Sunday 19 January 2014 09:20:34

Giurisprudenza  Giustizia e Affari Interni

Processo amministrativo: il ricorrente deve riproporre nell'atto di appello le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado, in mancanza della quale esse si intendono abbandonate

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI

La Sesta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza in esame precisa che ai sensi dell’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm., “si intendono rinunciate le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado, che non siano state espressamente riproposte nell’atto di appello […]”. L’onere di riproposizione si lega alla previsione contenuta nell’art. 105, comma 1, Cod. proc. amm. che, enunciando il principio di tassatività dei casi di annullamento con rinvio al primo giudice, stabilisce (implicitamente ma univocamente) che, in tutti gli altri casi, il Consiglio di Stato si pronunci nel merito dei ricorsi proposti in primo grado, anche se il giudizio innanzi al Tribunale amministrativo regionale si sia concluso con una erronea dichiarazione di inammissibilità, improcedibilità o irricevibilità. Proprio per consentire la decisione del giudice di appello sul merito dei ricorsi primo grado, l’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm. pone in capo al ricorrente l’onere di riproposizione delle domande, in mancanza della quale esse si intendono abbandonate. Nel caso di specie, nessuna delle domande proposte in primo grado è stata riproposta, avendo, anzi, l’appellante chiesto espressamente, nelle conclusioni del suo gravame, l’annullamento con rinvio al Tribunale amministrativo regionale per la decisione nel merito. L’appellante contesta, tuttavia, l’erronea dichiarazione di inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di legittimazione. Si tratta, come è pacificamente riconosciuto da una giurisprudenza univoca, di un caso che non rientra fra quelli, tassativamente indicati nell’art. 105, comma 1, Cod. proc. amm. che consentirebbero l’annullamento con rinvio. L’eventuale fondatezza dell’appello imporrebbe, quindi, a questo Consiglio di Stato di decidere nel merito le domande proposte. Tuttavia, tali domande, atteso che non sono state riproposte ai sensi dell’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm., si intendono tutte rinunciate. È evidente, allora, che avendo l’originaria ricorrente implicitamente rinunciato ai ricorsi di primo grado (attraverso la mancata riproposizione in appello delle relative domande), non ha più un vero interesse a che si decida il presente appello, non potendo, comunque, da esso ricavare alcuna forma di concreta utilità. Nemmeno si può ritenere che l’interesse all’appello permanga (a fronte della rinuncia ai ricorsi di primo grado) solo per ottenere una statuizione sull’astratta ed ipotetica esistenza di una legittimazione al ricorso, al fine di ottenere un eventuale precedente giurisprudenziale favorevole da utilizzare in altri giudizi. La connotazione della giurisdizione amministrativa come giurisdizione di diritto soggettivo, diretta cioè a tutelare su impulso di parte obiettivi interessi personali, diretti e concreti (qui ormai volontariamente estromessi dal thema decidendum), esclude in radice la praticabilità di una simile impostazione priva a questo punto di un autentico oggetto processuale.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale* del 2009, proposto da:

Comunità di Marano (o Comunità de Maran), in persona del legale rappresentante pro tempore, Marani Roberto, Massimo Filippo, Padoan Giovanni, Raddi Claudio, Regeni Angelo Giovanni tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Maria Athena Lorizio e Vincenzo Cerulli Irelli, con domicilio eletto presso Vincenzo Cerulli Irelli in Roma, via Dora,1;

 

contro

 

Comune di Marano Lagunare, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Alessandra Sandulli e Guido Pastori, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Maria Alessandra Sandulli in Roma, corso Vittorio Emanuele II,349;

Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Beatrice Croppo, domiciliata in Roma, piazza Colonna N.355;

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. FRIULI-VENEZIA-GIULIA - TRIESTE n. 00834/2007, resa tra le parti, concernente piano dei porti - asta per vendita complesso immobiliare

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2013 il Cons. Roberto Giovagnoli e uditi per le parti l’avvocato Lorizio, l’avvocato Tudor, per delega dell’avvocato Pastori, e l’avvocato Croppo.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1. Viene in decisione l’appello proposto dalla Comunità di Marano (o Comunità di Maran), di Marano Lagunare (Udine), e da alcuni singoli cittadini per ottenere la riforma della sentenza, di estremi indicati in epigrafe, con la quale il Tribunale amministrativo regionale per il Friuli - Venezia Giulia ha dichiarato inammissibili per difetto di legittimazione cinque ricorsi riuniti proposti in primo grado dall’odierna appellante.

