanto che il legislatore non ha inteso specificarne né le modalità, né, soprattutto, l’obiettivo, lasciandola completamente arbitra di individuare il quando e il quomodo, una volta stabilito l’an. Affinché tale libertà, tuttavia, non si trasformi in arbitrio, o, quel che è peggio, in sostanziale elusione degli obblighi di legge, si è altresì preoccupato di individuare un luogo di incontro nel quale far convergere, in posizione di bilanciato equilibrio, la libertà di autodeterminazione -più specificamente, di auto organizzazione- del datore di lavoro pubblico, con il diritto del candidato ad avvalersi dei benefici rivenienti dal proprio status. Tale luogo è costituito dagli atti di programmazione che devono connotare anche le scelte di politica del personale delle singole amministrazioni, quale strumento di razionalizzazione e conseguente ottimizzazione delle risorse umane, in funzione dei loro specifici obiettivi. A fronte, dunque, del diritto al collocamento obbligatorio del candidato, si pone la scelta dell’amministrazione, e segnatamente di quelle locali, di allocare in altri ambiti le eventuali risorse rivenienti dal collocamento obbligatorio. Ma di ciò deve essere data esplicitazione nei richiamati atti di programmazione che, introdotti a far data dalla l. n. 449 del 1997, sono stati via trasformati nei più duttili piani dei fabbisogni, incentrati sui programmi, piuttosto che sui numeri della vecchia dotazione organica, senza tuttavia eliderne la portata pianificatoria, sviluppata sull’arco temporale del triennio, in parallelismo con quanto ritenuto congruo in materia di opere pubbliche. Pertanto, solo laddove la quota obbligatoria risulti già esaurita, ovvero ne sia previsto il completamento nella programmazione in corso di validità, l’Amministrazione non ha più alcun obbligo di provvedere né mediante la riserva di posti nei concorsi, né utilizzando comunque le relative graduatorie, né con chiamata diretta, né tramite convenzione. Di tale programmazione alternativa non è traccia in atti, né, soprattutto, è fatta menzione nella nota di riscontro del -OMISSIS-2010, ove l’ufficio si limita a riferire dell’avvenuta conclusione del concorso e del conseguente rigetto dell’istanza di parte «suo malgrado». 

15.3. Il Comune di Terni ha errato laddove non ha riconosciuto il diritto dell’appellante ad essere considerato destinatario di una quota di riserva, declinandone il diritto all’assunzione non in quanto già riconosciuto ad altri rientranti nella stessa categoria, ovvero in quelle assimilate, con modalità diverse dalla procedura concorsuale, bensì, semplicemente, per avere ormai concluso la selezione contestata. Il che di per sé non può certo costituire valida ragione di diniego.

16. La circostanza che la scelta di non utilizzare la graduatoria per ottemperare all’obbligo di collocamento consegua alla unicità del posto messo a concorso è giustificazione postuma introdotta dal primo giudice, stante che di essa egualmente non è traccia negli atti di causa. Lo stesso Tribunale di primo grado, tuttavia, ha cura di chiarire che tale unicità va attinta non dal solo bando di concorso, bensì dall’intera dotazione organica, con onere della prova gravante sul ricorrente. L’affermazione è frutto di un chiaro equivoco ricostruttivo, in quanto attribuisce rilevanza alla specifica coloritura che l’Ente ha inteso dare ad una normale figura impiegatizia, qualificandola con l’aggettivo “turistico”, ad enfatizzare evidentemente la professionalità specifica richiesta con riferimento all’ufficio di immissione in servizio. La fungibilità dei ruoli a parità di inquadramento che, tuttavia, connota necessariamente i profili professionali declinati dalla contrattazione di comparto, se non vieta scelte macro organizzative nel senso di una più precisa caratterizzazione, di certo non consente di far discendere dalle stesse diversificazioni di trattamento giuridico, già a partire dalla fase del reclutamento. Diversamente opinando, si verrebbero a creare profili professionali aggiuntivi rispetto a quelli individuati dal contratto, in quanto connotati di oggettiva specificità professionale comune a tutti i dipendenti del comparto (di vigilanza o tecnici, ad esempio) con intuibili potenziali impatti sulla doverosa fungibilità delle mansioni a parità di inquadramento, ai fini di qualsivoglia operazione di mobilità intersettoriale che si renda necessaria per ragioni di efficienza organizzativa. D’altro canto, il semplice utilizzo di distinzioni nominalistiche non previste dall’ordinamento di settore non può certo essere sufficiente a qualificare come “unica” la professionalità ricercata, così da sottrarla a regole pubblicistiche e come tali cogenti sul collocamento obbligatorio. 

