Wednesday 12 March 2014 10:55:53

Giurisprudenza  Giustizia e Affari Interni

Il ricorso avverso il silenzio non si applica alle richieste di informazioni e chiarimenti

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez.III

Ai sensi dell’art. 117 del c.p.a. la procedura del silenzio non può applicarsi alla mera richiesta di informazioni e chiarimenti priva di qualsiasi contenuto provvedimentale, quale deve considerarsi la istanza nella quale non è formulata la richiesta di un determinato provvedimento, ma come nel caso giunto innanzi al Consiglio di Stato si sostiene solo la tesi della piena assimilazione delle posizioni ai partecipanti ai corsi di formazione in medicina generale a quella dei specializzandi in ambito universitario, chiedendo informazioni e chiarimenti sulle procedure che conducono ad un diverso trattamento economico. La richiesta di informazioni e chiarimenti tende evidentemente - per l’argomentazione svolta - ad ottenere un cambiamento, ma non giunge a formulare la concreta richiesta di un determinato provvedimento amministrativo perché non ne esistono i presupposti nella normativa e il cambiamento richiede modifiche a livello legislativo. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale del 2013, proposto da:

Marco Nardelli, Roberta Masticone, Elena Leone, Antonio Tivalotti, Bianca Puzio, Nicolette Di Berardino, Silvia Spinelli, Maria Eugenia Golino, Sergio Iannacchino, Roberta Ferrari, Anna Ida La Ruina, Laura Musella, Clorinda Marzano, Emilia Finamore, Maria Piegari, Michele Bonizzi, Augusto Di Vico, Mirta Mancinella, Igina D'Antoni, rappresentati e difesi dall'avv. Pietro Marsili, con domicilio eletto presso Pietro Marsili in Roma, via dei Due Macelli, n. 60;

 

contro

Ministero della Salute, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; Regione Lazio - Assessorato Alla Sanita'-Dip.Soc.Dir.Reg.Ris.Umane e Fin., rappresentato e difeso dall'avvocato Stefania Ricci, domiciliata in Roma, via Marcantonio Colonna n. 27; 

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III QUA n. 10604/2012, resa tra le parti, concernente silenzio serbato dall'amministrazione su determinazione trattamento economico - ris. danni

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Salute e di Regione Lazio Assessorato alla Sanita'-Dip.Soc.Dir.Reg.Ris.Umane e Fin.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 28 novembre 2013 il Cons. Alessandro Palanza e uditi per le parti gli avvocati Marsili e Privitera su delega di Ricci e l’avvocato dello Stato Bacosi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

RITENUTO CHE:

- i ricorrenti in primo grado hanno impugnato presso il TAR competente il silenzio-rifiuto formatosi su una istanza e successiva diffida da loro presentata nei confronti della Regione Lazio e del Ministero della salute, volta ad ottenere: “1) delucidazioni in merito alla disapplicazione della normativa vigente in materia (d.lgs. n. 368 del 17 agosto 1999) ed alla conseguente discriminazione operata dal Ministero della salute e dal Servizio Sanitario Regionale, in fase di determinazione del trattamento economico a favore degli specializzandi ammessi al corso di formazione presso le strutture ospedaliere regionali, in forza dei bandi concorsuali approvati dalla giunta regionale del Lazio per gli anni 2009 e 2012; 2) i nominativi dei responsabili del procedimento nonché lo stato delle istruttorie, ai sensi e per gli effetti dell’art. 5 ss., l. n. 241 del 1990; 3) l’accesso, ai sensi e per gli effetti degli artt. 22 ss, l. n. 241 del 1990, ai documenti e/o atti, anche interni, presupposti e/o relativi al procedimento”;

- i medesimi ricorrenti hanno chiesto altresì la condanna delle Amministrazioni ai danni consequenziali;

- Il TAR ha dichiarato in parte improcedibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse avendo la Regione Lazio, successivamente al ricorso, fornito con apposita nota i chiarimenti richiesti sub punti 1 e 2 dell’istanza escludendo l’esistenza di documenti ostensibili ex art. 22, l. n. 241 del 1990;

- la restante parte è stata respinta dal TAR per la genericità dell’istanza e della richiesta di risarcimento danni e in quanto dalla risposta della regione Lazio si desume che il Ministero della Salute non era tenuto a fornire ulteriori chiarimenti né a rilasciare alcun documento ai sensi dell’art. 22, l. n. 241 del 1990 e della normativa che disciplina la materia distinguendo nettamente la posizione degli aspiranti alla qualifica professionale di medico di famiglia e quella dei soggetti che frequentano i corsi di specializzazione universitari preordinati al rilascio di un titolo di studio;

- gli appellanti contestano la sentenza con particolare riferimento al giudizio di legittimità da essa espresso sul silenzio tenuto dal Ministero della Salute, che non può essere giustificato dall’operato di un’ altra Amministrazione, essendo comunque il Ministero obbligato a rispondere per la sua parte ai sensi dell’art. 2 della legge 241/1990 e ai sensi del regolamento per l’accesso ai documenti (D.M. n. 514 del 18 novembre 1998). Inoltre la sentenza invece di pronunciarsi sul silenzio, ha valutato il merito della richiesta di accesso ai documenti in contrasto con i limiti posti dalla giurisprudenza consolidata e non ha fornito motivazioni per il rigetto della richiesta di risarcimento danni, nonostante l’evidente ritardo della risposta fornita e il conseguente pregiudizio per i ricorrenti.

