Monday 02 November 2015 22:15:48

Giurisprudenza  Patto di Stabliità, Bilancio e Fiscalità

Comuni e consorzi in perdita: basta "salvataggio a tutti i costi" e "interventi tampone", il parere della Corte dei Conti sul divieto di "soccorso finanziario"

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della deliberazione della Corte dei Conti Sezione regionale di controllo per l’Abruzzo n. 279/2015/PAR del 21.10.2015

"l’ente locale partecipante non è tenuto a ripianare automaticamente le perdite gestionali registrate dal soggetto partecipato. Tale conclusione resta valida anche con riferimento alle operazioni di ripiano del deficit finanziario in fase di liquidazione, assimilabile, di fatto, ad un accollo, da parte dell’ente locale, dei debiti di un soggetto terzo". È questo il principio ribadito nel parere reso dalla Corte dei Conti Sezione regionale di controllo per l’Abruzzo con la deliberazione n. 279/2015/PAR del 21.10.2015.La questione sottoposta alla Corte dei Conti concerne la disciplina applicabile alla partecipazione alle perdite del Consorzio CONSIDAN da parte del Comune di Città Sant’Angelo. Come riferito dal Comune, detto Consorzio, nato per la gestione del servizio di depurazione delle acque nere, è stato posto in liquidazione dal 2008 ed ha, nel periodo 2008-2013, accumulato perdite d’esercizio; al riguardo l’Ente istante chiede se sia obbligato al ripiano finanziario delle citate perdite e dell’eventuale ulteriore disavanzo di chiusura della liquidazione, anche alla luce del divieto di “soccorso finanziario” previsto dall’art. 6, comma 19, del Decreto Legge n. 78/2010.La Corte dei Conti nel parere in esame precisa "in via preliminare, ha ricordato che i consorzi rappresentano, insieme alle Convenzioni e alle Unioni, una delle forme di esercizio associato di funzioni e servizi, a disposizione degli enti locali. Infatti, l’art. 31 del TUEL afferma che “Gli enti locali per la gestione associata di uno o più servizi e l'esercizio associato di funzioni possono costituire un consorzio secondo le norme previste per le aziende speciali di cui all'articolo 114, in quanto compatibili”. Dal dato testuale della norma, è possibile distinguere due tipologie di consorzi: i “consorzi-azienda” finalizzati alla gestione di servizi pubblici ed operanti con autonomia imprenditoriale; i “consorzi di funzioni” destinati all’esercizio di attività amministrative (per i quali l’art. 2, comma 186, let. e), della legge 191 del 2009 ha disposto la soppressione). Per i consorzi riconducibili alla prima tipologia, il carattere strumentale all’esercizio di servizi a favore di più enti locali è messo in rilievo anche dalla giurisprudenza amministrativa secondo la quale "il consorzio tra Enti Locali è definibile come un’azienda speciale di ognuno degli enti associati. Così come l’azienda speciale è ente strumentale dell'ente locale, ossia ente istituzionalmente dipendente dall'ente locale ed elemento del sistema amministrativo facente capo a questo, allo stesso modo il consorzio, in quanto azienda speciale degli enti che l’hanno istituito, è un ente strumentale per l’esercizio in forma associata di servizi pubblici o funzioni e fa parte del sistema amministrativo di ognuno degli enti associati" (Cons. di Stato, n. 2605/2001, e in termini similari, anche Cass., ordinanza n. 33691/2002). Pur avendo natura strumentale, il consorzio si distingue soggettivamente dagli enti locali partecipanti, in quanto è dotato di una propria soggettività giuridica e diviene un nuovo centro di imputazione di situazioni e rapporti giuridici. Sotto il profilo della natura giuridica, la giurisprudenza di questa Corte ha precisato che “Il richiamo, per i Consorzi, alle norme disciplinari previste per le Aziende speciali non muta la struttura e forma giuridica del soggetto, che rimane un ente a partecipazione plurisoggettiva, una forma di associazione fra più enti locali (ed eventualmente altri soggetti pubblici), strumentale all’esercizio collettivo e congiunto di servizi a favore della popolazione di tutti i comuni consorziati. Di conseguenza troveranno applicazione le norme che valgono per le aziende speciali per quanto riguarda l’attività di erogazione del servizio, mentre torneranno applicabili quelle dei consorzi ove si tratti di regolamentare la vita associativa fra i comuni consorziati (costituzione e deliberazioni assembleari, nomina amministratori, adozione decisioni, etc.), come palesato dall’inciso legislativo “in quanto compatibili” (cfr. deliberazione Sezione regionale di controllo per la Lombardia n. 114/2012)”.Tra queste ultime norme rileva, ai fini del presente parere, l’art. 2615 c.c. il quale attribuisce autonomia patrimoniale ai consorzi con attività esterna, stabilendo che “per le obbligazioni assunte in nome del consorzio, i terzi possono far valere i loro diritti esclusivamente sul fondo consortile”. In