2. In particolare, in primo grado sono stati proposti i seguenti ricorsi.

2.1. Con un primo ricorso (R.G. n. 270/06), è stata impugnata la delibera consiliare n. 9 del 20 febbraio 2006, con la quale il Comune di Marano Lagunare ha modificato il punto 1 del dispositivo della precedente deliberazione n. 3 del 3 gennaio 2006 con cui aveva approvato in via definitiva il Piano dei Porti ai sensi dell’art 12 (Piano regolatore del porto) della l. r. Friuli - Venezia Giulia 14 agosto 1987, n. 22 (Norme in materia di portualità e vie di navigazione nella regione Friuli - Venezia Giulia), adottato con la delibera consiliare n. 18 del 5 aprile 2004, decidendo sulle opposizioni e respingendo quella della ricorrente.

2. Con un successivo ricorso, che la medesima ricorrente dichiara essere in realtà un’integrazione per motivi aggiunti rispetto al precedente ricorso n. 270/2006, viene impugnata la delibera n. 96 del 29 settembre 2006 con cui, richiamate le precedenti delibere relative al Piano dei Porti n. 18 del 2004 e n. 3, 9 e 25 del 2006, viene formulato il seguente atto di indirizzo al responsabile dell’ufficio tecnico comunale “Predisporre gli atti necessari alla formulazione del relativo piano di frazionamento riguardante l’area oggetto di discarica di RSU, eseguito il frazionamento predisporre il bando di gara di vendita, escludendo dalla stessa la porzione oggetto di discarica”.

2.3. Con un terzo ricorso, che secondo la ricorrente è anch’esso un’integrazione per motivi aggiunti dei due precedenti, vengono impugnati gli atti relativi al bando di gara per la vendita mediante asta pubblica del complesso immobiliare succitato.

2.4. Il quarto ricorso è la trasposizione in sede giudiziale, a seguito di opposizione proposta dalla Regione, del ricorso straordinario al Capo dello Stato presentato avverso il decreto del Presidente della Regione Friuli - Venezia Giulia n. 0410/Pres di approvazione del piano particolareggiato di iniziativa pubblica - Piano dei Porti di Marano Lagunare. Il ricorso straordinario riproduce il testo del ricorso n. 270/2006 e stigmatizza come la Regione non abbia tenuto in alcun conto, pur conoscendone l’esistenza, il ricorso avverso l’atto comunale propedeutico al decreto di cui trattasi.

2.5. Infine la Comunità di Marano ha proposto anche un quinto ricorso impugnando tre atti ulteriori: 1) la delibera del consiglio comunale di Marano Lagunare n. 46 del 19 ottobre 2007, 2) la delibera di Giunta del Comune di Marano Lagunare n. 117 del 24 ottobre 2007 e 3) la delibera della giunta regionale del Friuli - Venezia Giulia n. 2460 del 12 ottobre 2007 che sarebbe propedeutica ad entrambe le precedenti.

3. Il Tribunale amministrativo regionale, riuniti tutti i ricorsi, li ha dichiarati inammissibili per difetto di legittimazione attiva della Comunità di Marano, ritenendo non provato alcun collegamento giuridico tra i provvedimenti impugnati (tutti attinenti ad atti di pianificazione urbanistica e di disposizione delle aree lagunari da parte del Comune di Marano Lagunare e, in particolare, gli atti di concessione di vaste aree lagunari per l’allevamento dei molluschi bivalvi, e, per gli atti relativi al Piano dei Porti, da parte della Regione Friuli - Venezia Giulia) e la titolarità rivendicata dalla ricorrente Comunità di Maran sulle stesse aree lagunari, e, per il ricorso iscritto in primo grado al numero di R.G. 135/07, anche da parte dei cittadini ricorrenti.

4. Avverso tale sentenza hanno proposto appello la Comunità di Marano e anche alcuni singoli cittadini già ricorrenti in primo grado.

