Sunday 26 February 2017 10:07:33

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Abusi edilizi: l'inviolabilità del domicilio non blocca l'ordine di demolizione

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza della Corte di Cassazione Penale Sez. III del 23.2.2017

La Corte di Cassazione, Seconda Sezione Penale nella sentenza depositata in data 23 febbraio 2017 ha affermato che "L'ordine di demolizione impartito dal giudice con la sentenza di condanna è suscettibile di revoca quando risulti assolutamente incompatibile con atti amministrativi della competente autorità, che abbiano conferito all'immobile una diversa destinazione o ne abbiano sanato l'abusività (fermo restando tra l'altro il potere-dovere del giudice dell'esecuzione di verificare la legittimità dell'atto concessorio sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio) (Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, Chisci e altro, Rv. 260972). Non sussiste infatti alcun diritto "assoluto" alla inviolabilità del domicilio, desumibile dalle decisioni della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, tale da precludere l'esecuzione dell'ordine di demolizione di un immobile abusivo, finalizzato a ristabilire l'ordine giuridico violato (dalla giurisprudenza CEDU si ricava, al contrario, l'opposto principio dell'interesse dell'ordinamento all'abbattimento - in luogo della confisca - delle opere incompatibili con le disposizioni urbanistiche)(Sez. 3, n. 18949 del 10/03/2016, Contadini e altro, Rv. 267024)." È poi ininfluente la circostanza che la procedura di sanatoria penda da molti anni e, addirittura nella vicenda in esame da circa venti anni, laddove non sia prevedibile un apprezzabile risultato. Sul punto, infatti, la Corte ha rilevato "la sanzione dell'ordine di demolizione, prevista dall'art. 31 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, sfugge alla regola del giudicato penale ed è sempre riesaminabile in sede esecutiva al fine di una eventuale revoca, che è consentita solo in presenza di determinazioni della P.A. o del giudice amministrativo incompatibili con l'abbattimento del manufatto, ovvero quando sia ragionevolmente prevedibile, in base ad elementi concreti e specifici, che tali provvedimenti saranno adottati in breve tempo, non potendo la tutela del territorio essere rinviata indefinitamente (Sez. 3, n. 25212 del 18/01/2012, Maffia, Rv. 253050)". Quindi per neutralizzare l'ordine di demolizione non è sufficiente la, mera, possibilità che in tempi lontani, e comunque non prevedibili siano emanati atti favorevoli alla parte ricorrente ed è per questo che nella fattispecie concreta la Corte ha ritenuto irrilevante "la pendenza ventennale della procedura amministrativa di sanatoria (tra l'altro, finora, ad evidente esclusivo vantaggio del privato che ha goduto del bene), atteso che, a fronte delle innegabili inefficienze di pubbliche autorità, si pone in ogni caso l'obbligo di porre in esecuzione un ordine di demolizione, nascente da una sentenza irrevocabile di condanna". Per approfondire scarica il testo integrale della sentenza.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

CORTE DI CASSAZIONE 

Penale Sent. Sez. 3  

Num. 8887  Anno 2017

Presidente: FIALE ALDORelatore: CERRONI CLAUDIO

DataUdienza: 08/02/2017 pubblicata il 23 febbraio 2017

 

 

SENTENZA

sul ricorso proposto da * ,

avverso l'ordinanza del 13/06/2016 del Tribunale di Torre Annunziata visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Claudio Cerroni; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Ciro Angelillis, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 13 giugno 2016 il Tribunale di Torre Annunziata ha rigettato l'istanza, formulata da * , di revoca dell'ingiunzione di demolizione emessa in esecuzione della sentenza del 13 giugno 1996 del Pretore di Torre Annunziata sezione distaccata di Pompei, irrevocabile il 18 settembre 1996.

2. Avverso la predetta decisione è stato proposto dall'interessato, tramite il difensore, ricorso per cassazione con due motivi di impugnazione. 

2.1. Il ricorrente, lamentando la manifesta illogicità della motivazione, ha osservato che l'ordine di demolizione concerneva un immobile fatto oggetto di istanza di condono, non esitata, formulata in base alla legge 23 dicembre 1994, n. 724. Detta istanza era stata presentata anteriormente all'irrevocabilità della sentenza di condanna, e doveva considerarsi apodittica l'affermazione relativa ad un esito negativo della procedura. Il precedente proprietario aveva posto in essere tutte le attività per giungere all'accoglimento dell'istanza, ed il tecnico comunale aveva affermato che l'Amministrazione pubblica si stava adoperando per evadere le pratiche nel minore tempo possibile.