altre parole, come chiaramente evidenziato dalla Corte di Cassazione, “il consorzio con attività esterna, pur essendo sfornito di personalità giuridica, è pur sempre un autonomo centro di rapporti giuridici e pertanto assume la responsabilità, garantita dal fondo consortile, per tutte le obbligazioni comunque derivanti dai contratti che stipula in nome proprio. […] Il consorzio con attività esterne […] ha autonoma soggettività con autonomia patrimoniale e negoziale (Cass. 18235 del 2008). Tutto quanto sopra premesso in merito all’autonomia patrimoniale dei consorzi, che restano direttamente responsabili per le obbligazioni contratte nell’esercizio dell’attività, occorre ora valutare la sussistenza nell’ordinamento di un dovere, a carico degli enti locali partecipanti, di ripianare le perdite gestionali accumulate dai consorzi stessi.Al riguardo, giova richiamare il testo dell’art. 6, comma 19, del D.L. n. 78/2010 secondo il quale “Al fine del perseguimento di una maggiore efficienza delle società pubbliche, tenuto conto dei principi nazionali e comunitari in termini di economicità e di concorrenza, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non possono, salvo quanto previsto dall'art. 2447 codice civile, effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito, né rilasciare garanzie a favore delle società partecipate non quotate che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali. Sono in ogni caso consentiti i trasferimenti alle società di cui al primo periodo a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti”.Secondo l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza contabile, detta norma impone l'abbandono della logica del "salvataggio a tutti i costi" di strutture ed organismi partecipati o variamente collegati alla pubblica amministrazione che versano in situazioni di irrimediabile dissesto. Non sono ammissibili "interventi tampone" con dispendio di disponibilità finanziarie a fondo perduto, erogate senza un programma industriale o una prospettiva che realizzi l'economicità e l'efficienza della gestione nel medio e lungo periodo (così Sezione controllo Piemonte, delibera n. 61 del 22 ottobre 2010; Sezione Controllo Lombardia, pareri n. 1081 del 30 dicembre 2010 e n. 207 del 27 aprile 2011). La disposizione si propone, perciò, di porre un freno alla prassi, ormai consolidata, seguita dagli enti pubblici ed in particolare dagli enti locali, di procedere a ricapitalizzazioni e ad altri trasferimenti straordinari per coprire le perdite strutturali (tali da minacciare la continuità aziendale); prassi che, come noto, da un lato finisce per impattare negativamente sui bilanci pubblici compromettendone la sana gestione finanziaria; dall'altro si contrappone alle disposizioni dei trattati (art. 106 TFUE, già art. 86 TCE), le quali vietano che soggetti che operano nel mercato comune beneficino di diritti speciali o esclusivi, o comunque di privilegi in grado di alterare la concorrenza "nel mercato", in un'ottica macroeconomica (Sez. reg. controllo per la Puglia, delibera n. 29 del 7 marzo 2012).Sebbene il perimetro di diretta applicazione della norma non contempli direttamente i consorzi, ma si riferisca esclusivamente agli organismi partecipanti aventi struttura societaria, dal tenore della stessa emerge un principio generale di “divieto di soccorso finanziario”, fondato su esigenze di tutela dell’economicità gestionale e della concorrenza, estensibile anche ai consorzi; ne deriva che l’ente locale partecipante non è tenuto a ripianare automaticamente le perdite gestionali registrate dal soggetto partecipato. Tale conclusione resta valida anche con riferimento alle operazioni di ripiano del deficit finanziario in fase di liquidazione, assimilabile, di fatto, ad un accollo, da parte dell’ente locale, dei debiti di un soggetto terzo, con l’immediata ricaduta che “se chi si accolla un debito altrui è un soggetto di diritto pubblico, quest’ultimo ha il dovere di porre in evidenza la ragione economica-giuridica dell’operazione, altrimenti essa rappresenterebbe un ingiustificato favor verso i creditori della società incapiente. In proposito, inoltre, questa Sezione ha già avuto modo di affermare che alla luce dell’autonomia patrimoniale della società, appare arduo rinvenire un interesse dell’ente locale a ripianare i debiti della società di capitali a cui partecipa” (Sezione regionale di controllo per la Lombardia n. 98/2013).Alla luce del quadro di riferimento sopra delineato, il Comune di Città Sant’Angelo potrà adottare le decisioni gestionali rientranti nella propria ed esclusiva discrezionalità in ordine ai rapporti finanziari con il consorzio di servizi partecipato, secondo gli ordinari canoni di razionalità economica, presenti sia nella legislazione ordinaria (art. 1, legge n. 241/1990) che nel principio costituzionale di buon andamento (art. 97 Cost.).