18. Del resto, come ricordato dall’appellante, sull’applicabilità delle quote di riserva anche nelle ipotesi in cui la procedura miri alla copertura di un solo posto si è da tempo pronunciata l’Adunanza plenaria, dai cui principi non è dato discostarsi se non riproponendo la questione.

Infatti, con decisione n. 12 del 24 dicembre 1998, successiva, peraltro, a quella richiamata in motivazione dal T.A.R. per l’Umbria (n. 13 del 21 ottobre 1989), si è chiaramente affermato che « le esigenze della pubblica amministrazione per la migliore selezione dei propri impiegati trovano contemperamento, come ha osservato la Corte Costituzionale, con quelle di tutela delle categorie protette, trattandosi di consentire a soggetti che si trovano in condizioni svantaggiate un più agevole reperimento di una occupazione[…] anche quando si tratti di concorsi indetti per un solo posto». Ciò in quanto «neppure è esatto che il concorso perda, in questo caso, la propria ragion d’essere, poiché al momento del bando non è noto se e quanti appartenenti alle categorie protette vi parteciperanno e, comunque, l’applicazione della riserva resta subordinata al superamento delle prove concorsuali, che tutti i concorrenti sono chiamati a sostenere in posizione di parità». In buona sostanza, laddove l’Amministrazione non abbia già ottemperato ai propri obblighi assunzionali, la partecipazione ad un concorso pubblico di soggetto “riservatario” ex lege che palesi da subito la propria posizione soggettiva, non può essere pretermessa in sede di formazione della graduatoria. Quanto detto non implica affatto l’alterazione dell’ordine di priorità di merito, né implica necessariamente quello della immissione in servizio: semplicemente impone di tenerne conto nel termine di validità della graduatoria, salvo il limite di quota imposto dalla legge sia già stato rispettato. Essendo, tuttavia, la categoria degli orfani di “vittime del dovere” sottratta alla percentuale di cui all’art. 18, comma 2, della l. n. 68/1999, giusta la assimilazione al regime giuridico delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata di cui all’art. 1, comma 2, della l. n. 407 del 1998, il Comune di Terni poteva solo eccepire l’indisponibilità finanziaria per l’anno di riferimento, differendo l’assunzione, ma non omettendola totalmente ovvero negandone immotivatamente i presupposti. 

19. Tale ultima precisazione consente altresì di sgomberare definitivamente il campo dai tentativi della difesa civica di avallare l’avvenuto previo rispetto delle quote attingendo al numero dei dipendenti disabili già in servizio (62, rispetto ai 58 che si sarebbero dovuti avere). Quand’anche, infatti, agli orfani di vittima del dovere si applicasse ancora il limite previsto dall’art. 18, comma 2, della l. n. 68/1999, in nessun modo la riserva di posti agli stessi potrebbe andare a detrimento di quella per gli invalidi, gravandola; né viceversa, trattandosi di contenitori distinti, per nulla osmotici, accomunati solo dall’individuazione del totale su cui basare il calcolo della percentuale, costituito dal numero dei dipendenti a tempo indeterminato (artt. 3 e 4 della l. n. 68 del 1999). Ciò trova conferma nel testo della già ricordata norma di interpretazione autentica contenuta nella l. 11 marzo 2011, n. 25, laddove con riferimento alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, si afferma che «il superamento della quota di riserva di cui all’articolo 18, comma 2, della legge ivi richiamata, deve in ogni caso avvenire, per le amministrazioni pubbliche, nel rispetto dei limiti delle assunzioni consentite dalla normativa vigente per l’anno di riferimento e che resta comunque ferma l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 3 della legge 12 marzo 1999, n. 68, e successive modificazioni, in materia di assunzioni obbligatorie e quote di riserva in quanto ad esclusivo beneficio dei lavoratori disabili ». 

