Monday 25 March 2019 15:47:13
Giurisprudenza Sanità e Sicurezza Sociale
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 25.3.2019
La legge n. 38 del 2010 ha inteso garantire ai pazienti l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore, con una innovazione normativa di straordinaria importanza, per il nostro ordinamento, nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza sanitaria, poiché, con tale legge, lo Stato si è assunto l’impegno solidaristico, inteso a tutelare nel modo più profondo il valore della persona umana, di porre il malato terminale nella condizione di vivere con intensità e in modo dignitoso la parte restante della propria esistenza, senza lasciarlo all’abbandono di una condizione priva di rimedi anche solo lenitivi della sua sofferenza, come del resto ha ben chiarito anche la stessa Corte costituzionale nella recentissima ordinanza n. 307 del 16 novembre 2018.
L’art. 1, comma 2, di tale legge, ha in particolare previsto che le strutture sanitarie che erogano cure palliative e la terapia del dolore assicurano un programma di cura individuale per il malato e per la sua famiglia, nel rispetto dei seguenti principî fondamentali:
a) la tutela della dignità e dell’autonomia del malato, senza alcuna discriminazione;
b) la tutela e la promozione della qualità della vita fino al suo termine;
c) l’adeguato sostegno sanitario e socio-assistenziale della persona malata e della famiglia.
L’art. 5, comma 2, della l. n. 38 del 2010, nell’istituire le reti nazionali per le cure palliative e per la terapia del dolore, ha demandato ad un Accordo Stato-Regioni, su proposta del Ministero della Salute, il compito di individuare «le figure professionali con specifiche competenze ed esperienza nel campo delle cure palliative e della terapia del dolore, anche per l’età pediatrica, con particolare riferimento ai medici di medicina generale e ai medici specialisti in anestesia e rianimazione, geriatria, neurologia, oncologia, radioterapia, pediatria, ai medici con esperienza almeno triennale nel campo delle cure palliative e della terapia del dolore, agli infermieri, agli psicologi e agli assistenti sociali nonché alle altre figure professionali ritenute essenziali» e il successivo art. 8, comma 2, della medesima legge ha stabilito, altresì, che «l’accordo di cui all’articolo 5, comma 2, individua i contenuti dei percorsi formativi obbligatori ai sensi della normativa vigente ai fini dello svolgimento di attività professionale nelle strutture sanitarie pubbliche e private e nelle organizzazioni senza scopo di lucro operanti nell’ambito delle due reti per le cure palliative e per la terapia del dolore, ivi inclusi i periodi di tirocinio obbligatorio presso le strutture delle due reti».
Con il D.M. 4 aprile 2012, va qui ricordato, è stato istituito il Master universitario di Alta Formazione e Qualificazione in «Terapia del dolore» per medici specialisti; con il D.M. 4 aprile 2012 è stato istituito il Master universitario di Alta Formazione e Qualificazione in «Cure palliative» per medici specialisti; con il D.M. 4 aprile 2012 è stato istituito il Master universitario di Alta Formazione e Qualificazione in «Terapia del dolore e cure palliative pediatriche» per medici pediatri; con il D.M. 4 aprile 2012 è stato istituito il Master universitario di I livello in «Cure palliative e terapia del dolore» per professioni sanitarie; con D.M. 4 aprile 2012 è stato istituito il Master universitario di II livello in «Cure palliative e terapia del dolore» per psicologi.
La l. n. 147 del 2013 – legge di stabilità per il 2014 – si è preoccupata tuttavia di intervenire a sanare la posizione di quanti già lavorassero nelle reti per le cure palliative e che, proprio mediante tale attività lavorativa, avessero già di fatto dimostrato di avere raggiunto un livello di formazione professionale equivalente a quello universitario richiesto dalla legge e ciò, come stabilisce l’art. 1, comma 425, della stessa legge, al fine di garantire la compiuta attuazione della legge 15 marzo 2010, n. 38.
Più specificamente, con l’art. 1, comma 425, di tale legge è stato stabilito il concorso di due condizioni al fine di poter essere esentati dal titolo universitario ora richiesto per assicurare elevati standard professionali nell’erogazione delle cure palliative e della terapia del dolore e cioè:
a) di essere in servizio in una rete dedicata alle cure palliative alla data del 1° gennaio 2014;
b) di avere maturato una esperienza lavorativa e professionale almeno triennale nell’ambito delle cure palliative, certificata dalle Regioni, delegando ad un D.M. la specificazione dei criterî utili che le Regioni stesse avrebbero dovuto seguire per poter certificare la sussistenza di questo requisito.
L’Accordo Stato-Regioni, previsto dall’art. 5, comma 2, della l. n. 38 del 2010, è intervenuto solo a quattro anni di distanza, il 10 luglio 2014, e ha elencato tutte le specializzazione mediche, il cui conseguimento avrebbe rappresentato titolo di idoneità alla prestazione delle cure palliative in strutture mediche pubbliche o private accreditate, ma ha recepito la previsione “transitoria” dell’art. 1, comma 425, della l. n. 147 del 2013.
In attuazione di queste previsioni, quindi, il D.M. Salute del 4 giugno 2015 – avente natura non regolamentare secondo l’art. 1, comma 425, della l. n. 147 del 2013 e l’art. 4 del citato Accordo – ha stabilito, nell’art. 1, comma 2, che il medico deve aver svolto, alla data di entrata in vigore della l. n. 147 del 2013, attività nel campo delle cure palliative per almeno tre anni, anche non continuativi, presso le strutture delle reti dedicate alle cure palliative pubbliche o private accreditate e, nel successivo art. 3, comma 4, che l’esperienza professionale di cui al comma 2 dell’art. 1 è attestata dal direttore sanitario di ogni struttura pubblica o privata accreditata della rete stessa nella quale il medico ha svolto la propria attività.
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