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

 

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            

 

                             Repubblica italiana   del. n. 279/2015/PAR 

                              La Corte dei conti

                                                    in

                    Sezione regionale di controllo

                                  per l’Abruzzo

nella Camera di consiglio del 20 ottobre 2015

composta dai Magistrati:

Maria Giovanna GIORDANO

 

Presidente

Andrea LUBERTI

Referendario

Angelo Maria QUAGLINI

Referendario (relatore)

Visto l’articolo 100, comma 2, della Costituzione;

Visto il T.U. delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;

Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20 e successive modificazioni ed integrazioni;

Visto il Regolamento concernente l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, nel testo modificato, da ultimo, con deliberazione del Consiglio di Presidenza n. 229/CP/2008 del 19 giugno 2008 (G.U. n. 153 del 2.07.2008);

Vista la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;

Vista la legge 5 giugno 2003, n. 131, relativa alle “Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3”;

Visto l’atto di indirizzo della Sezione delle Autonomie del 27 aprile 2004 avente ad oggetto ″Indirizzi e criteri generali per l’esercizio dell’attività consultiva″, integrato e modificato dalla deliberazione della medesima Sezione del 4 giugno 2009, n. 9;

Vista la delibera della Corte dei conti, Sezioni Riunite, del 17 novembre 2010, n. 54;

Visto il decreto del 13 febbraio 2014, n. 3/2014 di ripartizione tra i Magistrati dei compiti e delle iniziative riferibili alle varie aree di attività rientranti nella competenza della Sezione regionale di controllo per l’Abruzzo;

Vista la richiesta di parere del Sindaco del Comune di Città Sant’Angelopervenuta il 28 settembre 2015;

Vista l’ordinanza del 19 ottobre 2015, n. 27/2015 con la quale il Presidente della Sezione regionale di controllo per l’Abruzzo ha convocato la Sezione per la data odierna;

Udito il relatore, Angelo Maria QUAGLINI.

PREMESSO CHE

Con nota del 23 settembre 2015, pervenuta a questa Sezione il 28 settembre 2015per il tramite del CALil Sindaco del Comune di Città Sant’Angelo ha trasmesso una richiesta di parere concernente la sussistenza di un’obbligazione a carico dell’Ente di intervenire finanziariamente per ripianare le perdite accumulate e l’eventuale disavanzo finale di liquidazione di un consorzio partecipato. Più nel dettaglio, il Comune rappresenta di possedere una quota di partecipazione e responsabilità di 17/100 nel Consorzio di depurazione delle acque nere (CONSIDAN), originariamente costituito per lo svolgimento del predetto servizio pubblico a rilevanza economica e, successivamente, posto in liquidazione nel 2008, in seguito al trasferimento del servizio idrico integrato all’ente acquedottistico competente (ACA S.p.A.). Con successiva nota dell’1 ottobre 2015, su specifica richiesta istruttoria di questa Sezione, il Comune forniva indicazioni più precise sulla natura giuridica del consorzio CONDISAN, al quale è riconosciuta personalità giuridica distinta rispetto a quella dei soggetti partecipanti e autonomia imprenditoriale e gestionale. Veniva inoltre formulato in modo più dettagliato il quesito interpretativo, teso a conoscere se gli enti locali partecipanti, nell’attuale fase di liquidazione, “sono obbligati a intervenire finanziariamente per ripianare:

• le perdite annuali (reiterate dal 2008 al 2013) della gestione della liquidazione (pur in presenza di un patrimonio netto capiente per tale scopo), anche in relazione a quanto previsto dall’art. 6, comma 19, del Decreto Legge n. 78/2010;
• l’eventuale disavanzo del conto finale di liquidazione, al momento della chiusura della liquidazione.

DIRITTO

L'art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003, ha innovato il sistema delle funzioni tradizionalmente intestate alla Corte dei conti, consentendo a Regioni, Comuni, Province e Città metropolitane di richiedere alla Corte stessa pareri in materia di contabilità pubblica. 