20. La ricostruzione effettuata, del resto, appare coerente con l’affermazione di questo Consiglio di Stato in forza della quale «il numero dei posti risulta naturalmente e ragionevolmente operativo solo laddove i posti banditi siano più di uno e, per converso, non applicabile nei concorsi ad un solo posto, nell’ambito dei quali il diritto del disabile idoneo non è subordinato ad altra condizione che quella della disponibilità di quota percentuale sulla pianta organica» (Cons. Stato, sez. IV, 10 aprile 2006, n. 1984; più di recente, v. Tar Sicilia, Catania, sez. III, n. 2185/2019, ove si legge che «nei concorsi per l’accesso all’impiego nella p.a., la riserva prevista in favore delle categorie protette di cui all'art. 12 comma 4 l. 2 aprile 1968 n. 482, è operante anche quando il concorso è stato bandito per la copertura di uno solo tra i più posti vacanti esistenti nella pianta organica per la stessa qualifica»). E’ evidente, mutatis mutandis, che anche nel caso di specie il diniego di assunzione all’esito del superamento della procedura concorsuale era caso mai da correlare alla mancanza di disponibilità in organico di altri posti vacanti da “istruttore direttivo”, valutabili solo ove la quota di riserva per la categoria invocata non fosse già stata saturata ovvero non ne fosse in programma la saturazione con le modalità specificamente indicate per il collocamento obbligatorio. 

21. Da tutto quanto sopra discende la legittimità della graduatoria approvata con provvedimento dirigenziale n. -OMISSIS-2010, in quanto cristallizza l’ordine dei risultati della valutazione concorsuale. Per contro, va annullata, per difetto di motivazione, la nota di diniego del -OMISSIS-2010, in quanto non chiarisce l’avvenuta o programmata ottemperanza al collocamento obbligatorio di cui all’art. 1, comma 2, della l. n. 407 del 1998, applicabile anche agli orfani di vittima del dovere di cui all’art. 18, comma 2, della l. n. 68/1999, nella quota ivi complessivamente indicata. Quanto detto non fa venire meno la possibilità del Comune di Terni di rieditare il provvedimento di diniego dell’assunzione, laddove la quota di assunzioni obbligatorie delle categorie di cui all’art. 18, comma 2, della l. n. 68 del 1999, in misura dell’1% della base computabile del personale in servizio, fosse già stata soddisfatta prima della procedura concorsuale di cui è causa, ovvero ne fosse programmato il soddisfacimento nell’ambito del piano assunzionale all’epoca vigente; diversamente provvedendo all’immissione in ruolo dell’appellante in una posizione corrispondente a quella messa a concorso (“istruttore direttivo”, fascia “C” del vigente C.C.N.L.). 

22. Il Collegio ritiene dunque di accogliere l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza del T.A.R. per l’Umbria n. -OMISSIS- del 2014, accogliere in parte il ricorso -OMISSIS-del 2011, annullando la nota di diniego del -OMISSIS-2010, con conseguente obbligo per il Comune di Terni di rivalutare, ora per allora, il diritto al collocamento obbligatorio dell’appellante, ferma restando la legittimità della graduatoria approvata con provvedimento dirigenziale n. -OMISSIS-2010 e dell’assunzione effettuata in applicazione della stessa. 

23. La complessità della vicenda giustifica la compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e limiti di cui in motivazione, e per l’effetto, in riforma della sentenza del T.A.R. per l’Umbria n. -OMISSIS- del 2014, accoglie, negli stessi limiti, il ricorso -OMISSIS-del 2011.

Spese del doppio grado compensate. 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità dell’appellante.

Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 23 novembre 2021 e 10 gennaio 2022, con l’intervento dei magistrati:

 

 

Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente

Italo Volpe, Consigliere

Giovanni Sabbato, Consigliere

Antonella Manzione, Consigliere, Estensore

Cecilia Altavista, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
Antonella Manzione   Gianpiero Paolo Cirillo
 

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