5. Si sono costituiti in giudizio, chiedendo il rigetto dell’appello, sia il Comune di Marano Lagunare, sia la Regione Friuli Venezia Giulia.

6. Alla pubblica udienza del 22 ottobre 2013, la causa è stata trattenuta per la decisione.

7. In sede di discussione orale, all’udienza del 22 ottobre 2013, il Collegio ha sottoposto al contraddittorio delle parti la questione, rilevabile anche d’ufficio, relativa all’eventuale inammissibilità dell’appello derivante dalla circostanza che l’appellante si è limitato in sede di gravame a contestare la statuizione della sentenza impugnata sul difetto di legittimazione attiva, senza, tuttavia, riproporre le domande formulate in primo grado nei cinque ricorsi proposti, ma, anzi, chiedendo espressamente l’annullamento della sentenza appellata con rinvio al Tribunale amministrativo regionale per la decisione nel merito di tutti i ricorsi.

8. Il Collegio ritiene che la mancata riproposizione delle domande formulate in primo grado renda l’appello inammissibile.

Ai sensi dell’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm., invero, “si intendono rinunciate le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado, che non siano state espressamente riproposte nell’atto di appello […]”.

L’onere di riproposizione si lega alla previsione contenuta nell’art. 105, comma 1, Cod. proc. amm. che, enunciando il principio di tassatività dei casi di annullamento con rinvio al primo giudice, stabilisce (implicitamente ma univocamente) che, in tutti gli altri casi, il Consiglio di Stato si pronunci nel merito dei ricorsi proposti in primo grado, anche se il giudizio innanzi al Tribunale amministrativo regionale si sia concluso con una erronea dichiarazione di inammissibilità, improcedibilità o irricevibilità.

Proprio per consentire la decisione del giudice di appello sul merito dei ricorsi primo grado, l’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm. pone in capo al ricorrente l’onere di riproposizione delle domande, in mancanza della quale esse si intendono abbandonate.

9. Nel caso di specie, nessuna delle domande proposte in primo grado è stata riproposta, avendo, anzi, l’appellante chiesto espressamente, nelle conclusioni del suo gravame, l’annullamento con rinvio al Tribunale amministrativo regionale per la decisione nel merito.

L’appellante contesta, tuttavia, l’erronea dichiarazione di inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di legittimazione.

Si tratta, come è pacificamente riconosciuto da una giurisprudenza univoca, di un caso che non rientra fra quelli, tassativamente indicati nell’art. 105, comma 1, Cod. proc. amm. che consentirebbero l’annullamento con rinvio.

L’eventuale fondatezza dell’appello imporrebbe, quindi, a questo Consiglio di Stato di decidere nel merito le domande proposte. Tuttavia, tali domande, atteso che non sono state riproposte ai sensi dell’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm., si intendono tutte rinunciate.

È evidente, allora, che avendo l’originaria ricorrente implicitamente rinunciato ai ricorsi di primo grado (attraverso la mancata riproposizione in appello delle relative domande), non ha più un vero interesse a che si decida il presente appello, non potendo, comunque, da esso ricavare alcuna forma di concreta utilità.

Nemmeno si può ritenere che l’interesse all’appello permanga (a fronte della rinuncia ai ricorsi di primo grado) solo per ottenere una statuizione sull’astratta ed ipotetica esistenza di una legittimazione al ricorso da parte della Comunità di Marano, al fine di ottenere un eventuale precedente giurisprudenziale favorevole da utilizzare in altri giudizi.

La connotazione della giurisdizione amministrativa come giurisdizione di diritto soggettivo, diretta cioè a tutelare su impulso di parte obiettivi interessi personali, diretti e concreti (qui ormai volontariamente estromessi dal thema decidendum), esclude in radice la praticabilità di una simile impostazione priva a questo punto di un autentico oggetto processuale.

10. Alla luce delle considerazioni che precedono, l’appello, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.

Sussistono i presupposti per compensare le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Giuseppe Severini, Presidente

Roberto Giovagnoli, Consigliere, Estensore

Vito Carella, Consigliere

Gabriella De Michele, Consigliere

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il **/01/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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