La funzione consultiva appare finalizzata a fornire agli enti territoriali la possibilità di rivolgersi alla Corte dei conti, quale organo professionalmente qualificato e neutrale, per acquisire elementi interpretativi generali, tesi ad orientare ai parametri della legittimità e del buon andamento le concrete scelte amministrative dell’ente richiedente. La facoltà attribuita agli enti territoriali non ha una portata generale, ma deve essere esercitata nel rispetto dei limiti soggettivi e oggettivi fissati dallo stesso articolo 7, comma 8, della legge n. 131/2003; preliminarmente all’esame nel merito, quindi, la Sezione è tenuta a verificare l’ammissibilità soggettiva e oggettiva della richiesta di parere.

Sotto il profilo soggettivo, la legittimazione ad avvalersi della funzione consultiva è circoscritta ai soli enti esplicitamente elencati nella norma, attesa la natura speciale che la tale funzione assume rispetto all’ordinaria sfera di competenze della Corte dei conti. La legittimazione alla richiesta di parere, inoltre, per i riflessi che ne possono scaturire sulla gestione finanziaria dell’ente, deve essere riconosciuta all’organo legislativamenteinvestito della rappresentanza legale dell’ente medesimo ed individuabile, di regola, nelPresidente della Giunta regionale, nel Sindaco e nel Presidente della Provincia. La richiesta di parere in esame, provenendo dal Sindaco, risulta soggettivamente ammissibile.

Sotto il profilo oggettivo, il parere deve essere circoscritto alle questioni attinenti la materia della contabilità pubblica, i cui confini sono stati delineati dagli indirizzi adottati dalla Sezione delle Autonomie con atto del 27 aprile 2004, successivamente integrato e modificato con la delibera 10 marzo 2006, n. 5, e ulteriormente specificati dalle Sezioni riunite della Corte in sede di controllo, con la delibera 17 novembre 2010, n. 54. I predetti indirizzi hanno elaborato una nozione di contabilità pubblica autonoma rispetto a quella più ampia riferibile ai giudizi di conto e di responsabilità; nell’accezione strumentale all’attività consultiva la materia della contabilità pubblica coincide con ilsistema di principi e di norme che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli Enti pubblici, ricomprendendo in particolare la disciplina dei bilanci e i relativi equilibri, l’acquisizione delle entrate, l’organizzazione finanziaria e contabile, la disciplina del patrimonio, la gestione delle spese, l’indebitamento, la rendicontazione e i relativi controlli.

Oltre al rispetto dei confini della contabilità pubblica, la richiesta di parere, ai fini dell’ammissibilità oggettiva, deve trattare ambiti e oggetti di portata generale, prescindendo dai fatti gestionali concreti che necessariamente costituiscono l’occasione del quesito. Resta quindi escluso che l’attività consultiva possa comportare un coinvolgimento diretto della Corte dei conti nelle concrete attività gestionali dell’ente; né la stessa funzione può interferire, in concreto, con le attribuzioni di altri organi giurisdizionali.

Alla luce di quanto richiamato, il Collegio ritiene che il quesito formulato attenga alla materia della contabilità pubblica, come sopra declinata, in quanto riguarda l’impatto sul bilancio dell’Ente locale e sui relativi equilibri dei rapporti finanziari con un organismo partecipato. La richiesta di parere viene tuttavia considerata ammissibile limitatamente ai profili legati all’interpretazione del quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento in tema di gestione delle perdite economiche generate da organismi partecipati dagli enti locali; diversamente, il quesito non può essere considerato oggettivamente ammissibile nella parte in cui richiama implicitamente aspetti legati all’analisi della situazione finanziaria del Consorzio e ai rapporti obbligatori esistenti tra il Comune di Città Sant’Angelo e l’organismo partecipato, derivanti sia da clausole statutarie sia da impegni assunti in sede assembleare. Tali profili, infatti, determinerebbero un’interferenza con scelte gestionali che rientrano nell’esclusiva competenza e responsabilità degli organi di amministrazione dell’Ente locale, non potendo, com’è evidente, la Corte emettere pareri che si configurerebbero come atti di cogestione, estranei alla funzione dell’istituto.