 

 

CONSIDERATO CHE :

- ai sensi dell’art. 117 del c.p.a. la procedura del silenzio non può applicarsi alla mera richiesta di informazioni e chiarimenti priva di qualsiasi contenuto provvedimentale, quale deve considerarsi la istanza che ha dato origine al presente giudizio: nella istanza non è infatti formulata la richiesta di un determinato provvedimento, ma si sostiene la tesi della piena assimilazione delle posizioni ai partecipanti ai corsi di formazione in medicina generale a quella dei specializzandi in ambito universitario, chiedendo informazioni e chiarimenti sulle procedure che conducono ad un diverso trattamento economico;

- la richiesta di informazioni e chiarimenti tende evidentemente - per l’argomentazione svolta - ad ottenere un cambiamento, ma non giunge a formulare la concreta richiesta di un determinato provvedimento amministrativo perché non ne esistono i presupposti nella normativa e il cambiamento richiede modifiche a livello legislativo, come dimostra agevolmente la risposta della Regione Lazio;

- la nota trasmessa dalla regione Lazio chiarisce come le procedure relative ai corsi triennali di formazione specifica in medicina sono disciplinate dall’art. 21 del D.Lgs. e conducono ad acquisire un titolo utile ad esercitare l’attività di medico di medicina generale nell’ambito del Servizio sanitario nazionale (cd medico di famiglia), mentre quelle che riguardano le diverse forme di specializzazione universitaria sono disciplinate dal titolo VI, Capo 1, del medesimo decreto;

- alla luce dei chiarimenti forniti dalla Regione, è evidente che la normativa vigente disciplina le due situazioni come situazioni del tutto diverse tra loro non assimilabili, essendo anche considerate in parti del tutto diverse dello stesso decreto legislativo, senza alcun rinvio o elemento di connessione;

- non vi è dunque alcun fondamento normativo per la richiesta avanzata nei confronti della Regione Lazio e a maggior ragione per quella ancora più generica rivolta al Ministero della salute, che, in ragione delle sue competenze solo normative, non avrebbe potuto che rinviare alle norme in materia, peraltro di rango legislativo. La richiesta rivolta alle due amministrazioni riguarda interessi che potrebbero essere oggetto di iniziative sul piano legislativo, sollecitabili in via politica o sindacale, ma non giunge a configurare in alcun modo la richiesta di un determinato provvedimento amministrativo e non può dar luogo ad una fattispecie di silenzio impugnabile in sede amministrativa;

- diverso è il caso della richiesta di accesso a documenti, che, ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. b), della legge n. 241/1990, può essere avanzata anche in via preliminare purché in presenza di un interesse diretto, concreto e attuale. In questo caso sussiste un interesse con queste caratteristiche, ma esso non è in alcun modo collegato ai documenti richiesti. In tal caso il rifiuto apposto dalla Regione Lazio appare motivato e legittimo in quanto gli atti richiesti non riguardano gli appellanti e non vi sono neppure le condizioni richieste dall’art. 22 della legge 241 per l’accesso a documenti attinenti a procedure che non riguardano i ricorrenti in primo grado e attuali appellanti. Tali procedure non sono collegate né in alcun modo rilevanti ai fini dell’interesse che si vuol far valere. L’interesse che si vuole far valere è in realtà indirizzato a modificare o determinare una diversa interpretazione del sistema normativo che regola la materia sulla base della lamentata differenziazione, mentre non hanno alcun rilievo le procedure applicative di singole norme nell’ambito di procedure e nei confronti di soggetti a cui gli appellanti sono del tutto estranei;

- in presenza di legittimi comportamenti amministrativi non sussistono i presupposti della richiesta di risarcimento danni;

pertanto il ricorso in primo grado è da considerarsi in parte inammissibile per mancanza delle condizioni richieste dall’art. 117 per la impugnazione del silenzio e in parte respinto per quanto attiene alla richiesta di accesso ai documenti e a quella di risarcimento danni. Pertanto la sentenza del TAR deve considerarsi sostanzialmente confermata con diversa motivazione;

- in ragione della materia oggetto dell’appello le spese per la presente fase del giudizio devono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,

respinge l 'appello nei termini di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Pier Giorgio Lignani, Presidente

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Roberto Capuzzi, Consigliere

Dante D'Alessio, Consigliere

Alessandro Palanza, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il **/02/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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