2.2. Col secondo profilo di censura è stata eccepita l'erronea applicazione della legge penale. Il ricorrente ha infatti osservato che l'ordine di demolizione si poneva in contrasto con la tutela costituzionale del diritto di proprietà, tanto più laddove pendeva un procedimento di condono. Mentre il mancato esame della richiesta stessa di condono dopo venti anni era addebitabile solamente all'inerzia amministrativa, sì che la complessiva pubblica inattività rendeva grottesco il richiamo al generale interesse di rapida definizione di siffatte procedure. 3. Il Procuratore Generale ha concluso nel senso dell'inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è inammissibile.

4.1. In ragione della loro stretta connessione, i motivi di impugnazione possono essere esaminati congiuntamente. In proposito, è invero principio del tutto consolidato che l'ordine di demolizione impartito dal giudice con la sentenza di condanna è suscettibile di revoca quando risulti assolutamente incompatibile con atti amministrativi della competente autorità, che abbiano conferito all'immobile una diversa destinazione o ne abbiano sanato l'abusività (fermo restando tra l'altro il potere-dovere del giudice dell'esecuzione di verificare la legittimità dell'atto concessorio sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio) (Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, Chisci e altro, Rv. 260972). Non sussiste infatti alcun diritto "assoluto" alla inviolabilità del domicilio, desumibile dalle decisioni della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, tale da precludere l'esecuzione dell'ordine di demolizione di un immobile abusivo, finalizzato a ristabilire l'ordine giuridico violato (dalla giurisprudenza CEDU si ricava, al contrario, l'opposto principio dell'interesse dell'ordinamento all'abbattimento - in luogo della confisca - delle opere incompatibili con le disposizioni urbanistiche)(Sez. 3, n. 18949 del 10/03/2016, Contadini e altro, Rv. 267024).

4.2. Ciò posto, dallo stesso contenuto del ricorso emerge che la procedura di sanatoria pende da circa venti anni, senza alcun apprezzabile risultato. Né appare seriamente sostenibile, dati siffatti precedenti ed anche al di là delle comunque non impegnative dichiarazioni del tecnico comunale (al riguardo, nel provvedimento impugnato si dà invece espressamente atto che proprio dalle parole del funzionario pubblico poteva addirittura desumersi che alcuna rapida definizione delle pratiche edilizie era prevista), che essa possa concludersi in tempi ragionevolmente pronosticabili. Infatti la sanzione dell'ordine di demolizione, prevista dall'art. 31 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, sfugge alla regola del giudicato penale ed è sempre riesaminabile in sede esecutiva al fine di una eventuale revoca, che è consentita solo in presenza di determinazioni della P.A. o del giudice amministrativo incompatibili con l'abbattimento del manufatto, ovvero quando sia ragionevolmente prevedibile, in base ad elementi concreti e specifici, che tali provvedimenti saranno adottati in breve tempo, non potendo la tutela del territorio essere rinviata indefinitamente (Sez. 3, n. 25212 del 18/01/2012, Maffia, Rv. 253050). Sì che del tutto correttamente il Procuratore generale ha osservato - irrilevante essendo il momento di presentazione dell'istanza di condono in rapporto alla condanna giudiziale — che per neutralizzare l'ordine di demolizione non è ovviamente sufficiente la, mera, possibilità che in tempi lontani, e comunque non prevedibili come in specie, siano emanati atti favorevoli alla parte ricorrente.

4.3. In ragione di ciò, non vi è alcuna possibilità, pertanto, di confrontare l'ordine di demolizione con provvedimenti di segno diverso, tali da metterne in dubbio la perdurante piena efficacia.

4.4. Al riguardo, e con particolare attenzione al secondo motivo di ricorso, è poi appena il caso di aggiungere che - ferme le svolte considerazioni — non rileva il fatto dell'inutile pendenza ventennale della procedura amministrativa di sanatoria (tra l'altro, finora, ad evidente esclusivo vantaggio del privato che ha goduto del bene), atteso che, a fronte delle innegabili inefficienze di pubbliche autorità, si pone in ogni caso l'obbligo di porre in esecuzione un ordine di demolizione, nascente da una sentenza irrevocabile di condanna.

5. I motivi di censura appaiono quindi manifestamente infondati nella loro integralità, e ne va dichiarata l'inammissibilità. Tenuto infine conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 2.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso in Roma il 08/02/2017 

 

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