MERITO

La questione in esame concerne la disciplina applicabile alla partecipazione alle perdite del Consorzio CONSIDAN da parte del Comune di Città Sant’Angelo. Come riferito dal Comune, detto Consorzio, nato per la gestione del servizio di depurazione delle acque nere, è stato posto in liquidazione dal 2008 ed ha, nel periodo 2008-2013, accumulato perdite d’esercizio; al riguardo l’Ente istante chiede se sia obbligato al ripiano finanziario delle citate perdite e dell’eventuale ulteriore disavanzo di chiusura della liquidazione, anche alla luce del divieto di “soccorso finanziario” previsto dall’art. 6, comma 19, del Decreto Legge n. 78/2010.

In via preliminare, appare utile ricordare che i consorzi rappresentano, insieme alle Convenzioni e alle Unioni, una delle forme di esercizio associato di funzioni e servizi, a disposizione degli enti locali. Infatti, l’art. 31 del TUEL afferma che “Gli enti locali per la gestione associata di uno o più servizi e l'esercizio associato di funzioni possono costituire un consorzio secondo le norme previste per le aziende speciali di cui all'articolo 114, in quanto compatibili”. Dal dato testuale della norma, è possibile distinguere due tipologie di consorzi: i “consorzi-azienda” finalizzati alla gestione di servizi pubblici ed operanti con autonomia imprenditoriale; i “consorzi di funzioni” destinati all’esercizio di attività amministrative (per i quali l’art. 2, comma 186, let. e), della legge 191 del 2009 ha disposto la soppressione).

Per i consorzi riconducibili alla prima tipologia, il carattere strumentale all’esercizio di servizi a favore di più enti locali è messo in rilievo anche dalla giurisprudenza amministrativa secondo la quale "il consorzio tra Enti Locali è definibile come un’azienda speciale di ognuno degli enti associati. Così come l’azienda speciale è ente strumentale dell'ente locale, ossia ente istituzionalmente dipendente dall'ente locale ed elemento del sistema amministrativo facente capo a questo, allo stesso modo il consorzio, in quanto azienda speciale degli enti che l’hanno istituito, è un ente strumentale per l’esercizio in forma associata di servizi pubblici o funzioni e fa parte del sistema amministrativo di ognuno degli enti associati" (Cons. di Stato, n. 2605/2001, e in termini similari, anche Cass., ordinanza n. 33691/2002).

Pur avendo natura strumentale, il consorzio si distingue soggettivamente dagli enti locali partecipanti, in quanto è dotato di una propria soggettività giuridica e diviene un nuovo centro di imputazione di situazioni e rapporti giuridici. Sotto il profilo della natura giuridica, la giurisprudenza di questa Corte ha precisato che Il richiamo, per i Consorzi, alle norme disciplinari previste per le Aziende speciali non muta la struttura e forma giuridica del soggetto, che rimane un ente a partecipazione plurisoggettiva, una forma di associazione fra più enti locali (ed eventualmente altri soggetti pubblici), strumentale all’esercizio collettivo e congiunto di servizi a favore della popolazione di tutti i comuni consorziati. Di conseguenza troveranno applicazione le norme che valgono per le aziende speciali per quanto riguarda l’attività di erogazione del servizio, mentre torneranno applicabili quelle dei consorzi ove si tratti di regolamentare la vita associativa fra i comuni consorziati (costituzione e deliberazioni assembleari, nomina amministratori, adozione decisioni, etc.), come palesato dall’inciso legislativo “in quanto compatibili” (cfr. deliberazione Sezione regionale di controllo per la Lombardia n. 114/2012).

Tra queste ultime norme rileva, ai fini del presente parere, l’art. 2615 c.c. il quale attribuisce autonomia patrimoniale ai consorzi con attività esterna, stabilendo che “per le obbligazioni assunte in nome del consorzio, i terzi possono far valere i loro diritti esclusivamente sul fondo consortile”. In altre parole, come chiaramente evidenziato dalla Corte di Cassazione, il consorzio con attività esterna, pur essendo sfornito di personalità giuridica, è pur sempre un autonomo centro di rapporti giuridici e pertanto assume la responsabilità, garantita dal fondo consortile, per tutte le obbligazioni comunque derivanti dai contratti che stipula in nome proprio. […] Il consorzio con attività esterne […] ha autonoma soggettività con autonomia patrimoniale e negoziale (Cass. 18235 del 2008). 

Tutto quanto sopra premesso in merito all’autonomia patrimoniale dei consorzi, che restano direttamente responsabili per le obbligazioni contratte nell’esercizio dell’attività, occorre ora valutare la sussistenza nell’ordinamento di un dovere, a carico degli enti locali partecipanti, di ripianare le perdite gestionali accumulate dai consorzi stessi.

Al riguardo, giova richiamare il testo dell’art. 6, comma 19, del D.L. n. 78/2010 secondo il quale “Al fine del perseguimento di una maggiore efficienza delle società pubbliche, tenuto conto dei principi nazionali e comunitari in termini di economicità e di concorrenza, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non possono, salvo quanto previsto dall'art. 2447 codice civile, effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito, né rilasciare garanzie a favore delle società partecipate non quotate che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali. Sono in ogni caso consentiti i trasferimenti alle società di cui al primo periodo a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti.

Secondo l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza contabile, detta norma impone l'abbandono della logica del "salvataggio a tutti i costi" di strutture ed organismi partecipati o variamente collegati alla pubblica amministrazione che versano in situazioni di irrimediabile dissesto. Non sono ammissibili "interventi tampone" con dispendio di disponibilità finanziarie a fondo perduto, erogate senza un programma industriale o una prospettiva che realizzi l'economicità e l'efficienza della gestione nel medio e lungo periodo (così Sezione controllo Piemonte, delibera n. 61 del 22 ottobre 2010; Sezione Controllo Lombardia, pareri n. 1081 del 30 dicembre 2010 e n. 207 del 27 aprile 2011). La disposizione si propone, perciò, di porre un freno alla prassi, ormai consolidata, seguita dagli enti pubblici ed in particolare dagli enti locali, di procedere a ricapitalizzazioni e ad altri trasferimenti straordinari per coprire le perdite strutturali (tali da minacciare la continuità aziendale); prassi che, come noto, da un lato finisce per impattare negativamente sui bilanci pubblici compromettendone la sana gestione finanziaria; dall'altro si contrappone alle disposizioni dei trattati (art. 106 TFUE, già art. 86 TCE), le quali vietano che soggetti che operano nel mercato comune beneficino di diritti speciali o esclusivi, o comunque di privilegi in grado di alterare la concorrenza "nel mercato", in un'ottica macroeconomica (Sez. reg. controllo per la Puglia, delibera n. 29 del 7 marzo 2012).

Sebbene il perimetro di diretta applicazione della norma non contempli direttamente i consorzi, ma si riferisca esclusivamente agli organismi partecipanti aventi struttura societaria, dal tenore della stessa emerge un principio generale di “divieto di soccorso finanziario”, fondato su esigenze di tutela dell’economicità gestionale e della concorrenza, estensibile anche ai consorzi; ne deriva che l’ente locale partecipante non è tenuto a ripianare automaticamente le perdite gestionali registrate dal soggetto partecipato. Tale conclusione resta valida anche con riferimento alle operazioni di ripiano del deficit finanziario in fase di liquidazione, assimilabile, di fatto, ad un accollo, da parte dell’ente locale, dei debiti di un soggetto terzo, con l’immediata ricaduta che “se chi si accolla un debito altrui è un soggetto di diritto pubblico, quest’ultimo ha il dovere di porre in evidenza la ragione economica-giuridica dell’operazione, altrimenti essa rappresenterebbe un ingiustificato favor verso i creditori della società incapiente. In proposito, inoltre, questa Sezione ha già avuto modo di affermare che alla luce dell’autonomia patrimoniale della società, appare arduo rinvenire un interesse dell’ente locale a ripianare i debiti della società di capitali a cui partecipa (Sezione regionale di controllo per la Lombardia n. 98/2013).

Alla luce del quadro di riferimento sopra delineato, il Comune di Città Sant’Angelo potrà adottare le decisioni gestionali rientranti nella propria ed esclusiva discrezionalità in ordine ai rapporti finanziari con il consorzio di servizi partecipato, secondo gli ordinari canoni di razionalità economica, presenti sia nella legislazione ordinaria (art. 1, legge n. 241/1990) che nel principio costituzionale di buon andamento (art. 97 Cost.).

P.Q.M.

Nelle considerazioni che precedono è il parere della Sezione regionale di controllo per l’Abruzzo. Copia della presente deliberazione sarà trasmessa, a cura della Segreteria, al Sindaco del Comune di Città Sant’Angelo, nonché al Presidente del Consiglio delle Autonomie Locali.

Così deliberato a L'Aquila, nella Camera di consiglio del 20 ottobre 2015.

 

 

 

        L’Estensore

F.to Angelo Maria QUAGLINI       

 

                 

              Il Presidente 

      F.to Maria Giovanna GIORDANO

 

Depositata in Segreteria il 21 ottobre 2015

Il Funzionario preposto al Servizio di Supporto

              F.to Lorella GIAMMARIA

 

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